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preparazione atletica

Dalla collaborazione con ricercatori del CNR di Pisa, preparatori atletici e atleti delle palestre New Point of Fitness e Scuola di Arti Marziali Fragale di Pisa e’ stata di recente portata avanti l’idea di poter utilizzare il sudore come campione analitico per la determinazione del lattato e valutare il regime di allenamento degli atleti.

Lattato nel sudore per la valutazione della performance

La misura del lattato in tempo reale nel sudore durante l’allenamento: fantasia o realta’?

Di: La Redazione
(Da un elaborato gentilmente concessoci dalla Dott.ssa Emilia Bramanti)

Determinazione dell’acido lattico nel sudore: un metodo non invasivo per la valutazione della performance sportiva.
Partecipanti: Emilia Bramanti1, Fabrizio Zucchini2, Massimo Onor1, Ilaria Cecconi3, Stefania Banditelli3, Roberto Fragale4, Federico Fragale4, Beatrice Guardati4

  1. Istituto di Chimica dei Composti Organo Metallici (ICCOM), CNR, Area della Ricerca, Via G. Moruzzi 1 56124 Pisa
  2. Palestra New Point of Fitness, Via G. Carducci, 62 56017 San Giuliano Terme, Loc. La Fontina e Via di Campaldo, 7 56122 Pisa.
  3. Nutrilab
  4. Scuola di Arti Marziali Fragale, Via Che Guevara n. 151, Pisa

Ruolo dell’acido lattico in fisio-patologia

L’acido lattico (o lattato) e’ un prodotto della glicolisi anaerobica. Si forma dal piruvato ad opera dell’enzima lattico deidrogenasi (LDH) (Figura 1). L’acido lattico e’ presente nel sangue e nei fluidi muscolari degli esseri umani e degli animali.


Figura 1. Schema della produzione di ATP in condizioni aerobiche ed anaerobiche.
ATP= adenosina trifosfato; LDH= lattico deidrogenasi, PyrDH=piruvato deidrogenasi.

Un uomo adulto normalmente attivo produce circa 120 grammi di acido lattico al giorno; di questi 40 g (33%) sono prodotti dai tessuti aventi un metabolismo esclusivamente anaerobico (retina e globuli rossi), i rimanenti 80 g (67%) da altri tessuti (soprattutto dal tessuto muscolare) in base all'effettiva disponibilità di ossigeno. Nel fegato l’acido lattico viene riconvertito in glucosio (ciclo di Cori) mentre il cuore e’ in grado di metabolizzarlo a scopo energetico. Il rapporto lattato/piruvato riflette lo stato cellulare aerobico/anaerobico. Quindi, il monitoraggio dei livelli di lattato è un buon sistema per valutare il bilancio tra la richiesta di ossigeno del tessuto e il suo utilizzo. L’aumento di acido lattico (acidosi lattica) si puo’ avere in due condizioni:

  • In caso di ipossia, ovvero carenza di ossigeno (acidosi lattica di tipo A, veloce);
  • In caso di eccessiva velocita’ della via glicolitica anaerobica (acidosi lattica di tipo B, lenta).

Nell’acidosi lattica di tipo A la via aerobica, ovvero la via di ossidazione del piruvato ad anidride carbonica ed acqua (parte verde in Figura 1), viene bloccata per vari motivi. Questo accade in seguito a errori congeniti del metabolismo ossidativo nella catena della respirazione mitocondriale [1], nelle malattie cardiovascolari (ischemia, ipossia polmonare, anemia) [2] e in altre malattie [3]. In particolare, i deficit di ossigeno (ipossia tissutale) sono tra le cause piu’ comuni e spesso refrattarie dell’acidosi lattica e comprendono problemi polmonari (bassa pressione parziale di ossigeno), problemi circolatori (rilascio inefficace di ossigeno) e problemi dell’emoglobina (bassa capacita’ di trasporto di ossigeno dovuta a varie cause) [4].

Nell’acidosi lattica di tipo B, invece, la via anaerobica (glicolisi, parte violetta di Figura 1) procede ad elevata velocita’ e causa bassi livelli di ATP e l’acido piruvico prodotto non viene “smaltito” nella via aerobica, ma si accumula e viene ridotto ad acido lattico dall’enzima lattico deidrogenasi. Questo si verifica nel caso di esercizio fisico violento, nelle condizioni di disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa, con conseguente accumulo di lattato, per esempio nella deficienza dell’enzima piruvato deidrogenasi o deficienza di vitamina B1, quando si hanno alti livelli di produzione di ATP dai lipidi o bassi livelli di conversione del lattato a glucosio. Quest’ultimo problema si verifica per malfunzionamento epatico, renale [4] o difetti nella gluconeogenesi per effetto di farmaci o errori congeniti del metabolismo [4].

