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La nostra collaboratrice Roberta Cerruti ci propone in questo articolo un viaggio nel passato riscoprendo antiche leggende miste a sogni sulle tradizioni popolari che hanno alimentato le discusse origini della benefica pianta del tè. Un lavoro questo che potrà arricchire le conoscenze sulla cultura dei popoli orientali. buon viaggio a tutti...

Un viaggio sulle origini della pianta del Tè

Di: Roberta Cerruti

In passato abbiamo già trattato questo argomento sulle pagine del nostra rivista, pubblicando un articolo sulle origini leggendarie della pianta del te e sulla cerimonia che ancora riveste grande importanza in Oriente; desideriamo ora riprendere il vasto e mai esaurito bacino di conoscenza e riflessione rappresentato da una semplice foglia del te, ricca di significati, di riti che ruotano intorno ad essa, di simboli, di aspetti quasi magici che derivano dal contatto di poche foglie con una tazza d’acqua bollente… magia in grado di trasformare semplice acqua in una bevanda esaltante nel gusto e dalle incredibili proprietà rilassanti…

Ripercorriamo in questo viaggio le origini leggendarie della pianta del tè in quelle che abbiamo ritenuto essere le versioni più note giunte sino a noi, scoprendo cosa accumuna questa pianta alle varie cultura in cui sono fioriti i suoi miti.

 Prima di addentrarci nella descrizione della pianta vogliamo richiamare l’attenzione su un manuale tecnico fondamentale per chi vuole conoscere la pianta del tè, scritto intorno al 758 e divenuto, tra i molteplici testi che trattano questo argomento e la difficile arte della cerimonia del te, l’archetipo, la summa del sapere in fatto di tè…

Si tratta de Il canone del tè - il Chajing - il più antico e il più importante trattato al mondo sulla coltivazione, la preparazione, l’uso e gli echi letterari del tè. Fu composto sotto la dinastia Tang, dal letterato e poeta Lu Yu, che con questo libro dette un fondamentale impulso alla cultura del tè e ne fissò lo spirito.

Alieno da ogni preoccupazione per l’esteriorità, Lu Yu insegna che le circostanze e il luogo della degustazione non sono che accessori, ed è quindi possibile variare l’etichetta del tea-party in accordo all’ambiente, al numero degli ospiti e al loro rango: accanto a un torrente tra i pini, si può fare a meno di molte cose, "ma se, in una città, alla presenza di un re o di un duca, manca anche uno solo dei ventiquattro strumenti prescritti, allora è meglio rinunciare del tutto a preparare il tè". La perfezione infatti va ricercata essenzialmente nella scelta accurata degli ingredienti e degli strumenti, nell’attento rispetto delle procedure di preparazione e nell’accorto equilibrio tra gli elementi che vengono chiamati in causa - l’acqua, il fuoco, il legno, il metallo, la terra - per rispecchiare in una tazza di tè l’ordine che governa l’universo.

Le pagine del Canone, che l’autore consigliava di ricopiare su rotoli di seta da appendere alle pareti per tenere sott’occhio e ricordare costantemente ogni aspetto della materia del trattato, si configurano così come un affascinante e rigoroso manuale tecnico di milleduecento anni fa, oltre che costituire un’opera di sottile poesia e un sacro testo dell’antico Oriente.

Breve biografia dell’autore

Lu Yu, vissuto tra il 733 e l’804 nella Cina della dinastia Tang, letterato e poeta, ebbe una giovinezza avventurosa e un'esistenza romanzesca: secondo alcune biografie, fu un trovatello rinvenuto sulla sponda di un fiume da un monaco, che lo adottò e lo allevò finché il giovane fuggì dal monastero per unirsi a una compagnia di attori girovaghi. Notato dal governatore di Jingling che ne intuì il talento letterario, Lu Yu divenne amico di eruditi e potenti si ritirò poi tra i boschi di Tiaoxi, dove condusse una vita da eremita. Le opere attribuitegli sono cinquantasette, fra scritti in prosa e in versi: tra le diciassette opere arrivate fino a noi la più lunga è il Chajing, questo celebre Canone del tè per il quale, dopo la morte, Lu Yu è stato venerato come il "dio del tè", patrono di tutti i cultori dell’arte di preparare e degustare la bevanda orientale.

