Il destino è ciò che un
guerriero subisce o più verosimilmente ogni guerriero è artefice del
proprio destino? Attraverso questi racconti scopriamo un universo
interiore nel quale probabilmente ognuno potrà in parte o totalmente
ritrovarsi ad essere... protagonista.
In principio non
era ma sarebbe diventato ciò che sicuramente era da sempre stato.
Il destino di un
guerriero
Parte 1
Verso la battaglia
Di: Franco
Piccirilli
Le acque del fiume
erano calme e tranquille, davano una sensazione di immobilità viste
dalle alte e frondose sponde del suo argine. La primavera stava
aprendo le porte all’estate, anche se questa pareva fosse già…
venuta. Una leggera brezza carezzava le verdi chiome degli alberi,
stimolando il brusio delle foglioline come se si passassero la voce
di qualcosa che aveva p attratto l’attenzione. Lungo l’argine un
percorso battuto segnava il frequente passaggio delle persone che
convenivano in questi luoghi per cercare sollievo e pace. Il caos
cittadino poco distante da quei luoghi sembrava lontano, quasi
dimenticato, essi potevano far respirare le orecchie, con il suono
della natura che in questi posti sembrava aver trovato la sua
dimora.
Il paesaggio
circostante si specchiava nelle acque del fiume, regalando ai suoi
ospiti un senso di incantevole profondità al quale abbandonarsi, per
lasciarsi cullare dall’immutabile scorrere della vita.
La calma che si
respirava era forse il luogo ideale per abbassare le proprie
istintive difese e quindi aprirsi a ricevere ciò che questi luoghi
sembrava potessero stimolare… la pace. Ogni cosa di quel posto
pareva avere un ritmo più lento, pacato… come le dolci acque di quel
fiume che scorrevano inesorabili, appena sotto l’argine, verso
l’ignoto immenso mare…
La figura del
guerriero nero, convenuto anch’egli in quel luogo, sembrava
confondersi nel movimento di quell’ambiente; passeggiava in qui
luoghi ed osservava con gli occhi di un bimbo meravigliato lo
spettacolo offerto da ogni momento sul quale si posava il suo
sguardo; egli sentiva di essere parte di quella natura, tale per cui
non v’era distinzione alcuna da ciò che osservava.
Egli non era in quel
luogo per caso ma, come ogni guerriero che si muova secondo
l’inevitabile sua natura di guerriero, era consapevole della
causalità per cui adesso stava passeggiando lungo quell’argine.
Sapeva che qualcosa sarebbe accaduto da lì a poco, sentiva che quel
che voleva era ciò che stava facendo e quindi non poteva non essere
la cosa giusta.
La sua attenzione
venne poi catturata da due bimbi che si stavano rincorrendo, ora
l’uno ora l’altro, in un continuo scambio di ruoli che li vedeva
entrambi procedere in un unico movimento tale per cui non si poteva
distinguere chi fosse l’uno e chi l’altro, ma si avvertiva solo la
loro intima unione in quel gioco.
Non si sorprese
quindi nel trovarsi a ripensare ai combattimenti con l’altro
guerriero, il suo compagno d’armi, a quell’ultima battaglia di
qualche mese prima, a come e cosa era accaduto, al modo in cui era
mosso in quella situazione.
La battaglia che i
due guerrieri avevano combattuto qualche tempo prima, aveva lasciato
in loro molte ferite ma per il compagno del guerriero nero queste
parevano essere particolarmente profonde, tali che ancora sembravano
devastarlo per il dolore che queste gli procuravano ad ogni suo
movimento.
Come solitamente
accadeva, i due guerrieri avevano risposto insieme all’ennesimo
assalto, accettando di impugnare le loro armi per ristabilire il
giusto equilibrio, non potendo essere diversi da come essi sono…
guerrieri.
Quella volta, ma
forse come ogni altra volta, gli attacchi provenivano da diversi
fronti e quasi senza tregua, sottoponendo i due guerrieri ad un
notevole impegno psicofisico per fronteggiare queste continue sfide.
