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Arti marziali e sport da combattimento

Di: Dott. Luigi Salinaro
(Laurea Magistrale in scienze delle attività motorie preventive e adattate)

 

Nella moltitudine di proposte sportive inerenti il confronto fisico che ci sono oggi, orientarsi è sicuramente difficile. La scelta il più delle volte ricade sulle discipline più conosciute sia esse di origine marziale sia esse a carattere puramente agonistico, quali sport da combattimento. Personalmente credo esista una grossa differenza tra arte marziale, e sport da combattimento. Tale differenza non nasce come si può pensare dalla tipologia di tecniche utilizzate, poiché un pugno è sempre un pugno in tutti e due i casi, bensì è molto diverso il tipo di approccio motorio e psicologico. Con questo non voglio dire, che chi pratica arti marziali non può competere in sport da ring, o viceversa chi pratica sport da ring non sappia difendersi, voglio solo sottolineare, che esistono delle differenze tra le due cose, e tali differenze sono state dettate, nel tempo da diverse esigenze. Le arti marziali sia esse di origine orientale (karate, Muay Thay, Panchak Silat, kung fu ecc.), che occidentale (lotta sarda o “sa strumpa”, scherma, lotta greco romana, bastone siciliano ecc.), nascono con un preciso intento salvaguardare la propria incolumità,  quella dei propri cari, difendere o conquistare territori.  Premesso questo, ogni singola disciplina si è poi sviluppata in funzione di determinate esigenze. Tali esigenze spaziano dalle condizioni ambientali (caldo, freddo, pioggia, neve, ecc.) al tipo di abbigliamento (più o meno ingombrante), alle armi a disposizione (spade, pugnali, bastoni, sassi, ecc.) ai mezzi di trasporto (cavalli, barche, carri ecc.), nonché alle caratteristiche fisiche della popolazione stessa (statura, peso, massa muscolare) e alle rispettive capacità motorie. Detto questo è facile dedurre che il principio di riferimento in tutte le arti marziali è sempre lo stesso: neutralizzare l’ avversario.

 

Ecco perché non esistono arti marziali di serie A e arti marziali di serie B.  Un’ arte marziale se praticata a 360° è pienamente efficace, poiché non è importante la tecnica che viene utilizzata, ma i parametri che la costituiscono:

  • Timing
  • Distanza
  • Velocità d’ esecuzione
  • Ritmo del combattimento

Timing: indica il momento giusto in cui eseguire una tecnica per andare a bersaglio. Un attimo prima o un attimo dopo, la stessa tecnica risulta inefficace. Essere padroni del timing richiede molto allenamento.

Distanza: indica la posizione rispetto all’ avversario, è importante perché permette di valutare quale tecnica utilizzare e di conseguenza se allungare o accorciare lo spazio, prima di eseguire la tecnica.

Velocità d’ esecuzione: una tecnica lenta è inefficace. Nel timing e nella distanza devo necessariamente avere una velocità d’ esecuzione ottimale e quindi devo eliminare tutte le resistenze e i movimenti superflui.

Ritmo del combattimento: il ritmo può essere definito come la successione regolare con cui un fenomeno si ripete nel tempo. Imprimere il mio ritmo al combattimento significa che l’ avversario si è adeguato ai miei movimenti, quindi quando voglio posso “spezzare il ritmo”, poiché lo conosco, e andare a bersaglio.

 

Ogni arte marziale è formata da un addestramento fisico e mentale e segue una particolare filosofia, spesso legata ad una religione, che presuppone il rispetto di determinate regole nella vita di tutti i giorni: la cura del corpo serve anche per elevare lo spirito e la conoscenza. Il tutto richiede molti anni di pratica e dedizione per riuscire a comprenderne l’ essenza e l’ efficacia. Essere un’ artista marziale richiede grande forza di volontà ed un notevole impegno sia esso fisico che mentale. Non penso di esagerare se affermo, che più o meno occorrono dieci anni di pratica per  potersi definire un’ artista marziale di un certo livello. Cosa ben diversa sono gli sport da combattimento (boxe, full-contact, ecc.), dove ovviamente se esiste la base marziale è meglio, ma non è indispensabile.

Lo scontro fisico che si verifica, sia esso sul tatami, sia esso sul ring, segue delle regole ben precise, può essere a punti (es. semicontact o karate-point, ecc.), o con ko (boxe, full-contact, thai-boxe, vale-tudo, ecc).  Questa tipologia di sport richiede delle qualità fisiche non indifferenti ed un duro allenamento fisico e mentale. Anche qui naturalmente i concetti citati prima costituiscono il fulcro dell’ addestramento. Però, a differenza delle arti marziali classiche, la strategia è diversa: bisogna vincere l’ incontro, tenendo conto del regolamento sportivo, di conseguenza le tecniche studiate ed applicate sono “ripulite”, da eventuali colpi in punti proibiti, e adattate al tipo di strategia da utilizzare.  Non si ha la necessità di “neutralizzare”    l’ avversario in poco tempo, posso anche essere bravo ad incassare i colpi, in più le protezioni evitano dei danni alle parti più vulnerabili. I progressi sono molto più veloci rispetto alle arti marziali classiche, infatti si acquisiscono velocemente i parametri di timing e distanza e quest’ ultimi permettono di andare a segno, pur conoscendo inizialmente poche tecniche, in breve tempo. In più trattandosi di uno sport, lo sparring controllato viene effettuato quasi ad ogni seduta di allenamento di conseguenza il condizionamento fisico avviene velocemente, altro grande vantaggio di questi sport. Come detto prima i progressi sono più veloci rispetto alle arti marziali classiche, poiché cambia radicalmente il tipo di allenamento e di approccio mentale. Quindi riassumendo, pur trattandosi di discipline di puro confronto fisico e pur richiedendo lo stesso modello funzionale esistono delle differenze sostanziali tra le due cose. Tali da rendere le arti marziali un percorso formativo all’ interno del quale il confronto fisico rappresenta solo una parte della meta, mentre negli sport da combattimento, il confronto con l’ avversario è la parte principale.

Con questo appena detto non voglio assolutamente sminuire una o l’ altra disciplina, voglio semplicemente porre l’ accento sulle differenze, per aiutare nella scelta i principianti che troppo spesso non riescono a trovare quello che cercano, perdendo tempo e denaro.  Per fare maggiore chiarezza sull’ impegno fisico che richiedono queste due discipline, e sulle caratteristiche in comune, brevemente volevo classificare il loro modello funzionale e le qualità fisiche e psichiche richieste al combattente sia esso di natura marziale o da ring.

  • Modello Funzionale
  • Sport di “contrapposizione”
  • Open skill
  • Attività ad impegno aerobico – anaerobico

Attività sportiva con impegno cardiovascolare da medio ad elevato (caratterizzata da numerosi e rapidi incrementi anche massimali della frequenza e portata cardiaca, con aumento delle resistenze periferiche particolarmente evidente nelle brusche interruzioni dell’attività muscolare degli arti).

Qualità richieste

Cosa ancora diversa è la difesa personale. Infatti mentre nelle due attività citate sopra, la cosa che li accomuna è una preparazione fisica di base non indifferente, la difesa personale deve avere un’ altra impostazione.  Spero di poterne parlare presto in un prossimo articolo, magari coinvolgendo qualche esperto del settore.

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