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Virtù Marziali

L'Alchimia - 3a Parte

Il gesto del Potere

Di: Flavio Daniele


Momenti di pratica nella Rocca di Montese (Mo) dove si svolgerà ad Agosto 2009 il grande Campus estivo di Arti Marziali Interne con i Maestri George Xu, Zhao Ya Jun e Wu Wen Wei

All’inizio della pratica qualunque gesto è un gesto qualsiasi perché privo d’anima e tensione interiore, ha un inizio e una fine, è vuoto d’intenzioni e di efficacia, è fine a sé stesso perché nasce da un corpo disarmonico privo di consapevolezza diviso dalla mente che, a sua volta, impotente, è chiusa nel ristretto campo di un pensare quasi esclusivamente intellettualistico. Proseguendo nella pratica, giorno dopo giorno, prende consistenza e personalità, comincia ad esprimere forza ed energia. Comincia, così, la lenta trasformazione da gesto qualsiasi a gesto marziale: i suoi campi si allargano, la sua influenza raggiunge la dimensione della mente e del vissuto interiore, si comincia a prendere coscienza che attraverso il gesto corporeo si possono operare trasformazioni, influenzare comportamenti, cambiare abitudini.

A livello avanzato, come abbiamo visto nel primo articolo, avviene la definitiva metamorfosi diventa un gesto marziale motivato, globale ed efficace che coinvolge il praticante totalmente: ossa, muscoli, tendini, pensieri, emozioni, energia si fondono in un corpo mobilitato da un pensiero-azione fluido e potente (secondo articolo).

Ora, però, comincia la vera pratica: trasformare un gesto marziale in un gesto di potere.

Il gesto di potere è un gesto compiuto in sé, autogenerativo, si diparte dal centro dell’Essere dispiegandosi nello spazio e nel tempo, come la luce dal sole. Non si appoggia su niente, è senza intenzioni come quello del ragno che tesse la sua tela senza sapere che esistono le mosche, è come la freccia dell’arciere che non sa di bersagli da raggiungere né di centri da cogliere, è l’istinto che si armonizza al pensiero, è il pensiero che si trasforma nel cuore, è l’agire del Guerriero che combatte la sua Guerra Santa contro le proprie paure e angosce esistenziali, che ha attivato la trasformazione alchemica delle forze ed energie negative del proprio cuore; è il pensare consapevole del Cercatore che ricerca un senso al proprio essere al mondo, è l’essere del Saggio che ha realizzato la Grande Opera. (cfr. Le Tre Vie del Tao pag. 21)

Quando un gesto marziale si manifesta scaturisce da una mente in azione, quando un gesto di potere si manifesta scaturisce dal vuoto della mente come il principio supremo (Tai Ji) dalla suprema vacuità (Wu Ji).

Realizzarlo significa andare oltre l’efficacia marziale, oltre i normali parametri di un movimento funzionale al muoversi nello spazio, oltre la tridimensionalità fisica del movimento coinvolgendo il vettore tempo, che viene scardinato nel suo ordine esplicito sequenziale di causa-effetto.

Significa trascendere la mente differenziante che divide tra mente razionale e mente irrazionale, tra mente profonda e mente superficiale, tra cuore e cervello, emisfero destro e sinistro, e porsi in quella linea di confine immateriale che divide nel simbolo del Tai Ji lo Yin dallo Yang: stato indifferenziato e indefinito, ma ricco di potenziale da cui tutto prende origine e a cui tutto ritorna. Significa trascendere la dimensione corpo-mente, la dimensione psicofisica, per arrivare nel regno di Psiche: la dimensione dell’Anima.

Quando i movimenti del corpo scaturiscono da un corpo consapevole, un corpo trasformato dal suo stesso agire dove ogni gesto, anche il più insignificante, è diventato gesto di potere, allora l’anima può agire direttamente sul mondo, esperire direttamente la fisicità, la gravità, lo spazio e, cosa fondamentale, il tempo alla stessa maniera della mente e del corpo. L’anima finalmente tocca il mondo felice di esserci, non più succube della mente che con i suoi pregiudizi, le sue limitatezze, la sua arroganza si interpone tra lei e il corpo, quasi avesse paura di perdere un potere, una posizione di prestigio, gelosa di sé stessa e del suo territorio di dominio, così che crea false credenze di opposizione tra anima e corpo, spirito e materia.

Quando la mente, non più impaurita, lascia depositare le sue angosce, le sue ansie diventa calma e trasparente, così che, come dicono i maestri zen, può vedere riflesso nelle sue acque limpide il suo volto originario: l’Anima. Quando la mente, specchiandosi nell’anima, si riflette nel corpo allora può dispiegare tutta la sua potenza immaginifica e trasformatrice, e il gesto di potere si realizza in una mano che si apre per una carezza, o in un pugno che si chiude per colpire, in un’emozione che si dischiude nel cuore come una gemma, in un pensiero che illumina la mente.