L’allenamento e la
focalizzazione della reale situazione avevano in quel momento
permesso ai due guerrieri di neutralizzare ogni tentativo di affondo
delle lame dei loro avversari. Tuttavia ciò nonostante l’insolenza
degli avversari si faceva sempre più pressante e infida, mettendo a
dura prova i due guerrieri e la loro empatica e assonante intesa.
L’ultima delle loro
battaglie con gli appestati era cominciata con un’imboscata,
avvenuta forse in un periodo di stanchezza tra i due guerrieri, alle
prese con l’evolversi di una situazione che richiedeva estrema
attenzione.
In quella occasione
l’attacco era stato particolarmente cruento, per come l’esito dello
scontro aveva poi rivelato.
Da tempo il guerriero
nero aveva intuito la strategia degli avversati tesa a separare i
due guerrieri e aveva quindi deciso di assecondarli in questo, per
poter far emergere la loro ipocrisia.
I banditi avevano
ormai compreso che se i due guerrieri avessero continuato a
combattere insieme, difficilmente sarebbero stati capaci di vincere
lo scontro, mentre nel caso fossero invece riusciti a separarli
allora avrebbero avuto maggiori possibilità di poterli sconfiggere e
quindi mostrato la loro superiorità per imporre ciò che credevano
dovesse essere la vita.
In quella situazione
il guerriero nero riteneva plausibile una sua presenza disarmata
mentre l’altro guerriero avrebbe dovuto per il momento riporre nel
fodero la sua spada e starsene in disparte, come in segno di resa.
Considerati i forti
legami che univano i due guerrieri, la strategia del guerriero nero
richiedeva di essere condivisa a fondo da entrambi, in quanto un
eventuale dubbio avrebbe potuto provocare conseguenze devastanti per
i guerrieri.
Così egli favorì la
sfida che gli era stata lanciata, con l’assenso e la promessa del
rispetto di quanto concordato e comunque, fintanto che ce ne fosse
stata necessità o uno dei due non avesse deciso diversamente,
valutando la situazione che si sarebbe venuta a determinare.
Il guerriero nero
aveva scorto una varco in uno di questi avversari che poteva far ben
sperare in una sua resa e quindi in una sua apertura verso…
l’ignoto. Sembrava che questo individuo chiedesse aiuto al guerriero
nero, che avesse intuito la limitazione e il condizionamento al
quale era stato ed era ancora sottoposto che gli impedivano di poter
accedere alle sue naturali potenzialità. Questi aveva scorto nel
guerriero nero quella libertà a cui egli ambiva da tempo per poter
essere ciò che sentiva di volere… Ma nonostante questo era ancora
forte la sua resistenza, il timore di perdere ciò che credeva di
possedere e quindi di essere…
Il guerriero nero era
in qualche modo attratto da questa intrigante sfida e quindi non si
oppose al conseguente coinvolgimento che la situazione avrebbe
atteso.
Benché il suo
compagno d’armi avesse riposto la spada nel fodero in segno di resa,
egli veniva continuamente provocato dagli altri compagni e avversari
a scoprirsi. A ciò egli rispondeva cercando di ignorare le offese,
ma ignorandole semplicemente esse non svanivano, si accumulavano
dentro di lui, proprio perché egli… resisteva alla provocazione.
Era naturale e
relativamente semplice per il guerriero nero muoversi verso questa
sfida, questo individuo, in quanto pareva che egli parlasse il suo
stesso linguaggio. Questa persona sembrava promettergli nuove e più
attraenti esperienze, la qual cosa di fatto così appariva allo
sguardo superficiale di coloro che non conoscevano a fondo l’animo
indomito e libero del guerriero nero.
