Crescita Sociale Del Bambino E Rispetto Regole Di Sport
Lo
sviluppo della socialità avviene attraverso il passaggio graduale
per diverse fasi, mediante occasioni ed esperienze di scambi e
interazioni. Un contributo essenziale per tale crescita è dato
inizialmente dall’attività ludico/motoria, poi dal gioco collettivo
(nel rispetto delle indicazioni, regole) e successivamente nelle
attività giocose di cooperazione e collaborazione, dove le norme che
delimitano uno spazio ed un tempo, con l’assunzione di un ruolo,
aiutano il ragazzo ad assumersi concrete responsabilità. Il
gioco-sport di squadra, in questo senso, diventa una vera palestra
di vita per migliorare il proprio rapporto con sé e con gli altri.
Il comportamento del bambino al di sotto dei sei-sette anni è
ancora egocentrico e sarebbe artificioso obbligare i bambini a
partecipare a giochi di regole e al “saper cooperare”, poiché essi
cercano, tendenzialmente, il gioco tutto per sé stessi (non con
poche resistenze cedono la palla al compagno). Oggi la
neurofisiologia ci ha permesso di conoscere le differenti funzioni
che caratterizzano i due emisferi cerebrali, precisando che
ciascuno, pur integrando le funzioni dell’altro, lavora in maniera
diversa. L’emisfero sinistro controlla il linguaggio, analizza le
informazioni, è la sede delle operazioni razionali e delle
elaborazioni temporali.
L’emisfero
destro si occupa principalmente dei compiti di sintesi, concretezza,
emotività, spazialità. Il bambino, all’inizio, dispone di un maggior
funzionamento dell’emisfero cerebrale destro, a cui le informazioni
arrivano in modo globale e dove si integrano le percezioni
visuo-spaziali. Generalmente lo sviluppo delle funzioni
intellettive, fisico/corporee e sociali evolvono parallelamente,
integrandosi le une con le altre.
Ciò significa che è inefficace o controproducente, ai fini
formativi, cercare di intensificare un lavoro motorio, accelerando
prima del dovuto le funzioni della parte sinistra dell’encefalo. Verso
gli otto anni si assiste al passaggio dall’egocentrismo al
sociocentrismo: l’attitudine a stabilire specifiche relazioni
cooperative; questo affiora progressivamente in rapporto diretto al
clima sociale in cui il bambino è immerso. Se prima dei sei anni il
bambino rifiutava le imposizioni e le regole, verso i sette-otto
assume nei loro confronti un atteggiamento quasi dogmatico. Egli si
dimostra tendenzialmente rigido ed intransigente non accettando
deroghe, qualora le regole non fossero rispettate o non ci si
attenesse ad esse. Verso i nove–dieci anni matura in lui una
maggiore flessibilità, ovvero la capacità di cogliere il significato
delle regole e del loro rispetto in relazione al contesto e alle
situazioni, come una necessità di convivenza sociale.
L’educatore sportivo, è consapevole che al di sotto dei sette
anni il bambino difficilmente è in grado di cogliere il significato
delle regole, tuttavia, è necessario porlo di fronte a occasioni di
confronto con gli altri, evitando eccessive forzature ed
imposizioni. Nelle fasi successive, quando sarà subentrato nel
fanciullo una maggiore maturità, l’allenatore proporrà attività che
favoriscano nel piccolo la comprensione e l’importanza delle norme
che regolano il gioco competitivo.
Il
bambino deve essere aiutato ad abituarsi e a formarsi ad un sistema
di principi che gli indichino “come giocare” (anche nella vita di
tutti i giorni) costruendosi, in tal modo, un insieme di valori
utili per un suo personale orientamento nelle scelte e decisioni.
Pertanto, sin dall’inizio, senza esagerare e con la giusta
flessibilità, bisogna far comprendere l’importanza delle regole da
rispettare e da seguire. Ad esempio:
- l’orario di inizio delle lezioni,
- l’uso del materiale ed attrezzature da portare durante le
attività,
- la necessità di prestare la massima attenzione alle
spiegazioni,
- il comportamento verso i compagni (apprezzamenti, spinte,
scherzi non graditi).
Un presupposto importante è che le regole siano chiare e costanti
nel tempo. È un dovere comunque essere decisi e fermi in caso di un
eventuale rimprovero per un comportamento non consono alle regole:
rimangono infatti queste ultime l’elemento fondamentale per lavorare
e far crescere socialmente. Nel caso della punizione non è
consigliabile punire un ragazzo quando viene meno ad alcune regole,
sottoponendolo, magari, ad esercitazioni più intense e supplementari
(giri di corsa attorno al campo, piegamenti sulle braccia,
ripetizioni di addominali). Il rischio è di creare una negativa
associazione tra castigo/punizione ed esercitazioni fisico/motorie,
là dove l’intento è di motivare il bambino/ragazzo all’esercizio
fisico, ricavandone gratificazione.
A
proposito del rapporto stretto tra socializzazione e collaborazione
nel rispetto delle regole e degli accordi: lo sport può diventare
un’ottima opportunità di conoscenza e comunicazione anche tra
genitori e familiari. Accordarsi, organizzarsi per accompagnare e
andare a prendere a turno i ragazzi può essere più agevole (i
genitori non rischiano di trasformarsi in taxisti a tempo pieno) e
dà vita a nuove conoscenze, amicizie, e non solo per i bambini.
Sui campi da gioco, in palestra, in piscina sulle varie piste i
bambini vivono le loro emozioni, confronti, scambi, scontri, tutte
occasioni che gli permettono di entrare in possesso di un alfabeto
relazionale che accanto a quello motorio, in altri contesti di vita,
gli serviranno , in seguito, (come bagaglio di mezzi comunicativi ed
espressivi) per meglio rapportarsi ed interagire con se stessi e gli
altri.
“Gioco e sport promuovono l’amicizia e la correttezza, il
gioco di squadra e la disciplina, il rispetto per l’altro e tutte
quelle qualità pratiche che aiutano un bambino a diventare un
individuo consapevole e solidale..”
Carol Bellamy Direttore Generale dell’UNICEF |