La
Strategia
Duelli
Verso la fine degli anni sessanta,
uno dei precetti che si ripetevano spesso era "Karate ni sente nashi"
(Il Karate non attacca per primo
Di: Flavio Daniele
Precetto
interpretato, dai più, allora come adesso, come una sorta
d’insegnamento morale di controllo dell’aggressività.
Interpretazione che ha creato, e continua ancora a creare, un
travisamento su uno dei principi strategici più importanti delle
arti marziali: sapere cogliere l’attimo, agire senza intenzioni (wu
wei). Yagyu Munemori, spadaccino del Giappone medievale, insegnava
che “la chiave della vittoria è nel lasciare che l’avversario
compia la prima mossa”, lo stesso Musashi raccomandava di “vincere
quando l’avversario attacca”. Perché questo insistere nel
lasciare l’iniziativa all’avversario? Come è possibile che “partendo
dopo si arriva prima” come insegna, anche, il Taiji Quan? Quello che
è certo che non si attacca per primi non per una sorta di
“cavalleresco” comportamento, né tantomeno per un’etica da “oratorio
marziale”, ma per un principio strategico, scoperto sperimentalmente
dai maestri del passato, che affonda le sue radici nella capacità
del nostro sistema nervoso di re-agire in maniera diretta e
immediata ad uno stimolo (pericolo) che minaccia la nostra
incolumità fisica, meglio di quanto si possa fare con una qualsiasi
azione programmata e super allenata. L’azione, essendo intenzionale,
e l’attacco lo è quasi sempre, a meno di non essere arrivati ai
vertici dell’arte, si svolge lungo un percorso (neurale)
pensiero-azione che coinvolge la mente che, per quanto rapida, sarà
sempre più lenta della semplice re-azione che, invece, “bypassa”
qualsiasi processo mentale. Sinteticamente: l’uomo reagisce in modo
più rapido di quanto agisca. Questo principio strategico ha oggi
anche una dimostrazione scientifica fatta alla Birminghan University,
dove analizzando centinaia di volontari che si sfidavano a duello con
delle pistole elettroniche, hanno scoperto che chi estraeva per
secondo (re-agiva) era mediamente 21 millisecondi (circa un quinto
di secondo) più rapido di chi estraeva (agiva) per primo. Nel mio
libro “Le Tre Vie del Tao”, uscito nel 1997 a proposito del
combattimento istintivo scrivevo: ”… L’allenamento al
combattimento istintivo è privo di schemi precostituiti e di
movimenti standardizzati. Bisogna imparare a “sentire” l’energia
dell’altro e a rispondere in funzione del suo movimento, non bisogna
“ragionare”; solo così si possono eseguire delle tecniche differenti
una dietro l’altra in maniera rapida e veloce.”. E più avanti “…La
guida dell’istinto è più veloce, più sottile, più assoluta ed è in
relazione diretta con la realtà più di quanto non sia la mente
conscia.”.
Se così non fosse, pochi tra noi raggiungerebbero la maggiore
età: al primo inciampo cadremmo rovinosamente per terra, la prima
classica tegola in caduta libera ci spaccherebbe la testa. Per
fortuna madre natura ci ha fornito un software di pronto intervento,
che ci permette di sopravvivere, non solo quando scivoliamo su una
banale buccia di banana, ma anche quando ci troviamo in situazioni
estreme di pericolo. Situazioni che fanno emergere spontaneamente
qualità extra-ordinarie che non sappiamo di possedere. Qualità
insite nel nostro sistema nervoso che si manifestano perché la mente
pensante, cortocircuitata dall’evento straordinario, non può
interferire con l’intelligenza naturale del corpo che sa cosa fare
senza pensare (cfr. il libro di Flavio Daniele: Xin Yi Quan – L’Arte
del Combattimento Istintivo – Ponchiroli editori).
