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Psicologia

GIA’ DA MOLTO TEMPO SI SENTE PARLARE DI QUESTA NUOVA BRANCA DELLA PSICOLOGIA, OLTRETUTTO DA PARECCHIO TEMPO GIA’ APPLICATA AGLI SPORT PIU’ IN VOGA E RICCHI. ANCHE NEL NOSTRO AMBIENTE, NON C’E’ STAGE FEDERALE DI AGGIORNAMENTO PER INSEGNANTI, CHE NON CONTEMPLI UNA SEZIONE TEORICA DEDICATAGLI. ABBIAMO CHIESTO AI NOSTRI COLLABORATORI ARTICOLISTI DI PARLARCENE E MOSTRARCENE EVENTUALI BENEFICI E APPLICAZIONI, ANCHE PER LE NOSTRE DISCIPLINE.

La psicologia dell’ allenamento negli sport da combattimento

Di: Salvatore Cosentino

Con questo articolo, tenterò  di introdurre un argomento molto importante per la formazione “globale” di quell'essere umano complicato e complesso, che è l'atleta. Da molti trascurato da altri forse  volutamente ignorato, questo aspetto, oltre ad incrementare le performances attitudinali sul ring, aiuta l'atleta a migliorare e rafforzare il proprio carattere parimenti al rafforzamento fisico del corpo. L'atleta infatti non deve essere visto solamente come un fisico da "modellare" e "costruire", ma dobbiamo effettivamente capire cosa da "l' anima" all'atleta e cosa e quali sono le sue reali motivazioni e nel caso non le avesse.... dovrebbe essere compito dell'allenatore motivarlo... ma qui andiamo gia oltre forse (...magari ne parleremo in un altro articolo..). Ovviamente queste sono solo le mie considerazioni scaturite dal mio iter formativo come allievo prima, poi come atleta  e come insegnante dopo. Confrontandomi con altri tecnici di altre realtà sportive, ho potuto notare che non solo negli sport da combattimento o nelle arti marziali, la figura dell'allenatore, come gia avevo cercato di analizzare in un mio precedente articolo, (Allenatore o padre-padrone) viene vista parimenti a quella del padre naturale... con tutti i pregi e difetti che talvolta ne possono conseguire. A prescindere naturalmente dal carattere che ogni atleta può avere, dobbiamo tenere conto di alcuni fattori fondamentali quali l'età per esempio, considerando il fatto che un ragazzo adolescente deve avere necessariamente bisogno di alcune attenzioni particolari, a sua situazione familiare, ovvero che tipo di rapporto ha con i suoi genitori, cosa ne pensano i suoi genitori dello sport che sta praticando, quindi quanto la famiglia gli sia vicino. Non dico che l'insegnante deve essere una sorta di "assistente sociale", ma se vuole capire ed allenare in maniera professionale e costruttiva il ragazzo, deve entrare nella sua sfera emotiva, per cercare di capire i suoi punti deboli e i suoi punti forti  per renderlo più sicuro delle sue capacità... naturalmente senza formare esaltati. Ricordo ancora una volta che anche negli sport da combattimento, e forse un tantino in più rispetto ad altri sport  per via del contatto fisico, è di fondamentale importanza curare questo aspetto nell'allenamento, ricordiamoci tutti che una smisurata aggressività si manifesta  nei ragazzi che hanno una smisurata insicurezza di fondo trasmessa per la maggior parte dei casi dalla famiglia. In altri casi invece il ragazzo che è succube della famiglia assumerà un atteggiamento passivo nei confronti della vita stessa, essendo portato naturalmente ad abbassare sempre la testa e  ad obbedire sempre agli ordini... senza discutere! Il difficile e complicato compito di chi ahimè, "deve insegnare a tirare calci e pugni"... come qualche intelligentone sosterrebbe, non mi pare sia facile arrivati a questo punto...! Infatti riuscire a tirare fuori le qualità intrinseche del ragazzo, affinchè possa accrescere in se il naturale desiderio di sufficiente autostima, deve passare attraverso un processo strettamente intimo che porta col tempo l'allenatore a capire con che mezzi e che modi, motivare e stimolare il ragazzo, affinché possa riuscire ad esprimersi al