Le origine del tè

Le origine del tè si perdono tra mito e leggenda: varie sono le versioni giunte sino a noi, differenti a seconda dell’area geografica da cui provengono. Indichiamo solo le più note.

Versioni cinesi. La versione forse più nota,  farebbe risalire la scoperta di questa pianta e delle sue caratteristiche che la rendono idonea a utilizzarne le foglie per infusi, a circa 5000 anni fa, legandola inscindibilmente alla figura dell’imperatore ed eroe Shen Nong.

File:Shennong.jpg Shen Nong, visse all’incirca tra il 2838 e il 2698 a.C.: fu lui, secondo la tradizione, a introdurre nell'antica Cina le tecniche dell'agricoltura, e il suo nome significa "il Contadino Divino".

Considerato il padre dell'agricoltura cinese, questo imperatore leggendario insegnò al suo popolo come coltivare i cereali per sfamarsene, in modo da evitare l'uccisione di animali. Si dice che abbia assaggiato centinaia di erbe per valutarne il valore medicinale, e che sia l'autore del pen ts'ao ching (trattato medico), il più antico testo cinese sui farmaci, che include 365 medicine derivate da minerali, piante e animali. La catalogazione di centinaia di erbe medicinali o velenose fu un punto cruciale per lo sviluppo della medicina tradizionale cinese. Il tè, che agisce da antidoto a una settantina di erbe velenose, è considerato una sua scoperta.

Secondo la leggenda un giorno d’estate mentre si trovava in visita in una regione distante dal suo regno, lui e la sua corte si misero a riposare. Mentre i suoi servi stavano bollendo dell'acqua in conformità con il suo regolamento, (egli utilizzava per questioni igieniche soltanto acqua precedentemente sterilizzata) alcune foglie secche da un vicino cespuglio si staccarono accidentalmente, planando nell'acqua in ebollizione e miscelandosi con essa. Come scienziato, l'imperatore si incuriosì al liquido marrone e provò a berne un sorso. Ne trovò il gusto delizioso e la bevanda gli apparve subito rinfrescante…. Fu così che iniziò e si diffuse la pratica di utilizzare questo nuovo infuso.

Un’altra versione narra di un lungo periodo di siccità in Cina, che portò un'epidemia di peste. Alcuni anziani raccontarono dell'esistenza di una pianta il cui succo poteva curare gli ammalati e rendere fertile la terra. Questa pianta si poteva trovare su una montagna vicina, alla fonte di un drago. Alcuni giovani coraggiosi si recarono sulla montagna per cercare la pianta ma non tornarono. Il drago, sorvegliante della fonte, li aveva presi. Decisero di partire anche tre fratelli, due ragazzi e una ragazza. Il fratello maggiore partì per primo ma, dopo 36 giorni, ancora non era tornato; partì allora il secondo ma, dopo 49 giorni, anche questo non era ancora tornato. Partì per ultima la ragazza. Quando raggiunse la fonte si accorse che il drago aveva trasformato in pietre coloro che, prima di lei, lo avevano affrontato. Invece di avvicinarlo lo colpì a morte da lontano con una freccia.