La domanda che si pone ora è: come allenare questa spontaneità
reattiva? Come farla emergere? Come evitare che la mente pensante
blocchi l’agire spontaneo (wu wei)? Ci sono sostanzialmente due vie:
una più impegnativa dal punto di vista fisico, l’altra più
impegnativa dal punto di vista mentale. Per quanto riguarda i
risultati pratici, almeno nelle fasi iniziali, le due vie si
equivalgono. La prima, direbbe il M° Xu è “hard work”, perché
richiede di mettersi uno di fronte all’altro e provare e riprovare finché,
non sai come, ma c’è l’hai fatta. Questa via da una parte ha il
pregio di essere abbastanza veloce, ma dall’altra ha l’inconveniente
che con il passare del tempo, calando la prestanza fisica e
appannandosi i riflessi, perde d’efficacia e non porta oltre un certo
livello perché si sa fare, ma non si sa come lo si fa, e, quindi,
non avendo la conoscenza dei vari passaggi del processo, non
sappiamo dove intervenire, su cosa lavorare per migliorare il nostro
livello. La seconda via è “smart work” perché richiede, oltre agli
aspetti tecnici, un lavoro d’ascolto e di comprensione delle proprie
potenzialità sia fisiche sia mentali, richiede di lavorare sulla
trasformazione non sull’azione, richiede di rendere il corpo
consapevole non solo di quello che fa, ma come lo fa e perché lo fa.
Solo così il corpo si trasforma(in)azione, si trasforma nel e con il
suo agire, diventa un corpo istintivo in grado di sentire l’energia
e le intenzioni dell’altro. Diventa uno specchio che ri-flette senza
previsioni, senza anticipazioni ogni cosa, non un istante prima, non
un istante dopo: si è solamente lì dove si deve essere, senza nulla
fare, senza nulla volere, senza nulla pensare, solo ri-flettere, solo
re-agire (cfr. il libro di Flavio Daniele - “Scienza, Tao e Arte del
Combattere”– Luni edizioni). La trasformazione, ovviamente,
coinvolge anche la mente e le sue cinque qualità di base (volontà,
attenzione, concentrazione, coscienza, consapevolezza) che, da
semplici qualità psicologiche, devono diventare forze interiori, per
fare emergere la capacità intuitiva di cogliere l’attimo
(l’occasione).Solo così la volontà cosciente è in grado di
interagire con la mente-cuore (xin in cinese – shin in giapponese),
solo così l’attenzione non si logora nell’attesa e la concentrazione
non diventa tensione, solo così la nostra coscienza evolvendosi
nella conoscenza diventa consapevolezza del giusto modo di agire e
del giusto modo di porsi nel confrontarsi con un avversario, in modo
da non essere avversi alla sua azione, ma nello stesso verso così,
come dice il Taiji Quan, nel tuo attacco (azione) c’è la mia difesa
(re-azione). L’altro lavoro riguarda qualità psicofisiche come
centratura, allineamento, radicamento ecc. sulle quali non dico
niente, avendole trattate innumerevoli volte negli articoli scritti
nel corso degli anni, mentre vorrei completare il discorso della
respirazione e le sue implicazione con la pratica marziale, aperto
con mio ultimo articolo (il Potere del
Respiro) su Samurai.
