NON SI PUO’ UCCIDERE QUELLO CHE SI PENSA ESSERE UN PROPRIO NEMICO SENZA UCCIDERE
UNA PARTE DI SE STESSI… COSI’ LA LOTTA PER LA PROPRIA SOPRAVVIVENZA NON E’ CHE
LA LOTTA UNIVERSALE PER LA VITA CHE IN ULTIMO FA VIVERE I LOTTATORI ALL’ INVERSO
UNISONO… COSICCHE’ QUANDO SI PENSA DI AVER DISTRUTTO IL NEMICO, FORSE NON SIAMO
DIVENTATI ALTRO CHE UNA SUA APPENDICE… PARTE DI LUI STESSO DEFINENDOCI APPUNTO
INTIMAMENTE, ANCHE COME I SUOI VINCITORI… COMPRENDENDO QUESTO SI ARRIVA FORSE A
SCOPRIRE UNA PARTE DELL’INCOMMESURABILE? LA SCUOLA DEI GUERRIERI E’ SEMPRE
APERTA E VI SI INSEGNA LA “DANZA DELLA VITA”.
IL GUERRIERO BIANCO
di: Franco Piccirilli
La spada era sempre al suo
fianco non perché dovesse usarla, ma forse perché sentiva qualcosa che lo legava
a quell’arma oltre a quella che era l’apparenza.
Così il guerriero nero quel
giorno, come aveva spesso fatto anche in quelli precedenti, aveva steso la sua
mano sull’impugnatura e seguito la forma dell’arma, come a volerla riconoscere.
Quel giorno però un lampo di energia attraversò e scosse il suo corpo… il
guerriero bianco!
Non che non ci avesse più
pensato fino ad allora, ma quella volta sembrava che in qualche modo la spada si
fosse animata, tanto che essa pareva che vibrasse come mai prima, come se
volesse indicargli qualcosa … o semplicemente dirgli “ci sono anch’io, mi
senti?” “Ma io chi? Tu sei la mia spada”, pensò il guerriero nero, quando
d’improvviso un’intuizione squarciò la sua mente e il suo corpo, riaprendo
ferite che credeva di non sentire più o forse che non sentiva da tempo. Quella
spada poteva mai essere… il guerriero bianco?
Ma la mente adesso cercava di
sapere qualcosa che forse non avrebbe mai saputo: il guerriero bianco dove era
andato?
Aveva
combattuto contro il
guerriero nero, dando fondo a tutte le sue energie per conquistare ciò in cui
credeva. Pensava di aver ucciso il guerriero nero, ma egli, contrariamente a
quello che sembrava, esisteva ancora, forse proprio perché esisteva ancora il
guerriero bianco.
Dopo l’ultimo combattimento,
dopo aver abbandonato quello sconfinato campo di battaglia, il guerriero bianco
aveva intrapreso quella che credeva la sua strada, andando incontro a quello che
pensava fosse il suo destino.
Così il guerriero bianco,
abbandonato quel campo di battaglia, si era spogliato della sua veste di
guerriero, aveva deposto la spada e l’aveva avvolta nella veste. Aveva poi
riposto il tutto in un luogo sicuro e lontano da lui, dove nessuno avrebbero
potuto trovarli: per essere ciò che credeva non gli serviva nè la veste bianca,
nè la spada. Quella spada e quel vestito avevano per lui perso il loro valore
nel momento in cui la sua furia si era abbattuta sul guerriero nero, nel momento
in cui la lama aveva trafitto intenzionalmente il petto del guerriero nero. E
intenzionalmente aveva quindi abbandonato la via dei guerrieri.
Si era quindi rivestito con
altri indumenti, forse più appropriati a quello che sembrava essere il suo nuovo
modo di vivere, deciso a non combattere più quelle battaglie che, a suo
giudizio, avevano procurato molto più dolore che soddisfazioni.
Adesso sembrava fosse una nuova
persona o forse semplicemente quella che era sempre stata. Già, perché ciò che
egli adesso era diventato, per cui aveva combattuto e colpito il guerriero nero,
era ciò che lo aveva sempre tormentato durante il suo permanere alla scuola dei
guerrieri.