La ragazza raccolse i germogli della pianta sacra, li annaffiò con acqua della fonte e, con sua sorpresa, questi divennero subito piante adulte. Raccolse i semi e li spremette sulle pietre, riportando così alla vita i suoi fratelli. Ritornati a casa, i fratelli riuniti piantarono altri semi sul pendio di una collina e altre piante nacquero subito. Con le foglie di queste piante sacre fecero un infuso e lo fecero bere a tutte le persone ammalate che subito guarirono; la pioggia tornò a cadere e la terra fu di nuovo fertile. Da allora nel Fujian non smisero mai di bere il sacro infuso della pianta del Tè. (La leggenda del Tè Bianco)

Un'altra di queste storie narra che un tempo un giovane ufficiale dell'esercito, stanco della corruzione del governo, decise di partire per altri luoghi e lo fece in compagnia della madre. Nel corso del suo viaggio fu colpito da una straordinaria fragranza presente nell'aria. Si fermò e chiese spiegazioni ad un anziano del luogo. L'anziano gli spiegò che, poco distante, c'era un piccolo lago e, in mezzo ad esso, c'erano 18 fiori di peonia.

Erano questi a diffondere l'aroma. L'uomo e la madre raggiunsero il lago e decisero di stabilirsi in quel posto. Dopo breve tempo, la madre si ammalò. L'uomo cercò a lungo, senza successo, piante medicinali per guarirla, finché, stanco e deluso, si assopì. Nel sonno gli apparve un anziano che gli disse di cucinare una carpa con un tè nuovo: questo avrebbe guarito la donna. Al risveglio, tornò a casa e, con sorpresa, seppe che anche la madre aveva fatto lo stesso sogno. Prese allora una carpa e cominciò a pensare come trovare il nuovo tè. All'improvviso un tuono squarciò l'aria e le 18 peonie del lago divennero... piante di tè! Era un tè particolare. Essendo state peonie, le piante avevano una superficie lanuginosa bianca. L'uomo prese le foglie e cucinò la carpa. La madre la mangiò e migliorò immediatamente. Guarita, chiese al figlio di prendersi cura di quelle piante così straordinarie. La donna divenne immortale e, un giorno volò via dalla terra, divenendo la patrona del tè del luogo. (La favola del Pai Mu Tan).

Versione indiana. Per gli indiani fu Bodhidarma a scoprire la pianta del tè. Maestro buddista indiano erede del Dharma, e figlio del re delle Indie Kosjuwo, visse tra il 483 e il 540 d.C. Sotto il regno dell'Imperatore Xuanwudi, questo venerabile principe venne in Cina per raggiungere il regno Wei del Nord. Predicò il buddismo e raccomandò la meditazione, la cultura dello spirito e il superamento di tutte le illusioni materiali per la salute dell'anima. Avvezzo a lunghe meditazioni, decide un giorno di fare un voto: non dormire per 7 anni, durante tutto il periodo della sua meditazione. Dopo alcuni anni venne però assalito dalla sonnolenza: seguendo l’istinto, raccolse alcune foglie da un cespuglio e, masticandole, recuperò le forze e la concentrazione. Si trattava appunto di alcune foglioline di tè.

Versione giapponese. I buddisti giapponesi hanno apportato una variante alla leggenda di Bodhidarma e del suo incredibile modo di scoprire il tè.  Essi raccontano che Bodhidarma, dopo tre anni d veglia ininterrotta, si lasciò prendere dal sonno sognando di alcune donne che aveva amato in gioventù. Ma al suo risveglio era furioso per la sua debolezza e per punirsi si tagliò le palpebre e le sotterrò. Ripassando dopo qualche anno nello stesso luogo si accorse che dove aveva seppellito le sue palpebre era cresciuto un arbusto selvatico le cui foglie producevano una bevanda meravigliosa che donava forza e aveva la proprietà di aiutare a mantenere gli occhi aperti durante le lunghe veglie di meditazione. La raccomandò ad amici e discepoli e così nacque l'uso e la coltivazione del tè.

Il viaggio del Principe Bodidharma in Cina è registrato dalle cronache cinesi del regno Vu Yu e datato al 543 d.C.

Risulta evidente in queste leggende l'accento sulle proprietà benefiche di questa bevanda, forse non appropriate o quantomeno esagerate,ma comunque apportatrice di benessere per la salute dell'uomo.


Fonte:

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