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un articolo della nostra
collaboratrice
Cristina Radivo grande appasSionata ed esperta conoscitrice del
thai massage, che ci PARLA DELLE TANTE OPPORTUNITA’ ULTIMAMENTE
APERTE PER GLI OCCIDENTALI, DI CONOSCERE LA DIDATTICA DEL THAI
MASSAGE E NON SEMPRE USATE CON SOLI SCOPI COGNITIVI. ANCORA IN TEMPI
NON SOSPETTI… CI racconta lA SUA PRIMORDIALE ESPERIENZA NEL THAI
MASSAGE E DELLA SUA PRIMA VERA INSEGNANTE.
Thai-massage fast-food? NO,
grazie!
Di: Cristina Radivo
Tratto da:
“Che bello, ho due settimane di
ferie, vado in Thailandia, giro un po’ e già che ci sono, ne
approfitto per farmi un corso di
Thai-massage! Divento -operatore per il benessere- e quando
ritorno a casa, apro un’attività e ci lavoro!”
Quante volte ho sentito questo
proposito, espresso in perfetta buona fede, con ingenuità e
inconsapevolezza, tanto per non voler dire sconsideratezza…
Lo ammetto, ho incominciato anch’io
quasi così, nel 1995; ma personalmente, adesso col senno di poi, a
sentire questi intendimenti, mi si accartocciano le dita dei piedi
dal raccapriccio! Esagerazioni, forse, del resto lo è anche, il
voler disputare un Gran Premio di F1, pilotando una Ferrari, e senza
nemmeno essere il fratello piccolo di Schumacher!
Voglio sperare che chi come me, si
innamora del massaggio thailandese, il NUAD,
si renda conto che non sono sufficienti 30 ore di corso pratico,
ammannito ai turisti, per assimilare un’Arte dalla tradizione
millenaria!
Del resto lo posso capire, anch’io ho
iniziato in questo modo, è capitato anche a me d’innamorarmi così
del Nuad, anzi prima ancora di apprendere i rudimenti iniziali,
solamente per il fatto di averlo ricevuto in più occasioni e da una
persona speciale; e fin da allora ne ravvisavo il fascino, era già
parte di me.
Questa persona speciale era una
donnina minuta, rotondetta, morbida e scura come una pallina di
cioccolato, non più giovane, ma con una potenza nelle mani che non
ho più dimenticato; e a Mariam voglio dire: GRAZIE, anche se ormai,
è passato tanto tempo, a questo punto, più di vent’anni, e di lei
non so più nemmeno dov’è e come sta.
Ricordando i massaggi di Mariam, non
definisco forza, quello che mi faceva percepire, poiché non si
trattava di questo, non si trattava di energia muscolare, bensì
proprio di -potenza-, che Mariam emanava da non so dove: riusciva
letteralmente a “snocciolarmi” e “riassemblarmi” con una disarmante
facilità, tanto da lasciarmi ogni volta stupita.
Sarà stata alta forse un metro e
mezzo, non di più (forse dovrei dire bassa?) e aveva delle manine
piccole-piccole da “scimmietta”, sempre fresche, anche sotto il sole
cocente di Phuket, con le dita corte, un po’ tozze, e non
spiccicava una parola d’inglese. Nemmeno io del resto!
E’ risaputo che certi italiani,
all’estero, hanno talvolta delle serie difficoltà con le lingue
straniere, impedimento cui in genere sopperiscono con una consumata
gestualità, comprensibile universalmente!
Mariam sapeva trovare, nel mio intero
essere, anche la più piccola traccia di tensione, di irrigidimento e
soprattutto sapeva come sciogliere il blocco. Mi girava e rivoltava
come una calza, coscienziosamente, con un ritmo ipnotico e
rassicurante ed un’attenzione di cui avevo sempre coscienza. Mi
spianava e reimpastava come se stesse facendo la pasta sfoglia, con
metodo, forte della sua esperienza, capitalizzata in tanti anni di
pratica. Faceva assumere al mio corpo, posizioni estreme,
utilizzando leve sofisticate, che solo dopo molti anni di studio, io
credo ora di avere appreso e certo, non ancora del tutto.
Talvolta, lo confesso, ho avuto la
sensazione che mi percepisse come se fossi una stoffa stropicciata,
da lisciare, tendere e stirare, affinché nessuna increspatura ne
rovinasse l’armonia e la bellezza. Non intendo “bellezza” in senso
estetico, assolutamente, non è il mio caso, ma la bellezza di un
corpo sciolto e armonico, con mente leggera, in una postura
equilibrata e l’anima pacificata. Con la “potenza” delle sue piccole
mani scure (mi è rimasto impresso il contrasto cromatico), si
prendeva cura di me, una fărăng, un’estranea lattiginosa, la tipica
turista perennemente a rischio di eritema solare, con dedizione
amorevole.
