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SI PARLA TANTO DELL’ IMPORTANZA DELLE TIBIE E DEL LORO
CONDIZIONAMENTO, PER GLI INCONTRI DI MUAY THAI E KICK BOXING. IN QUESTO
BELLISSIMO ARTICOLO DEL NOSTRO COLLABORATORE NICOLO’ REGALMUTO (studente in
scienze motorie e valido atleta di Muay Thai) CI VIENE SPIEGATO “COME”
AVVIENE E “CHE COSA” ACCADE ALLE NOSTRE TIBIE, DURANTE IL LORO PROCESSO NEL
NECESSARIO CONDIZIONAMENTO OSSEO.
“Il segreto nelle tibie dei guerrieri di Muay Thai”Di: Nicolò RagalmutoIn uno sport da combattimento,
come
Chiunque vede un incontro di Muay Thai per la prima volta, non si spiega come sia possibile, sferrare calci a quella potenza, senza farsi nulla, come invece avviene in altri sport (vedi ad es. il calcio dove le fratture complete di tibia, sono molto frequenti). Il
segreto, evidentemente, sta tutto in un adeguato condizionamento osseo. Ciò
avviene grazie al nostro organismo che, essendo una macchina perfetta, si adatta
alle diverse sollecitazioni che subisce. La tibia è un osso lungo, quindi, come
tale formato ( vedi fig. 1) da un corpo allungato (diafisi) e da due estremità
(epifisi prossimale ed epifisi distale). All’interno della diafisi, è
presente un canale midollare, contenente al suo interno il midollo osseo di tipo
giallo, rivestito da tessuto osseo compatto (vedi fig. 2). La caratteristica principale del tessuto osseo compatto (a differenza di quello spugnoso presente nelle epifisi), è quella di formare un bloccco solido e continuo, dunque molto resistente alle sollecitazioni che provengono, sia dall’interno che dall’esterno. La diafisi tibiale (fig. 3-4),
ha forma prismatica triangolare, ed è costituita da tre facce (mediale,
laterale e posteriore) e da tre margini, detti anche creste (madiale, laterale e
posteriore). Quando si calcia, la parte della
tibia che colpisce (se questo avviene in maniera corretta), è il margine
tibiale anteriore, che si presenta smusso alle estremità, mentre tende a
diventare tagliente nella parte centrale dell’osso. Questa parte, quando colpisce,
va incontro ad una resistenza esterna, di tipo traumatica diretta, che se supera
la resistenza interna dell’osso, causerà la frattura, cioè l’interruzione
della continuità dell’osso. Questa interruzione (frattura) è quasi sempre incompleta (grazie ad un buon condizionamento osseo), cioè, non lo interrompe nella sua completezza (fratture complete), ma bensì ne interrompe solo una piccola parte, le cosiddette fratture incomplete.
Quelle che riguardano i
combattenti, sono delle microfratture, o delle fratture incomplete a legno
verde, le quali guariscono in circa 15-20 giorni, o a volte anche in un periodo
di tempo più breve (come avviene ad es. ai tailandesi); questo dipende molto
sia dall’età, che dall’accuratezza riservata al recupero, nonché dalle
caratteristiche organico-funzionali dell’atleta. In ogni modo queste lesioni
tendono spontaneamente a guarire, come avviene nella maggior parte dei danni
subiti dal nostro organismo (ad es. la cicatrizzazione delle ferite), attraverso
le tre fasi di osteogenesi riparativa. A)- La prima fase:
è quella di formazione ed
organizzazione dell’ematoma, dove le estremità dei frammenti (se presenti),
si trovano introdotti nell’ematoma (prodotto dall’interruzione dei vasi
midollari, dei vasi periostali e dei vasi parostali). Questo, in un secondo
tempo, tenderà gradualmente a coagulare e avverrà la colonizzazione
connettivale del coagulo. B)- Nella seconda fase:
si ha vivace proliferazione di
cellule osteoblastiche, le quali cominciano a produrre sostanza proteica, nella
quale restano inclusi trasformandosi in osteociti (callo fibroso). La sostanza
proteica si dispone secondo un’architettura più o meno lamellare (come
avviene durante la fase di evoluzione del tessuto osseo compatto), mentre i sali
di calcio, sotto l’azione dell’enzima fosfatasi alcalina, si depositano in
forma cristallina sulla sostanza proteica stessa (callo osseo). C)- Nella terza fase:
le singole trabecole si
fondono in travate che circondano i frammenti di frattura: questi rimangono così
inglobati in una massa di tessuto osseo non ancora strutturato (callo
provvisorio) che poi, attraverso un continuo processo di assestamento
modellante, influenzato dalle sollecitazioni del carico o delle masse muscolari
(ristrutturazione), porterà alla fusione completa dei frammenti (callo osseo
definitivo).
È dunque grazie a questo callo osseo definitivo, che presentandosi molto più solido e robusto dell’osso, darà solidità e resistenza alla tibia dell’atleta, che in questa maniera creerà, a lungo andare, le armi più pericolose di un combattente che, come spero sappiamo tutti, riescono a fare la differenza. Immagini prese da:
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