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Preparazione atletica

E’ QUANTO OGNI INSEGNANTE DOVREBBE SAPER FARE E QUANTO OGNI ALLIEVO SI ASPETTA VENGA ESEGUITO INDIVIDUALMENTE SU DI LUI, AL MOMENTO IN CUI INIZIA UN TIPO DI ALLENAMENTO PIU’ IMPEGNATIVO, IN VISTA DELLA PREPARAZIONE AD UNA GARA O INCONTRO SINGOLO. SIAMO CONVINTI CHE E’ ANCHE QUANTO OGNI INSEGNANTE FA’ CONTINUAMENTE, PIU’ O MENO EMPIRICAMENTE. ABBIAMO CHIESTO AL NOSTRO FEDERICO FRAGALE, UN ARTICOLO CHE POSSA AIUTARCI MOLTO SEMPLICEMENTE, A COMPRENDERNE I MECCANISMI. 

CREARE, SVILUPPARE E PIANIFICARE, UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO PER LA KICK BOXING

Di: Federico Fragale (D.T. Scuola Arti Marziali Fragale)

Io non vorrei annoiare o risultare antipaticamente ripetitivo, ma ancora una volta sono costretto a ribadire per onestà, nei concetti iniziali di apertura, soprattutto ed in primis verso me stesso… e di conseguenza quindi, verso tutti coloro che avranno la gentilezza e la pazienza di leggermi. Cioè, che per essere in grado di fare una qualsiasi cosa nello specifico… dobbiamo conoscere almeno generalmente, ogni sua implicazione nei tanti aspetti che ne caratterizzano il globale. Ancora una volta quindi, non vorrei essere costretto a dare tabelle e schemi da seguire alla lettera, ma solo trattare l’argomento secondo i concetti generali che lo costituiscono e che vi sono gioco-forza implicati. Parlerò pertanto anche di concetti già trattati in precedenza, sebbene forse in maniera diversa ed avremo modo di introdurre concetti nuovi, ma sempre a questi correlati. Nella trattazione di un argomento così importante ed essenziale, non possiamo fare a meno di considerare e richiamare le nostre conoscenze tecniche su: 

  • Resistenza Aerobica

  • Resistenza Anaerobica

  • Resistenza specifica

  • Allenamento tecnico generico

  • Allenamento tecnico specifico

  • Compensazione

  • Supercompensazione

  • Superallenamento

Vorrei doverosamente precisare inoltre, che questo vorrebbe essere un articolo diretto, non certo  agli altri istruttori… che spero sicuramente conosceranno anche in modo più approfondito certe nozioni specifiche che qua mi limito ad enunciare sommariamente, ma piuttosto agli atleti o ai praticanti e appassionati di queste discipline, forse per meglio fargli comprendere e renderli maggiormente partecipi, del motivo di alcuni cambiamenti negli allenamenti che effettuano nelle loro sedi, a seconda del periodo in cui si trovano (in prossimità di gare, dopogara o lontani da queste, ecc …) Ma forse potrebbe anche risultare utile per alcuni giovani istruttori, perché studiare e mettere a punto un allenamento specifico per il miglioramento del kick boxer, non è poi così semplice come si potrebbe pensare. Non è sufficiente infatti, riuscire a correre per 1 o 2 ore consecutive per acquisire fiato e riuscire a portare a termine un qualsiasi combattimento, sia questo di 2 – 3 – 5 o 10 riprese. Difatti, normalmente la stragrande maggioranza delle persone, sapendo giustamente che per fare più riprese possibili devono acquisire molto “fiato”, credono che  devono quindi essere capaci di correre, il più a lungo possibile.  Mentre invece, non tutti sanno che gli sport da combattimento come la boxe o la kick boxing, sono sport misti o aciclici (per quanto riguarda i ritmi di lavoro) e necessitano di un buon equilibrio tra resistenza aerobica e anaerobica e che per poter interagire efficacemente sull’una o l’altra, si deve tener conto di :

  1. frequenza cardiaca;

  2. intensità di lavoro;

  3. durata del lavoro;

  4. riposo.

In un incontro, è impensabile credere di poter mantenere un ritmo blando e costante, con la frequenza cardiaca compresa tra le 120 e le 140 puls./min. (tipica del lavoro aerobico). Difatti durante il match si hanno fasi di combattimento che si alternano, da molto intense  (dove la frequenza cardiaca supera in alcuni casi anche le 200 pulsaz./min.) a fasi molto blande e di recupero. Ma iniziamo col chiarire il motivo per cui vi è relazione tra resistenza aerobica e resistenza anaerobica.

