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Anatomia

SICURAMENTE TUTTI VOI SARETE CONCORDI SULL’ IMPORTANZA DELLA CONOSCENZA DEI MUSCOLI PIU’ IMPORTANTI DEL CORPO UMANO ED IN QUESTO ARTICOLO VE NE PRESENTIAMO UNA PANORAMICA GENERALE… MA VI SIETE MAI CHIESTI COME FANNO A CONTRARSI? CHE COSA ACCADE DURANTE UNA CONTRAZIONE MUSCOLARE? A QUESTE E A TANTE ALTRE DOMANDE… TENTA DI RISPONDERE L’ARTICOLO IN QUESTIONE E SIAMO SICURI CHE APPREZZERETE OLTREMODO.

I MUSCOLI DEL CORPO UMANO

Di: Dott. Francesco Pellegrino

Generalità sui muscoli

Il discorso è molto vasto e articolato, cominciamo quindi la spiegazione partendo dalle funzioni generali a cui i muscoli sono preposti, spiegando prima di tutto che il tessuto muscolare è considerato il “tessuto motore” del corpo umano, in quanto è al suo interno che l’energia chimica, proveniente dalla demolizione degli alimenti, viene trasformata in energia meccanica di contrazione e quindi in movimento. Bisogna altresì dire che i muscoli, come gli altri tessuti, sono si, costituiti da cellule, ma qual è la loro peculiarità? Approfondendo quindi le nostre conoscenze, apprenderemo che è quella di riuscire a contrarsi, variando così la propria lunghezza. Secondo una definizione generale, basata sulla disposizione delle cellule che la costituiscono, la muscolatura del corpo umano assume sostanzialmente due aspetti: 

  1. muscolatura liscia.

  2. muscolatura striata. 

La muscolatura liscia è quella che riveste e permette la contrazione degli organi interni come l’intestino, l’utero, la vescica e i vasi sanguigni.

La muscolatura striata è invece quella dei muscoli scheletrici, i muscoli cioè che rivestono le ossa dello scheletro e permettono ai diversi segmenti ossei di muoversi relativamente tra loro. Striata, è anche quella del muscolo cardiaco.

Muscolatura volontaria ed involontaria

Un’altra suddivisione della muscolatura è fatta sulla base della volontarietà o meno della contrazione muscolare. In base a questo criterio abbiamo:

  1. muscoli volontari: in quanto la loro contrazione è soggetta al controllo del sistema nervoso periferico somatico, che sono i muscoli scheletrici;

  2. muscoli involontari: che si contraggono a prescindere dalla volontà dell’individuo, sono cioè sotto il controllo del sistema nervoso periferico autonomo. Questi sono: il muscolo cardiaco e tutta la muscolatura liscia.

Abbiamo, quindi, queste due distinzioni in cui possiamo mettere da una parte la muscolatura scheletrica striata e volontaria, che ci permette di fare tutti i movimenti della nostra vita quotidiana come camminare, sorridere, scrivere, fare sport, ecc., dall’altra la muscolatura liscia e involontaria.

Tra le due, troviamo il muscolo cardiaco (che rappresenta una eccezione a questa regola) che malgrado sia striato… è un muscolo involontario.

 

Date per ora queste prime definizioni a carattere generale, focalizziamo adesso la nostra attenzione sulla muscolatura scheletrica, dando solo qualche accenno alle differenze tra questa e gli altri tipi di muscoli.

Struttura dei muscoli scheletrici

Prima di analizzare la struttura intrinseca dei muscoli scheletrici, vediamo come essi si presentano macroscopicamente, dato che in un uomo adulto arrivano a rappresentare fino al 40% circa del peso corporeo totale. A questo punto sarà utile la proiezione della fig. 1 che ci fornisce un quadro d’insieme abbastanza completo della muscolatura del corpo umano, riportando anche i nomi dei principali gruppi muscolari e l’azione che essi compiono, sul segmento del corpo in cui sono inseriti.

