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Anatomia

VEDIAMO ADESSO, CON QUESTO SPECIFICO ARTICOLO DEL Dott. Francesco Pellegrino, COME AVVIENE NEL DETTAGLIO LA CONTRAZIONE MUSCOLARE , “CHE COSA” E “COME” LA SI DETERMINA ; MA SOPRATUTTO “ PERCHE’ ”… UN VALIDO COMPENDIO COGNITIVO PER OGNI ISTRUTTORE E PREPARATORE ATLETICO CHE SI POSSA DEFINIRE TALE.

LA CONTRAZIONE MUSCOLARE

Di: Dott. Francesco Pellegrino

Come avviene la contrazione muscolare

A questo punto, dopo aver letto l’articolo precedente  (La muscolatura del corpo umano) saprete  già che la contrazione della fibra muscolare è dovuta ad una diminuzione di lunghezza di ogni singolo sarcomero, con accostamento di due bande A successive, per riduzione di lunghezza del disco I. Sappiamo inoltre che la riduzione di I é determinata dallo slittamento dei filamenti sottili nell’intervallo tra i filamenti spessi.

Ma si andrà ancora di più nel dettaglio facendo osservare come le espansioni delle molecole di miosina nel corso della contrazione si connettono con i miofilamenti sottili di actina, tale connessione é data dal susseguirsi rapidissimo di legami transitori tra actina e miosina; a questi legami si accompagnano rapide oscillazioni delle espansioni dei filamenti di miosina che, quasi fossero ciglia, fanno slittare il miofilamento sottile nell’intervallo tra i miofilamenti spessi.

Studieremo adesso più a fondo, i legami che si formano tra le “teste” delle molecole di miosina e le molecole di actina. Intanto possiamo dire che questi legami, temporanei, vengono detti “ponti trasversali actomiosinici”. Dobbiamo però mettere l’accento… sul fatto che le espansioni globulari delle molecole di miosina, oltre ad essere la sede dei legami con le molecole di actina durante la contrazione, svolgono anche un’azione enzimatica, scindendo l’ATP in ADP, reazione che fornisce l’energia necessaria alla contrazione stessa… e che inoltre… è il legame di una nuova molecola di ATP con la molecola di miosina, che ne libera l’estremità dal legame con la molecola di actina e la rende perciò disponibile al legame successivo.

Per analizzare “in dettaglio progressivo” come avvengono questa serie di reazioni… ci avvarremo della proiezione della Fig. 6 (gia presentata anche nell’altro articolo) di cui faremo adesso, la descrizione punto per punto:

Fig. 6
Schema del meccanismo con cui viene generata la forza nella contrazione muscolare
  1. partiamo dal momento in cui una molecola di ATP si lega con la testa di una molecola di miosina determinando la dissociazione del ponte trasversale tra questa e l’unità del filamento di actina.

  2. L’idrolisi dell’ATP ad ADP + Pi fa si che l’asse della testa si sollevi rispetto all’asse del filamento spesso, il muscolo è ancora a riposo.

  3. Ora anche l’actina è pronta (vedremo subito dopo in che senso) su di essa si instaura il legame con il complesso testa della miosina - ADP - Pi.

  4. L’interazione actina - miosina causa il rilascio di Pi e dell’ADP dalla testa della miosina, questo causa un ulteriore aumento dell’inclinazione dell’asse della testa della miosina, che trascina con se nello spostamento, il filamento di actina a cui è attaccata: è la fase in cui si genera la forza del muscolo.

  5. Ora la testa della miosina è di nuovo pronta a legarsi con una nuova molecola di ATP per dare così il via ad un nuovo ciclo di contrazione.

Avevamo lasciato in sospeso al punto 3, le modalità con cui l’actina si prepara ad accogliere il legame con la testa della miosina. Per la trattazione di questo argomento ci sarà utile la proiezione della Fig. 7.

