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COME SEMPRE FEDERICO FRAGALE CI MOSTRA CHE E’ LA ANCHE CONOSCENZA FISIOLOGICA, CHE PORTA ALLA QUALITA’ E ALL’OTTIMIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO. RITENIAMO PERSONALMENTE CHE QUESTE CONOSCENZE, SE UTILISSIME NEL PRATICANTE, DOVREBBERO ESSERE SOLTANTO “LA BASE” DI QUELLE OBBLIGATORIAMENTE CONTENUTE NEL BAGAGLIO COGNITIVO DI OGNI BUON ISTRUTTORE CHE SI RISPETTI.ADATTAMENTI FISIOLOGICI CHE COMPORTA L’IPERTROFIADi: Federico Fragale (D.T. Scuola Arti Marziali Fragale)Abbiamo già visto in un precedente articolo, come sia importante un buona ripartizione del riposo, della supercompensazione e dell’alimentazione da seguire in questi casi. Oltre alle varie tipologie di allenamento, è noto a tutti, un po’ meno ai principianti, che dopo un’estenuante seduta di body building, a distanza di ore compariranno dei dolori muscolari sulla parte interessata dalla sessione. Per meglio far comprendere ai novizi questo argomento, comincerei col distinguere l’indolenzimento acuto a fine esercizio con la comparsa di indolenzimenti muscolari a distanza di molte ore. Il primo è dovuto principalmente alla contrazione muscolare ripetuta, causata da formazione di acido lattico e spasmo vasale, cessa alla fine dell’esercizio con il recupero. L’insorgenza di questi indolenzimenti a distanza di ore invece, (solitamente dalle 12 alle 16 ore successive l’allenamento, per poi aumentare entro l’arco delle 24-36 ore) è dovuto al danneggiamento delle miofibrille e del tessuto connettivo. Non allarmatevi, il danneggiamento muscolare è alla base della progressione dell’allenamento, senza di cui non potremmo migliorarci, è quindi da ricercare sempre. Le miofibrille vengono sollecitate in maniera intensa, con cause di squilibri funzionali, che determinano il senso di gonfiore, rigidità nei vari movimenti. Le ore successive (dalle 36 alle 72 ore) sono chiamate di recupero e supercompensazione, con il conseguente processo di anabolismo (crescita muscolare) Questi tipi di dolori ritardati, rappresentano un’utile strumento di misurazione e di indice di qualità del lavoro muscolare di un determinato programma o esercizio. Conoscendo bene questi segnali, possiamo evitare di incorrere nella trappola del superallenamento, impostando bene i tempi di recupero, e riallenandoci quando i dolori svaniranno, solo così l’organismo avrà supercompensato, e sarà pronto ad affrontare un altro stress, per un’ottima crescita muscolare. Difatti, non è il massimo riallenare la stessa parte o un gruppo muscolare quando ancora persistono (anche se in percentuale minore) i dolori. Naturalmente l’ipertrofia e l’iperplasia saranno maggiori quanto noi sappiamo riconoscerne i sintomi e i dovuti tempi di recupero dell’indolenzimento muscolare ritardato. E’ bene rimarcare il concetto che per ottenere una buona ipertrofia muscolare in un determinato gruppo muscolare, dobbiamo allenarci con carica tra il 75 e l’80% della massima forza isometrica (chiaramente del gruppo muscolare interessato), effettuando almeno per i primi allenamenti, un massimo di 6 serie per 8-12 ripetizioni. Non a caso la persona che riesce ad effettuare una contrazione isometrica dei muscoli flessori dell’avambraccio con un manubrio di 20 kg, non otterrà una marcata ipertrofia muscolare nel momento in cui si allenerà con un manubrio da 10 kg. In questo modo infatti, egli non metterà in crisi i veri effettori della forza, in modo da provocare una risposta ”supercompensativa”, ma metterà in crisi la parte metabolica se usa un carico basso con poche ripetizioni e ripetizioni numerose (forza resistente). Influirà invece sul sistema nervoso centrale, in modo da emettere stimoli con più alta frequenza, per un più massiccio reclutamento istantaneo di unità motrici fasiche (motoneruroni + fibre veloci), qualora utilizzi un carico basso con poche ripetizioni, e spostato velocemente (forza veloce). Da quanto detto fino ad ora, si deduce che per ottenere l’ipertrofia muscolari c’è bisogno di carichi elevati. E’ opportuno tener presente quali sono le condizioni che devono verificarsi, affinché si realizzi l’ipertrofia muscolare:
Come afferma il prof. Vittori, l’entità della tensione muscolare è direttamente proporzionale al numero di unità motorie impegnate, così come il numero delle unità motorie è direttamente proporzionale alla velocità del movimento e all’entità del carico da spostare. Ciò significa che: possiamo ottenere un aumento della tensione, sia aumentando il carico, sia facendo crescere la velocità Infatti si verifica una tensione massima quasi di ugual valore, sia quando la velocità è massima, sia quando il carico è elevato. Ciò potrebbe sembrare una contraddizione, ma ciò che determina l’ipertrofia, l’aumento di forza è l’allungamento del tempo di tensione necessario per vincere una maggior resistenza ( carico al 75-80%). Questo è il vero motivo che giustifica l’uso di carichi aggiuntivi di un certo peso, qualora si vuole ottenere ipertrofia muscolare. In relazione invece al tempo di recupero da effettuare tra le serie, quando si lavora per l’ipertrofia muscolare, le opinioni sono discordanti e vi sono numerose scuole di pensiero:
La figura a fianco rappresenta schematicamente i ruoli di adattamento neurale e morfologico all’allenamento di forza. Nella prima fase di allenamento si nota una fase predominante di adattamento neurale. Lavori sperimentali, che sono stati protratti per lungo tempo, mostrano un successivo adattamento piogeno e la relativa ipertrofia. In conclusione dalla figura emerge chiaramente che l’ipertrofia è preceduta da fenomeni nervosi, che determinano prima un reclutamento di nuove unità motorie e successivamente il miglioramento delle capacità di reclutamento temporale, vengono cioè reclutate nel medesimo tempo un numero sempre maggiore di unità motorie solo in seguito a tali tappe si verifica l’ipertrofia. Sale ci ricorda che l’ipertrofia ad un certo punto si stabilizza. Tralasciamo per adesso questo argomento e vediamo di parlare più nello specifico di cosa comporta nella parte muscolare l’aumento dell’ipertrofia, per sfatare ancora una volta che il risultato di un allenamento non è dovuto ad un unico metodo di lavoro, ma questo è il risultato di più fattori di adattamento, quindi vedremo che non esiste un unico principio per aumentare la massa muscolare, ma che esistono vari modi di stimolazione per raggiungere lo stesso fine e nei migliori dei risultati. Difatti dobbiamo cercare di pianificare e periodicizzare l’allenamento durante l’anno con moli di lavoro differenziati, è risaputo che rimanere per troppo tempo sullo sviluppo di una qualità muscolare, porta ad una stereotipizzazione dell’allenamento, con arresto dei processi di adattamento (lavorando per un determinato periodo su alcune qualità: resistenza, velocità, forza) per cercare di lavorare tutti i tipi di fibra muscolare (bianche, rosse, intermedie) di conseguenza abbinando a ciascun tipo di lavoro le dovute ripetizioni e tempi di recupero. Inoltre ci dobbiamo assicurare che ogni serie sia portata allo sfinimento, con il max consumo di materiale energetico e che, tramite la contrazione, si formi una mole massiccia di acido lattico. Questo per un motivo ben preciso: far produrre GH e provocare delle microlesioni alla membrana cellulare, con conseguente stimolazione della sintesi proteica. Inoltre, possiamo ricorrere a speciali tecniche di allenamento (vedi il “superslow”). E’ scontato che l’ipertrofia è un processo che avviene in risposta ad un certo lavoro con sovraccarico funzionale della muscolatura, che dosando i giusti ritmi fisiologici per la fase di anabolismo e di ripristino del materiale energetico, possiamo riscontrare numerosi cambiamenti di adattamento, (vedi schema) Si ha difatti un aumento