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Virtù Marziali

L'Alchimia - 1a Parte

Di: Flavio Daniele

Perché, nonostante le arti marziali siano presenti in Italia da oltre mezzo secolo, gli aspetti “psico-energetici” ad esse connessi siano trascurati tanto in “parole” quanto in “fatti”? Perché, superata la fase pionieristica in cui non si andava tanto per il sottile, in cui gli allenamenti fisico-atletici erano, e dovevano, essere predominanti, non si è cominciato a praticare, anche le “tecniche psico-energetiche”? Eppure in Oriente, come tutti sanno, gli aspetti fisici, energetici e mentali della pratica marziale sono legati in maniera così intima e profonda che, spesso, è difficile distinguere in una tecnica le varie componenti. In Italia, a parte sporadici casi di praticanti “marzialmente illuminati” che hanno tentato di riannodare i fili dell’antica tradizione, il resto è “buio oltre la siepe”.  Di chi è la colpa: delle differenze culturali tra Oriente e Occidente? Degli insegnanti orientali? Degli allievi? Forse un po’ di tutti! Però è ora che ognuno si assuma le proprie responsabilità.

Per quanto riguarda le differenze culturali gli allievi hanno di sicuro le loro colpe, ma anche gli insegnanti orientali non sono da meno. Infatti, se da una parte, pochi sono i praticanti che finita l’ora d’allenamento, dedicano del tempo per approfondire la cultura e lo spirito che animano le arti marziali, dall’altra non mi risulta che siano molti i maestri orientali che con sistematicità hanno inserito nella loro didattica allenamenti specifici per sviluppare gli aspetti mentali ed energetici, e cercato di stimolare gli allievi a ricercare una pratica basata su presupposti diversi che non siano solo le abilità che nascono dalla forza e potenza muscolare.

A riprova della veridicità della prima affermazione è sufficiente pensare che in Italia, con circa un milione di praticanti, l’editoria di settore (libri, riviste) è sempre con l’acqua alla gola; per la seconda sarei solo felice di essermi sbagliato. Pochi, veramente pochi, sono i maestri orientali, cinesi o giapponesi, che oltre la tecnica insegnano i principi guida per sviluppare l’energia e la forza interna. Fu dal primo giorno che misi piede in un dojo, nel lontano 1967 per praticare Judo e successivamente Karate, che mi sentii dire che il segreto delle arti marziali è nell’Hara o Tanden, ma al “dire”, non mi sembra, nonostante siano passati quarantadue anni, sia mai seguito il “fare”. L’allenamento era ed è principalmente basato sugli aspetti “tecnico-atletici”, le stesse forme sono state svuotate del loro valore di “Matrice” originaria in cui erano custoditi i segreti ed i principi guida dell’arte, per diventare solo esibizioni d’abilità tecnico-stilistiche utili solo a fini sportivi.

Difficile trovare qualcuno che insegni come accendere e usare il “motore immobile”, la “segreta sorgente di forza e di calma interiore”, situato nel basso ventre, che i giapponesi chiamano Tandem e i cinesi Dantian. Si, è proprio la stessa parola. Tutti sanno dov’è, ma nessuno ti fornisce gli strumenti per attivarla. Parafrasando all’inverso il mito dell’araba fenice: tutti sanno dov’è ma nessuno ne “parla”,nessuno che ti dica “cosa devi fare” e, cosa più importante, “ti mostri come devi fare”.Fatta questa piccola, ma utile, premessa che non vuole essere “polemica”, ma solo stimolare un eventuale “dibattito” per crescere assieme (jitakioei come dicono i maestri giapponesi) vorrei riprendere, come già fatta nei due miei ultimi articoli, il discorso sugli aspetti mentali ed energetici della pratica suggerendo, a chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, la lettura dei miei sei libri e la visione della serie di dvd editi dalla Sport Promotion.

PSICOLOGIA ENERGETICA

Tutte le tradizioni insegnano che le abilità marziali sono un mix di qualità fisiche, energetiche e mentali, che nessuna di esse deve essere trascurata. Infatti gli allenamenti elaborati nel corso dei secoli dai maestri, un tempo patrimonio comune delle varie scuole, sono un percorso che si snoda tra queste diverse dimensioni; infatti, ogni esercizio, sia esso fisico, energetico o mentale, ha ripercussioni dirette sulle altre e non può essere separato dal tutto come, invece, avviene oggigiorno dove esiste una separazione netta tra esercizi di “riscaldamento”, “potenziamento fisico” e “allenamento tecnico marziale”. Ogni esercizio deve avere fondamentalmente tre specificità: la prima la potremmo definire “globalità gestuale”, la seconda “motivazione gestuale”, la terza ”efficacia gestuale”.

Globalità gestuale
Il gesto marziale é sempre un gesto globale, non é mai un braccio o una gamba che si muovono per colpire o parare, ma é tutto il corpo che agisce. L’arte marziale richiede, al contrario della maggior parte degli sport, uno sviluppo globale ed armonico del corpo, sia dal punto di vista strutturale (muscoli, tendini, legamenti, ossa e articolazioni), sia funzionale (agilità, destrezza, ritmo, ottimizzazione dell’uso della forza etc.).

