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Preparazione atletica

DOPO I MOLTI ARTICOLI SULLA PREPARAZIONE ATLETICA, ALIMENTAZIONE E TRAUMNI DA SPORT… ECCO CHE FEDERICO FRAGALE CI REGALA UN ARTICOLO SUL RISCALDAMENTO CHE COMPLETA E SOPRATTUTTO APPROFONDISCE ANCORA MAGGIORMENTE, GLI ALTRI GIA’ EDITI SULL’ARGOMENTO. TROPPO SPESSO INFATTI LO CONSIDERIAMO COME ARGOMENTO SCONTATO, MA FORSE POCHI NE CONOSCONO LE REALI IMPLICAZIONI ORGANICHE E FISIOLOGICHE GLOBALI.

INFLUENZE SULLA CAPACITA’ DI PRESTAZIONE

“L’importanza del riscaldamento nello sport”

Di: Federico Fragale

Abbiamo già parlato in articoli precedenti dell’importanza del recupero e della supercompensazione dopo un processo di allenamento, così come abbiamo dato già larga informazione con molti articoli sull’alimentazione dell’atleta, ma abbiamo però sempre trattato solo sommariamente finora… dell’importanza basilare del riscaldamento.

Iniziamo quindi adesso col trattare questo argomento in maniera più consona ed approfondita… cercando prima di tutto di spiegarne il termine e successivamente poi… di trattarne i suoi vari aspetti dal punto di vista della teoria dell’allenamento, illustrandone poi anche i principi fisiologici.

Che cosa si intende per RISCALDAMENTO?

Intendiamo con il termine “riscaldamento”, tutte quelle misure preventive che servono a creare uno stato di preparazione migliore dal punto di vista psico-fisico e coordinativo… ovvero, andiamo ricercando e creando delle condizioni migliori iniziali, per le nostre capacità di prestazione neuromuscolari, organiche e mentali… per predisporre al meglio l’atleta quindi, verso lo sforzo fisico da compiere.

Esistono due tipi differenti di riscaldamento:

  1. il riscaldamento generale;

  2. il riscaldamento speciale o specifico.

    

Ma anche il riscaldamento in sé, a sua volta può essere diviso in:

  • attivo: quando l’atleta esegue gli esercizi (generali o specifici);

  • mentale: quando l’alteta se li rappresenta soltanto (viene quasi sempre abbinato come   supplemento al riscaldamento attivo);

  • passivo:  mediante l’utilizzo di docce calde o massaggi… ma anche questo, deve essere concepito come integrazione di quello attivo.

Difatti, nel riscaldamento mediante docce e massaggi… si ha soltanto un riscaldamento periferico con dilatazione dei vasi cutanei, ma così facendo la muscolatura non viene riscaldata sufficientemente e né irrorata sufficientemente di sangue, almeno come avverrebbe con il riscaldamento attivo. I massaggi possono essere invece usati dopo un riscaldamento attivo (come integrazione per sciogliere i muscoli contratti).

A confermare queste tesi, ci sono stati studi che hanno dimostrato che nel riscaldamento attivo, l’irrorazione di sangue aumenta di circa 6 volte, mentre nel massaggio si ottengono valori decisamente minori (nell’impastamento 2,3 – nello sfioramento 1,9 – in quello vibratorio 1,5)

Il riscaldamento generale, consiste nell’aumentare il livello delle attività funzionali da parte dell’organismo, mediante esercizi che mettono in movimento grandi gruppi muscolari (ad esempio la corsa a ritmo blando…)

In questa prima fase di riscaldamento generale, andiamo incontro ad un aumento della temperatura interna corporea e quindi della muscolatura. Quest’ultima infatti, insieme ai tendini, diviene più  elastica ed estensibile, prevenendo cosi possibili infortuni quali stiramenti ed altre lesioni, inoltre si ha una maggior produzione di liquido sinoviale (prodotto dalla sinovia, racchiusa nella capsula articolare) nelle articolazioni, predisponendole quindi meglio per ad ammortizzare un carico di lavoro maggiore, nonché la predisposizione alla prestazione dell’apparato cardio-polmonare.