meglio delle sue reali e potenziali qualità. Partendo da questi punti, comincerei ad analizzare alcune "situazioni-tipo" estendibili ad ogni disciplina sportiva. Quante volte vi e' capitato che un atleta non riesca ad eseguire una routine di esercizi tecnicamente corretta? E ancora… se lo avete fatto, a cosa sono serviti i conseguenti e relativi rimproveri? A migliorare la performance o a peggiorarla? A seconda della vostra risposta, avremo la giusta regola. Capita infatti che in alcuni soggetti, dopo estenuanti e continue correzioni e ripetizioni, tuttavia l'esercizio non vada come dovrebbe andare, soprattutto dopo molti rimproveri. Se arrivati a questo punto, provate allora a dire al ragazzo: "Bèh ora va meglio.... " (anche se non è affatto vero) e vedrete come in maniera spontanea ed autonoma, l'atleta migliorerà da solo... incredibile! Ci sono invece alcuni stereotipi di atleti che riescono a correggere la montatura dell'esercizio in questione, durante l'esecuzione stessa dell'esercizio… E qui ci vorrebbe anche un tecnico ad “hoc” che sia in grado di seguire e correggere l'atleta passo dopo passo! Tornando in maniera specifica al nostro settore, ovvero gli sport a pieno contatto, la domanda che i neofiti si pongono spesso è: "Come si fa a non avere paura dei colpi?"  oppure "Come reagirà il mio avversario se lo colpisco con forza?", e ancora: "Sarò all'altezza della situazione e delle aspettative? ". Queste domande che spesso si pongono i praticanti alle prime armi non possono di certo avere risposte immediate, e sapete perchè? Perché non tutti rispondono agli "stimoli" volti a sbloccare l'allievo allo stesso modo! Un errore comune e che personalmente credo commetta la maggior parte degli allenatori, penso sia quello di lasciare stare il ragazzo che, se pur tecnicamente bravo e veloce nell'apprendimento, non rende per quelle che sono le sue reali potenziali capacità in un momento di stress particolarmente alto. Alcuni potrebbero confondere questo aspetto specifico con la mancanza di "grinta" da parte dell'atleta, che in un momento di panico non riesce ad essere lucido.... o comportarsi per come lavora ai pao! Il problema in questo caso, forse  non sta nel trovare la grinta e la motivazione, badate bene che un ragazzo che si allena duramente deve per forza avere grinta e motivazione, se nello sparring o nel combattimento non rende, forse potrebbe anche essere un problema di stress eccessivo. Ma sicuramente non di grinta! In termini scientifici, succede questo: che il cervello “mammifero” che è particolarmente emotivo, in quanto sta a questa area del cervello controllare le sfere emozionali, percepisce un confronto rituale e da l'input di rilasciare un ormone chiamato "adrenalina", naturalmente il getto improvviso di una alta o eccessiva quantità di adrenalina "blocca" non solo la psiche, ma impedisce al corpo di agire naturalmente. La conseguenza di quanto appena detto è sicuramente uno scarso rendimento delle proprie performances durante la gara. Il compito dell'allenatore,  arrivati a questo punto non è semplice, perchè per riuscire a superare e vincere la paura o lo stress massimale dell'allievo, deve lavorare sulle paure del ragazzo, mettendolo in maniera non traumatica, di fronte a situazioni dette “da panico”, cercando di lavorare, per quanto possa essere possibile, anche sulla formazione caratteriale (...cosa che non è affatto semplice).

Concludo dicendo che tirare fuori "il cuore in gara" o in una situazione di "stress particolare" non è cosa semplice, ma permettetemi di dire che l'atleta che ha cuore lo dimostra a prescindere da tutto, quando si allena! Ma naturalmente queste sono solo e semplicemente… le mie considerazioni.

Sono quindi particolarmente gradite, eventuali vostre critiche costruttive!


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