Parte primaIl fine dell'arte
- seconda parte -
Di: Shigeru Egami
(Tratto da: «The Heart Of Karate-Do» - Kodansha
International)
Traduzione di Marco Forti (da:
www.irimi.it)
Compassione
e considerazione per gli altri sono parole comuni,
frequentemente usate, ma metterne in pratica il significato è
eccezionalmente difficile. Prima di iniziare qualsiasi azione è di
grande importanza non solo prendere in considerazione la posizione
degli altri ma comprenderla pienamente. In effetti, arrivando ad una
perfetta comprensione della posizione degli altri si raggiunge
l'unità con essi e parole come vittoria e sconfitta divengono prive
di significato. Questo è il vero segreto del karate - coesistere
col proprio avversario. E quando si raggiunge questo risultato,
la comprensione che l'essere umano è stato creato per cooperare con
i suoi simili diverrà la vostra consapevolezza. La pratica non sarà
mai completa fino a che non si raggiunge questo stato mentale. Si
comincia con l'allenamento del corpo e si continua con l'allenamento
dello spirito. Infine si realizza che il corpo e lo spirito
sono una cosa sola. Questa è vera pratica.
L'allenamento del corpo è l'argomento del
presente lavoro, ma ho anche spiegato gli stadi preliminari della
pratica. (La distinzione tra allenamento e pratica è importante e ne
parlerò più approfonditamente a tempo debito).
L'importanza dell'allenamento del corpo sta nel
fatto che se il corpo è teso e rigido è impossibile essere
spiritualmente recettivi e flessibili. Una cosa che vorrei
sottolineare a questo punto è che, quando si inizia la pratica,
l'approccio all'allenamento deve essere caratterizzato da
un'attitudine di accettazione, dal seguire puntualmente gli
insegnamenti dando sempre il massimo. In questo stadio non ci si
deve preoccupare se il corpo è teso o rilassato. La cosa migliore è
agire naturalmente e concentrarsi su come eseguire al massimo
dell'efficacia la tecnica di mano o di piede che si sta studiando.
In questo modo si realizzerà che la tecnica più efficace, sia
offensiva che difensiva, si ottiene dall'essere naturali e
flessibili. Il tempo di fare domande e di esprimere la propria
opinione arriverà in seguito, dopo aver raggiunto la maestria nelle
tecniche. "Non c'è tecnica di offesa nel karate" sono
parole che ho udito dal
Maestro Funakoshi
più di quarant'anni fa' e, allora, trovavo difficile comprenderne il
significato poiché avevo sempre pensato che il karate dovesse essere
utilizzato negli scontri reali.
Egli
diceva ancora: "non dovresti mai alzare le tue mani per primo
contro l'avversario. E, comunque, la tua intenzione non dovrebbe
essere quella di uccidere o ferire il tuo avversario ma solo di
bloccare il suo attacco. Se poi questi dovesse continuare, allora
dovresti assumere una posizione che gli faccia chiaramente
comprendere che sarebbe meglio per lui desistere". Avere,
allora, solo vent'anni ed essere pieno di energia mi faceva dire tra
me stesso: "Cosa sta dicendo questo vecchio? Sta facendomi la
morale? Perché non mi insegna la verità?". Pensavo che stesse
solo cercando di tenere noi giovani lontani da azioni sconsiderate,
non potevo accettare le sue parole. Man mano che la mia abilità e la
fiducia nelle mie possibilità crescevano, arrivai alla conclusione
che non avesse senso per me non prendere l'iniziativa. Dopo tutto
non si dice sempre "attaccare per primi è la migliore difesa"?
