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Preparazione Atletica

L’integrazione di metodologie degli sport da combattimento alle arti marziali tradizionali

Di: Nakya Carrani

Spesso l’ idea di chi si avvicina ad un percorso marziale è quella di imparare principalmente una metodologia di difesa personale, solo nel tempo e con la pratica, se seguiti da un maestro degno di questa qualifica, si riesce ad apprezzarne tutte le molteplici altre peculiarità e le migliorie fisico psichiche che questo tipo di percorso apporta al nostro corpo e soprattutto alla nostra intima percezione di questo. Oggi l’interesse per la difesa personale è altissimo, ma non sempre intraprendere un percorso marziale implica imparare a difendersi. Questo perché, secondo la mia personale esperienza, lo studio di una qualsiasi arte marziale nonostante siano nate proprio con lo scopo di difendere la propria persona da ogni tipo di minaccia, anche e persino in situazioni di avversario armato, ad oggi si  traduce in un percorso di anni che approccia al combattimento in maniera puramente teorica. Non ritengo affatto che questo sia sbagliato, perché si riesce a comprendere molto della dinamica del corpo umano del suo funzionamento e prendendo consapevolezza di questo ad aumentare la nostra sicurezza personale, ma: se vogliamo tradurre tutto questo nella pratica, forse a mio avviso manca ancora qualcosa. Il sapere che un determinato colpo, portato ad una certa parte del corpo, teoricamente può interrompere l’azione di attacco di un qualsiasi aggressore, non credo sia abbastanza per dire di sapersi difendere. Perché si devono considerare molti parametri: la differenza di peso fra i contendenti per esempio. Per strada non ci sono categorie di peso come succede di solito in gara, se non si è fatto un lavoro specifico sull’impostazione dei colpi, o l’esercitazione ai bersagli per imparare ad esercitare la massima potenza in ogni colpo quindi… come possiamo sapere che funzionerà se non sappiamo quanta forza siamo in grado di esercitare? Come possiamo pensare di essere in grado di gestire un avversario che reagisce in maniera del tutto inaspettata ai nostri tentativi di difesa, se in palestra ci siamo sempre allenati in situazione controllata con il nostro compagno che schematicamente e passivamente subisce tutte le nostre reazioni senza opporsi in nessun modo? Queste sono solo alcune delle considerazioni che a mio avviso, dovrebbero essere fatte da chiunque voglia insegnare difesa personale e da chiunque voglia imparare a difendersi nella realtà. Con questo non dico che il percorso effettuato nella maggior parte dei casi sia sbagliato anzi, tutt’altro… anche in virtù del fatto che possiamo avvicinarci alle arti marziali per migliaia di motivi diversi. Dico soltanto che l’attuale percorso, indipendentemente dallo stile praticato, per essere appreso efficacemente dovrebbe integrare tutte quelle caratteristiche di allenamento che ad oggi sono ad appannaggio principale degli sport da combattimento, come lo sparring condizionato, il lavoro specifico sull’impostazione dei colpi, il lavoro ai paho, finanche con le dovute precauzioni e protezioni al combattimento vero e proprio, provando ad applicare le tecniche studiate in precedenza, in modo da creare una distinzione logica nel praticante tra quelle che sono le tecniche propedeutiche al combattimento e quelle che invece servono propriamente a difendersi. Secondo me, soltanto unendo il passato ed il presente… solo in questo modo potremmo insegnare realmente ad ognuno di noi a conoscere se stessi, le proprie potenzialità e soprattutto i propri limiti, senza rischiare di creare falsi miti o persone che magari arrivino a credere di essere invincibili, riportando a nuova luce quelle che oggi e nella maggior parte dei casi, da metodi di difesa sono diventati studi teorici e coreografie preimpostate di combattimento.

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