D’altra parte, attraverso
l’esperienza acquisita alla scuola dei guerrieri, poteva anche aver compreso che
per lui fosse giunto il momento di cambiare e di lasciarsi alle spalle quella
situazione, proprio perché aveva riconosciuto che ciò che stava vivendo non era
il suo modo. O forse, più semplicemente, poteva aver capito che non gli piaceva
quello che era e quello che faceva alla scuola dei guerrieri. Forse non era mai
stato ciò che sembrava alla scuola dei guerrieri, era sempre stato quello che
era adesso. Se così fosse, egli avrebbe solo fatto credere di essere un
guerriero, per dare corpo a ciò che avrebbe voluto gli altri pensassero di lui.
Questo potrebbe forse aver
contribuito a generare in lui quel conflitto interiore sfociato poi nell’ultimo
combattimento: ciò che egli credeva di dover essere e ciò che invece egli era.
No, non pensate che il
guerriero nero potesse vedere questo atteggiamento come un tradimento: egli
sapeva ciò che il guerriero bianco voleva divenire. Ma forse il guerriero nero
andava oltre quell’apparente esteriorità, sentendo che l’animo del guerriero
bianco non era del tutto corrotto. Infatti nei momenti di pace, nei momenti in
cui le armi dei guerrieri tacevano, il conflitto del guerriero bianco sembrava
non esistere. Si mostrava puro come era, facendo emergere quelle qualità che
sono la fonte di energia di ogni guerriero.
Il guerriero nero non aveva
voluto cambiare ciò che era il guerriero bianco, ma viveva per come il guerriero
bianco era, mostrandogli quella che lui riteneva fosse… la via dei guerrieri.
Il guerriero bianco voleva solo
essere in pace con se stesso, non vivere più in quel continuo conflitto che
sentiva durante gli allenamenti alla scuola dei guerrieri e nei combattimenti
che ne seguivano.
Adesso egli poteva mescolarsi
con gli altri, sentirsi come gli altri, come se prima in qualche modo sentisse
di essere diverso o credesse che gli altri lo vedessero tale. Ritenendo di
essersi conformato agli altri in realtà se ne era separato, mentre, quando
frequentava la scuola dei guerrieri, poteva sembrare forse separato dagli altri,
ma in realtà egli era unito con tutti.
Così accade
per quelle relazioni che sembrano unite solo perchè l'apparenza le rende
conformi all'ideale che ne abbiamo, basta che sopravvenga qualcosa che non sia conforme a quell’idea,
che inevitabilmente si produce conflitto, quel conflitto che è appunto sintomi
di separazione.
L’idea è il campo entro il
quale il pensiero si muove per cui il suo movimento, la sua visione risulta
limitata a quell’idea, a quella fede. Può mai l’idea e quindi il pensiero,
rendere liberi? E senza libertà possiamo mai scoprire e vivere…
l’incommensurabile?
Questo è quanto invece viene
insegnato alla scuola dei guerrieri e per cui molti arrivavano ma pochi ne
comprendono la semplicità, proprio perché la mente segue il pensiero il quale
per sua natura crea in continuazione problemi. L’idea, come la fede, quindi il
pensiero è mai riuscito a risolvere il problema delle relazioni umane o il
problema del vivere? Non sembra, vero? Lo constatiamo tutti i giorni, ma sembra
che non lo si voglia vedere, preferendo adoperarsi per creare i problemi che
tutti hanno, quindi conformandosi alla vita per come si crede debba essere.
Ecco che quindi spesso il
combattimento è inteso come scontro, come sopraffazione, mentre la comprensione
del combattimento non è qualcosa che si possa pensare, proprio perchè il
pensiero stesso è limitato all’idea e alla fede a cui ognuno sembra aggrapparsi
in cerca di quella istintiva sicurezza che proprio perchè cercata non potrà mai
tessere trovata per come è, ma forse solo per come vorremmo fosse.
Il guerriero conoscendo e
vedendo questo processo totale ne comprende l’assurdità e quindi comprendendolo
non ne è separato, ma unito. Senza giungere ad alcuna conclusione egli vive ciò
che sente di voler vivere per come egli è.
Quel sentire che non è frutto
dell’ideale, che produce scelta e quindi rinuncia, la reazione del pensiero ad
una situazione, ma la naturale pulsione della vita, per cui di fronte ad una
situazione non esiste alcun conflitto, proprio perché si è uniti e non separati.
Di tutto questo forse il
guerriero bianco ne era in parte consapevole, ma il desiderio di voler divenire
quello che credeva fosse il suo destino, quindi temendo di non poter avere ciò
che desiderava, lo aveva infine spinto a fare ciò per cui adesso non era.