Questo suo
comportamento destava però forti perplessità anche tra alcuni degli
studenti alla scuola dei guerrieri che cominciavano a commentare in
modo inappropriato le sue gesta. Non si domandavano il motivo di
tale comportamento, ma ne giudicavano l’azione, secondo quelli che
ancora erano i limiti del loro livello di apprendimento. Il
guerriero nero sapeva che questi discorsi nascondevano la loro
richiesta di sicurezza, là dove alla scuola dei guerrieri la
sicurezza diventava il movimento stesso… La sicurezza non è quindi
restare fermi sulle proprie idee, ma sapersi muovere nelle idee…
sopra le idee. Non a caso questi erano ancora confinati al livello
di studenti…
Nonostante i continui
e lunghi allenamenti che i due guerrieri erano soliti dedicare per
il rafforzamento e sublimazione della loro tecnica per meglio
conoscersi e combattere assieme, il compagno del guerriero nero
cominciava ad essere consumato da imbarazzanti dubbi circa la
necessità di quella tattica e il motivo per il quale il guerriero
nero si muoveva in quella maniera nella sfida.
Il guerriero nero
pareva essere coinvolto oltremodo in quella situazione, tanto che
già alcuni degli studenti della scuola dei guerrieri pensavano fosse
andato oltre, arrivando talvolta a pensare che potesse aver tradito
la scuola dei guerrieri! Proprio perché coinvolto con uno di coloro
i quali aveva sempre combattuto. Non capivano che anche questo era
combattere… per cui non potevano comprendere i moti del guerriero
nero.
Questo aveva minato
notevolmente l’immagine che gli altri avevano di lui e la
conseguente autorità che gli avevano sempre riconosciuto alla scuola
dei guerrieri, facendo capire al suo compagno di battaglia che
doveva fare qualcosa, doveva intervenire nella situazione,
altrimenti anche lui sarebbe stato complice di quella situazione,
anche lui avrebbe potuto così tradire la scuola dei guerrieri.
Gli altri loro
compagni e studenti della scuola dei guerrieri né sapevano, né
conoscevano ciò che rendeva unico il rapporto tra quei due guerrieri
e come anche tutto questo facesse parte del loro modo di muoversi.
Tuttavia il guerriero nero sembrava stesse andando oltre quel modo
che taluni ritenevano dovesse essere invalicabile, andando così a
modificare e quindi a violare ciò che essi credevano dovesse restare
immutabile.
Con gli accordi che i
due guerrieri avevano stabilito nei loro allenamenti, il guerriero
nero aveva cercato di far comprendere i limiti stessi di un’intesa,
quale quella che li univa, in simili condizioni e come il limite del
combattimento fosse proprio quello di aggrapparsi ad un’idea, ad un
modello di riferimento. Ecco che gli accordi su come muoversi
potevano essere interpretati nella misura in cui ognuno fosse stato
libero di agire, non potendo restare rigidamente ancorato ad una
situazione che, per sua natura, è in continua evoluzione.
Il voler limitare
l’azione a modelli e ideologie preconfezionate mostra quanto tali
individui abbiano bisogno di sicurezza per poter combattere, per cui
la loro azione è finalizzata a sconfiggere l’insicurezza. Essi non
combattono ma si scontrano, combattono ciò che è anteponendo quello
che credono debba essere. Forse fintanto che essi inseguono ciò che
credono sia la sicurezza, questa non potrà mai essere… sconfitta,
perché quella sicurezza è insita in ciò che essi rifuggono.
Non sappiamo se il
compagno di battaglia del guerriero nero fosse più preoccupato per
la reputazione del guerriero nero e quindi in ultimo la sua, o
piuttosto del fatto che il guerriero nero sembrava non riuscisse più
a controllare la situazione. Comunque sia quel guerriero era
tormentato per quello che stava accadendo, nonostante entrambi si
allenassero come avevano sempre fatto, con l’intensità e la passione
che ogni volta mettevano in gioco nei loro… incontri.
