Prosegue
l'avventura nel mondo dei guerrieri senza tempo adesso immersi in
una battaglia combattuta contro avversari che forse non sono diversi
da ciò che è dentro ogni guerriero, per cui cosa in realtà stanno
combattendo i due guerrieri?
In principio non
era ma sarebbe diventato ciò che sicuramente era da sempre stato
Il destino di un guerriero
Parte 2
Dentro la battaglia
Di: Franco Piccirilli
Il ricordo di una delle ultime battaglie
sostenute dai due guerrieri, il conflitto che ne ha determinato lo
scontro e... l'incontro. Nel
precedente racconto avevamo lasciato i due guerrieri all'inizio
di quella che sembrava essere una delle più ardue battaglie da loro
combattute...
Il guerriero nero restò per alcuni attimi
disorientato e alquanto perplesso per l’intervento non previsto del
suo compagno di battaglia, sapeva però non essere quello il momento
per chiedere spiegazioni, il motivo di quell’invadenza. Adesso ogni
cosa che egli aveva costruito e seguito fino a quel momento… in
un attimo quel presente non esisteva, il passato voleva occupare il
presente con la forza delle... spade.
Il guerriero nero era senza la sua spada e dovette
far fronte agli assalitori con l’abilità dei sinuosi movimenti del
suo corpo, spostandosi, ora coprendosi con l’avversario, saltando,
schivando, talvolta riuscendo a colpire e disarmare l’avversario che
lo fronteggiava. Sembrava danzare tra gli avventati avversari
seguendo il ritmo della situazione, rispondendo spontaneamente e
naturalmente ad ogni tentativo di essere colpito.
Sapeva però che senza la sua spada non avrebbe
potuto combattere in quel modo per molto tempo ancora. A questo
aveva pensato il suo compagno che ad un certo punto lo chiamò a gran
voce per attrarre la sua attenzione e lanciò verso di lui la sua
spada mentre con un gran salto oltrepassava le lame di quelli che
egli venivano contro. Il guerriero nero balzò incontro alla sua
spada afferrandola e ricadendo a terra con una capriola fermandosi
in ginocchio con le spalle rivolte a coloro che lo inseguivano.
Quindi si alzò di scatto girandosi ed estrasse la sua spada
incrociando quelle degli avversari che lo avevano raggiunto,
deviandone le lame e quindi si diresse verso gli altri pronto a fare
la sua parte, a dare battaglia come sapeva essere.
In breve il suono del metallo ricoprì l’aria di quel
posto; in quel momento le parole erano affidate alle lame delle
spade che si incrociavano. Vecchi rancori forse mai smorzati,
emersero nuovamente in quei frangenti, paure ed insicurezze
guidavano l’aggressività degli avversari dei due guerrieri; il
passato, con i suoi ricordi con le tradizioni con la memoria, stava
conquistando il presente per affermare il futuro, mentre i due
guerrieri erano adesso impegnati a portare l’equilibrio nella
situazione, come erano stati addestrati alla scuola dei guerrieri e
come si erano affinati nei loro lunghi allenamenti.
Gli avversari erano sistemati in ogni direzione, la
situazione che si era delineata per i due guerrieri risultava
complicata per l’impossibilità di poter controllare ogni lato. Come
nelle loro esercitazioni il guerriero nero e il suo compagno si
guardarono e intesero subito come avrebbero dovuto muoversi.
Cercarono nell’accerchiamento il punto che ritenevano essere più
debole sul quale concentrare la loro azione. Fianco a fianco si
diressero quindi verso il punto che avevano individuato essere il
meno protetto e incalzarono gli avversari aprendo un varco
nell’accerchiamento. L’azione però conseguì anche la separazione dei
due guerrieri, che adesso erano impegnati ognuno con un gruppo
diverso di assalitori.
Gli attacchi provenivano da ogni parte e benché il
guerriero nero li fronteggiasse rispondendo con i giusti movimenti,
l’altro guerriero cominciava ad essere in difficoltà. Il motivo per
cui il compagno del guerriero nero era intervenuto, ciò che aveva
determinato quella sua decisione di entrare in quel luogo e in quel
modo, stava ostacolando i suoi movimenti, al punto che questi
pensieri non gli permettevano quella libertà d’azione per combattere
come avrebbe dovuto e come sapeva di poter combattere in una simile
circostanza.
