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In questo articolo ci viene presentato il karate come forse non avremmo pensato che potesse essere. e forse proprio per questo ci sono molti principianti e pochi che hanno compreso cosa sia l'arte del karate. Per quanto lo si possa dire, non sarà tale fintanto che non lo si comprenda. E per comprenderlo e' necessario conoscere se stessi e conoscendo se stessi forse si potrà conoscere...

IL FINE DELL’ARTE

di Shigeru Egami
Tratto da: «The Heart Of Karate-Do» - Kodansha International
Traduzione di Marco Forti (www.irimi.it)

- prima parte -

Quando Gichin Funakoshi venne a Tokyo nei primi anni 20, l'arte del Karate era virtualmente sconosciuta fuori dalla nativa prefettura di Okinawa.

Lo scopo del viaggio di Funakoshi era tenere una dimostrazione dell'arte su invito del Ministro dell'Educazione e tornare, subito dopo, ad Okinawa.

Questo, comunque, non avvenne, in seguito ai consigli e agli incoraggiamenti di Jigoro Kano, il padre del Judo, di Hakudo Nakayama, grande autorità del Kendo e di altri.

Avendo deciso di diffondere il Karate-do in tutto il Giappone, si prodigò con tutte le sue forze ed il suo entusiasmo ma non senza difficoltà. Il numero di studenti che iniziarono a prendere lezioni fu inizialmente molto esiguo e ciò lo portò a vivere in povertà e ad occuparsi di innumerevoli lavori occasionali per potersi procurare il cibo.

Chi avrebbe potuto dire, in quei giorni, che la popolarità di quest'arte di autodifesa si sarebbe diffusa oltre al Giappone in tutte le parti del mondo?

Ricordo i viaggi che noi, allievi del maestro Funakoshi, facemmo nella zona di Kyoto-Osaka e nell'isola di Kyushu sotto la guida di Takeshi Shimoda, il nostro istruttore e il migliore tra gli studenti di Funakoshi. Questo accadeva attorno al 1934, circa dodici anni dopo la prima dimostrazione che il maestro fece a Tokyo.

Il Karate, in quei giorni, era considerato una mera tecnica di combattimento ma aveva un'aura di segretezza e mistero. Di conseguenza sembra che la curiosità fosse l'unico motore a spingere gruppi di persone ad assistere alle nostre dimostrazioni.

Sebbene non conosca bene la carriera di Shimoda, so per certo che fu un esperto della scuola Nen-ryu di Kendo e studiò anche ninjitsu. Per uno sfortunato volere del fato si ammalò dopo una delle nostre dimostrazioni e morì poco dopo.

   

Shimoda era l'assistente del maestro Funakoshi e si occupava dell'insegnamento quando quest'ultimo era impegnato. Il suo posto venne preso dal terzo figlio del Maestro, Gigo, che non era solo un uomo dal carattere eccellente ma anche un grande esperto dell'arte. Sicuramente non c'era persona più qualificata per l'insegnamento ai giovani studenti. Comunque, poiché all'epoca era tecnico radiologo all'Università Imperiale di Tokyo e al Ministero dell'Educazione, si dimostrò piuttosto riluttante ad assumere anche questo incarico. Dopo le numerose pressioni da parte del padre e dei suoi studenti finì comunque per accettare e, di lì a poco, attirò la nostra ammirazione ed il nostro rispetto. Ricordo ancora che lo chiamavamo "Waka Sensei" - il giovane maestro - per distinguerlo dal padre, che chiamavamo "Ro Sensei", che può essere tradotto come "anziano maestro" (anche se devo specificare che il termine giapponese Ro non ha le caratteristiche negative che si ricollegano usualmente al termine anziano in occidente).

Gigo veniva chiamato anche Yoshitaka che è un altro modo di leggere i caratteri che componevano il suo nome di battesimo.

Come Shimoda, anche Gigo morì molto giovane, era ancora nella trentina. Era la primavera del 1945 e penso sia morto di infarto. Nei primi anni il maestro Funakoshi non aveva un suo dojo ma, finalmente, nel 1936 fu completato il Dojo Shotokan nel distretto Mejiro di Tokyo. Nel marzo del 1945 però, nel corso di un raid aereo su Tokyo, lo splendido dojo fu distrutto tra le fiamme. La sua costruzione aveva richiesto un grande sforzo da parte di molte persone, non ultima quella dello stesso Gigo che, già in ospedale in quei giorni, non deve aver retto alla vista della distruzione dell'agognato sogno.