Secondo studi condotti da Stoboy (1972-31), con una corsa a medio-basso ritmo di 15-20 minuti, la temperatura del corpo registra un aumento sino a 38,5-39°C. e proprio in questo frangente, l’organismo trova la sua massima espressione dei parametri organici.

Si dice infatti, che ad ogni aumento di grado della temperatura corporea, corrisponda un incremento del metabolismo del 13%, di conseguenza si avrà una dilatazione maggiore dei capillari muscolari, che permetterà così un maggior afflusso di sangue con conseguente rifornimento di ossigeno.

Di pari passo, con l’aumentare della temperatura corporea, aumenta anche l’attività degli enzimi aerobici ed anaerobici, molto importanti  per l’utilizzazione dei substrati energetici. Inoltre, una maggior eccitabilità del sistema nervoso, porta ad un aumento della velocità di reazione e di contrazione (si dice che un aumento di 2°C della temperatura corporea porti ad un aumento della velocità di contrazione del 20%).

Altro fattore importante legato al riscaldamento, è l’aumento della sensibilità dei recettori sensoriali, questi sono importanti dal punto di vista coordinativo, visto che, sono i recettori che inviano la stragrande maggioranza di informazioni al sistema nervoso centrale.

Da studi condotti, si è determinato che la capacità di prestazione coordinativa, viene meno se effettuata ad una temperatura compresa tra i  15-20° e che a 27° è ridotta ancora del 50% rispetto alle proprie potenzialità. Alla temperatura di 20° la pelle mostra solo un sesto della sensibilità che potrebbe avere a 35°.

Nel lavoro fisico di lunga durata, solo dopo un certo periodo di tempo viene raggiunto lo steady state, cioè quello stadio nel quale si realizza un equilibrio tra dispendio e trasformazione di energia (il debito di ossigeno che viene contratto all’inizio, viene pagato solo alla fine del lavoro).

Possiamo quindi chiudere questa parentesi dedicata al riscaldamento generale, dicendo che questo ha il compito di ridurre al massimo questo ritardo, portando i parametri funzionali cardiopolmonari ed emodinamici ad un livello iniziale sufficiente, per sintonizzare bene e tra loro, i meccanismi di regolazione.

E’ facile quindi, arrivare alla conclusione che se questi meccanismi di regolazione non sono sufficientemente predisposti tra loro,  si possono produrre fenomeni di scarsa prestazione: ad esempio un affaticamento precoce, in quanto la muscolatura impegnata non riceve ossigeno a sufficienza nella fase di inizio carico, lavorando subito troppo a lungo anaerobicamente, aumentando così il tasso di lattato nel metabolismo e da qui possiamo capire forse, quelle improvvise fitte al fianco ed il punto morto.

Il riscaldamento speciale è invece quello specifico per la disciplina praticata, ovvero si riproducono i gesti tecnici specifici della disciplina, per riscaldare ancora più nel dettaglio la muscolatura e predisporla quindi a quel preciso tipo e carico di lavoro.

Deve però… essere sempre preceduto dal riscaldamento generale.

Mediante questo tipo di riscaldamento avviene la redistribuzione del sangue precedentemente mobilitato dalle riserve ematiche (soprattutto dal tratto gastrointestinale):  la muscolatura che lavora ora, viene maggiormente irrorata e conseguentemente rifornita di ossigeno e sostanze energetiche… e portata a temperatura ottimale.

Questo è importante, perché non sempre la temperatura corporea corrisponde alla temperatura muscolare.

A riposo infatti, la temperatura interna e quella muscolare presentano una notevole differenza: ad esempio la temperatura delle estremità del corpo (ad esempio le dita) possono avere una differenza di 5° in meno, rispetto alle parti che si trovano all’interno del corpo.

L’aumento della temperatura interna del corpo, per merito del riscaldamento generale, accelera e stabilizza quindi il riscaldamento speciale, ma non può certo sostituirlo.