Alle domande,
talvolta sospettose sull’andamento della tattica, il guerriero nero
pareva rispondere in modo evasivo, almeno per come quel guerriero
interpretava, coglieva le parole e il comportamento del guerriero
nero, non ricevendo evidentemente le risposte che voleva sentirsi
dare. Tali sue valutazioni erano probabilmente ancora intrise dai
condizionamenti che ancora si celavano nei suoi pensieri, che
deformavano la realtà, per come gli appariva che era rispetto a
quello che credeva dovesse essere.
Il compagno di tante
battaglie del guerriero nero era tuttavia preoccupato che potesse
cadere totalmente nella mani dei loro avversari, che potesse
allontanarsi dalla scuola dei guerrieri e quindi anche da lui, che
non fosse più in grado di venirne fuori: egli stava seriamente
meditando di intervenire per ricondurlo indietro.
Il guerriero nero
intanto sembrava compiaciuto per quella sfida, che al momento non
prevedeva di dover mettere mano alla spada, quindi stava andando
come aveva previsto. Gli scontri con loro avversari di sempre si
erano diradati, mentre invece stavano emergendo incomprensioni e
malintesi in seno alla stessa scuola dei guerrieri.
Anche il grande
guerriero sentiva lo sbilanciamento delle energie che avrebbero
potuto coinvolgere la scuola dei guerrieri. Sapeva delle difficoltà
che il compagno d’armi del guerriero nero talvolta ancora incontrava
nel valutare le situazioni e temeva che costui potesse agire
irresponsabilmente, non tanto perché fosse nel torto o nel giusto,
quanto per la sua reazione non adeguata a ciò che la reale
situazione avrebbe richiesto.
Per questo motivo il
grande guerriero ebbe una lunga quanto accalorata discussione con
quel guerriero dalla quale emersero forti divergenze nei loro modi
di valutare la situazione generale, per cui sarebbe stato inutile
approfondire la questione particolare dal momento che pareva non
sussistessero le condizioni per affrontarla.
Il grande guerriero
aveva comunque autorità alla scuola dei guerrieri e le sue decisioni
erano indiscutibili, proprio perché egli era la scuola dei
guerrieri. Dopo quella discussione i rapporti tra il compagno del
guerriero nero e il grande guerriero subirono un drastico declino,
finanche nelle sedute di allenamento, nelle quali sembrava che si
ignorassero.
Quel guerriero
appariva isolato, da una parte pareva venisse ignorato, percepiva il
clima meno sereno con il grande guerriero, mentre il guerriero nero
era impegnato in una sua sfida solitaria, dall’altra c’erano i sui
compagni che avrebbero voluto che intervenisse nei confronti del
guerriero nero.
Quel guerriero
fremeva nel desiderio di estrarre la sua spada per spezzare le
catene che credeva stessero legando sempre di più il guerriero nero
ai loro nemici ed in particolare a colui che riteneva fosse un
nemico, prima che la situazione fosse irrimediabile, prima che il
guerriero nero si allontanasse definitivamente.
La sua impazienza di
intervenire contrastava però con quanto aveva appreso nel cammino
alla scuola dei guerrieri; razionalizzando sapeva infatti quale
fosse la giusta via, ma istintivamente non riusciva a placare la
sensazione che la situazione non era esattamente come il guerriero
nero gli aveva più volte detto. Pareva che temesse di perdere
qualcosa di importante a cui non voleva rinunciare, forse il suo
ruolo di compagno d’armi del guerriero nero e quindi il
riconoscimento che ne sarebbe conseguito.
Il guerriero nero si
era accorto di questo suo disordine, tanto che aveva ritenuto di non
parlargli degli sviluppi degli incontri che aveva con colui che
riteneva essere ancora il nemico, per evitare che potesse
fraintendere e quindi aggravare ulteriormente la già precaria
situazione.
Il guerriero nero era
consapevole in quanto era ciò che sentiva, che qualunque fosse stata
la sua azione, essa non avrebbe fatto venir meno l’impegno nei
confronti del suo compagno di battaglia, tale era la loro intesa,
indiscutibile proprio perché naturalmente assonante.
