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Crescita Sociale Del Bambino E Rispetto Regole Di Sport

Di: Adriano Dell’Eva
(da: http://www.sportellodellosport.com)

Lo sviluppo della socialità avviene attraverso il passaggio graduale per diverse fasi, mediante occasioni ed esperienze di scambi e interazioni. Un contributo  essenziale per tale crescita è dato inizialmente dall’attività ludico/motoria, poi dal gioco collettivo (nel rispetto delle indicazioni, regole) e successivamente nelle attività giocose di cooperazione e collaborazione, dove le norme che delimitano uno spazio ed un tempo, con l’assunzione di un ruolo, aiutano il ragazzo ad assumersi concrete responsabilità.  Il gioco-sport di squadra, in questo senso, diventa una vera palestra di vita per migliorare il proprio rapporto con sé e con gli altri.

Il comportamento del bambino al di sotto dei sei-sette anni è ancora egocentrico e sarebbe artificioso obbligare i bambini a partecipare a giochi di regole e al “saper cooperare”, poiché essi cercano, tendenzialmente, il gioco tutto per sé stessi (non con poche resistenze cedono la palla al compagno). Oggi la neurofisiologia ci ha permesso di conoscere le differenti funzioni che caratterizzano i due emisferi cerebrali, precisando che ciascuno, pur integrando le funzioni dell’altro, lavora in maniera diversa. L’emisfero sinistro controlla il linguaggio, analizza le informazioni, è la sede delle operazioni razionali e delle elaborazioni temporali. L’emisfero destro si occupa principalmente dei compiti di sintesi, concretezza, emotività, spazialità. Il bambino, all’inizio, dispone di un maggior funzionamento dell’emisfero cerebrale destro, a cui le informazioni arrivano in modo globale e dove si integrano le percezioni visuo-spaziali. Generalmente lo sviluppo delle funzioni intellettive, fisico/corporee e sociali evolvono parallelamente, integrandosi le une con le altre.

Ciò significa che è inefficace o controproducente, ai fini formativi, cercare di intensificare un lavoro motorio, accelerando prima del dovuto le funzioni della parte sinistra dell’encefalo. Verso gli otto anni si assiste al passaggio dall’egocentrismo al sociocentrismo: l’attitudine a stabilire specifiche relazioni cooperative; questo affiora progressivamente in rapporto diretto al clima sociale in cui il bambino è immerso. Se prima dei sei anni il bambino rifiutava le imposizioni e le regole, verso i sette-otto assume nei loro confronti un atteggiamento quasi dogmatico. Egli si dimostra tendenzialmente rigido ed intransigente non accettando deroghe, qualora le regole non fossero rispettate o non ci si attenesse ad esse. Verso i nove–dieci anni matura in lui una maggiore flessibilità, ovvero la capacità di cogliere il significato delle regole e del loro rispetto in relazione al contesto e alle situazioni, come una necessità di convivenza sociale.

L’educatore sportivo, è consapevole che al di sotto dei sette anni il bambino difficilmente è in grado di cogliere il significato delle regole, tuttavia, è necessario porlo di fronte a occasioni di confronto con gli altri, evitando eccessive forzature ed imposizioni. Nelle fasi successive, quando sarà subentrato nel fanciullo una maggiore maturità, l’allenatore proporrà attività che favoriscano nel piccolo la comprensione e l’importanza delle norme che regolano il gioco competitivo.

Il bambino deve essere aiutato ad abituarsi e a formarsi ad un sistema di principi che gli indichino “come giocare” (anche nella vita di tutti i giorni) costruendosi, in tal modo, un insieme di valori utili per un suo personale orientamento nelle scelte e decisioni.

Pertanto, sin dall’inizio, senza esagerare e con la giusta flessibilità, bisogna far comprendere l’importanza delle regole da rispettare e da seguire. Ad esempio:

  • l’orario di inizio delle lezioni,
  • l’uso del materiale ed attrezzature da portare durante le attività,
  • la necessità di prestare la massima attenzione alle spiegazioni,
  • il comportamento verso i compagni (apprezzamenti, spinte, scherzi non graditi).

Un presupposto importante è che le regole siano chiare e costanti nel tempo. È un dovere comunque essere decisi e fermi in caso di un eventuale rimprovero per un comportamento non consono alle regole: rimangono infatti queste ultime l’elemento fondamentale per lavorare e far crescere socialmente. Nel caso della punizione non è consigliabile punire un ragazzo quando viene meno ad alcune regole, sottoponendolo, magari, ad esercitazioni più intense e supplementari (giri di corsa attorno al campo, piegamenti sulle braccia, ripetizioni di addominali). Il rischio è di creare una negativa associazione tra castigo/punizione ed esercitazioni fisico/motorie, là dove l’intento è di motivare il bambino/ragazzo all’esercizio fisico, ricavandone gratificazione. 

A proposito del rapporto stretto tra socializzazione e collaborazione  nel rispetto delle regole e degli accordi:  lo sport può diventare un’ottima opportunità di conoscenza e comunicazione anche tra genitori e familiari. Accordarsi, organizzarsi per accompagnare e andare a prendere a turno i ragazzi può essere più agevole (i genitori non rischiano di trasformarsi in taxisti a tempo pieno) e dà vita a nuove conoscenze, amicizie, e non solo per i bambini.

Sui campi da gioco, in palestra, in piscina sulle varie piste i bambini vivono le loro emozioni, confronti, scambi, scontri, tutte occasioni che gli permettono di entrare in possesso di un alfabeto relazionale che accanto a quello motorio, in altri contesti di vita, gli serviranno , in seguito, (come bagaglio di mezzi comunicativi ed espressivi) per meglio rapportarsi ed interagire con se stessi e gli altri. 

Gioco e sport promuovono l’amicizia e la correttezza, il gioco di squadra e la disciplina, il rispetto per l’altro e tutte quelle qualità pratiche che aiutano un bambino a diventare un individuo consapevole e solidale..
Carol Bellamy Direttore Generale dell’UNICEF

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