L’acidosi metabolica si puo’ anche sviluppare nel corso di trattamenti farmacologici e per esposizione a certe sostanze chimiche [5] e in pazienti malati di cancro poiche’ le cellule tumorali producono piu’ lattato delle cellule normali anche in condizioni aerobiche. Il monitoraggio del lattato risulta importante nel controllo del diabete [6], e durante la riabilitazione [7].

Acido lattico ed esercizio fisico

Nel muscolo durante esercizio fisico strenuo, il piruvato che si forma da glucosio e glicogeno piuttosto che seguire la via aerobica viene trasformato in acido lattico. Questo e’ riossidato e parzialmente riconvertito a glucosio nel fegato durante il recupero mediante il ciclo glucosio-alanina (ciclo di Cori). La sua concentrazione nel plasma e’ generalmente inferiore a 1–2 mmol/L in condizioni di riposo e aumenta oltre le 20 mmol/L durante intensa attivita’ fisica a causa della variazione del metabolismo delle cellule muscolari da aerobico ad anaerobico. Un tempo si pensava che il meccanismo anaerobico lattacido fosse attivato per produrre ATP e per soddisfare le aumentate richieste energetiche. In realta’ oggi si sa che il ruolo del lattato come sorgente di energia e’ di minore importanza. Invece e’ stato suggerito che la produzione di lattato aumenti i livelli di concentrazione di NADH, ADP e fosfato e che questi funzionino come attivatori della produzione aerobica di ATP [8,9]. L'acido lattico, inoltre, rappresenta un forte stimolo per la secrezione di ormoni anabolici come il GH ed il testosterone. Per questo motivo esercizi con i pesi ad elevata intensità, intervallati da pause non troppo lunghe, massimizzano il guadagno di massa muscolare. Tuttavia, una volta raggiunto un certo livello di concentrazione di lattato, interviene la spossatezza e si ha un rapido declino della capacita’ all’esercizio [10]. Quindi, in medicina dello sport, il livello di concentrazione del lattato viene usato per controllare il massimo livello di prestazioni degli atleti e il brusco incremento della quota di lattato presente nel sangue viene detta soglia anaerobica del soggetto [8,11-13].

Nel muscolo sottosforzo la produzione di acido lattico è massiccia soprattutto nelle fibre veloci o bianche che hanno un metabolismo prevalentemente glicolitico anaerobico, e inferiore nelle fibre rosse o resistenti, caratterizzate da un metabolismo ossidativo aerobico. Atleti particolarmente brillanti nelle prove anaerobiche lattacide come l'inseguimento su pista nel ciclismo ed i 400-1500 metri nell'atletica, producono oltre il 20% di acido lattico in più rispetto ad una persona normale. A parita’ di intensità di esercizio, la quantità di acido lattico prodotta è inversamente proporzionale al grado di allenamento del soggetto. Ciò significa che se un atleta ed un sedentario corrono alla stessa velocità, quest'ultimo produce molto più acido lattico rispetto al primo e lo smaltisce con maggiori difficoltà.

La soglia anaerobica è una stima della capacità di sostenere un esercizio prolungato. Il suo valore indica la massima intensità di esercizio corrispondente ad un livello costante nella concentrazione ematica di lattato. La concentrazione ematica di lattato nel sangue è normalmente di 1-2 mmoli/L a riposo ma durante uno sforzo fisico intenso può raggiungere e superare le 20 mmol/L. Oltre la soglia anaerobica la produzione di anidride carbonica (CO2) e la ventilazione (atti respiratori al minuto) crescono rapidamente.

In molti casi è preferibile misurare la soglia anaerobica rispetto al massimo consumo di ossigeno (VO2max) sia perche’ negli atleti questo valore sale all'inizio degli allenamenti poi non aumenta più, sia perche’ la soglia anaerobica in molte discipline di endurance correla meglio con la prestazione, costituendo così un miglior indice di potenza aerobica.

Nei soggetti non allenati la soglia anaerobica coincide approssimativamente con il 55% del VO2max, in atleti di alto livello la soglia anaerobica si raggiunge solo all'85% della VO2max.

Ad oggi esistono sostanzialmente tre metodi per misurare la soglia anaerobica di uno sportivo. Questi metodi si basano:

  • sulla misurazione dei parametri ventilatori;
  • sulla deflessione della curva frequenza cardiaca/intensità di esercizio (Test di Conconi);
  • sulla determinazione della concentrazione del lattato nel sangue.