Fig. 1
Principali muscoli scheletrici dell’uomo e loro funzioni specifiche

Si fa inoltre notare, come i muscoli scheletrici sono organi di varia forma e volume, con parti carnose di colore rosso più o meno intenso e parti tendinee di colore bianco splendente.

Si farà solo un accenno ai tendini (quelle parti più o meno lunghe e massicce, a confronto con la parte carnosa) costituiti da tessuto connettivo, che sono le parti terminali dei muscoli e destinate all’inserzione dei muscoli stessi sullo scheletro. Queste porzioni si possono estendere fin dentro lo spessore del corpo carnoso muscolare. Tra le fibre collagene del tendine, sono disposte “fibre elastiche”, che funzionano come fossero ammortizzatori elastici, all’inizio della contrazione ed accorciamento muscolare. Le fibre tendinee, in corrispondenza dei punti di attacco (inserzione ossea) si fissano direttamente sul tessuto osseo, sopra una linea cementante, oppure si immettono fra le fibre ossee del “periostio”.

Parlando ancora delle funzioni generali dei  muscoli, possiamo dire che essi, inseriti sullo scheletro e con la potenza sviluppata dalla loro forza contrattile, modificano l’orientamento degli organi scheletrici… quanto e come, lo permettono le articolazioni, ovvero… ne mantengono la “postura”.

Riguardo alla forma invece, si vedrà come a seconda della prevalenza di uno o due diametri sugli altri, si distinguono:

  1. muscoli lunghi

  2. muscoli larghi.

Il volume proprio di ciascuno dei 374 muscoli è, comunque, molto variabile in funzione dell’età, del sesso, della costituzione, dell’attività di lavoro o sportiva. Dallo sviluppo della parte carnosa, dipende anche la forza contrattile. La massa contrattile, puó essere impiegata totalmente o parzialmente… a seconda dell’effetto di forza che si vuole ottenere.

Con la proiezione della Fig. 2 potremo dare ancora qualche definizione a carattere generale. Si potrà vedere come i muscoli prendono inserzione sugli organi scheletrici, di regola, mediante due soli capi, capo d’origine e capo terminale o d’inserzione.

Questa definizione è legata all’elemento scheletrico che risulta mobile rispetto all’altro. Nel caso di Fig. 2 è l’avambraccio rispetto al braccio. Con “capo d’origine” s’intende l’attacco a livello del punto fisso, con “capo d’inserzione” s’intende l’attacco a livello del punto mobile. Tuttavia, le inserzioni possono essere più di una, sia per il capo d’origine (allora si parla di muscoli bicipiti, tricipiti o quadricipiti) sia nei confronti del capo terminale (si diranno muscoli bicaudati, tricaudati o quadricaudati).

Fig. 2
Muscoli agonisti ed antagonisti nella flessione ed estensione dell’avambraccio

Un breve accenno ai criteri funzionali, può essere utile per richiamare dei termini che sicuramente tanti di noi avranno sentito o in sedute di allenamento o magari in televisione (sono sempre alla ribalta infortuni di atleti famosi). Secondo questi criteri i muscoli si distinguono in:

  1. flessori ed estensori;

  2. adduttori e abduttori;

  3. pronatori e supinatori;

  4. rotatori interni ed esterni;

secondo il movimento che la loro contrazione imprime a tutto il corpo o ad un segmento corporeo, sulla “guida” della forma dei capi articolari competenti.

I muscoli si classificano infine, anche in:

  1. agonisti

  2. antagonisti

secondo che vi sia tra gli uni e gli altri, “concorrenza collaborativa” o “contrasto d’azione”, nel corso del movimento semplice o complesso, che si compie. Nello svolgimento di un movimento, agonisti e antagonisti (per esempio flessori ed estensori) possono risultare “sinergici” nella più perfetta e precisa esecuzione del movimento.