Il guerriero nero si era avveduto di ciò che stava
accadendo al suo compagno e per quanto possibile cercava di guidare,
di indirizzare l’azione del suo compagno, con il suono della sua
voce sulla cui vibrazione sapeva essere sintonizzato il suo
compagno. Il guerriero nero sentiva che senza quei suggerimenti dati
al suo compagno l’esito della battaglia sarebbe stato seriamente
compromesso.
Gli avversari intanto pressavano i due guerrieri,
proponendosi ogni volta con maggior vigore e determinazione, sicuri
della loro forza numerica per l’esito vittorioso della battaglia.
Per quanto il guerriero nero cercasse di coprire e
proteggere il suo compagno, pur continuando egli stesso a
fronteggiare le lame che lo assalivano, ciò non bastò ad evitare che
alcuni colpi raggiungessero il suo compagno, procurandogli ferite
che, seppur superficiali, gli limitarono ulteriormente la libertà di
movimento nel combattimento. Nonostante quel guerriero cercasse di
penetrare attraverso le lame degli avversari, questi ribattevano con
altrettanti attacchi più incisivi. La spada del compagno del
guerriero nero cominciava ad indebolirsi sotto i fendenti degli
avversari, i quali non risparmiavano nessuna delle tecniche
conosciute, tramandate dalla loro tradizione, per far cadere i due
guerrieri.
I due guerrieri erano impegnati ognuno con un
diverso gruppo di avversari i quali volevano riuscire a separarli
per poter poi colpire in maniera risoluta e far quindi cadere i due
guerrieri, come pareva stesse accadendo...
Da tempo infatti avevano intuito che se c’era un
modo per sconfiggere i due guerrieri quello era riuscire a sperarli
in modo che non potessero vedersi, parlare, comunicare, in quanto
insieme sembravano fossero proprio invincibili, come circondati da
un aurea quasi magica di energia indomabile.
Il guerriero nero non poteva dare appoggio al
compagno di battaglia in quanto egli stesso era già fortemente
impegnato con altri avversari, per cui distogliere in quel momento
l’attenzione e la sua lama avrebbe potuto compromettere l’esito
della battaglia per entrambi.
D’altra parte egli sentiva di essere anche
preoccupato nel vedere il suo compagno in difficoltà e non poter
intervenire come avrebbe voluto, soprattutto quando ebbe la
sensazione che quel guerriero pareva volutamente non ascoltare i
suoi suggerimenti, mettendosi in una condizione di vulnerabilità,
come se invitasse i suoi avversari a colpire proprio la dove sapeva
avrebbe creato più danno… Ma più verosimilmente forse il turbamento
di quel guerriero era dovuto all’inaspettata reazione dei banditi,
sconcerto che non gli permetteva di avere la riposta giusta al
momento opportuno, dando quindi l’impressione di non volersi
impegnare nel combattimento. In ogni caso quel guerriero stava
soffrendo e il guerriero nero sembrava non poter far niente per
evitare la condizione del suo caro compagno di battaglia.
Se dunque così era, il guerriero nero immaginava
anche quale fosse il motivo di tale comportamento, del perché quel
guerriero non era presente a se stesso come sapeva essere e come si
erano a lungo preparati allenandosi insieme anche per questo evento…
C’era qualcosa nell’animo di quel guerriero che resisteva alla
libertà, qualcosa che voleva tenere e che proprio per questo ne era
probabilmente restato prigioniero, legato a ciò che non voleva
abbandonare in quanto riteneva indispensabile per il suo essere
guerriero, come se il fatto di essere un guerriero potesse dipendere
da qualcosa di diverso da se stessi. Questo qualcosa non era, come
poteva sembrare, il timore della perdita del guerriero nero, bensì
qualcosa di diverso che era dentro di lui e che agitava la sua
mente. Come poteva una mente agitata confusa essere libera di vedere
e quindi muoversi nel modo giusto?