Oggi il Karate è praticato in molti Paesi di tutto il mondo. Si può dire che sia sulla cresta di un'onda di popolarità. Ma qual'è il significato di questo fenomeno? Cosa attrae di quest'arte di autodifesa? Perché la gente la pratica? Qual'è il suo obiettivo?

Che Takeshi Shimoda e Gigo Funakoshi siano morti giovani è sicuramente una grande perdita per il mondo del Karate-do. Se fossero ancora vivi, cosa penserebbero della situazione attuale?

Il Karate praticato oggi è differente da quello di quarant'anni fa e si dice che il numero di stili si avvicina al centinaio. Molte scuole inviano istruttori all'estero per propagandare la loro tecnica. Sebbene si possa affermare che ci sono certi gruppi negli Stati Uniti ed in Europa che, con l'intento di comprendere l'anima dell'oriente come antidoto all'impasse derivante dalla crescente mentalità materialistica, enfatizzano la parte spirituale dal Karate-do, la triste realtà è che in molti stili vengono insegnate solo le tecniche di combattimento e vengono completamente ignorati gli aspetti spirituali. E i praticanti, spesso, hanno come unico obiettivo quello di vincere incontri.

Parlano di forgiare uno spirito indomito, cosa in sé pregevole, ma dobbiamo anche pensare ai risultati che provocherebbe l'uso improprio di questo spirito. Come nel caso di un pazzo armato di coltello, pistola o altra arma contro persone indifese ... il risultato potrebbe essere solo disastroso.

La situazione attuale, quindi, vede la maggior parte dei praticanti dei Paesi d'oltre mare seguire il Karate per le sue tecniche di combattimento e si deve ammettere che la pulsione allo scontro è forte negli uomini come in tutti gli altri animali. È estremamente difficile credere che questi entusiasti siano arrivati ad una piena comprensione del Karate-do.

Bisogna inoltre far menzione dell'influenza negativa che i film e la televisione hanno avuto sull'immagine pubblica del Karate dipingendolo come misterioso metodo di combattimento capace di causare la morte o ferite gravi con un singolo colpo o calcio e, appellandosi all'istinto combattivo dell'uomo, presentano una pseudo-arte molto distante da ciò che il Karate è in realtà. Gichin Funakoshi fu un propugnatore degli aspetti spirituali del Karate-do e pose grande enfasi su questi anziché sulle tecniche di combattimento dimostrando, nel corso di tutta la sua vita, di seguire nella sua pratica, i principi che insegnava.

Se fosse vivo oggi e vedesse quello che sta succedendo al Karate-do, cosa penserebbe?

Quelli di noi che hanno aderito alla forma ortodossa del Karate quale arte di autodifesa devono fare tutto ciò che è in loro potere per accertarsi che venga praticato in maniera corretta e che i suoi aspetti spirituali vengano interamente compresi.

Seguendo l'errato obiettivo omicida, il principiante donerà tutto se stesso al suo allenamento convinto che il compromesso non esista. Per lui sarà solo una questione di vita o di morte e, in accordo con questa visione, o si uccide il proprio avversario o si viene uccisi.

Uccidere sempre con un colpo, emergere nelle competizioni o vincere in ogni scontro sono obiettivi in cui può credere solo un principiante.

Non perdere mai non significa sempre vincere.

Quando si capisce questo non si è più principianti. In una gara è normale che il più forte vinca, ma una competizione è una competizione. Nel Karate-do non ci sono uomini forti e uomini deboli. L'essenza dell'arte è la mutua cooperazione.

Questo è il fine ultimo del Karate-do.

Quando un bimbo nasce, le prime persone con cui viene in contatto sono sua madre, suo padre e i suoi fratelli. Quando cresce si fa amici altri bambini e viene in contatto con i suoi insegnanti. Comincia a leggere libri e a studiare uomini del passato. Man mano che matura fisicamente e mentalmente, incontra molti tipi di persone e si forma un'idea della società. Poiché un uomo non può esistere da solo, comincia ad apprezzare l'importanza delle relazioni umane.

L'attinenza di questo con l'allenamento e la pratica del Karate è che la nostra arte è un metodo per seguire ed esplorare l'essenza dell'essere umano.

Così, per esempio, anche se dovessi trovare un compagno determinato a ferirti, questa sarebbe un'occasione fortunata per te. Conoscere te stesso, conoscere il tuo avversario, conoscere e capire la relazione tra voi: questo è il vero obiettivo dell'allenamento.

Seconda parte

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