L’alchimia del respiro
Come abbiamo visto nell’articolo sopraccitato, il binomio
respiro-energia è fondamentale in tutte le discipline orientali, la
sua influenza sugli aspetti psicofisici ed emotivi può essere
testimoniata da tutti, ma pochi hanno esperienza del respiro come
forza propulsiva per muoversi rapidi, veloci e senza sforzo. Ancora
meno sono quelli che sanno adottare la respirazione alle diverse
situazioni della pratica, ci si limita ad inspirare ed espirare, non
sapendo come fare per evitare di sentirsi come un bue al traino
quando si va in debito d’ossigeno, non sapendo come fare per
trasformare un “problema” in una opportunità: inspirare non è solo
prendere ossigeno, ma è anche accumulare forza; espirare non è solo
emettere anidride carbonica, ma emettere forza. Quando Musashi dice
“colpire in un respiro” non si riferisce solo alla rapidità del
gesto, ma
principalmente, e qui sta il segreto, al potere del respiro per
dare forza e vigore al colpo.Nel presente articolo, visto i limiti
imposti dalla parola scritta, non possiamo addentrarci nelle diverse
tecniche respiratorie e nel modo di usare il respiro nelle
differenti situazioni per cui, semplificando al massimo, diciamo che
la respirazione corretta da utilizzare durante la pratica è la
respirazione addominale che, a sua volta, si divide in respirazione
addominale naturale e respirazione addominale inversa. Nella
respirazione naturale, quando s’inspira il diaframma scende e
l’addome si espande, quando si espira il diaframma sale e l’addome
rientra; nella respirazione inversa quando si inspira e il diaframma
scende l’addome, al contrario, rientra, quando si espira il
diaframma sale e l’addome si espande. Questa contrapposizione
dinamica (yin/yang) tra diaframma e addome nelle due fasi
respiratorie, opportunamente allenata, trasforma il nostro tronco
in un potente propulsore pneumatico che migliora il rendimento
globale del corpo, aumentando notevolmente la potenza dei nostri
colpi e riducendo al minimo lo sforzo fisico. Ecco perché, nelle arti
marziali, la respirazione da adottare è quella inversa, che permette
di coniugare qualità opposte come potenza ed elasticità, stabilità
e dinamicità, allineamento e centratura. Nello Xin Yi Quan, l’arte
marziale interna conosciuta per la sua efficacia nel combattimento,
si dice: quando vai indietro inspira, quando vai avanti espira,
inspirando ritrai l’addome (Foto 2a) e porta il respiro verso i reni
e tra le scapole (no nel petto), espirando lascialo scendere nella
profondità del Dantian (addome) (Foto3a). Forse, ai più, questo far
rientrare l’addome inspirando potrà sembrare “rischioso”, perché
pensano di “svuotarsi”, ma non è così.In realtà, ritrarre l’addome
mente si sta inspirando e il diaframma sta scendendo, crea nella
cavità addomino-toracica, per una evidente riduzione del suo
volume, una considerevole pressione interna. Pressione interna che
svolge, oltre a una efficace resistenza ai colpi, anche la funzione
di a) tendere come un arco la colonna vertebrale, b) allargare tutti
i muscoli della schiena come quelli di un gatto pronto a balzare sul
topo (foto 2b) e c) lanciare le tecniche come dei dardi anche mentre
si sta inspirando e ritraendo (Foto 2: una mano para, l’altra,
contemporaneamente colpisce). In sintesi: la respirazione inversa mi
permette di emettere la forza (fa jin) durante entrambi i cicli
respiratori. Annullando la fase inspirare-caricare non sono mai
vuoto, posso colpire mentre espiro o mentre inspiro, posso colpire
andando indietro o uscendo di lato, alzandomi o abbassandomi,
perché i miei arti, da leve biomeccaniche che si possono aprire
(spingere) o chiudere (tirare) sotto l’azione sinergica dei muscoli
agonisti e antagonisti, diventano stantuffi pneumatici sempre attivi
sia in apertura sia in chiusura.Per capire l’importanza della
respirazione inversa, dovete fare mente locale a come il vostro
corpo si comporta e quali sono le modificazioni fisiologiche interne
quando reagite a un rumore improvviso, o quando fate un balzo per
evitare un oggetto all’ultimo istante, o ancora quando fate uno
starnuto o quando vi stirate. In tutte queste situazioni il corpo si
comporta naturalmente sempre alla stessa maniera: inspira
vigorosamente ritraendo l’addome, facendo muovere istantaneamente
tutto il corpo. Adesso provate a inspirare espandendo l’addome
(respirazione naturale), e noterete che il corpo non risponde con la
stessa immediatezza: in una situazione reale, se aveste per caso
appoggiato la vostra mano su una piastra rovente, la ritrarreste
cotta a puntino. Inspirare ed espandere ci connette alla terra
(ottimo quando dobbiamo contrastare), inspirare e ritrarre ci
connette al cielo (ottimo quando dobbiamo scattare come fulmini).