Struttura microscopica dei muscoli scheletrici

Una prima proiezione della Fig. 5 ben illustrerà il percorso che seguiremo in questa fase. Dopo aver dato le definizioni a carattere generale ci addentriamo sempre di più in quella che è la struttura di un muscolo a livello via via più dettagliato. Il primo gradino (punto A di Fig. 5)

 

ci porta ad individuare quella che è l’unità elementare che costituisce i muscoli: la fibra muscolare. Un muscolo scheletrico di media grandezza è formato da centinaia di migliaia di fibre muscolari, tenute insieme da tessuto connettivo e riunite in gruppi più minuti e di diverso ordine (primario, secondario, ecc.) detti “fasci muscolari”. Le singole fibre dei muscoli scheletrici, arrivano quindi ad essere isolate e indipendenti le une dalle altre, mentre le fibre della muscolatura cardiaca, sono connesse tra di loro. Il nostro percorso verso elementi di maggior dettaglio, ci porta ora ad analizzare la struttura delle fibre muscolari, ognuna delle quali è costituita da una cellula polinucleata molto allungata. La sua larghezza infatti, arriva fino a 100 micrometri, mentre può raggiungere in lunghezza le dimensioni di diversi centimetri, in rapporto al tipo di muscolo, all’età, all’esercizio, alle condizioni di nutrizione. La membrana cellulare delle fibre muscolari si chiama “sarcolemma”. I nuclei della cellula, sono disposti nella zona periferica, subito a ridosso della membrana. Le cellule del tessuto muscolare liscio, sono invece dotate di un unico nucleo.

 

Addentrandoci ora (punto B della Fig. 5) all’interno del “citoplasma” delle cellule del muscolo scheletrico, troviamo che qui vi sono contenute le miofibrille, sottili filamenti che riducendo la loro lunghezza in risposta ad uno stimolo nervoso, sono responsabili della contrazione dell’intera fibra e quindi del muscolo. La Fig. 3 ci mostrerà in dettaglio la struttura di una miofibrilla.

 

Fig. 3
Struttura di una miofibrilla

Noteremo come la fibra muscolare  appare “striata”, sia longitudinalmente che trasversalmente. La striatura longitudinale della fibra, risulta dalla presenza  delle miofibrille che, strettamente impacchettate, sono lunghe quanto la fibra stessa ed hanno il diametro di circa un micron. Se invece osserviamo la sezione trasversa di una miofibrilla, ci appaiono come formazioni puntiformi, distribuite uniformemente e disposte a gruppi. Le miofibrille, d’altro canto, risultano striate trasversalmente e appaiono costituite da dischi chiari e scuri alternati, in conseguenza dell’arrangiamento molecolare interno; è questo tipo di disposizione che ci permetterà di osservare che la struttura striata, si riscontra a livello dell’intera fibra muscolare; essendo i dischi di ciascuna miofibrilla, allineati in perfetta corrispondenza con quelle delle altre miofibrille. E’ da ciò che deriva il tipico aspetto striato di questa muscolatura e da cui deriva appunto il nome. Per fare ancora un parallelo con la muscolatura liscia invece, si dirà che questa è così chiamata perché in essa sono assenti le striature trasversali. La mancanza delle striature dipende dall’assenza, in questo tipo di muscoli, delle miofibrille; sono presenti dei miofilamenti, ma la loro disposizione è parallela all’asse longitudinale delle cellule muscolari e per cui, non danno origine a striatura trasversale. Vedremo ancora dalla Fig. 3 come ciascuna miofibrilla è avvolta dal “reticolo sarcoplasmatico”, che deriva dalla specializzazione di un “reticolo endoplasmatico”, ed è circondata da un sistema di “tubuli” (il sistema T) disposti su di un piano perpendicolare, rispetto all’asse della miofibrilla stessa.

Esaminando ancora una miofibrilla, si rileva in essa l’alternanza di dischi “anisotropi” (A) e di dischi “isotropi” (I) che corrispondono rispettivamente ai dischi scuri e ai dischi chiari. Con la proiezione della Fig. 4 (a) potremo notare che: se osservato al microscopio elettronico, il disco I si vede attraversato da una linea trasversale più scura, la linea Z. Il tratto di miofibrilla compreso tra due linee Z consecutive, si chiama “sarcomero” che è lungo circa 2-3 micron. 