Devo confessare che mi trovai implicato in numerosi scontri e che
questo accrebbe ulteriormente la fiducia nelle mie capacità,
rendendomi immodestamente fiero. Devo ammettere che in quei giorni
ero arrogante e, di conseguenza, dovevo sicuramente apparire
antipatico agli altri. Comunque decisi che avrei provato a seguire
gli insegnamenti del Maestro, almeno nel non colpire fino a che non
ci fosse altra alternativa, dopodiché però avrei colpito in modo da
atterrare il mio avversario con un solo colpo. Decisi inoltre che
avrei posto particolare attenzione nel non far vedere al mio
avversario quale colpo avrei usato prima di aver raggiunto il
bersaglio. Da bambino ero molto debole. Solo con l'allenamento
iniziai ad avere fiducia nella forza delle mie braccia e fu con il
duro allenamento che le rafforzai ulteriormente come rafforzai tutto
il mio corpo. Fu ancora grazie al duro allenamento che riuscii a
superare le numerose malattie di cui fui vittima. Ma questo solo
perché ero giovane, tra i venti e i trent'anni. Dopo il diploma
entrai nel servizio civile ma divenni presto insoddisfatto e iniziai
a lavorare per una società privata. Ancora infelice del mio lavoro
mi misi in proprio. Ancora cambiai lavoro più volte.
Sebbene non sappia spiegarne la ragione, l'unica
cosa in cui fui costante in tutti questi anni, fu la mia pratica del
Karate. In parte a causa della mia esperienza con diversi tipi di
lavoro e in parte a causa del mio divenire più vecchio e maturo, il
mio allenamento nel karate cambiò, sia nello stile che nei
contenuti.
Fu mentre avevo da poco superato i quarant'anni
che un incidente mi fece capire che l'allenamento reale non era il
semplice perfezionamento di tecniche per il combattimento. Allora
inizia la ricerca della comprensione degli aspetti spirituali del
Karate-do.
Un giorno, mentre stavo bevendo vino con un
amico, fummo circondati da una banda di una decina di spacconi che
stavano chiaramente cercando la rissa. Immediatamente lanciai una
buona occhiata a quegli uomini che erano improvvisamente divenuti
miei avversari e cercai un'apertura che mi potesse permettere di
rompere quell'accerchiamento. Presto comunque mi chiesi che senso
potesse avere lo scontro. Vincere o perdere, non ci sarebbe stato
onore. Anche se avessi vinto ci sarebbe stato uno scandalo e sarei
quindi stato un perdente. Fossi stato nel periodo della mia
gioventù, avrei sicuramente preso l'iniziativa per poter attaccare
per primo e prendere i miei avversari alla sprovvista. Ma quella
volta rimasi calmo, cercai una soluzione che potesse consentire a
tutti di rimanere illesi. Sono felice di dire che riuscii a
dissuadere la
banda
dalla rissa. E fu proprio in quel momento che mi resi conto di
essere riuscito ad uscire dal mondo del combattimento, sebbene fossi
comunque convinto che la mia forza e la mia tecnica fossero di un
livello tale da consentirmi di non perdere di fronte a qualsiasi
giovane.