dello spessore e del numero di miofibrille: il che è dovuto all’aumento dei filamenti di actina e miosina, soprattutto negli allenamenti di forza, difatti un body builder ha le fibre bianche il 40% più grandi rispetto ad altri atleti che praticano sport di resistenza. La stimolazione per l’aumento delle miofibrille, avviene principalmente sul lavoro di forza con carichi che vanno dal 70-80% (con ripetizioni comprese tra le 6 e le 12) lavorando sulle fibre rosse, e con carichi dall’80 all’85% si svilupperanno quelle bianche, con ripetizioni comprese tra le 4 e le 6 con ritmo di esecuzione esplosivo. L’insieme degli adattamenti tra fibre rosse e bianche, comporterà un’aumento delle miofibrille in una cellula, che comporterà così un aumento della sua forza di contrazione. Si ha un incremento del volume dei capillari: I capillari sono più presenti in un atleta che in un sedentario, questo perché l’atleta necessita, tramite l’allenamento di più ossigenazione del sangue e più materiale energetico. A questo ovvia l’organismo, creando dei nuovi capillari che irrorano più parti della muscolatura per portare maggior quantità di materiale nutritivo e tramite la circolazione di ritorno, porta via il materiale di scarto, aumentando così l’efficienza muscolare alla mole di lavoro. Si nota un’aumento del tessuto connettivo: soprattutto nell’allenamento della forza, si ha un notevole sviluppo di irrobustimento di tendini e legamenti, perchè questi vengono sollecitati maggiormente. Aumentano le riserve di fosfati e glicogeno: l’allenamento coi pesi, provoca un notevole consumo di fosfati e glicogeno iniziale con una richiesta di ATP elevata, non presenti a sufficienza nel muscolo. Un adattamento fisiologico farà si che se ne producano e immagazzinino in quantità maggiore per sopportare meglio la stessa richiesta che ha chiamato in causa questo processo. Aumento dei mitocondri: Questi sono deputati a fornire energia alla cellula, necessaria per varie funzioni cellulari. Inoltre contengono enzimi utili per alcune reazioni chimiche che recuperano l’energia dagli alimenti e la accumulano nelle molecole di ATP, dove viene conservata per un’eventuale uso. Il numero di mitocondri aumenta in special modo in un allenamento di resistenza (carichi leggeri intensità media e molte ripetizioni). Tale adattamento, avviene con carichi intorno al 60% del max, con movimenti controllati e lenti, con numero di ripetizioni elevato (20-25 rip.) stimolando così i mitocondri, i capillari ed il sarcoplasma. L’aumento dei mitocondri e delle miofibrille, comporterà un aumento del sarcoplasma che li contiene. Gli adattamenti mensionati sin’ora, determinano l’ipertrofia, cioè l’aumento di volume della cellula muscolare. Meno conosciuta o magari generalizzata nel termine precedente è l’iperplasia: questa è un aumento (di numero) delle cellule muscolari grazie all’attivazione delle cellule satellite e dello splitting. L'attivazione delle cellule satellite, prima allo stato embrionale e portate "in funzione" dall'allenamento, è dovuta alle lesioni prodotte dall'allenamento, grazie al rilascio di fattori di crescita quali l'IGF1. E' stata osservata la capacità rigenerativa del tessuto muscolare ed è stato dimostrato che, nelle fibre necrotiche e in quelle affette da lesioni, si verifica l'attivazione delle cellule satellite e la formazione di nuove fibre muscolari. Lo splitting A seguito degli allenamenti per la forza sembrerebbe possibile la formazione di fessure longitudinali nella fibra, con il conseguente splitting della stessa. Da una singola cellula si originerebbero, quindi, due o più cellule figlie. Questa teoria, già dimostrata su animali, è ipotizzata (ma non dimostrata) sull'uomo. Possiamo riassumere in uno schema gli adattamenti fisiologici che si riscontrano in un allenamento per la massa muscolare.
Bibliografia:
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