Mentre questi pensieri attraversavano la mente del
guerriero nero… ecco che alcuni colpi oltrepassarono la sua guardia,
anche la sua risposta era divenuta meno efficace, facendolo barcollare,
costringendolo ad assumere una posizione più difensiva, per eludere
gli attacchi dei banditi evitando egli stesso di attaccare per non
scoprirsi oltremisura. Non più in attacco quindi, sotto l’incombere
delle spade avversarie sembrava anche lui indeciso, aveva forse
perso quella lucidità per comprendere la situazione e quindi
annullarne gli attacchi. In quel momento stava facendo affidamento
alla sua esperienza di guerriero e quindi alla prevedibilità degli
attacchi. Evitava di contrastare, si muoveva in cerchio ruotando su
se stesso, come fosse una palla inafferrabile, anche se sapeva di
non poter continuare a lungo in questo modo: doveva trovare il modo
di uscire al più presto da quella situazione.
Aveva compreso la pericolosità di quella condizione
e, per come si sentiva e percepiva il suo compagno di battaglia, non
avrebbe potuto continuare a combattere senza che venisse colpito
anche seriamente, per cui non restava da fare altro che… ritirarsi.
Per evitare di compromettere ulteriormente la già difficile
situazione che si era venuta a creare con lo scompiglio dell’attacco
del suo compagno d’armi quella era forse l’unica cosa sensata e
saggia da attuare. L’apparente vigliaccheria era solo il modo di un
guerriero per decidere lui quando dare o non dare battaglia, per cui
se decideva di non dare battaglia e riusciva in questo sua
intenzione sarebbe comunque stato vincente proprio perché era
riuscito ad attuare ciò che si era prefisso di voler fare. Infatti
avrebbe perso qualora non avesse potuto attuare ciò che egli avrebbe
voluto.
Mentre quindi teneva impegnati i suoi avversari,
urlò più forte che poteva verso il suo compagno, di venir via dalla
battaglia, di… ritirarsi. Ma ancora il suo compagno sembrava non
sentirlo, non dargli ascolto… mentre lo vedeva essere sempre più in
difficoltà. “Possibile – pensava il guerriero nero - non capisca che
deve venir via da questa situazione?”.
Vedeva scorrere il sangue sulle lame degli avversari
del suo compagno, segno che doveva muoversi in fretta prima che
fosse troppo tardi. Stavano infatti demolendo la guardia del suo
compagno e presto poteva essere la sua incondizionata… resa.
Il guerriero nero si muoveva roteando la sua lama
davanti agli insistenti attacchi dei banditi impedendo loro di
avvicinarsi a lui , quindi raccolse e concentrò le sue ultime
energie per la prossima sua azione. Azione che non tardò ad…
esplodere in una serie di veloci attacchi, non devastanti in quanto
non avrebbe avuto abbastanza energia per farlo, ma che comunque
riuscirono a rallentare l’azione dei suoi avversari, Questo gli
permise di avere lo spazio necessario per balzare indietro per
raggiungere il suo compagno d’armi, ormai in grave difficoltà. Sembrava camminasse sopra le teste di quei predatori, mentre
spostava il suo combattimento verso il suo compagno, arretrando fino
ad avvicinarsi a lui. Vide a questo punto la possibilità di un varco
da cui poter uscire da quella posizione, gli urlo di dargli il
braccio e seguirlo, ma ancora una volta non sembrava volerlo
ascoltare, quindi con un guizzo simile ad una delle tecniche del
serpente, avvolse il suo braccio a quello del suo compagno e lo
trascinò via appena in tempo da una lama che stava penetrando nel
fianco.
Adesso i loro avversari erano rimasti dietro di
loro, mentre avanti a loro la strada era aperta. La sorpresa dei
banditi era tale per cui i due guerrieri ne approfittarono per
allungare la distanza che li separava.
Infatti corsero via lungo quel sentiero aperto per
molto tempo, fino a quando ebbero esaurito il fiato che avevano in
corpo. Durante quella folle corsa attraversarono una radura, si
infilarono nella boscaglia, schivarono alberi e rami che sembravano
crescere innanzi a loro, usarono le spade per farsi strada tra
l’intricata macchia; infine anche il fiato aveva quasi del tutto
abbandonato quei corpi per cui furono costretti a fermarsi.
Erano
ormai al sicuro, sufficientemente lontani, nascosti da quei banditi
e da quella terribile situazione, stramazzarono al suolo esausti i
loro occhi appannati non distinguevano cosa li circondava, i loro
movimenti erano quasi del tutto inesistenti, non avevano più la
forza di opporsi a niente ma volevano soltanto potersi riposare,
così i loro occhi si rovesciarono all’indietro mentre le palpebre si
chiusero…
Quando riaprirono i loro occhi rimasero ancora del
tempo senza muoversi, senza parlare, favoriti dalla vegetazione che
in quel punto era talmente fitta da non distinguere ciò che era
oltre, li proteggeva da chi forse li stava ancora cercando.