Fig. 7
Filamento di actina con le posizioni relative delle molecole di tropomiosina e troponina prima e dopo il legame di quest’ultime con gli ioni Ca2+

Con l’aiuto di questa figura si potrà comprendere come la contrazione muscolare sia controllata da ioni Ca2+, contenuti nei vacuoli del reticolo che circonda le miofibrille, e da due gruppi di molecole organiche:

  1. la tropomiosina;

  2. la troponina.

Dalla figura inoltre, si nota anche la differente struttura delle 2 molecole: Tropomiosina: che sono filamentose, rigide e costituite da due subunità avvolte ad elica l’una sull’altra, che corrono lungo i filamenti di actina. Troponina: che sono costituite da degli aggregati globulari proteici, legate sia alle molecole della tropomiosina che a quelle dell’ actina e sono disposte ad intervalli regolari.

Nella parte superiore della Fig. 7 è illustrata la disposizione delle diverse

molecole quando il muscolo è a riposo e si vede che i filamenti di tropomiosina sono disposti lungo i filamenti di actina, in maniera tale da schermare i siti in cui si stabilisce la connessione dei ponti trasversali e gli ioni Ca2+ non sono ancora presenti, perché confinati all’interno dei vacuoli del reticolo sarcoplasmatico. Perché avvenga una variazione in questa distribuzione, occorrerà che intervenga un impulso “elettrico” proveniente dal sistema nervoso. Nel momento in cui arriva alle miofibrille un potenziale d’azione trasmesso dai neuroni, la permeabilità della membrana del reticolo sarcoplasmatico agli ioni Ca2+ varia e permette che questi vengano rilasciati dai piccoli serbatoi in cui sono contenuti, andando a stabilire dei legami con le molecole di troponina.

Gli effetti di questo evento sono illustrati nella parte inferiore della Fig. 7.

Si vede bene infatti, come la costituzione di questo legame, fa si che muti la posizione delle molecole di troponina ed essendo queste legate alle molecole di tropomiosina e di actina, nel muoversi causano uno slittamento tra le due catene molecolari. Lo slittamento delle molecole di tropomiosina relativamente a quelle di actina, avviene in modo tale da scoprire i siti dei ponti trasversali, posti sulle molecole di actina e queste sono così pronte per stabilire il legame con le molecole di miosina. Questo avviene in modo da far si che l’actina sia pronta al legame con la miosina ed è proprio questo, che si intendeva dire nella fase 3 del ciclo visto sopra.

In conclusione si dirà che: quando lo stimolo cessa e la permeabilità della membrana del reticolo si riabbassa, esiste un sistema di pompaggio che riporta gli ioni Ca2+ all’interno dei serbatoi. La concentrazione di Ca2+ lungo i filamenti quindi si riabbassa, la troponina si disattiva… e la contrazione cessa.

Terminazioni nervose per il controllo dell’attività muscolare

Saprete sicuramente, che la trasmissione degli impulsi nervosi… avviene per la propagazione del potenziale d’azione attraverso gli “assoni” dei neuroni motori. Saprete anche che l’assone del neurone motorio è rivestito da una “guaina mielinica”, quello che dobbiamo invece trattare in questa sede… è “cosa succede” quando il neurone raggiunge i muscoli. A questo scopo faremo riferimento alla Fig. 8 la quale mostra, con dettaglio crescente, come l’assone in prossimità della sua terminazione, si ramifica e nella parte finale fuoriesce dalla guaina mielinica. Si fa notare che l’espansione terminale del neurone motore a questo punto, si inserisce a ridosso di una ristretta “zona specializzata” della membrana plasmatica della fibra muscolare striata e che viene detta “placca motrice”. C’è da aggiungere, che un muscolo ha sempre molte più fibre muscolari di quante fibre nervose motorie riceve; perciò… una fibra nervosa forma più placche motrici e controlla più fibre muscolari. Chiameremo “unità motoria” l’insieme di un neurone motorio e delle fibre muscolari che esso innerva. Le unità motorie non hanno la stessa dimensione in tutti i muscoli dell’organismo; in alcuni muscoli sono costituite da molte fibre muscolari, fino a 1700; in altri da pochissime fibre muscolari, 6 o 7 soltanto. A un più elevato numero di unità motorie, in relazione al numero totale di fibre muscolari, corrisponde una migliore modulazione della capacitá contrattile del muscolo.