La misurazione dei parametri ventilatori fornisce risultati precisi. Tuttavia, tale metodica richiede l'uso di apparecchiature molto costose (analizzatore dei gas respiratori). Il test di Conconi, è il modo più semplice ed utilizzato per determinare la soglia anaerobica di un atleta, ma essendo un test massimale non è adatto, in quanto potenzialmente pericoloso, a valutare soggetti non allenati o con problemi fisici. Inoltre la lettura del grafico di un test Conconi talvolta non è così semplice e la sua corretta interpretazione dipende dall'abilità ed esperienza del medico o allenatore.

Per quanto riguarda la determinazione del lattato nel sangue, questo metodo risulta essere invasivo e presenta una forte variabilita’ biologica individuale.

Sebbene alcune tabelle riportino i valori medi di soglia anaerobica (circa 4 mmol/l di lattato nel sangue) occorre sottolineare che questi valori possono variare da soggetto a soggetto e dipendono da vari parametri come la % percentuale di massa muscolare, il tipo di massa muscolare (fibre bianche/fibre rosse), il sesso, l’eta’.

Da quanto detto e’ importante poter determinare la quantità di lattato atleti e soggetti che seguono un programma di allenamento personalizzato, attraverso metodiche semplici, rapide, precise ed accurate e possibilmente non invasive. Non ultima e’ di fondamentale importanza la possibilita’ di misurare il lattato ripetutamente sullo stesso soggetto durante l’allenamento dal momento che, contrariamente a quello che si pensa, il lattato viene smaltito rapidamente nel giro di 30 minuti - 1 ora dall’organismo nel ciclo di Cori (citato sopra).

Metodi di determinazione del lattato.
Una pratica non invasiva: l’analisi del lattato nel sudore.

La determinazione del lattato si fa generalmente nel plasma o nelle urine e nella maggior parte dei casi si basa su reazioni enzimatiche [3,14],[15]. In alternativa il lattato viene determinato mediante strumentazione di analisi chimica come la gas cromatografia (GC) [16,17], la cromatografia liquida ad alta prestazione (high-performance liquid chromatography, HPLC) [3,18-20] e la cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa (LC–MS) [21].

L’analisi nelle urine e’, di fatto, poco pratica e puo’ essere effettuata al massimo prima e dopo l’allenamento. Inoltre non e’ stata stabilita ad oggi una precisa correlazione tra variazione di acido lattico nelle urine e nel sangue. Senza dubbio ad oggi il metodo piu’ comunemente impiegato e’ la determinazione del lattato nel sangue capillare dal polpastrello delle dita o dal lobo auricolare. L’analisi del sangue, tuttavia, presenta degli svantaggi: i) e’ una pratica invasiva soprattutto se ripetuta durante l’allenamento, ii) richiede rigide norme igieniche per ridurre il rischio di infezioni e la presenza di uno staff medico, iii) se non prelevato correttamente la misura nel sangue puo’ essere falsata dalla presenza di sudore (che contiene una concentrazione di lattato 10 volte superiore a quella del plasma), iv) il sangue raccolto va “fissato” e analizzato rapidamente poiche’ col tempo l’acido lattico nel campione aumenta a causa del metabolismo dei globuli rossi. Per questi motivi lo sviluppo di metodi di misura del lattato in mezzi alternativi al sangue suscita un grande interesse in campo medico-sportivo.

Dalla collaborazione tra alcuni ricercatori del CNR di Pisa, preparatori atletici e atleti delle palestre New Point of Fitness e Scuola di Arti Marziali Fragale di Pisa, e’ stata di recente portata avanti l’idea di utilizzare il sudore come campione analitico per la determinazione del lattato per valutare il regime di allenamento degli atleti.

L’uso del sudore come campione analitico risale agli anni ’70. L’analisi dei metaboliti presenti nel sudore e’ sicura e semplice. Ad oggi l’analisi degli elettroliti nel sudore rimane il "gold standard" per la diagnosi della fibrosi cistica [22].

I vantaggi nell’uso del sudore sono la facilita’ di campionamento e la possibilita’ di fare campionamenti frequenti, nonche’ l’assenza di rischi di infezione. Inoltre, e’ stata ampiamente dimostrata la correlazione tra la concentrazione di lattato nel plasma e nel sudore [23-25].

Nei laboratori dell’Istituto di Chimica dei Composti Organometallici del CNR Emilia Bramanti, Silvia Ghimenti, Massimo Onor e Simona Biagi, hanno messo a punto un nuovo metodo per la determinazione simultanea di lattato, piruvato, acido urico e tirosina nel sudore.