Si passa dal riscaldamento generale a quello specifico attraverso un incremento crescente del carico, fino ad un avvicinamento graduale ai ritmi della prestazione da gara, attraverso la catena: “attivazione pre-carico e carico massimo”

Può aiutare nella fase di riscaldamento, sia esso generale o speciale, un abbigliamento adeguato (tuta, guanti, …)

Il tempo ottimale che dovrebbe passare dalla fine del riscaldamento all’inizio della gara è di circa 5-10 minuti, (difatti in questo lasso di tempo, si mantiene la temperatura muscolare e quindi manteniamo alta la capacità di prestazione) La temperatura muscolare, rimane ottimale fino intorno al 20° minuto, mentre verso i 40 minuti, la temperatura muscolare è tornata al suo valore iniziale.

Il Riscaldamento in funzione dei diversi fattori endogeni ed esogeni

Fattori endogeni

  • Riscaldamento ed età

In ogni età, il riscaldamento segue la solita sequenza: generale e specifica, ma dobbiamo tenere molto in considerazione il fattore età.

Mentre per un individuo giovane potrebbero bastare 10-15 minuti per avere un effetto di riscaldamento superiore al 50%, in un atleta con un età avanzata, questi tempi aumentano fino a raggiungere i 50-60 minuti, a causa dell’invecchiamento fisiologico della muscolatura, che ne determina la diminuzione di elasticità, diminuzione dei gradi di libertà articolari ecc…)

  • Riscaldamento e stato di allenamento

Il tempo e l’intensità di allenamento sono strettamente legate allo stato di allenamento dell’atleta. Un individuo poco allenato non può e non deve riscaldarsi con gli stessi esercizi di uno ben allenato, perché il corpo non è abituato a reagire a quegli stimoli, quindi può darsi che in questo caso il riscaldamento invece di migliorare la prestazione o il lavoro che va intrapreso successivamente, lo peggiori. (principio della progressione nell’allenamento).

Possiamo quindi affermare che questo è soggettivo e varia da atleta ad atleta: un soggetto che impiega tempo a “carburare”, non può scaldarsi con lo stesso metodo di uno che invece “carbura immediatamente”. (principio dell’individualizzazione nell’allenamento).

  • Riscaldamento ed atteggiamento mentale

Da studi effettuati, si è evidenziato che c’è una certa relazione tra riscaldamento, motivazione e atteggiamento psicologico, verso l’attività di riscaldamento:

un elevato grado di motivazione ed un atteggiamento mirato alla prestazione, favoriscono un riscaldamento ottimale,  mentre al contrario, un atteggiamento negativo verso di esso, ne elimina i benefici.

Fattori esogeni

  • Riscaldamento e momento della giornata

Abbiamo già trattato di allenamento nelle diverse ore della giornata e del mese (vedi bioritmi e kick boxing). Molti studi effettuati dimostrano che durante alcune ore, (per esempio la notte) l’organismo disinserisce alcune funzioni e al risveglio occorre un certo lasso di tempo, perché queste raggiungano la loro piena funzionalità.

Se decidiamo di allenarci al mattino, non dobbiamo rattristarci quindi, se notiamo che non riusciamo a lavorare come vorremmo, visto che la capacità di prestazione fisica aumenta durante la giornata e si presume che il picco ci sia verso le ore 15.00. (conducendo uno stile di vita normale) quindi il riscaldamento dovrà essere più graduale.

  • Riscaldamento e temperatura esterna

Così come le ore della giornata influiscono sul riscaldamento, la stessa cosa è riservata alla temperatura esterna e al clima: una temperatura esterna elevata ridurrà il tempo di riscaldamento, mentre al contrario una temperatura troppo fredda tenderà ad allungarlo e compierlo in maniera più minuziosa.

Concludendo, il riscaldamento nella pratica di tutti gli sport  è una componente che va integrata al meglio, per  integrare una preparazione e svolgerla alle massime prestazioni sportive, perché solo disponendo di una enorme e ricca “dispensa” possiamo rassicurarci che abbiamo tutto quello che c’è da possedere… per la riuscita della gara.

Bibliografia:

  • L’allenamento ottimale  (Jurgen-Weineck) - editori: Calzetti Mariucc

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