Pian piano ripresero anche le altre funzionalità
corporee, avevano recuperato abbastanza delle energie che avevano
speso in quel combattimento. Si resero allora conto di essere una
piccola radura circondata da alberi, come se questi avessero
vegliato su di loro e adesso, con il movimento del vento, pareva li
stessero incoraggiando ad alzarsi ed allontanarsi: non stavano
sognando erano ancora… vivi.
Se fossero rimasti ancora un po’ nella situazione
dalla quale erano fuggiti difficilmente avrebbero aperto ancora gli
occhi e ammirato la natura intorno a loro, non erano ancora i verdi
pascoli o luoghi paradisiaci che spesso avevano sentito raccontare
proprio da coloro che li avevano assaliti.
Ma di questo sembrava ne fosse consapevole solo il
guerriero nero, mentre il suo compagno pareva non rendersi conto di
quello che stava accedendo fino a poco prima.
Si misero seduti l’uno di fianco all’altro, senza
parlare senza guardarsi, con le spade sempre alo loro fianco, ancora
provati dalla fatica di quella battaglia.
Le vesti del compagno del guerriero nero erano
cosparse di varie macchie rosse, probabilmente sangue delle ferite
inferte dai banditi, ma altre forse erano già latenti se non
addirittura mai rimarginate, probabilmente colpi di passati
combattimenti e che in questa occasione si erano inevitabilmente
riaperte.
Quel guerriero però non si preoccupava delle ferite
che segnavano il suo corpo, anzi pareva avesse quasi piacere del
dolore che queste certamente gli procuravano, come se ricercasse la
sofferenza per poter provare a se stesso il motivo per cui viveva in
quella condizione.
Il guerriero nero era calmo, per niente stupito
della reazione del suo compagno, in tante battaglie combattute
assieme aveva visto altre volte questo, e se la battaglia era andata
in quel modo questo era dovuto anche a lui che forse aveva
sopravvalutato l’allenamento del suo compagno, oppure più
verosimilmente, egli stesso aveva agito affinchè andasse in quel
modo… Non poteva e non era quindi arrabbiato nei confronti del suo
compagno, la calma che pervadeva la sua mente e attraversava il suo
corpo era probabilmente la comprensione di quanto accaduto e che del
resto era ciò che ognuno degli attori aveva voluto che accadesse. Ma
non altrettanto evidente era per il suo compagno, altrimenti non
sarebbe stato come mostrava di essere.
Provava un forte risentimento nei confronti del
guerriero nero per come si era comportato, addossandogli la colpa di
quel era accaduto, ma probabilmente quel guerriero sapeva anche il
motivo di quello che adesso provava, causa che non poteva essere
rivelata sapendo quanto fosse sciocca anche se importante per lui.
Per cui non poteva dimostrare quelle che riteneva essere le sue
ragioni, stava in silenzio con lo sguardo perso verso l’orizzonte
come se non esistesse niente intorno a lui. Sentiva il senso di
inadeguatezza di quella situazione e come la calma del guerriero
nero non gli permetteva di poterlo attaccare come avrebbe voluto per
dimostrare quello che riteneva essere la cosa giusta per lui.
Tuttavia la tranquillità del guerriero nero non gli
impediva di essere comunque preoccupato per il suo compagno che
stava perdendo sangue e se ne stava in un assordante silenzio. Cercò
quindi di avvicinarsi a lui con lo sguardo per entrare in contatto
affinchè accettasse il suo aiuto. Ma per accettare l’aiuto è
necessario arrendersi e quindi aprirsi per lasciare entrare il…
contatto. Quel contatto che arriva a toccare in profondità le
emozioni dalle quali può scaturire l’energia per l’autoguarigione.
Quel guerriero però non voleva guardare, non voleva
essere toccato, si ritraeva ogni volta che il guerriero nero
accennava ad avvicinarsi… Inutile continuare a cercare un tale
contatto, quel guerriero si era chiuso, si era isolato da tutto,
sembrava rifiutare ciò che è, cercando disperatamente qualcosa che
credeva avrebbe dovuto essere.