Il metodo si basa su una comune tecnica di laboratorio separativa, la cromatografia liquida HPLC e permette di analizzare il campione di sudore raccolto senza alcun trattamento preliminare. Il cromatografo liquido e’ uno strumento capace di separare i costituenti di una miscela, e’ presente in tutti i laboratori di analisi. Ogni analisi dura circa 20 minuti.

Il metodo e’ stato applicato all’analisi del sudore di 7 atleti di kick boxing, raccolto nel corso di vari tipi di allenamento, e di un soggetto di norma impegnato in allenamenti aerobici.

Per ogni determinazione occorrono da 20 a 500 mg di sudore.

Il sudore viene raccolto durante l’esercizio fisico, per un tempo stabilito, su un disco di carta da filtro (a peso predeterminato) tenuto in posizione nella zona lombare da un cerotto adesivo. Quindi il disco bagnato dal sudore viene chiuso dentro un contenitore ed analizzato subito o conservato a -20°C fino al momento dell’analisi. Dalla differenza di peso del contenitore+filtro prima e dopo raccolta del sudore e’ possibile misurare la quantita’ di sudore raccolta nel tempo stabilito.

I valori basali di lattato, piruvato, acido urico e tirosina sono stati misurati negli stessi soggetti a riposo raccogliendo il sudore indotto da pilocarpina. Questa sostanza e’ un composto alcaloide di origine vegetale che, applicata localmente sulla pelle mediante apparecchio da ionoforesi, serve per indurre la sudorazione. Questa fase di induzione del sudore dura 5 minuti e non è dolorosa. Solo in alcuni casi essa può provocare un lieve formicolio sulla porzione di pelle interessata (circa 5 cm2). Al termine dell'induzione, l'avambraccio viene accuratamente sciacquato con acqua demineralizzata ed asciugato. Sulla porzione di pelle su cui è stato applicato l'elettrodo con pilocarpina viene posto un disco di carta assorbente da laboratorio precedentemente pesato. Questo viene poi avvolto da pellicola plastica trasparente e tenuto in posizione per 30 minuti, per raccogliere il sudore.

   

   
I valori a riposo di lattato, piruvato, acido urico e tirosina negli 8 soggetti studiati sono riportati nella Tabella 1.

Nella letteratura scientifica ci sono poche informazioni sulle variazioni di acido urico durante allenamento e ancor meno sul significato di queste variazioni. La tirosina e’ un amminoacido non essenziale che deriva dalla fenilalanina ed e’ metabolicamente importante perche’ e’ il precursore di vari ormoni. Tra questi la tiroxina (un ormone tiroideo) e le catecolammine (dopamina, noradrenalina e adrenalina). Non ci sono dati sulle variazioni di tirosina nel sangue, ne’ nel sudore durante esercizio fisico e ci sono pochi dati sulla concentrazione di tirosina nel sudore [26,27], ma anche in questo caso il loro significato e’ sconosciuto. In questa sede, quindi, focalizzeremo la nostra attenzione solo sulla variazione di lattato e piruvato.

Tabella 1. Valori a riposo di lattato, piruvato, acido urico e tirosina negli 8 soggetti studiati (sudorazione indotta da pilocarpina) determinati mediante metodo cromatografico.
 

Soggetto

Sesso, eta’, peso (kg)

Lattato (mM)

Piruvato (mM)

Uric acid (mM)

Tyrosine

(mM)

1

M, 28, 77.0

78.2

2.46

0.0148

0.050

2

M, 32, 72.0

76.9

2.25

0.015

0.022

3

M, 39, 74.0

49.7 ± 5.7a

0.68 ± 0.10

0.0086 ± 0.0006

0.136 ± 0.036

4

M, 22, 72.6

26.2 ± 2.9a

0.56 ± 0.10

0.0038 ± 0.0002

0.023 ± 0.007

5

F, 19, 58.1

3.6

0.62

0.0042

0.284

6

F, 20, 47.1

18.4

0.25

0.0037

0.073

7

F, 28, 53.0

59.5

1.08

0.0341

0.291

8

F, 43, 62.5

46.1 ± 4.8 a

1.86 ± 0.20

0.012 ± 0.0003

0.056 ± 0.015

M=maschio; F=femmina. a N=3 misure effettuate in giorni diversi.
I valori trovati a riposo sono in buon accordo con quelli riportati nella letteratura scientifica [28-31].