Il gesto trascende la fisicità e diviene gesto di potere, centro magico in cui si realizza la trasformazione alchemica del cuore che, così trasceso, entra nella dimensione del vissuto interiore dell’anima, ne segue e ne traccia i percorsi come l’acqua del fiume segue e traccia il percorso dove scorre.

Le metamorfosi dell’anima, a loro volta, trasformano il corpo che diventa plastico e fluido, si forma e si conforma ai suoi moti, così che la metafora e il simbolo, linguaggio dell’anima, possono diventare operativi, possono diventare azioni, possono operare trasformazioni. Così fluisci con l’acqua, cogli lo spirito e l’agire istintivo animale, ti deformi nel vuoto e ti conformi nel pieno, ti realizzi nella forza del cuore e nella potenza dello spirito che ti ha animato. La forza del cuore scioglie l’anima e ne estrae l’essenza che gocciola giù come il miele dal favo: il corpo e lo spirito se ne nutrono.

Ogni gesto così tras-formato attizza il fuoco del grande crogiuolo addominale che cuoce le passioni, gli istinti e le emozioni, e né separa i componenti fondamentali, quelli più pesanti e grezzi (paura, odio, tristezza ecc.) restano giù a concimare il terreno, quelli più leggeri e eterei (coraggio, amore, gioia ) salgono come soffi (qi) al cuore (crogiuolo mediano) che separa il coraggio dalla temerarietà, il sentimento dal sentimentalismo, le emozioni dall’emotività, l’istinto dall’istintività che, così raffinati, possono salire al crogiuolo superiore dove si depositano sull’anima come la rugiada del mattino sui fiori, penetrano al suo interno e né sciolgono l’essenza che gocciola giù come miele da un favo.

Il gesto di potere, quindi, come forza discriminante in grado di agire in maniera diversa in situazioni e livelli differenti.

A un primo livello ci permette di prendere coscienza delle dicotomie fondamentali yin/yang tra amore/odio, coraggio/paura, attacco/fuga, ci permette di cogliere le differenze di due stati esistenti fianco a fianco e il mutare dell’uno nell’altro come, per esempio, quando l’odio muta in amore o l’amore in odio.

A un secondo livello ci fa trascendere la polarità aprendoci a una maggiore consapevolezza così da cogliere il cambiamento non solo come due stati yin/yang esistenti a fianco a fianco, ma come cambiamento all’interno della stessa cosa, di uno stesso livello:

la materia che si trasforma in energia, il legno che bruciando diventa calore, la passione che muta in amore.

Uno rappresenta la differenza l’altro la trasformazione

Così che il fuoco del cuore brucia la temerarietà incosciente di cui il coraggio grezzo è impregnato come una torcia di olio, e lo trasforma in agire consapevole che illumina la Via (Dao) della vita, prosciuga l’acqua del sentimentalismo che può far marcire il fiore dell’amore cosi che: coraggio e paura che si nutrono l’uno dell’altro in una escalation senza fine, possano essere trascesi dalla forza del cuore.

E’ sempre nel cuore che l’intenzione può diventare operativa, trasformarsi in azione, e non restare nel limbo inconcludente del semplice proposito, delle buone intenzioni di una volontà debole senza radici nella terra.

Nel primo livello si passa da uno stato all’altro, per esempio, dal coraggio alla paura, si prende coscienza quando si vive uno stato e quando si è in quello opposto, ma non si conosce, non si sa come andare oltre questo principio di contrapposizione, solo il salto al secondo livello, dove è attiva la conoscenza del cuore, fornisce il reagente per purificare in modo radicale le energie/qualità dai loro aspetti ombra così che diventino trasparenti come cristallo e puri come oro.

Qui l’Oro della conoscenza del cuore, permette di arrivare al terzo livello, punto d’incontro di corpo, anima, spirito. Livello a-dimensionale, a-temporale, iperspazio interiore nel vuoto del cuore, dove l’azione sgorga spontanea come l’acqua: incolore, inodore e insapore. Dove la potenza dello spirito attiva la forza immaginifica della mente indifferenziata, in cui si rispecchia la vera coscienza, ovvero, la consapevolezza che l’anima ha di sé stessa non come semplice riflesso egoico soggettivo, ma come riflesso universale dell’Anima Mundi.