Il guerriero nero, sentiva i travagli interiori del
suo compagno, che non gli consentivano di mettere a fuoco la
situazione, per cui provò a parlargli confidando che potesse uscire
da quell’ostinato mutismo. Così gli chiese cosa fosse accaduto, come
poteva aver dubitato della lealtà nei suoi confronti e di quella
verso la scuola dei guerrieri. Infatti per il guerriero nero la
lealtà, il vincolo di un qualcosa di indefinibile che è sempre
stato, era del tutto indiscutibile tanto era naturalmente insito in
ogni sua parte del proprio essere. Ma evidentemente non lo era per
il suo compagno, ancora una volta in cerca di sicurezze, di conferme
verso qualcosa che non ha bisogno di conferme, in quanto è parte del
loro essere.
Tutto il tempo passato insieme ad allenarsi, senza
che il guerriero nero gli insegnasse niente, ma attraverso cui
entrambi stavano accrescendo la propria empatica assonanza, proprio
per quel continuo scambio di fluidi energetici che riuscivano ad
innescare ogni volta che si incontravano nel loro campo di
allenamento, là dove il tempo pare non esistere abitano i guerrieri.
Ognuno dei due sapeva il valore del proprio compagno
in combattimento, per cui poteva fare affidamento sul compagno per
risolvere insieme la battaglia al meglio delle loro possibilità
forse proprio perché essi sono…
speciali. Quella capacità che non era la semplice somma di
quella di ciascuno, ma qualcosa che talvolta trascendeva questa
somma per manifestare qualcosa di… incommensurabile.
Poco prima però quel guerriero sembrava aver
volutamente dimenticato cosa fosse il combattimento, lasciando
prendere così l’iniziativa ai suoi avversari, mettendosi sulla
difensiva e quindi rendendosi vulnerabile, esattamente come voleva
chi li aveva attaccati.
Il guerriero nero non ebbe alcuna risposta alle
domande che poneva, il suo compagno sembrava smarrito, perso oltre
quegli alberi egli non era in quella radura, non era presente a se
stesso. Improvvisamente però quel guerriero sollevò la testa e si
alzò in piedi, la faccia contratta sembrava piena di rabbia si
rivolse la guerriero nero con insulti per quello che aveva fatto
poco prima strappandolo dalla battaglia, rimproverandogli il
comportamento che aveva tenuto durante quel combattimento e
soprattutto prima. Emerse un risentimento che il guerriero nero
credeva avesse ormai abbandonato la mente di quel guerriero, ma
evidentemente lo pensava solamente...
Non che questo sorprese più di tanto il guerriero
nero, altre volte infatti era accaduto, mai però con la impetuosità
a cui stava assistendo, simile ad un improvviso terremoto che
sconquassava le fondamenta di quel guerriero. Il suo compagno
agitava le braccia, scalciava, batteva i pugni sugli alberi gridava,
inveiva, ma… non si scagliò contro il guerriero nero, come si
sarebbe aspettato che facesse. Forse il rispetto che aveva nei
confronti del guerriero nero o piuttosto la conoscenza di cosa era
che in realtà agitava il suo animo e per cui stava reagendo in quel
modo, non pensò mai di andare oltre le parole.
Finito di urlare quelle che riteneva fossero le sue
ragioni, quel guerriero si trascinò via da quel luogo, non prima di
aver minacciato il guerriero nero se avesse solo tentato di
seguirlo.
Il guerriero nero, che intanto si era anche lui
alzato, restò in piedi a fissare il suo compagno che si allontanava,
ancora barcollando per le ferite del combattimento che aveva
sostenuto poco prima, lo inseguì con lo sguardo fino a quando quel
corpo incerto venne inghiottito dalla boscaglia e quindi sparì alla
sua vista ma… non dai suoi pensieri.
Il guerriero nero fece per muoversi verso la sua
strada ma improvvisamente un lampo di calore attraversò la sua
gamba, respirò profondamente e abbassò istintivamente lo sguardo
verso la gamba. Alcuni rivoli rossi stavano scivolando verso terra
dalla sua gamba… anche lui era ferito.
Immagini tratte da
-
The Forbidden Kingdom - 2008, di Rob Minkoff
-
La foresta dei pugnali volanti - 2004,
di Zhang
Yimou
-
HERO
- 2002, di
Zhang Yimou
-
http://csc.ziyi.org/
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