Sette degli 8 soggetti erano atleti di kick boxing e sono stati studiati nel corso di allenamenti di vario tipo (tabella 2). Tutti i soggetti erano digiuni da almeno 2 ore. Essendo il sudore campionato per il tempo indicato in tabella, i valori di lattato e piruvato trovati rappresentano la composizione media rispetto alle attivita’ considerate.
Gli allenamenti di tipo A, B e C erano allenamenti volti al potenziamento ed all’aumento di massa muscolare. L’allenamento di tipo D era un allenamento di tipo aerobico, cosi’ definito in base al mantenimento della frequenza cardiaca nell’intervallo stabilito per sesso ed eta’ del soggetto. L’allenamento di kick boxing (tipo E) si presta particolarmente bene ad osservare le variazioni di lattato perche’ in una sessione di allenamento relativamente breve (45 min) si susseguono una serie di attivita’ eterogenee dal punto di vista aerobico-anaerobico. Inoltre, dato che non esistono programmi di allenamento ben stabiliti, la valutazione di parametri metabolici di questi soggetti potrebbe rivelarsi fondamentale per migliorare le loro prestazioni atletiche.

   

Procedendo, quindi, con la raccolta di campioni di sudore prima dell’allenamento (a riposo), a intervalli regolari durante l’allenamento e nella fase di recupero, è possibile costruire la curva della concentrazione di acido lattico al procedere dell’allenamento. Nelle prestazioni di breve durata il valore di lattato può essere anche un indice della frazione di utilizzo di fibre muscolari a contrazione veloce rispetto allo stesso soggetto come spia degli adattamenti indotti dall'allenamento.

Tabella 2. Descrizione degli allenamenti effettuati durante varie serie di campionamenti del sudore.

Tipo di. allenamento

Soggetti coinvolti

Descrizione

A

3, 4

a)     riscaldamento (10 min)

b)     addominali (10 ripetizioni x 4 serie, 10 min)

c)     dorsali (lat machine, 10 ripetizioni x 4 serie, 15 min)

d)     dorsali (pull, 10 ripetizioni x 4 serie, 10 min)

e)     recupero attivo (cyclette, 5 min)

B

3, 4

a)     riscaldamento (5 min)

b)     addominali (10 min)

c)     pettorali (panca piana, 15 min)

d)     pettorali (panca inclinata + croci, 15 min)

e)     dorsali (pull, 10 min)

f)      recupero attivo (cyclette, 5 min)

C

3

a)     riscaldamento (10 min)

b)     squat (15 min)

c)     glutei alla spalliera (15 min)

d)     leg extension (10 min)

e)     leg curl (10 min)

f)      polpacci (7 min)

g)     recupero attivo (cyclette, 10 min)

D

8

(3 repliche)

a)     riscaldamento (tapis roulant + top, 16 min)

b)     abduttori, pettorali, glutei (16 min)

c)     pettorali, dorsali, glutei (20 min)

d)     pressa, addominali (15 min)

E

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7

a)     riscaldamento (10 min);

b)     Pao (PK) 3 riprese da 2 min, 1 min di recupero tra una e l’altra (3x2’, 1’recovery, 9 min totali) oppure 3 riprese da 3 min, 1’30’’ di recupero (3x3’, 1’30’’ recovery, 13 min 30 s totale);

c)     Ripetizioni (Boxing bag BB) 3 riprese da 2 min, 1 min di recupero (3x2’, 1’recovery, 9 min totali);

d)     Ring 3 riprese da 2 min, 1 min di recupero (3x2’, 1’recovery, 9 min totali).

La Figura 2 mostra l’andamento della concentrazione di lattato negli 8 soggetti sottoposti alle diverse sessioni di allenamento.

 

   


Figura 2. Andamento dei valori di concentrazione di lattato negli 8 soggetti sottoposti alle diverse sessioni di allenamento descritte in Tabella 2.

Sebbene il lattato nel sudore sia anche prodotto dalle ghiandole sebacee [32], le variazioni significative che si osservano durante l’esercizio fisico suggeriscono che questo valore puo’ essere utilizzato come indicatore per stimare le condizioni fisiche.

  

Nel corso di allenamenti di potenziamento (di tipo A, B e C) i valori di lattato sono tipicamente piu’ bassi rispetto ai valori individuali di lattato a riposo e solo per alcune attivita’ aumentano. Considerato che le varie attivita’ prevedono una sequenza di 10-12 ripetizioni in 3-4 serie e 1-2 minuti di recupero tra una serie e l’altra, e che il sudore viene raccolto per tutta la durata della singola attivita’, il valore di lattato che misuriamo rappresenta un valore medio che e’ il risultato della sua sintesi e degradazione.