Lo stimolo proveniente da un neurone motorio, determina la contrazione di tutte le fibre muscolari ad esso collegate. Mentre la contrazione di un muscolo, a seconda della sua entità o della forza che deve sviluppare, interessa un numero variabile di unità motorie.

   

Fig. 8
Propagazione dell’impulso nervoso

Si potrà sottolineare a questo punto, l’importanza che il sistema muscolare riveste nelle relazioni dell’organismo con l’ambiente che lo circonda. I muscoli infatti, sono gli organi destinati a mantenere l’equilibrio nella stazione eretta, a mantenere la postura di una parte qualsiasi del corpo, a promuovere gli spostamenti del corpo o di una sua parte, opponendosi agli effetti della gravità. L’azione muscolare é modulata e coordinata di continuo a livello del sistema nervoso centrale. Le emissioni motrici si scaricano dal sistema nervoso centrale sulle fibre muscolari striate tramite i neuroni motori. Il sistema nervoso centrale diventa così responsabile del “tono muscolare”, cioè della leggera tensione che i muscoli striati presentano a riposo e che viene rivelata dalla loro caratteristica consistenza e “trofia”. La contrazione tonica, consente l’attività posturale dei muscoli che fissa le articolazioni in posizioni determinate e compone l’attitudine d’insieme; é la tensione dei muscoli che mantiene correttamente le posizioni relative delle parti del corpo e si oppone alle modificazioni passive di queste posizioni.

Energia della contrazione muscolare

Come ultima tappa del nostro percorso, rimane da chiedersi da dove provenga il “carburante” che i muscoli utilizzano per trarre l’energia necessaria alla loro contrazione. Abbiamo visto come l’ATP sia necessario per la contrazione muscolare e svolge diversi compiti. E’ necessario quindi che esso sia sempre presente all’interno della cellula muscolare, ma la concentrazione di ATP all’interno di questa è piuttosto bassa, per cui ne occorre un rifornimento continuo, affinché la contrazione possa protrarsi.

Da quali fonti, attinge il muscolo per rifornirsi di ATP?

Per sviluppare questa questione, ci serviremo della proiezione della Fig. 9 in cui è riportato lo schema della produzione di ATP nella fibre muscolari.

Cominciamo con il dire che la prima riserva, a cui il muscolo attinge per ricostruire immediatamente ATP, è costituita dalle molecole di fosfocreatina (CP) contenute nel muscolo stesso. La fosfocreatina è legata all’ATP e all’ADP dalla seguente reazione:

CP + ADP = C + ATP

In cui C indica la creatina e il segno = equivale ad una doppia freccia.

Dalla conoscenza delle reazioni chimiche, sappiamo che questa relazione indica che se il muscolo consuma ATP, allora la reazione si sposta verso destra e le riserve di CP vengono usate per la produzione di ATP. Se invece, in fase di recupero, il metabolismo produce ATP… allora la reazione si sposta a sinistra e vengono reintegrate le riserve di CP. Con questo processo, che tra l’altro avviene in assenza di ossigeno (anaerobiosi), il muscolo è in grado di sopperire al suo fabbisogno energetico per i primi secondi di contrazione, ma se questa si protrae, occorre che il muscolo attinga per il suo fabbisogno ad altre fonti energetiche, più lente a mettersi in moto, ma più durature.