Mariam era di fede musulmana e
rispettava coscienziosamente i precetti del suo credo, ma quando mi
massaggiava applicava, probabilmente senza rendersi conto, ciò che è
stato definito -mettā, una parola in lingua Pali usata
anche nel Thai, per definire la “compassione amorevole” della
dottrina del buddhismo Theravada, nonostante che, visto
dall’esterno, da un profano, il trattamento potesse sembrare una
specie di incontro di lotta greco-romana... in cui era assolutamente
scontato chi fosse il trionfatore: lei!
A dire il vero, concludeva il suo
sapiente operato, dando il benvenuto al mio ritorno alla realtà, con
le braccia conserte e con un sorrisino sospetto negli occhi, tra il
furbetto e il soddisfatto.
Quella espressività dello sguardo, in
cui affiorava l’anima, più che la mimica del volto, in seguito l’ho
visto emergere, in molte sue colleghe thailandesi, alla fine di una
sessione di Nuad; e l’ho riconosciuta in me, da dentro, dopo molti
anni di studio e di pratica, alla conclusione di un trattamento ben
fatto. Una sorta di appagamento, che non è compiacimento bensì
completezza e armonia, oserei dire “nutrimento spirituale”.
Negli anni successivi sono ritornata
molte volte in Thailandia, e alla fine di ogni viaggio, le cure
attente delle sapienti mani di Mariam, mi si riproponevano come la
ciliegina sulla torta, o un premio meritato.
Prima di ogni rientro in Italia,
riservavo l’ultima parte del viaggio ad una sosta, sempre troppo
breve, a Phuket; rivedevo nuovamente la tettoia di canne di Kai, e
la sua famiglia, in costante crescita, la sabbia della spiaggia di
Karon, i bufali nella laguna salmastra, i cani più brutti del
mondo, l’oceano, le palme da cocco e… Mariam.
Che amorevolmente si prendeva cura di
me, che mi insegnava a pelare i manghi, anzi, li acquistava al
mercato e li sbucciava per me, in quanto, secondo la sua opinione,
noi occidentali non sapevamo capire il giusto grado di maturazione
della frutta tropicale; e aveva pienamente ragione.
Mi insegnava a gustare esotiche
varietà di frutta talvolta dall’aspetto minaccioso, sconosciute
leccornie di cui tuttora non so la natura, e non desidero nemmeno
saperlo a posteriori! Senza di lei non avrei mai osato gustare
inquietanti dolcetti, trasparenti e gelatinosi, forse fatti di riso,
dai colori al neon!
E poi mi massaggiava, senza rendersi
conto, o forse sì, lo sapeva nel cuore, di coltivare in me il seme
di una grande passione per il thai-massage.
Diversi anni dopo, a
Bangkok, mi sono
avvicinata allo studio di quest’arte, iscrivendomi al corso standard
(per turisti) del Wat Po e ho capito che era come: annusare
una pietanza senza assaggiarla.
Così, ho continuato a studiare e a
praticare: altre scuole, altri insegnanti, al Nord della Thailandia
e altrove; mantenendo il gusto della scoperta e assaporando le
piccole rivelazioni, non oso definirle illuminazioni, che mi si sono
palesate lungo questo percorso di apprendimento.
Il -mettā- l’elemento
fondamentale nella pratica spirituale del Nuad, il massaggio
thailandese, in Mariam era naturale, innato e arricchito da tanti
anni di pratica: massaggiando sulla spiaggia, teutonici turisti
color aragosta lessa, tre volte più grossi di lei, così minuta.
Questa piccola, grande donna,
rifuggendo con tenacia il racket delle “massaggiatrici da spiaggia”,
prendendosi cura dei suoi clienti-amici, sempre gli stessi di anno
in anno, lavorando su -sarong- stesi sulla sabbia, all’ombra
di una frusciante tettoia di palme, davanti ad un mare di turchese,
ha fatto nascere in me l’amore per il massaggio thailandese e io di
questo, le sono grata.
Considero Mariam come la mia prima e
forse la più importante insegnante di Thai massage e la penso con
affetto e riconoscenza, per il dono che mi ha fatto e che continuo a
coltivare.
Purtroppo non so più niente di lei:
ad un certo punto, un anno non l’ho più rivista; mi dissero che non
stava bene, che era ritornata nella sua regione di origine, vicino
ad Ayutthaya. …Spero che, ovunque si trovi, sia felice! |