   

In particolare, durante il recupero tra una serie e l’altra parte, dell’acido lattico entra nel ciclo di Cori per il ripristino di glicogeno nel fegato, parte viene riconvertito ad acido piruvico (Figura 1) ed entra nella via aerobica (ciclo di Krebs) ripristinando le riserve di ATP. Questi meccanismi sono, tuttavia, ancora oggi controversi.

In questo tipo di allenamento, sebbene si raggiungano intensita’ di esercizio molto elevate, queste vengono svolte per un periodo di tempo limitato e sono seguite da periodi di recupero relativamente lunghi. Di fatto l’allenamento adottato in questi soggetti e’ di tipo intervallato (interval training) con lavori sopramassimali intervallati da periodi di recupero. E’ verosimile ipotizzare che in questo tipo di attivita’ la liberazione di energia provenga da processi anaerobici durante lo sforzo, ma che durante il recupero sia attivato il processo ossidativo aerobico.

   

L’allenamento di tipo D consta di superserie svolte in regime aerobico (frequenza cardiaca intorno a 130 bpm per il soggetto 8) e il livello di lattato nel sudore diminuisce nel corso dell’allenamento, per effetto della diluizione dovuta ad aumento della velocita’ di sudorazione. In questo tipo di allenamento e’ verosimile ipotizzare che il metabolismo muscolare sia prevalentemente ossidativo.

Quanto osservato e’ in accordo con le conoscenze di base secondo le quali non si ha accumulo di lattato in condizioni di esercizio aerobico a stato stazionario e durante sforzi intensi e brevi (5-10 s), sostenuti esclusivamente da energia proveniente da fosfati energetici (ATP e fosfocreatina), seguiti da recupero che, in questo tipo di esercizi, e’ breve [24,33].

L’allenamento di tipo E riveste un particolare interesse dal momento che prevede per ogni attivita’ 3 serie ad elevata intensita’ prolungate per almeno 2 minuti (KP, BB, ring) tipicamente con 1 minuto di recupero tra una serie e l’altra.

Per alcuni soggetti la concentrazione assoluta di lattato nel sudore aumenta durante il riscaldamento (nei soggetti 1, 4, 2, 5 e 6), durante pao (KB in figura 2, nei soggetti 4, 5 e 6) e allenamento sul ring (nei soggetti 5 e 6). In altri casi la concentrazione di lattato nel sudore diminuisce verosimilmente a causa della diluizione dovuta ad aumento della velocita’ di sudorazione: a parita’ di tempo di campionamento la concentrazione di lattato nel sudore raccolto e’ minore se il soggetto suda di piu’ (sweating rate) perche’ diluita in un volume maggiore di sudore prodotto.

   

La misura assoluta di lattato e’ comunque importante per stabilire il tipo di allenamento. Una prova di questo e’ il test condotto sul soggetto 4 (Figura 2), un atleta che presenta sul ring valori di lattato paragonabili a quelli rilevati a riposo. Variando in questo soggetto le modalita’ di esecuzione del pao, 3 serie da 2 minuti con 1 min di recupero oppure 3 serie da 3 minuti con 1’30’’ di recupero, si e’ osservata una variazione significativa della concentrazione di lattato nel sudore con livelli nel primo caso molto superiori al valore osservato sul ring e, nel secondo caso, paragonabili a quelli osservati durante combattimento sul ring.

Chiaramente, manipolando opportunamente i periodi di lavoro e recupero e’ possibile allenare uno specifico sistema esoergonico (aerobico e/o anaerobico, immediato, a breve o lungo termine) per ottimizzare la performance in gara.

Il rapporto lattato/piruvato e produzione di lattato nell’unita’ di tempo (mmol/min): due parametri importanti.

Come si osserva dai risultati riportati nel paragrafo precedente, sia i valori di lattato a riposo che quelli durante esercizio fisico possono variare molto tra soggetto e soggetto e, nello stesso soggetto, a seconda del tipo di esercizio eseguito. Questa variabilita’ individuale e’ dovuta al sesso, eta’, indice di massa corporea, massa muscolare, composizione del muscolo in termine di fibre bianche/fibre rosse e, come gia’ detto sopra, dalla velocita’ di sudorazione (sweating rate [34]). Questo problema potrebbe essere in parte controllato ricorrendo ad un campionamento piu’ frequente e rapido in cui sia possibile raccogliere in tempi molto brevi (10 sec) un volume minimo di sudore (0.1 mL per esempio). Questo tipo di campioni, analizzati “sul posto” durante gli allenamenti, permetterebbero di “calibrare” ad hoc la preparazione atletica in tempo reale.

