Bambini E Movimento
L’importante è che il bambino si muova sempre e comunque, oppure
è opportuno seguire dei criteri educativi di base?
“Nessuno
si sognerebbe mai di allevare un bambino di pochi mesi con gli
stessi cibi dell’adulto, limitandosi a ridurne la quantità. La
medesima cura non c’è però nei confronti di altri tipi di
nutrimento: ad esempio quello motorio.”(Giorgio Visentin
-Docente Nazionale della Scuola dello Sport)
La crescita armonica dei bambini e il loro stato di salute
globale non dipende tanto dal tipo di attività fisico-motorie, dalla
tecnica esecutiva dei gesti e dallo sport praticati, bensì da
“coloro” che insegnano la motricità e “dal modo” con cui vengono
presentate le azioni ludico-motorie. *
L’arco di tempo compreso tra i cinque/sei e i quattordici anni è
un periodo caratterizzato da “spinte di sviluppo” e “tassi di
crescita” particolarmente elevati, che vanno sotto il nome di “fasi
sensitive”.
Dai sei agli undici * è opportuno che al bambino vengano proposte
attività per mezzo delle quali egli possa esercitare, in modo
adeguato, tutte le sue capacità coordinative e psicomotorie, con lo
scopo di favorirne un ottimale sviluppo.
Considerando
l’elevato livello di recettività del sistema nervoso in questo
periodo evolutivo, i giochi, le esercitazioni, i vari gesti devono
essere organizzati e proposti in modo tale da favorire lo sviluppo
di tutti i prerequisiti funzionali, che andranno a costituire il
bagaglio tecnico sportivo nelle fasi successive. E’ indicato
proporre situazioni in cui i piccoli possano divertirsi,
esprimendosi liberamente senza grossi vincoli.
Il protagonismo e la presunzione di certi allenatori portano a
gestire e proporre attività improntate esclusivamente sul risultato
sportivo e considerano secondaria la formazione psicomotoria dei
bambini. Se si vuole rendere un bambino insicuro, basta chiedergli
sempre qualcosa che non è in grado di dare o fare. Diventa
imperdonabile, sfruttare l’autentico bisogno del gioco motorio e
obbligare i piccoli a muoversi, prima del tempo, entro gesti
preconfezionati.
Di certo non in questo modo li si aiuta a crescere e a maturare
la loro creatività ed inventiva. Le attività, che si propongono ai
bambini, devono costituire una condizione per mezzo della quale,
possano trovarsi di fronte all’occasione di poter pensare da soli,
di cercare iniziative personali ed originali, sempre però sotto
l’occhio vigile e attento dell’educatore sportivo, capace di
orientare, incoraggiare, motivare, sempre mosso da una grande
passione per quello che fa e per chi lo fa.
La specializzazione precoce costituisce un imperdonabile
errore che lascia conseguenze negative nella formazione
psico-fisico-sportiva dei giovani, che la subiscono. Il motivo di
tale errore risiede nella convinzione che i gesti tecnici, propri di
una disciplina sportiva, trovino il loro unico sviluppo nella
ripetizione puntigliosa e scrupolosa di azioni, che devono
obbligatoriamente e fedelmente ricalcare il modello esecutivo
adottato dall’atleta d’alto livello e di successo.
Gli
allenatori che operano in questi termini con i ragazzi o bambini,
dimenticano intenzionalmente o inconsapevolmente che lo sviluppo
fisico e soprattutto mentale dei piccoli, avviene grazie
all’acquisizione di abilità e capacità che non sono immediatamente e
apparentemente utili ad una determinata specialità sportiva, pur
costituendone la base. I gesti tecnici e tattici di una specialità
sportiva devono basarsi quindi su una cospicua varietà di abilità e
capacità, apparentemente poco significanti, ma secondo la logica di
quella specialità; altrimenti essi rischiano di essere, come già si
è avuto modo di affermare, le torri di un castello di sabbia che
alla prima mareggiata, vengono frantumate. L’intento di coloro che
impostano un tipo di allenamento, seguendo i criteri sopra descritti
è quello di costruire in poco tempo un “campioncino”, che possa
conferire prestigio a chi lo ha addestrato. Grave è che le
conseguenze negative di questo modo di operare, ricade su un numero
molto vasto di giovani allievi, ai quali purtroppo non rimane altra
soluzione che l’abbandono della pratica sportiva.
La specializzazione precoce, l’abbandono sportivo sono le
conseguenze di una metodologia d’insegnamento sbagliata, che non
tiene in considerazione nemmeno dei più elementari presupposti
educativi. Coloro che operano in questo modo sono insegnanti non
qualificati, per nulla aggiornati, o non preparati in modo adeguato
a seguire la formazione di allievi in fase di accrescimento.
Nell’operare con dei bambini in attività ludico-sportive è opportuno
tenere in considerazione tre principi fondamentali dell’educazione
motoria:
- dai cinque – sei anni in poi occorre che l’educatore
realizzi le condizioni per ampliare il più possibile il
repertorio degli schemi motori;
- il livello standard di maturità degli schemi motori
possono essere conseguiti in maniera ottimale solo se nelle
altre aree della personalità si realizzano adeguati e
complementari sviluppi dello stesso stadio;
- è indispensabile dare il giusto tempo al bambino,
perché possa consolidare schemi o abilità motore proprie di un
determinato stadio, prima di procedere con altre attività, che
sono specifiche di uno stadio successivo, per le quali il
bambino non è ancora pronto.
Tali
criteri comprendono quindi l’impiego di una vasta quantità di
esercitazioni diversificate e divertenti, che devono sollecitare il
più elevato numero possibile di qualità fisiche, nel rispetto
dell’età biologica del bambino verso cui è indirizzata l’attività
motoria. Esiste un rapporto direttamente proporzionato tra quantità,
qualità, varietà, diversificazione delle attività motorie e la loro
possibile trasferibilità, nel senso che, più allargata e ampia è
l’esperienza relativa al movimento, maggiore sarà la possibilità di
imparare efficacemente nuovi gesti.
E’ opportuno tenere in considerazione pure questi altri criteri
operativi nella didattica delle attività motorie:
- principio della polivalenza: le attività motorie devono
avere carattere orientato allo sviluppo di capacità ed abilità
la cui trasferibilità, valenza e validità sia molteplice;
- principio della multilateralità: fa riferimento agli aspetti
didattici, cioè ai contenuti, ai mezzi e alla loro
organizzazione (giochi, percorsi, circuiti, prove multiple);
- principio della polisportività: fa riferimento alla pratica
di molteplici e svariate discipline sportive o di azioni di
gioco tratte dalle stesse.
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