Motivazione gestuale
Senza entrare nei rapporti tra corpo e mente, troppo complessi da trattare, facciamo un esempio: Un danzatore e un artista marziale hanno bisogno di una scioltezza articolare che é simile, ma i meccanismi mentali (motivazioni) che guidano i loro gesti sono di natura profondamente diversa. Il primo compie un gesto artistico, e pur essendo in grado di alzare una gamba, non lo finalizzerà mai per dare un calcio al viso, molto spesso succede, invece, che alcuni praticanti marziali avendo passato troppo tempo a fare “stretching da ballerini” senza l’appropriata motivazione gestuale al momento del bisogno si comportino alla stessa maniera. Ma un vero artista marziale é tale, nella misura in cui é capace di trasformare un gesto qualsiasi in un gesto marziale.

Efficacia gestuale
Un’azione efficace é frutto della giusta rappresentazione mentale che ci facciamo dell’obiettivo da conseguire e delle appropriate strategie comportamentali messe in atto.

    

Per questo se vi “riscaldate” o fate dello stretching”, senza la giusta finalizzazione del gesto, al momento del bisogno i vostri muscoli potrebbero restare freddi come ghiaccio e duri come legno secco, e la vostra azione risultare completamente inefficace.

La trasformazione del gesto

All’inizio della pratica marziale qualunque gesto è un gesto qualsiasi, privo di coordinazione fisica, vuoto d’intenzioni e d’efficacia, perché nasce da un corpo disarmonico privo di consapevolezza e da una mente confusa sconnessa dal corpo. Proseguendo nella pratica comincia a prendere consistenza, personalità, ad esprimere forza ed energia. Comincia, così, la lenta trasformazione da gesto qualsiasi inefficace e vuoto a gesto marziale globale, motivato ed efficace, che coinvolge il praticante fisicamente e mentalmente: ossa, muscoli, tendini, pensieri, emozioni si fondono in una dimensione di ordine diverso. Ora, però, comincia la vera pratica: trasformare il gesto marziale, basto sul potere della mente e corpo uniti, in un gesto in grado di allargare la sua influenza coinvolgendo la dimensione energetica, diventando un gesto che scaturisce dal potere dell’energia interna attivata dalla mente. Un gesto così trasformato, è di natura particolare: è senza intenzioni come quello del ragno che tesse la sua tela senza sapere che esistono le mosche, è come la freccia dell’arciere zen che non sa di bersagli da raggiungere né di centri da cogliere. Richiede, per essere realizzato, di un sistema d’allenamento integrato che tenga conto degli innumerevoli intrecci e delle reciproche influenze tra corpo, mente ed energia. Sistema conosciuto come Metodo dei Tre Stadi e dei Nove Passi (San ceng jin bu gong) della tradizione taoista. Metodo multidimensionale, infatti, in esso si intersecano oltre l’arte marziale, la scienza medica, l’arte alchemica, la filosofia mistica e i tre i diversi mondi che compongono l’universo dell’essere umano: il mondo del corpo, il mondo della mente, il mondo della coscienza.

San Ceng Jin Bu Gong (Metodo dei tre stadi e dei nove passi)

La fisiologia energetica taoista è basata sulla trasformazione delle tre forme d’energia sottile Jing, Qi e Shen chiamate le ‘tre gemme’ o ‘San Bao’ che sono elaborate e trasformate nei tre Dantian (campo del cinabro). La loro localizzazione nel corpo é la seguente: il dantian inferiore (Xia dantian) localizzato nel ventre, é la sede dell’essenza vitale o jing ; il dantian mediano ( Zhong dantian) localizzato nel torace, é la sede del soffio o qi ; il dantian superiore (Shan dantian) localizzato nella testa é la sede dell’energia spirituale o shen. Ognuno di questi campi é una tappa fondamentale del lavoro psicofisiologico di trasformazione che si svolge in successione, partendo dalla

1° tappa (trasformare l’essenza in soffio) in cui nel dantian inferiore l’essenza vitale Jing si sublima e si trasforma in energia vitale o qi (soffio).

Nella 2° tappa (trasformare il soffio in spirito ) il soffio vitale prosegue nel campo mediano dove è sublimato e trasformato in energia spirituale o Shen.

Nella 3° tappa (trasformare lo spirito in vuoto), lo Shen, a sua volta sublimato e trasformato nel campo superiore, ritorna a Xu, la suprema vacuità. Nel presente articolo, per ovvi motivi di spazio, analizzeremo solo la prima tappa, le altre le vedremo nel prossimo.