 

RESISTENZA AEROBICA E RESISTENZA ANAEROBICA

La resistenza aerobica: è la qualità organica che consente di produrre lavori di intensità moderata per un certo tempo, anche notevolmente lungo. I fattori che determinano il valore della prestazione delle prove di durata, possono essere di natura fisica:  come l’efficienza dell’apparato Cardio–circolatorio e respiratorio; un elevato grado di progressione dei processi ossidativi, un elevato grado di perfezione del gesto tecnico, e di natura psichica: che riguardano soprattutto la forza di volontà e la capacità di concentrazione dell’atleta. La resistenza aerobica, potremmo forse definirla come una resistenza di Base, su cui edificare e pianificare tutto l’allenamento futuro, per acquisire poi quella specifica. Lo sviluppo della resistenza di base è determinato dall’esecuzione continua nel tempo dell’esercizio, stando in equilibrio di ossigeno (senza formazione di acido lattico) con la frequenza cardiaca compresa tra le 120 140 pulsaz./min. Quindi l’esercizio non deve essere così rapido da farci boccheggiare o rimanere senza fiato, obbligandoci a fermare dopo aver bruciato rapidamente tutte le energie, ma deve avere un ritmo equilibrato per poter continuare a produrne e sollecitarci inoltre a migliorare l’efficienza dell’apparato cardiocircolatorio. Difatti, il lavoro aerobico spinge il cuore a pompare a una frequenza maggiore a quella dello stato di riposo, pur sempre al di sotto dei limiti massimali, ma per tentare di ridurre la frequenza, questo tenderà ad aumentare la propria portata e gittata. Si dice che la fonte di energia che si utilizza dipende dai tempi di lavoro: entro i 20 minuti gran parte dell’energia deriva dagli zuccheri, dai 20 ai 30 minuti è mista (zuccheri e grassi) oltre i 30 minuti, in prevalenza proviene dall’ossidazione dei grassi che sviluppa una grande quantità energetica. Ma sappiamo che questi tempi e percentuali sono variabili e soggettive… e del resto, probabilmente possiamo anche trovare valori diversi per ogni testo che consultiamo. Il metodo migliore e semplice per incrementarla, forse è proprio il footing.

 

La resistenza anaerobica: si sviluppa in assenza di ossigeno (anaerobiosi) con formazione di acido lattico, la frequenza cardiaca non deve essere inferiore alle 180 pulsaz./min. Quando si richiede all’organismo una quantità di energia superiore a quella che la sola ossidazione è in grado di darci, questo contrae un debito di ossigeno e attraverso molte e diverse reazioni chimiche, inizia a formare acido lattico come residuo. Con tale resistenza infatti, intendiamo la capacità dell’organismo di formare, contrarre e sopportare, un grosso debito di ossigeno in un dato periodo di tempo minimo. I meccanismi energetici più sollecitati per produrre energia sono quelli dell’ATP (adenosintrifosfato) e del CP (fosfocreatina) e il glicolitico.

Alcuni dei metodi migliori e più semplici per incrementarla sono:

gli scatti e le ripetute al sacco,  ai paou, lavoro di sparring condotto con notevole intensità, per il numero delle riprese previste dal match.

Iniziamo adesso ad analizzare il motivo per cui queste due resistenze sono così strettamente legate e inscindibili tra loro:

Sappiamo quindi che più sviluppata è la resistenza anaerobica, e più aumenta la tolleranza di sopportabilità dell’acido lattico nei muscoli, ma senza un’altrettanto sviluppata resistenza aerobica che permetta tramite gli apparati organici, tra cui l’apparato cardio circolatorio e respiratorio, di smaltire l’acido lattico formatosi e di ripristinare il tasso di ossigeno nel sangue, non potremmo certo auspicare di fare grandi cose in seguito.

LA  RESISTENZA  SPECIFICA

La resistenza specifica: prima di iniziare a lavorare sulla resistenza specifica, forse dobbiamo tenere presenti alcuni fattori per monitorare meglio (anche se non certo alla perfezione) il lavoro e l’impegno dell’atleta: per valutare se è riuscito a dare il massimo o se si è risparmiato, ma soprattutto per riscontrare miglioramenti, stazionamenti o regressi, che sono sempre alla base dell’allenamento, e a seconda dell’ ”incognita” risultante, dobbiamo variare o ritoccare qualcosa nella sua pianificazione programmatica dell’allenamento. La prima cosa da calcolare è la frequenza cardiaca massima, attraverso la formula di Karvonen:

220 – ETA’ = F.C. MASSIMA
(che possiamo raggiungere senza temere traumi per l’organismo)

F.C. MASSIMA – F.C. RIPOSO = F.C. di RISERVA;

F.C. di RISERVA X 60% + F.C. a RIPOSO = VALORE MINIMO allenante;

F.C. di RISERVA X 80-85% + F.C. a RIPOSO = VALORE MASSIMO allenante.