La situazione stava
divenendo insostenibile, il guerriero nero sempre più impegnato
nella sua condotta, il suo compagno d’armi sempre più intenzionato
ad intervenire per mettere fine a quella che riteneva essere una
inutile strategia.
Nonostante queste
incomprensioni nei loro allenamenti, mostravano sempre di avere
ancora molto da comunicare e da imparare l’uno dall’altro; in tali
occasioni essi davano vita a movimenti che solo loro erano capaci di
eseguire con quella loro unica naturalità. Vedendoli in quei momento
sembrava che niente potesse riuscire a sconfiggerli, pareva che
fossero eterni e forse proprio questa era la sensazione dei due
guerrieri quando si prodigavano in uno dei loro fantastici
allenamenti.
Nonostante questi
allenamenti il compagno del guerriero nero ritornava ad avere quei
pensieri che facevano emergere il conflitto interiore e quindi la
sofferenza per questa situazione.
Capitò un giorno di
vedere il guerriero nero in balia degli avversari, almeno così aveva
inteso la situazione, per cui aveva cercato più volte di farlo
desistere dal suo obiettivo tattico, facendogli presente come ciò
non avrebbe portato al risultato sperato, ma avrebbe solo dato forza
ai loro avversari.
Il guerriero nero
sapeva ciò che stava facendo e quello che il suo compagno voleva
dire realmente…
Egli aveva letto nel
cuore del suo compagno d’armi il timore della separazione,
dell’abbandono, sospetto del tutto infondato per come la natura dei
due guerrieri era… inscindibile. Il movimento che egli stava
perseguendo mostrava come fosse ormai vicino alla risoluzione di
quella sfida e non sarebbero stati i dubbi inconsistenti del
compagno di allenamento a farlo desistere.
Il guerriero nero si
era infatti concentrato su di uno di questi avversari, quello che
lui aveva avvertito potesse comprendere l’inutilità dello scontro,
prodotto da una limitata visione della vita. Egli si stava
adoperando in modo che l’avversario deponesse le armi, che si
arrendesse senza combattere, per incontrarsi in campo aperto
spogliandosi di ogni corazza, di ogni difesa che potesse frapporsi
tra di loro.
Tutto ciò stava per
compiersi secondo gli intenti del guerriero nero, portando al
successo qualcosa che molti ritenevano che non fosse possibile.
Giunse quindi anche
il giorno in cui quel guerriero decise che era tempo di intervenire
e riportare indietro il compagno, temendo fortemente che questi
fosse stato catturato.
Così fece in modo e
maniera per incontrare entrambi nel luogo dove sapeva si sarebbero
visti. Quando arrivò si fermò qualche attimo per focalizzare la
situazione, il tempo per riconoscere il guerriero nero,
convincendosi ancora di più delle bontà delle sue intenzioni, poi,
senza indugiare ulteriormente, estrasse la sua spada e con un gran
balzo si diresse verso di loro.
Il guerriero nero e la persona che
era con lui si accorsero dell’intrusione restando per un attimo
confusi nel riconoscere il compagno d’armi del guerriero nero. La
persona che era davanti al guerriero nero interpretò quel gesto come
rivelatore delle intenzioni bellicose dei due guerrieri nei suoi
confronti. Il guerriero nero non cercò neanche di spiegare, di
fermare, sapeva che era del tutto inutile in quella situazione, non
aveva altra scelta che fare come il suo compagno d’armi.
Il suo compagno si
era lanciato con energia verso quella persona sguainando la sua
spada e puntandola dritta verso quel petto… In un attimo spuntarono
molte altre lame, non si sa da dove e come, ma sembrava fossero lì
in attesa di entrare in… azione. Un agguato…
segue
Immagini tratte da
-
The Forbidden Kingdom - 2008, di Rob Minkoff
-
The Kung-Fu Cult Master - 1993, Regia:Wong Jing
-
HERO
di Zhang
Yimou
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