1° Stadio (Trasformazione dello Jing in Qi Il primo stadio, consistente nel raffinare il Jing (essenza fisiologica generativa) in Qi (energia o soffio vitale), che avviene a livello del dantian inferiore richiede che la mente-cuore si armonizzi con il pensiero o volontà cosciente. I pensieri disordinati, gli eccessi emotivi, le emozioni incontrollate possono danneggiare il libero fluire del qi. Ecco perché il processo di armonizzazione tra mente-cuore e volontà cosciente richiede che:

Il pensiero o volontà cosciente deve raggiungere la quiete (Yi Jing)
La forma corporea deve essere corretta (Xing Zheng)
Il qi deve fluire liberamente (Qi Shun) .

1° Il pensiero o volontà cosciente deve raggiunger la quiete (Yi Jing).

Questo è il primo gradino, ma per la mentalità cinese ciò che è posto all’inizio rappresenta anche un punto d’arrivo. Così è, infatti! Una mente inquieta, confusa è il primo ostacolo da superare, così come una mente calma e tranquilla, oltre che condizione minima indispensabile per la riuscita dell’opera, è anche un fondamentale risultato. L’attività della mente non si ferma mai, l’uomo comune é continuamente coinvolto in un dialogo interiore senza sosta, che impedisce la calma ed agita i pensieri come il vento le acque di un lago. Gli antichi maestri taoisti, che partivano da una visione unificante, sapevano tutto questo, come sapevano anche che è più facile pacificare, ordinare il flusso e la qualità dei nostri pensieri coscienti, paragonati nel loro manifestarsi a una scimmia ubriaca e a un cavallo irrequieto, che non domare le onde emotive o bloccare l’eruttare delle passioni, ecco perché mettono come primo gradino la pace del pensiero cosciente (Yi Jing).

Il pensiero ordinato aiuta la vita emotiva (la mente-cuore)
Le emozioni ordinate aiutano la regione (il pensiero cosciente)

2° La forma corporea deve essere corretta (Xing Zheng)

Il secondo requisito richiesto riguarda la forma corporea. Sviluppare una forma corporea corretta significa elevare al massimo le abilità fisiche del corpo per renderlo forte, coordinato ed efficiente. Ciò comporta un lavoro serio e rigoroso di tipo interno (Nei Gong) sui meridiani, sugli organi interni e sulla struttura profonda, e uno di tipo esterno (Wai Gong) sull’allineamento strutturale e sull’integrazione funzionale della caratteristiche statico/dinamiche della struttura corporea nelle sue componenti fondamentali: A) Corretto allineamento dello scheletro, che vuol dire una statica economica e un equilibrato utilizzo della colonna vertebrale in armonia con la forza di gravità; B) miglioramento della coordinazione neuromuscolare C) potenziamento delle caratteristiche di base (ottimizzazione dell’uso della forza, agilità e scioltezza, coordinazione e ritmo). Il lavoro esterno (wai gong) si svolge su muscoli, tendini, legamenti, articolazioni e ossa, è la prima fase del processo, prepara il praticante agli stadi successivi. Quello interno (nei gong) agisce sulle strutture e funzioni interne del fisico: si lavora sugli organi interni, sulla circolazione sanguigna e sul sistema nervoso. Praticamente il tutto consiste nello sviluppare l’intelligenza corporea, affinandone la consapevolezza interna ed esterna per ottimizzare l’uso che l’uomo fa del proprio corpo ricreando l’armonia motoria emotiva e mentale (Cfr. I tre Poteri Segreti del Taiji Quan – Flavio Daniele – Luni editrice).

3° Il qi deve fluire liberamente (Qi Shun)

I primi due gradini, se sono stati fatti con attenzione e dedizione, hanno creato le premesse ottimali affinché il terzo gradino si realizzi quasi spontaneamente, sia colto senza sforzo come un frutto giunto naturalmente a maturazione. Per aiutare il processo gli antichi maestri, profondi conoscitori della natura umana, tra questi tre passi hanno inserito due passaggi intermedi:

  • l’armonia tra il pensiero cosciente (Yi) e la forma corporea (Xing), e
  • tra la forma corporea e l’energia (Qi).  Questi passaggi intermedi sono indispensabili, sono come due anelli che legano tra di loro Yi (mente), Xing (forma corporea) e Qi (soffi­energia). Se nell’esecuzione di una qualsiasi tecnica, l’intento della mente non agisce in armonia con il corpo, se non si scioglie nei muscoli come sale nell’acqua, ma resta insolubile come olio non diventerà mai azione e il qi non fluirà liberamente, se il qi non fluisce correttamente la tecnica é vuota, e il gesto sarà sempre un gesto qualsiasi. Quando, invece, siamo in grado coscientemente di guidare il corpo secondo la nostra volontà e nello stesso tempo abbiamo sviluppato la giusta sensibilità propriocettiva, che i maestri chiamano la forza che ascolta e comprende (Ding Jin e Dong Jin), che ci permette di monitorare costantemente lo stato interno del nostro sistema corpo-mente, allora avremo aperto il canale di comunicazione tra mente ed energia da una parte, tra energia e corpo e corpo e mente dall’altra.


L'Alchimia - 2a Parte - Volontà Celeste

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