Esistono allora, altre due vie di produzione energetica, che non sono fondate su semplici reazioni ma su “catene di reazioni”, queste sono:

  1. la glicolisi

  2. la fosforilazione ossidativa

 Non analizzeremo queste reazioni nel dettaglio in questa sede, anche perché sono state già trattate in precedenza, ma analizzeremo le caratteristiche salienti di ognuna, mettendone in evidenza gli aspetti positivi o negativi, e i motivi per quali viene innescata l’una o l’altra serie di reazioni, a seconda delle necessità.

La glicolisi è più rapida, in quanto vi intervengono una serie più breve di reazioni. Avviene in assenza di ossigeno ma è poco efficiente, in quanto da una molecola di glucosio, si ottengono solo due molecole di ATP ed inoltre, ha come catabolita l’acido lattico, il cui accumulo può causare l’abbassamento del pH nel muscolo, che tende a bloccare la reazione di “distacco” tra i filamenti actomiosinici.

La fosforilazione ossidativa è molto efficiente, dato che da una sola molecola di glucosio, produce 38 molecole di ATP (in realtà sono 36 + 2, cioè andrebbero tolte quelle che si sono prodotte nella fase glicolitica) però per avvenire, ha bisogno dell’apporto di ossigeno dal sangue e poi è molto lenta, in quanto vi è implicata una serie molto più lunga di reazioni.

 

Fig. 9
Vie della produzione di ATP all’interno delle fibre muscolari

Quindi, per un’attività muscolare lenta e moderata, con un apporto di ossigeno sufficiente, è la fosforilazione ossidativa a soddisfare il fabbisogno di ATP. Ma per un’attività sostenuta, diventa importante l’apporto di ATP da parte della glicolisi, che è rapida e non richiede ossigeno. Il glucosio utilizzato nelle due serie di reazioni, come schematizzato in Fig. 9, può provenire o dall’apporto del sangue o dalle riserve di glicogeno accumulate nel muscolo stesso. La fosforilazione ossidativa, può usare anche proteine e lipidi, la cui demolizione però, richiede un notevole consumo di ossigeno. Se durante le fasi di contrazione, il muscolo esaurisce le sue riserve di ATP e CP senza che il metabolismo sia in grado di reintegrarle, o se l’accumulo di acido lattico supera una certa soglia… allora si entra nella cosiddetta “fase di fatica”, in cui il muscolo non è più in grado di contrarsi. La fase successiva, in cui il muscolo torna a riposo, reintegra le sue riserve e smaltisce l’acido lattico, viene detta “fase di ristoro”.

Vascolarizzazione e innervazione dei muscoli

Come collegamento all’unità didattica sulla circolazione sanguigna, anche se non ancora trattata, si potrà già dire che i muscoli scheletrici sono molto ricchi di vasi sanguigni. Aree di penetrazione vascolare, uniche o multiple, sono distribuite generalmente sulla faccia profonda dei muscoli; di qui le arterie muscolari si irradiano nell’ambiente perifascicolare e interfascicolare, per risolversi poi, in fitte reti di capillari a maglie allungate, intorno alle singole fibre muscolari. Le vene hanno un decorso corrispondente a quello delle arterie. Le fibre nervose destinate ad un muscolo, vi giungono insieme con i vasi; alcune di esse, dette viscerali, sono appunto destinate all’innervazione di tali vasi. Le fibre nervose provengono da un nervo spinale, o da più di un nervo spinale, oppure da nervi encefalici (per i muscoli della testa e per qualche muscolo del collo).

Bibliografia

  • Alberghina L., Tonini F. (2002) - “Biologia. Volume b: Dall’evoluzione biologica all’evoluzione culturale dell’uomo”. Arnoldo Mondadori Scuola, Milano. pp. 622 - 628.
  • Cremaschi D. (1991) - “Fisiologia generale, principi”. Edi - Ermes, Milano. pp.621 - 642.
  • Curtis H., N. S. Barnes (2003) - “Invito alla biologia”. Zanichelli, Bologna. pp.337 - 346 e pp. 477 - 481.
  • Voet D. Voet J.G. (1993) - “Biochimica”. Zanichelli, Bologna. pp. 1290 - 1302.

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