Il guerriero bianco voleva
divenire qualcosa, e per il fatto di volerlo divenire mostrava quanto non gli
piacesse come egli era, quanto non gli piacesse indossare quella veste e
impugnare quella spada, combattere senza scontrarsi, combattere unendosi. Forse
non era niente di ciò che è la scuola dei guerrieri, per cui si era dovuto
infine scontrare inevitabilmente nell’ultimo combattimento con il guerriero nero
o forse proprio perchè sapeva di esserlo non lo voleva, per come credeva dovesse
invece essere.
Egli voleva essere come gli
altri, conformarsi a quel modo di vivere, anche se forse non nella forma
esteriore. Ma anche se la forma non era quella consueta, gli schemi mentali, le
reazioni sembravano essere i soliti di tutti, per come ognuno sembra vivere ciò
che accade, scontrandosi ogni volta che accade qualcosa che non sia ciò che essi
credono debba essere. Questa continua lotta da forse loro motivo di giustificare
la propria infelicità, per cui forse inconsciamente ricercano la lotta proprio
per poter motivare l’insoddisfazione della propria vita, producendosi un alibi
per poter continuare a… sopravvivere.
Il guerriero bianco si avviò in
mezzo agli altri pensando adesso di essere come gli altri, non tenendo conto
degli anni di allenamento a cui si era sottoposto e che comunque avevano
lasciato in lui una traccia forse indelebile di ciò che probabilmente egli
sapeva comunque di essere, benché tentasse di nasconderlo. Forse egli
era consapevole di ciò, perché quella traccia non era stata impressa, ma era
solo ciò che naturalmente è.
Per quanto si sforzasse di
tornare ad essere ciò che era prima della sua venuta alla scuola dei guerrieri,
l’esperienza vissuta in quella scuola, ed in particolare con il guerriero nero,
sembrava dovesse rimanere ancora presente dentro di lui. Tanto che in alcuni
momenti avrebbe voluto non fosse accaduto niente per cui adesso era lontano
dalla scuola dei guerrieri e credeva di aver ucciso il guerriero nero. Ma questi
pensieri venivano subito arginati da altri che invece mettevano in evidenza gli
svantaggi della situazione precedente, per cui così adesso credeva di stare
meglio. E forse egli stava veramente meglio, ma non per come si era voluto
convincere che fosse, ecco perché forse non stava come credeva di dover stare.
Non è la situazione a farci
cambiare, ma è la trasformazione interiore a far cambiare la situazione. Ecco
perché sembra che ognuno viva le diverse situazioni come se fossero sempre le
medesime situazioni, rispondendo ad ogni situazione con vecchi schemi , quelli
del pensiero che non è altro che accumulo di memoria e quindi del passato. Ma
ogni situazione è nuova e pertanto richiede di essere affrontata con il nuovo e
il pensiero non può fare questo. Il pensiero, importantissimo, serve per altri
scopi e per quello è straordinariamente importante.
Forse è possibile solo credere
di cambiare modificando la situazione, ma è solo l’illusione di seguire un
ideale, un modello di vita, un condizionamento, e come tale non può essere
quello che si crede debba essere. Ciò che è un ideale, un modello per sua natura
è limitato. L’azione che ne scaturisce sarà pertanto un’azione limitata,
condizionata, non spontanea. Pertanto l’azione non potrà essere ciò che è
illimitato, quell’azione spontanea che sorge solo quando non si segue alcun
ideale di vita, quando non esiste pensiero, quando non esiste il chiacchiericcio
della mente. Il pensiero è confusione e pertanto il mondo che costruiamo intorno
non potrà che essere quella confusione.
Quello che è, è invece lo stato
naturale del guerriero, in cui l’azione è spontanea, in quell’azione è il
guerriero.
Il guerriero nero recuperava
sempre più in fretta le proprie forze, anche se sapeva che l’esito dell’ultimo
combattimento, le ferite che aveva subito, non sarebbero guarite altrettanto
velocemente. Ma sapeva anche che questo gli mostrava quanto egli avesse ancora
da imparare del combattimento, o forse egli sapeva quanto avesse dato
nell’ultimo combattimento e il fatto di non essersi scontrato rappresentava
forse l’espressione più alta che un guerriero potesse consegnare per mostrare
l’incommensurabile energia che circonda ogni guerriero: dare tutto se stesso per
ciò che sentiva essere. L’apparente vulnerabilità che egli sembrava avesse
dimostrato nell’ultimo combattimento era invece la massima espressione della
consapevolezza dell’invulnerabilità di ciò che egli sentiva di essere.
