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Dopo il riconoscimento della FIKB al CONI… dopo il riconoscimento della WAKO nel GAISF… la partecipazione della kickboxing ai Giochi Olimpici Africani, quella agli Asian Indoor Games… ecco che è partito il processo burocratico-amministrativo che dovrebbe portare  la kickboxing targata WAKO al riconoscimento del C.I.O. (COMITATO OLIMPICO INTERNAZIONALE) Ce ne parla autorevolmente il suo Presidente: Dott. Ennio Falsoni.

La kickboxing WAKO nel CIO?

Di: Ennio Falsoni

Trovarsi di fronte all’ingresso del Comitato Olimpico Internazionale a Losanna in una fredda mattina del 16 novembre scorso e provare emozioni fortissime è stato un tutt’uno. Mentre osservavo la bassa struttura in marmo bianchissimo (che viene dalla Grecia e non da Carrara come mi diranno poi) del quartier generale dello sport mondiale, mentre ammiravo opere di artisti su temi sportivi appese alle pareti, le statue e i bronzi sparsi un po’ ovunque come in un museo, mi sembrava che un sogno fosse improvvisamente divenuto realtà.

Mi è subito balzato alla mente infatti quando, appena 22enne, mi trovavo tra le centomila persone che si trovavano sugli spalti allo stadio di Città del Messico per la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi del 1968. Ero là come atleta della squadra europea di karate, insieme a Luciano Parisi , Rodolfo Ottaggio, Andy Sherry (inglese) e Franz Kaiser(tedesco) per partecipare successivamente al torneo para-olimpico promosso dalla Federazione messicana di karate che faceva capo alla JKA di Masatoshi Nakayama.

Quella cerimonia di chiusura fu uno spettacolo indimenticabile, che resterà indelebile nella mia mente, così come il mio soggiorno messicano che veniva dopo tornei americani sostenuti a Los Angeles prima e a S. Francisco poi.

Atleti festanti che si muovevano nello stadio sventolando le bandiere dei loro paesi, gente felice che si abbracciava, che si baciava, che cantava. La città che era un tripudio di luci, di colori, di odori, di profumi di quella calda estate messicana. Mi sembrava una cosa fantastica, ed era indubbio che il mio sogno più grande di giovane atleta era allora quello di far parte anch’io, un giorno, di quella festa.

Quanti sogni, quante speranze, quanta acqua è passata sotto i ponti nel frattempo!

Purtroppo non ho mai coronato il mio sogno, né manco mi ci sono trovato vicino.Il karate alle Olimpiadi è ancora in lista di attesa. Non si parla di un suo possibile apparizione in un’Olimpiade se non nel 2020!

Purtroppo le cose per il karate sono andate come sono andate. Una delusione dietro l’altra, finché un bel giorno (1977) ho fatto fagotto e sono passato armi e bagagli dalla parte diametralmente opposta inseguendo un’intuizione che alla lunga si sta dimostrando assolutamente vincente: quella del “karate contact” prima , divenuta poi “ kickboxing “.

E’ proprio grazie alla kickboxing, nella veste di presidente della federazione mondiale WAKO , che mi trovavo a Losanna quel giorno insieme ad uno dei miei vice-presidente, il norvegese Espen Lund, per un primo incontro coi dirigenti del CIO Christophe Dubin (Sports Director) e Jean-Laurent Bourquin, senior manager dello Sports Department.

Dopo i riconoscimenti del GAISF, dopo l’inserimento della kickboxing come sport ufficiale sia nei Giochi Africani, avvenuti ad Algeri il luglio scorso, e l’inserimento della kickboxing negli Asian Indoor Games svoltisi a Macao (Cina) di ottobre, ecco che puntiamo a raggiungere l’ultimo grande traguardo che manca alla nostra organizzazione: il riconoscimento del CIO.

Stiamo infatti preparando la domanda ufficiale di riconoscimento che verrà depositata a Losanna entro il 15 dicembre 2007.

Pensate che sia una cosa facile? Assolutamente no, anzi, una cosa difficilissima.

Il “Questionnaire” che ci avevano mandato e al quale occorre rispondere in maniera esaustiva, da solo, fa piegare i polsi . Si tratta di un malloppo incredibile che richiede un’accurata preparazione e un’ancora più accurata presentazione di documenti in originale, certificati, bilanci, dati, numeri relativi alla partecipazione di maschi e femmine negli ultimi 10 anni di campionati continentali e del mondo, insomma una babele di cifre da fare davvero impressione. Inoltre piani di marketing, di sponsors, di rapporti coi media che vengono tenuti in grande conto.

Più una federazione è ricca, più viene tenuta in considerazione.

Sono finiti i tempi di De Coubertin, degli atleti che appena risultavano sponsorizzati, venivano squalificati e radiati dagli albi.

Sono ormai quasi 20 anni che il CIO ha cambiato su tutta la linea. Il CIO non fa alcuna distinzione tra “dilettanti” e “professionisti” : lo sapevate? Al CIO non importa se un’organizzazione è assolutamente professionista o no. Credo anzi che faccia loro piacere perché il mondo dello sport è diventato ormai di una tale complessità che richiede professionalità a tutti i livelli. Dev’essere un professionista chi dirige lo sport, così come dev’essere un atleta professionista colui che corre, lancia, nuota, combatte e si batte per guadagnare un record e fare audience televisiva.
Senza quei due fondamentali ingredienti, non ci sarebbe spettacolo olimpico appetibile per le televisioni.

Sarebbe però troppo facile pensare che il CIO sia solo una grande macchina da milioni di dollari di diritti televisivi e di sponsorizzazioni colossali. Il CIO è in prima linea nella lotta al doping, una piaga enorme dello sport mondiale, ed è attento all’ambiente.

Di qui capirete, per tornare a bomba, che il “parvenu” di turno, l’organizzazione ultima nata su Internet, non ha alcuna chance manco di essere presa in considerazione dal CIO. Occorre avere la storia, i numeri, e le carte federali a norma – come si dice-. Altrimenti, niente.


Da sinistra,nella foto, Jean-Laurent Burquin, Christophe Dubi, Ennio Falsoni, Espen Lund

E se sono andato a Losanna, è perché penso che la WAKO abbia le carte in regola per essere ammessa nel consesso più alto degli sport mondiali. I miglioramenti che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni sono davvero notevoli. Cresciamo a ritmo costante in tutto il mondo, ci stiamo allargando davvero a macchia d’olio. Nuovi paesi africani, asiatici e americani si stanno affacciando alla nostra organizzazione che ormai conta 109 paesi al mondo (71 dei quali già ufficialmente riconosciuti dai vari Comitati Olimpici) e nei cinque continenti. Se, come sembra, la Cina sarà presto ufficialmente dei nostri, avremo comunque i più grandi e potenti paesi della terra nella nostra organizzazione. E questo è quello che conta, più che essere a Myramar o a Samoa.

Insomma ragazzi una nuova avventura sta per nascere: quella della kickboxing nel CIO. Il riconoscimento non avverrà così tout court, così facilmente. Ma è solo dietro l’angolo. Ho atteso 18 anni per raggiungere il CONI, 13 per il GAISF. So aspettare, sono paziente , determinato e costante. Che volete che siano un altro paio d’anni per un sogno olimpico?


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