Ecco perché madre natura ci fa inspirare ritraendo l’addome quando
dobbiamo re-agire prontamente a un pericolo.Così è! Il segreto del
Wu Wei (l’agire senza intenzioni - muoversi senza sforzo), è in
realtà lasciare fare alla natura, e lo scopo della pratica non è
altro che un corso di rieducazione per riappropriarci dell’agire
naturale.
Didascalia foto: Il Maestro Daniele e la Maestra
Giuliana Romanisio si fronteggiano in una simulazione (foto 1): la
M° Romanisio attacca il M° Daniele che inspirando (l’addome rientra)
si ritrae bloccando il braccio e colpendo il viso (foto 2), (i
particolari 2a e 2b mettono in evidenza l’addome che si ritrae e la
schiena che si inarca) ed espirando (l’addome si espande –
particolare 3a) torna in avanti colpendo ancora di pugno (foto 3).
NEI DAN SCHOOL
WACIMA ASI FESIK-DA
presentano un grande evento in Italia
13° DOPPIO CAMPUS ESTIVO
INTERNAZIONALE di ARTI MARZIALI INTERNE
Taiji Quan (3 stili: Chen,
Yang, Li) -Xing Yi Quan -Ba Gua Zhang
22 - 25 AGOSTO 2010 26 -
29 AGOSTO 2010
Sotto la guida di 4 Grandi
Maestri
GUO
MING (GEORGE) XU
Taiji Quan stile Chen – Ba Gua Zhang
ZHAO YA JUN
Taiji Quan stile Li e Yang
WU
WEN WEI
Xin Yi Liu he Quan
FLAVIO DANIELE
Taiji Quan stile Yang
MONTESE (MO)
HOTEL BELVEDERE - Piazza
Repubblica 1 |
I MAESTRI:
- Il M° GUO MING (George) XU, presidente della WACIMA,
è uno dei massimi esponenti mondiali del Gong Fu cinese, esperto
di altissimo livello delle 3 arti marziali interne (Taiji – Ba
Gua- Xin Yi) nonché virtuoso di spada e sciabola.
- IL M° FLAVIO DANIELE, vicepresidente della WACIMA,
fondatore della Nei Dan School, top student del M° Xu è uno dei
migliori interpreti italiani di arti marziali interne conosciuto
e apprezzato a livello internazionale.
- Il M° ZHAO YA JUN, ha cominciato la pratica con il
Gong Fu Shaolin, poi ha intrapreso lo studio dello stile Tong
Bei Quan con il M° Lu Yong Chen e ha continuato con il M° Liu Bo
Xue. Ha studiato Tai Ji Quan stile Yang. È un esperto di Taiji
stile Li e un virtuoso delle armi, ha vinto numerosi tornei. È
vicepresidente dell’associazione di Wu Shu della città Lang Fong
della provincia Huo Bei e membro della China Wu Shu Association,
nonché vicepresidente della Tong Bei Quan Association.
- Il M° WU WEN WEI, fratello di pratica del M° Qian
Shao Hong, ha studiato Xin Yi Quan con Lu An Guang studente del
mitico M° Lu Song Gao. Ha studiato Tai Ji stile Chen e Yang con
il M° Chang Zheng Lin e mani che spingono con Jiang Zhong Bao. È
un esperto di combattimento e del Qi Gong della camicia di
ferro.
Programma stage 2010/2011
(pdf)
Per informazioni
M° Flavio Daniele Infotel. 3478701436
neidan@libero.it -
www.taichineidan.com |