Un parametro che tiene conto della sweating rate e che, quindi, permette il confronto dei risultati ottenuti in diversi tipi di allenamento dallo stesso soggetto e’ il rapporto millimoli di lattato prodotte per minuto (mmmol/min). Questo indica la quantita’ di lattato immessa in circolo normalizzata rispetto alla velocita’ di sudorazione e viene calcolato sulla base del tempo di campionamento, della concentrazione di lattato trovata e della quantita’ totale in mg di sudore prodotta durante il tempo di campionamento.

L’altro parametro da considerare e’ il rapporto lattato/piruvato. Abbiamo visto che mentre le concentrazioni di lattato e piruvato possono fluttuare nello stesso soggetto a riposo del 15-20% da giorno a giorno, il rapporto lattato/piruvato rimane relativamente costante (coefficiente di variazione percentuale= 2-10%).

La Figura 3 riporta i valori del rapporto lattato/piruvato a riposo del soggetto 8 e riportati nel corso di 3 allenamenti “aeobici” analoghi, di 45 minuti ciascuno, effettuati dallo stesso soggetto in 3 giorni diversi. Mentre le mmol di lattato prodotte per minuto possono variare da giorno a giorno, il rapporto lattato/piruvato a parita’ di tipo di allenamento si mantiene costante. Questo rapporto rappresenta, inoltre, un parametro attendibile per valutare lo stato metabolico aerobico/anaerobico e il switch da metabolismo aerobico ad anaerobico e viceversa.


Figura 3. Valori del rapporto lattato/piruvato a riposo e durante 3 allenamenti “aeobici” di 45 minuti ciascuno (soggetto 8).

La figura 4 mostra le variazioni del rapporto lattato/piruvato e le mmol/min di lattato prodotte negli 8 soggetti studiati nel corso dei 5 diversi allenamenti.


Figura 4. Andamento del rapporto lattato/piruvato e delle mmol/min di lattato prodotte negli 8 soggetti studiati nel corso dei 5 diversi allenamenti.

In tutte le tipologie di allenamento l’andamento delle mmol di lattato prodotte per minuto ha un tipico andamento “a campana”. Questo puo’ essere spiegato con un aumento della produzione di lattato nella prima parte della seduta di allenamento per attivazione della degradazione del glicogeno muscolare e della glicolisi a causa di una limitata disponibilita’ di ossigeno nel muscolo. Successivamente il lattato nel flusso sanguigno e, quindi, nel sudore diminuisce per effetto sia della riconversione a piruvato e re-immissione nella respirazione mirìtocondriale (via aerobica), sia della sua riconversione a glucosio nel fegato per attivazione della gluconeogenesi (ciclo di Cori). E’ ben noto, infatti, che la glicolisi anaerobica e’ fondamentale i) per fornire energia nelle fibre di tipo IIb anaerobiche, ii) nei momenti iniziali dell’esercizio prima che il flusso sanguigno, stimolato dall’esercizio stesso, aumenti nei muscoli [35]. E’ stato anche ipotizzato che l’aumento di lattato stesso e l’aumento di NADH, ADP e fosfato contribuiscano ad attivare la produzione aerobica di ATP [8,9]. Proseguendo nell’esercizio fisico il glicogeno muscolare si esaurisce e il muscolo deve far fronte alle richieste energetiche con la ossidazione degli acidi grassi e con la respirazione mitocondriale.

Da sottolineare che le variazioni si lattato prodotto/min sono soggettive, dipendono, a loro volta, e possono dare indicazioni sulla composizione della massa muscolare dell’individuo in termini di fibre rapide o lente e possono indicare l’efficacia della procedura del recupero [36]. I risultati di figura 3 sono in accordo con quanto riportato da Newsholme e Leech [35].

Le variazioni del rapporto lattato/piruvato presentano un andamento piu’ complesso e non necessariamente presentano lo stesso andamento delle variazioni di lattato. Il rapporto lattato/piruvato durante esercizio fisico aumenta quando il lattato aumenta rispetto al piruvato e diminuisce quando piruvato aumenta rispetto al lattato. Ovviamente dipende dalle quantita’ di lattato e piruvato prodotte e consumate (Figura 1) [7]. Abbiamo piu’ volte detto che il lattato aumenta in conseguenza dell’attivazione della via anaerobica. Il piruvato aumenta per:

  • forte attivazione della glicolisi stessa;
  • la riconversione di lattato a piruvato;
  • il catabolismo di alcuni amminoacidi (alanina, cisteina e serina)

Inoltre, l’attivazione del metabolismo lipidico che si ha durante esercizio fisico e digiuno, per esempio, inibisce l’enzima piruvato deidrogenasi bloccando l’utilizzo del piruvato nella respirazione mitocondriale.