 

ALLENAMENTO TECNICO: GENERICO E SPECIFICO

Solitamente, anche l’allenamento tecnico si differenzia in generico e specifico.

La parte generica: solitamente si abbina al lavoro di base, dove si affinano e si apprendono nuove tecniche, da lavorare allo specchio, a coppia o facendo prove di sparring. Il tutto ad intensità ovviamente bassa, in modo da rendere il gesto specifico, il più tecnico e preciso possibile.

La parte specifica: dobbiamo per forza abbinarla al lavoro anaerobico, visto che i ritmi sono più alti e uguali (se non superiori) ai ritmi di gara. Prevede di ripetere una serie di tecniche ad intensità sempre più alta (sia in velocità che in potenza) allo specchio, ai paou, focus, sacco e ancora meglio tramite combattimento sui ritmi specifici di gara.

Adattamenti di compensazione e supercompensazione

Una volta esaminati bene questi punti, vorrei puntualizzare il rapporto tra carico di lavoro e compensazione , sfatando così un altro modo di pensare: più mi alleno duramente e più in fretta otterrò risultati, posso dire che è una mezza verità o (se preferite) anche che forse è una mezza bugia. L’organismo è una complessa macchina, in grado di adattarsi all’ambiente e a qualsiasi altro stimolo di allarme. Un esempio: quando iniziamo a correre, per la prima volta o dopo un tempo di inattività, compaiono quei tipici dolori muscolari, (polpacci, quadricipiti, femorali, glutei) che svaniscono dopo qualche giorno, questa è una fase di allarme dell’organismo, che procede nelle ore e giorno successivo a ripristinare il tutto, ma in modo più solido, da garantire un autonomia più grande per lo stesso stimolo che ha “distrutto” la muscolatura. Difatti, nel periodo di riposo tra una seduta di allenamento e l’altra, la muscolatura si “rigenera” si “ricostruisce” più forte, in base allo stimolo che l’ha distrutta, in modo che lo stesso stimolo sia sopportato meglio (come una riserva di energia, quasi come se l’organismo si volesse difendere contro un nuovo carico). Da qui si deduce che se voglio incrementare ancora di più la mia prestazione, dovrò incrementare il carico di lavoro. Osservando però, un tempo sufficiente per permettere la compensazione e la supercompensazione. I processi fisiologici di adattamento si arrestano se il lavoro viene svolto senza un adeguato riposo ma anche, se l’intervallo di riposo è troppo lungo… questi iniziano il proprio veloce decremento. I giusti e mirati processi di adattamento si creano solo se gli stimoli raggiungono una certa intensità e si verificano solo se manteniamo una giusta alternanza tra carico e recupero. (distruzione e ricostruzione- catabolismo e anabilismo) Si legge da più parti che si ritiene sufficiente una notte di riposo per recuperare (compensazione) quello che si è perso in un allenamento, mentre è ritenuto ottimale il tempo di 24-48 ore per esaltare il fenomeno della supercompensazione.

Riassumendo: la compensazione si ha quando l’organismo ripristina l’equilibrio fisiologico (cioè ripristina le scorte di energia, smaltisce l’acido lattico nei muscoli, ricostruisce le fibre muscolari usurate) mentre, quando oltrepassa il livello qualitativo iniziale, si ha allora la supercompensazione.

 

IL  SUPERALLENAMENTO

L’organismo, per quanto complesso e calcolatamente perfetto nella propria naturale imperfezione, abbiamo potuto riscontrare, ad un certo stimolo elabora una risposta, ci da quindi dei “campanelli di allarme”, la parte difficile non è sentirli… ma è quella di saperli decifrare! Rimanendo in tema di allenamento, non so se vi è mai successo di sentire, quel senso generale di stanchezza, perdita dell’appetito, difficoltà a prendere sonno, aumento della frequenza cardiaca a riposo, conseguente abbassamento della prestazione… Questo può essere una conseguenza derivante dal troppo allenamento e uno di quei campanelli di allarme che tenta di indicarvi o consigliarvi, che forse dovreste osservare qualche periodo di pausa, al fine di non andare incontro a patologie ancora più complesse.

Come abbiamo visto finora, i processi di allenamento (acquisire lena, cioè la capacità di svolgere uno stessa quantità di lavoro, con un minore dispendio energetico e quindi una quantità maggiore a parità di energia spesa) non sono poi così semplici come uno possa pensare e soprattutto, non c’è uno standard uguale per tutti, ma forse addirittura diversi per ognuno, con alcune varianti per meglio uniformarsi all’individuo atleta. Solitamente inoltre, nella programmazione e pianificazione dell’allenamento, si dovrebbe forse tenere conto anche di fattori quali: l’età, sesso, peso, altezza, tipo vita condotta etc. Ma penso che torneremo più avanti a parlare ancora e meglio, di questo ed altri aspetti estremamente specifici.


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