Poco dopo quell'incidente fui sottoposto ad un
intervento per la rimozione di parte del mio stomaco e, dopo un
anno, ad un'altra simile operazione. Poiché persi la forza di cui
andavo così fiero, non potei più praticare karate. Ancora più serie
erano le difficoltà a condurre una vita normale. Ripenso a quel
periodo, durante il quale ero caduto in una forte disperazione, come
al peggior periodo della mia vita. Ma allora ricordai le altre
parole del Maestro Funakoshi: "l'allenamento nel karate deve
essere quello praticabile da tutti, dai vecchi come dai giovani,
dalle donne, dai bambini e dagli uomini." Con queste parole in
mente presi la decisione di vedere se mi fosse possibile praticare
anche se mi trovavo in pessime condizioni fisiche. I risultati
furono rassicuranti e trovai che mi era possibile praticare grazie
all'oculata scelta di certi metodi. Avendo successo decisi di votare
il resto della mia vita alla pratica del karate. Fu circa dieci anni
dopo la seconda operazione allo stomaco che fui colpito da un
infarto che mi lasciò in uno stato precario, letteralmente sospeso
tra la vita e la morte. Ebbi la fortuna di farcela ma per i tre o
quattro anni successivi, la mia forza fisica fu ridotta a quella di
un neonato. Fu impossibile per me praticare karate, ma durante quel
periodo studiai qualcosa di immenso valore dai miei giovani
colleghi: l'importanza dei buoni rapporti umani, il valore
dell'amicizia e l'opportunità di avere dialoghi "da cuore a cuore",
il prezioso apporto dell'assistenza nei periodi di bisogno. In tutto
questo sta l'essenza della pratica del Karate-do. Parole che ho
sempre udito "tutto inizia e termina con il rei". La
parola può essere interpretata in diversi modi; è il rei del reigi
che significa "etichetta, cortesia, educazione" ed è anche il rei di
keirei che significa "saluto" o "inchino". Il significato di rei è a
volte spiegato in termini di kata o katachi ("esercizio formale" o
"forma" o "figura"). È di primaria importanza non solo nel karate ma
in tutte le arti marziali.
Per i nostri scopi qui, intendiamo per rei
l'inchino tradizionale nel quale si manifesta cortesia e decoro. Chi
segue la Via del Karate deve essere cortese, non solo
nell'allenamento ma nella vita di tutti i giorni. Sebbene umile e
gentile non dovrebbe mai essere servile. La sua esecuzione dei kata
deve riflettere audacia e fiducia. Questa
apparentemente
paradossale combinazione di gentilezza ed audacia porta in ultimo
all'armonia. È vero, come diceva il M° Funakoshi, che lo spirito del
Karate sarebbe perso se non ci fosse cortesia. È anche vero che ci
sono poche persone in grado di eseguire un perfetto inchino
cerimoniale, ma chi può farlo ha sicuramente raggiunto un grado di
maestria nell'arte. Per poterlo fare deve essere un uomo di buon
carattere. Negli anni recenti mi è capitato molto raramente di
incontrare qualcuno che potesse eseguire un inchino perfetto. Mentre
nel karate può sembrare che l'uomo che esegue un inchino perfetto
presenti molte aperture, è vero l'esatto contrario; egli non lascia
aperture ed è estremamente difficile per un avversario portare a
segno un pugno o un calcio efficace. Eseguendo un kata inizia con un
inchino e termina con un inchino. Non essere né arrogante né
servile. Dall'inizio alla fine esegui il kata in modo naturale e con
umiltà. Senza sincerità l'inchino non ha significato. Piuttosto che
preoccuparti per la sua apparenza, metti cuore e anima nel tuo
inchino e vedrai che acquisterà naturalmente una forma corretta. Per
il principiante è normale sperare di divenire il più forte
possibile. Se egli continua nella pratica con serietà per
raggiungere questo scopo, alla fine arriverà ad uno stato di grande
armonia fra corpo e spirito. Ma non ci sarà arroganza, solo
gentilezza, egli potrà addirittura dimenticare di essere un uomo
dalle grandi capacità. C'è un detto: "il falco forte nasconde i
suoi artigli". È così. Anch'io volevo raggiungere questo stato
ma solo recentemente ne sono diventato consapevole. Al Maestro
Funakoshi veniva spesso chiesto un esempio della sua fine arte di
calligrafo e una delle espressioni da lui più usate mentre scriveva
era "non andare contro la natura". Queste parole, che hanno
un profondo significato, erano per lui una massima da osservare
strettamente. È difficile definire la natura con così tante parole.