Fig. 4
Foto di un sarcomero ingrandito al microscopio elettronico (a) e  della sua struttura (b)

Abbiamo dunque, compiuto ancora un altro passo nella descrizione di dettaglio, nella struttura del nostro muscolo. Dobbiamo però ancora far notare come il disco A sia attraversato, nel suo tratto mediale, da una fascia trasversale più chiara, la zona H, a sua volta percorsa nel mezzo e trasversalmente, da una linea scura, “linea M”. Questa struttura, pur essendo visibile nella foto di Fig. 4 (a) è ben schematizzata in Fig. 4 (b) in cui sono riportati gli elementi fondamentali che costituiscono un sarcomero, in prospettiva sia longitudinale che trasversale. Dopo aver visto lo schema generale di un sarcomero, entriamo ancor maggiormente nel dettaglio della sua struttura riproponendo la Fig. 5 e poniamo l’attenzione sui punti E ed F.

L’esame della figura, dimostra che il sarcomero è costituito da due tipi di “miofilamenti proteici”. Uno più spesso, detto “miosina” e da uno più sottile detto “actina”. I filamenti di miosina sono disposti in parallelo secondo la lunghezza della miofibrilla, su tutta l’altezza del disco A, a distanza regolare l’uno dall’altro e secondo un perfetto disegno esagonale.

Fig. 5
Schema con punti in progressivo dettaglio di un muscolo scheletrico

Ponti di unione “actomiosinici” trasversali, li congiungono fra loro a livello della linea M. Ogni miofilamento spesso, da una parte e dall’ altra della linea M, presenta delle espansioni. Le molecole di miosina che lo compongono, hanno infatti la forma di bastoncelli costituiti da due catene proteiche, ciascuna delle quali contiene circa 1800 amminoacidi. Sono rigonfi e ricurvi ad una estremità che si presenta quindi, con un aspetto globulare. Le espansioni delle molecole di miosina si ripetono sulla lunghezza di un miofilamento, ad intervalli costanti e regolarmente ruotate di un angolo di 60o. I filamenti di actina sono costituiti da due catene di unità molecolari globulari e avvolte a elica. A livello della linea Z, i filamenti di actina si dividono in quattro bracci che si “anastomizzano” con gli omologhi bracci dei filamenti del sarcomero contiguo.  Ritornando invece sui punti C e D della stessa figura

si potrà notare come i filamenti di actina, occupano nel sarcomero una posizione diversa, secondo lo stato di contrazione. Se il muscolo é molto rilasciato (punto C) i miofilamenti si estendono per tutta l’altezza del disco I regolarmente spaziati in un disegno esagonale; aumentando lo stato di contrazione essi si spostano, scivolando come i pezzi di un telescopico cannocchiale, nel disco A tra i miofilamenti spessi (punto D), intorno ai quali si dispongono nel rapporto di sei filamenti sottili e uno spesso. Nello stato di massima contrazione, i filamenti sottili giungono a ridosso della linea M e scompare la zona H.

Potrà essere interessante un piccolo approfondimento sull’esistenza di fibre muscolari di diverso tipo e differenti proprietà derivanti dalla diversa quantità di mioglobina, una proteina di colore rosso, contenuta nel citoplasma. Si possono descrivere così due tipi di fibre muscolari: 

  1. le fibre rosse (dette anche fibre lente)

  2. le fibre bianche (dette anche fibre veloci) 

Le fibre rosse contengono più mioglobina, che conferisce loro il colore, ma la loro peculiarità è quella di avere una contrazione lenta e duratura.

Le fibre bianche invece, sono povere di mioglobina ed hanno una contrazione più veloce e meno duratura.

Tra le due situazioni estreme, esistono naturalmente dei livelli intermedi. (fibre rosa)

Bibliografia

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  • Curtis H., N. S. Barnes (2003) - “Invito alla biologia”. Zanichelli, Bologna. pp.337 - 346 e pp. 477 - 481.
  • Voet D. Voet J.G. (1993) - “Biochimica”. Zanichelli, Bologna. pp. 1290 - 1302.

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