Ma solo un altro guerriero
avrebbe potuto notare tutto questo e vedendo ciò avrebbe saputo che non poteva
uccidere niente, perchè a ciò che è sempre esistito non poteva essere posta
fine.
Il guerriero bianco, adesso
mescolato con gli altri non voleva più essere tale. Nessuno lo ha più rivisto
alla scuola dei guerrieri, perché colui che adesso era il guerriero bianco non
avrebbe avuto modo di riconoscere quel luogo e gli altri guerrieri.
Il pensiero, adesso padrone
della mente, ne avrebbe impedito qualsiasi visione. Ma anche gli altri guerrieri
adesso non lo avrebbero riconosciuto come guerriero bianco, in quanto l’energia
che adesso egli emanava non era quella del guerriero bianco ma di colui che era
divenuto.
Il guerriero bianco non era più
stato alla scuola dei guerrieri, anche perchè adesso non ne avrebbe più
riconosciuto quel luogo come tale, ma solo come un luogo come tanti. Infatti
quel luogo è irriconoscibile da chi non fosse un guerriero ammesso alla scuola
dei guerrieri, e il guerriero bianco ne era voluto uscire, e uscendone aveva
dimenticato cosa la scuola fosse.
Nonostante l’esito dell’ultimo
combattimento nessun guerriero si era messo alla sua ricerca per vendicare il
guerriero nero. Anche perché nessuno sapeva di ciò che era accaduto tranne il
grande guerriero. Ma nessuno di quanti sapevano avrebbero cercato il guerriero
bianco, perché nessuno ha colpe che possano essere giudicate da altri, ma ognuno
fa ciò che crede sia. Così altrettanto non può esistere il perdono in quanto il
perdono presuppone il riconoscimento di colpe, colpe che nessuno ha per aver
fatto quello che è una reazione condizionata o che sia l’agire responsabile.
Ma se gli altri guerrieri non
potevano più riconoscere colui che era il guerriero bianco, come quest’ultimo non avrebbe riconosciuto gli altri guerrieri della scuola dei
guerrieri, cosa sarebbe accaduto se il guerriero nero avesse incontrato
colui che era stato il guerriero bianco? Sarebbero stati capaci di andare oltre
l’apparente conformità di modelli e ideali ai quali forse ognuno di loro credeva
di dover rispettare? Oppure avrebbero sentito ancora ciò che un giorno li aveva
portati a camminare insieme?
Quello che posso dirvi è che il
guerriero nero e il guerriero bianco non si sono più incontrati, non a causa
di un fantomatico destino che li aveva e li teneva divisi, ma forse più per la
volontà di ognuno, che è l’idea, e quindi pensiero per cui si crede che debba o
non debba essere.
Cosa era quindi quella
sensazione quell’energia che aveva attraversato il corpo del guerriero nero
mentre seguiva il profilo dell’impugnatura della sua spada? Anche se sembrava
che il guerriero bianco non fosse più tale, la sua energia, o ciò che appariva
essere tale, era ancora presente… nella spada del guerriero nero.
Se
così era, il guerriero nero e il guerriero bianco avrebbero combattuto ancora
insieme, non perché il guerriero bianco avesse deciso altrimenti, ma forse
perché l’energia di ciò che era il guerriero bianco sembrava aver oltrepassato
l’apparente limite dei corpi, per restare là dove tale energia avrebbe dovuto e
voluto essere, accanto al guerriero nero, e dove se non nella sua spada?
Sembrava così che nell’ultimo combattimento, nel momento in cui il guerriero nero veniva
trafitto dalla spada del guerriero bianco, la sua energia, l'energia di ciò che era puro e
incontaminato fosse passata attraverso il corpo del guerriero nero e quindi nella
sua spada, per continuare ad affrontare insieme le continue sfide che la vita
poneva di fronte.
Il guerriero bianco non era
quindi lontano da dove doveva essere… accanto al guerriero nero, perché ciò che
è unito non può essere separato…
Il guerriero nero sorrise,
estrasse la sua spada, il guerriero bianco, e cominciò a muoversi, librando la
spada in aria, descrivendo un immaginario combattimento lungo i contorni del
simbolo del Tao, avanzando arretrando, spingendo e cedendo con movenze che forse
erano molto di più di un combattimento, ciò che quei movimenti rappresentavano
era quello per cui il guerriero nero era tale, quel corpo e quella spada
mostravano la... danza della Vita!
Foto
tratte dai film:
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