Sole, luna e stelle sono parte della natura, come lo sono gli
uomini, l'esistenza stessa ed il movimento di tutte le cose. I fiori
che sbocciano in primavera e le foglie che cadono in autunno sono
fenomeni naturali, come lo sono la nascita dell'uomo, la sua
crescita, il suo invecchiamento e la sua morte. Terra, acqua, fuoco,
vento, neve e pioggia sono parte della natura, dalla quale abbiamo
molto da imparare. Non importa quanto ci si opponga alla natura, non
si avrà comunque la minima possibilità di vittoria. Alcuni dei
nostri movimenti sono naturali, altri non lo sono.
Attraverso
la pratica possiamo apprenderne la differenza ed imparare come
acquisire movimenti naturali. Dobbiamo comprendere la potenza
naturale di cui disponiamo e come utilizzarla; l'uomo ha una forza
interna immensa di cui non è consapevole. Gli esempi di uso di forza
prodigiosa che si sono verificati in momenti di pericolo quali
incendi ed inondazioni tornano alla mente. Questi a volte sono
definiti sovrumani ma è la giusta definizione? Sebbene la persona
che riesce in questi sforzi non sia consapevole di possedere una
tale potenza, sono convinto che essa sia un dono della natura e
possa essere sviluppata da chi si allena con perseveranza. Voglio
porre una questione cruciale: Se invece di opporsi al movimento del
proprio avversario ci si muovesse con lui in modo naturale cosa
succederebbe? Ci si accorgerebbe che si è divenuti una cosa sola e
che quando l'avversario sferra un attacco, il nostro corpo lo evita
muovendosi in modo naturale. Quando si diverrà capaci di questo si
scoprirà un mondo totalmente nuovo, che non si pensava esistesse.
Quando si è uno col proprio avversario e ci si muove con lui senza
opposizione non esiste niente di simile al colpire per primi. Il
significato di karate ni sente nashi (non c'è primo colpo nel
karate) non può essere compreso appieno fino a che non si raggiunge
questo stato. Attraverso la cortesia raggiungerai un'attitudine di
umiltà e gratitudine nei confronti del tuo avversario durante
l'allenamento. Senza questa attitudine non ci può essere vero
allenamento. Nell'allenamento e nella pratica reale la rabbia,
l'odio e la paura sono completamente assenti. È importante sapere
che non si deve provare né istinto omicida né inimicizia, né
opposizione né resistenza contro il proprio avversario.
Quando si raggiunge questo stato si diviene
tutt'uno con l'avversario e si acquisisce la capacità di muoversi
naturalmente in linea con il suo movimento. Questo, quindi,
l'obiettivo fisico e spirituale dell'allenamento e della pratica del
karate. Ma ciò si può raggiungere solo con seria e strenua pratica.
Si dice che arrivati alla sessantina non si è più in grado di
praticare attivamente. Quando udii per la prima volta queste parole,
vent'anni prima che raggiungessi quell'età, non potevo comprenderne
il significato. Adesso che ho raggiunto quell'età credo di poter
capire il senso di tale affermazione.
Il
deterioramento della forza fisica diventa cospicuo ed è impossibile
seguire lo stesso tipo di pratica dei giovani. I movimenti stessi
diventano lenti. Ciononostante, ripensando ai quarant'anni di
pratica del karate, arrivo alla conclusione che, come diceva il mio
maestro Gichin Funakoshi, il karate è un'arte marziale che possono
praticare tutti, giovani e vecchi, donne e uomini, tutti. Come per
il karate e la vita, voglio dire che praticare karate è vivere e
vivere è praticare karate. Il mio desiderio è quello di rimanere
giovane di spirito nei miei giorni. Per mantenere la mia forza
fisica che pian piano mi abbandona, sento il bisogno di eseguire
esercizi preparatori prima di praticare karate e questo è quello che
consiglio a chi vuole proseguire col Karate-do. Recentemente è stato
sottoposto alla mia attenzione il fatto che ci siano opinioni
divergenti riguardo agli stadi preliminari della pratica. In questo
libro desidero esprimere qualche opinione personale che spero po ssa
essere utile a tutti. E spero che la vostra pratica continui con
diligenza.
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