Nel terzo livello l’individualità è trascesa l’Io si muta in Sé: si esce dal personalismo, l’esperienza smette di essere vissuto personale. I miei, tuoi, suoi, nostri, vostri, e i loro sentimenti, diventano i sentimenti del cuore, e il cuore stesso non è più soltanto il mio cuore: è il sole microcosmico che illumina l’universo di tutte le esperienze possibili di cui nessuno può vantare l’esclusiva proprietà. Così che ci si percepisce in comunione armonica con le cose e in risonanza empatica con le persone bypassando la dimensione psichica: - Non c’è bisogno di capire per Conoscere, - Non c’è bisogno di pensare per Essere;

Ma si E’ nell’eterno Divenire della Vita

IL TERZO STADIO (shen he yu kong) lo spirito si armonizza al vuoto

Il terzo stadio concerne la trasformazione dello Shen in vuoto infinito, sviluppa ogni tipo di facoltà, compresa quella di trasformare direttamente la propria energia spirituale in forza fisica. Questo richiede tre passi intermedi:

  1. KONG
  2. XU
  3. LING

I tre termini vogliono dire tutti “vuoto”, ma ognuno ha una sfumatura diversa senza una fissa gerarchia e in continua interazione dinamica:

  • KONG fa riferimento alla chiarezza della mente vuota e nasce dall’accordo armonico tra yi e shen (il volere della mente si uniforma al volere dello spirito)
  • XU è riferito al corpo vuoto di tensioni in perfetto equilibrio dinamico, che si muove senza sforzo nello spazio per effetto dell’accordo armonico tra xing (forma corporea) e shi (postura dinamica)
  • LING è riferito al soffio vitale qi e nasce quando esso, fluendo libero e abbondante, si trasforma in vigore e forza interna (nei jin)

È lo stadio più elevato della pratica ed è molto difficile trattarlo in poche righe, anche da un punto di vista teorico, perché richiede una trattazione approfondita per cui, oltre a quanto già scritto, Vi rimando al mio testo -Scienza, Tao e Arte del Combattere-.

Nel primo stadio abbiamo visto che la volontà cosciente si uniformava al sentire del cuore, nel secondo che si doveva uniformare al volere dello spirito, nel terzo stadio, è lo Spirito che si deve armonizzare al Vuoto. E’ il livello più alto della pratica. Molti fraintendono questo ultimo stadio pensandolo come annullamento di sé stessi, dispersione dello spirito nel vuoto come fumo nell’aria, ma in realtà va inteso come elevazione/condensazione di tutte le potenzialità di corpo, mente ed energia fuse in una nuova dimensione spazio-temporale di ordine diverso, dove i normali parametri di riferimento della mente e del corpo sono sovvertiti, e l’agire nasce dal non agire, la velocità dalla lentezza, il duro dal morbido, la forza dalla non-forza, dove comprendere significa andare oltre le contrapposizioni dialettiche della logica discorsiva, dove l’agire non può essere strutturato (modellato) attraverso l’ordine della tecnica, ma attraverso la spontaneità caotica dell’arte, e l’azione efficace è frutto dell’imprevedibilità dello spirito, non della volontà cosciente della mente.

L’arte di gestire il caos, la capacità di cogliere l’attimo (l’occasione) sono prerogative dello spirito che si manifesta nel vuoto della mente-cuore (xin), dove il tempo non è il tempo dello Yi (volontà cosciente), tempo costruito dalla conoscenza, tempo regolare, scandito, prevedibile e di conseguenza dominabile, ma il tempo aperto all’azione costruito dall’occasione, fluido, casuale, caotico, e quindi indomabile.

A questo livello non si agisce si re-agisce, re-agire che non è un agire contro ma un agire-con.

E’ come davanti a uno specchio dove ogni azione è immediatamente riflessa non un istante prima non un istante dopo, in maniera diretta senza previsioni senza anticipazioni, si è solamente lì dove si deve essere, senza nulla fare senza nulla volere, senza nulla pensare, solo ri-flettere, solo re-agire (wu wei).  - Non Fare – Non Pensare – Ma Esserci

Quando si è coinvolti in una situazione del genere, non si può e non si deve fare nulla, se no a nostra volta reagire, ri-flettere, non contrapporsi non essere a-vverso, ma nello stesso verso, diventare flussi (corpi) che s’incontrano, si rincorrono, specchi (menti) che si riflettono l’uno nell’agire dell’altro.

Così la coscienza si adegua alla plasticità, fluida e mutevole, della Spirito, scompare la sensazione di un Io agente personale, non c’è più coinvolgimento emotivo nell’azione che si sviluppa da sola, non c’è apprensione per i risultati che semplicemente accadono, non ci sono conflitti da risolvere perché semplicemente non sorgono.

Sinteticamente è il vero livello della pratica, quello descritto in maniera poetica e metaforica nei testi classici dai grandi maestri del passato. Spesso, anche raccontato con una ricca aneddotica dai maestri moderni senza, però, mai passare dal raccontare al fare. Livello non irraggiungibile se cercato con metodo e con le opportune informazioni che non vengono invece mai date, preferendo invece menar il can (l’allievo) per l’aia (il dojo).

Programma anno 2009 / 2010


L'Alchimia - 2a Parte - Volontà Celeste

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