Nell’allenamento di tipo E il rapporto lattato/piruvato aumenta nei soggetti 1, 2, 3, 4, 5, e 7 in corrispondenza di attivita’ intense come pao (KB), ripetizioni al sacco (BB) e, in alcuni casi nei combattimenti sul ring.

Anche nell’allenamento di tipo aerobico (D, soggetto 8) si e’ osservato un aumento del rapporto L/P.

E’ interessante sottolineare che nel soggetto 4 il pao e’ stato fatto in due condizioni: 3 riprese da 2 min ciascuno con 1 minuto di recupero tra una ripresa e l’altra oppure 3 riprese da 3 minuti ciascuno con 1 minuto e 30 s di recupero. In quest’ultima condizione, il rapporto L/P era molto piu’ basso e inferiore persino al valore di riposo e, corrispondentemente, piu’ basse anche le mmol di lattato prodotte per minuto.

In alcuni soggetti e durante alcuni allenamenti il rapporto L/P diminuisce al di sotto del valore di riposo. Questo puo’ essere dovuto a valori individuali elevati del rapporto L/P a riposo (soggetti 3 e 6). Tuttavia, a fronte di un incremento del lattato prodotto, l’accumulo di piruvato e’ ancora maggiore a causa per esempio, di un’attivazione maggiore della lipolisi in questi soggetti.

La misura del lattato in tempo reale nel sudore durante l’allenamento: fantasia o realta’?

La maggior parte dei lavori pubblicati sulla determinazione del lattato nel sudore si basano su saggi enzimatici [14,34,37-39], su biosensori amperometrici [12,24,29,40], su un biosensore elettrochemiluminescente (ECL) [41].
Di recente Emilia Bramanti, Fabrizio Zucchini e Massimo Onor hanno messo a punto due brevetti per la determinazione di acido lattico in fluidi biologici, particolarmente adatti all’analisi nel sudore. I metodi di analisi descritti nei brevetti impiegano reagenti non enzimatici a basso costo che possono essere utilizzati con apparecchiature comunemente presenti in laboratorio sia implementabili ed adattabili a sistemi monouso e dispositivi portatili per la misurazione rapida, non invasiva e ripetuta del lattato.

Il metodo proposto e’ stato applicato alla determinazione di acido lattico nel sudore di atleti sottoposti a esercizio fisico ed ha fornito risultati confrontabili con quelli ottenuti mediante il metodo HPLC.

Queste nuove promettenti metodiche, una volta opportunamente commercializzate, potrebbero essere applicate “sul campo” durante gli allenamenti perche’ veloci, a basso costo e non invasive.

L’analisi del lattato puo’ essere utile durante le varie fasi di allenamento di un atleta per la programmazione dell’allenamento stesso e per la scelta dei ritmi gara. Dopo una competizione questo metodo permettere di misurare rapidamente il valore di lattato, l’andamento della concentrazione di lattato nella fase di recupero e, quindi, valutare la capacità di smaltimento del lattato stesso.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


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1 - Le fibre muscolari si distinguono in:

• Lente (tipo I, slow o S), sviluppano bassa forza ma sono molto resistenti alla fatica
• Rapide di tipo IIb (fast fatiguable, FF) sviluppano forze molto elevate ma si affaticano rapidamente
• Rapide di tipo IIa (fast fatigue resistant FR), sviluppano meno forza delle IIb ma sono piu resistenti

Le IIa e IIb sono innervate da motoneuroni molto grandi (motoneuroni alfa); le I da motoneuroni piccoli.
Le fibre rapide IIb hanno un metabolismo prevalentemente glicolitico anaerobico. Le fibre di tipo IIa hanno un metabolismo sia glicolitico che aerobico. Le fibre di tipo I hanno un metabolismo prevalentemente aerobico, hanno un gran numero di mitocondri (per questo sono rosse) e una maggiore densita’ di capillari.
L’allenamento anaerobico aumenta la percentuale di fibre di tipo II, mentre l’allenamento aerobico aumenta la percentuale delle I. Alcuni studi indicano che le fibre IIa, che sono di transizione tra le IIb e le I, possono assumere caratteristiche simili alle IIb o alle I a seconda dell’allenamento (adattamento metabolico).

2 - Sistema esoergonico immediato=ATP, fosfocreatina (massima durata dell’esercizio=30s); a breve termine=glicolisi (5 min); a lungo termine=respirazione mitocondriale o ciclo di Krebs o via aerobica (> 5 min).

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