ECCOVI UN BELLISSIMO ARTICOLO DEL DOTT. ERMANNO
VISINTAINER CHE CI PARLA DELLA STORIA E CULTURA MONGOLA, IN OCCASIONE DEI
FESTEGGIAMENTI PER LA CELEBRAZIONE DEGLI 800 ANNI DEL GRANDE CONDOTTIERO GENGHIS
KHAN… INDICATO ADDIRITTURA COME ESSERE FORSE, UNO DEI PRECURSORI DELLA MODERNA
GLOBALIZZAZIONE.
La Mongolia ha celebrato gli 800 anni di Genghis Khan
(1206 - 2006)
Di: Eramanno Visintainer
Tratto da:
Forse non a tutti è noto che nel 2006, in
Mongolia, questo paese in cui l’immensità dell’elemento uranico si disperde in
quello tellurico, trasfigurandolo con il suo intenso monocromatismo ceruleo, si
è celebrata una ricorrenza quivi molto sentita.
La Mongolia ha, infatti, festeggiato
l’ottocentesimo anniversario (1206-2006) della fondazione del più vasto impero
mai esistito sulla terra, ovvero l’impero di Genghis Khan; questo Sommo Sovrano
mongolo, il Sovrano universale per antonomasia, la cui vastità fu altresì
assimilata a quella dell’elemento talassico, a ragion veduta insignito di
recente, con l’epiteto di “uomo del millennio”.
Ovviamente la commemorazione è stata oltremodo
seguita nella sua terra natìa, la Mongolia, ove per l’occasione del grande
Naadam, la tradizionale festività estiva, oltre che dare un’immagine nuova,
in linea con i tempi, al volto della Piazza Sükhbaatar, si è allestito
uno spettacolo suggestivo, pregno di coreografie predisposte ad hoc per
l’evento, che ha certamente soddisfatto le aspettative degli innumerevoli
visitatori.
La figura di questo gran condottiero è ben nota a
tutti, cultori e profani. La ritrovata, per non dire quasi inflazionata,
celebrità che questo personaggio storico ha ridestato nell’immaginario
collettivo della popolazione mongola, dopo l’avvento della democratizzazione del
paese, è anch’essa un fenomeno culturale conosciuto a chi possiede una certa
dimestichezza con le recenti vicissitudini interne della nazione.
Esimendoci dall’usuale presentazione di una
biografia più o meno romanzata o realistica del personaggio, peraltro spesso
asservita ai soliti cliché, alquanto stantii e stucchevoli, ci proponiamo di
offrire, in quest’articolo, una descrizione più attuale del significato che
questa figura ha assunto nell’immaginario della nazione mongola, integrandola
con un paio di considerazioni. Evidentemente il tema è alquanto complesso.
La questione investe il problema dell’autopercezione
posseduta dai Mongoli rispetto alla propria storia e alla propria cultura, in
altre parole le modalità in cui questo paese, come altri paesi asiatici, ha
vissuto la transizione dal feudalesimo verso la modernità. In estrema sintesi
diciamo che a partire dal 1990 l’obiettivo di creare una nuova identità
collettiva mongola, si è coniugato con la progressiva rinascita del
buddhismo.
La figura di Genghis Khan, che da sempre
ha rappresentato l’altro volto maggiormente distintivo dell’identità
storico-culturale del paese, si staglia su questo sfondo, personificando il
ruolo di una potente e atavica divinità, incorporata all’interno del pantheon
tibetano, il Bodhisattva Vajrapani.
Tuttavia, onde penetrare in maniera più esaustiva
il contesto di cui stiamo parlando, non possiamo prescindere dalla commistione
sincretistica fra il buddhismo, religione relativamente recente e l’altra
religione autoctona, così eterodossa e peculiare di questa terra, che
rappresentò il credo di Genghis: lo sciamanesimo nei suoi imprescindibili nessi
con il tengrismo, definito da qualcuno monoteismo delle steppe.
In realtà lo sciamanesimo vive tuttora con il
buddhismo in una simbiosi che non sembra mostrare cedimenti. E questo si può
desumere dalla copiosa presenza nel paesaggio mongolo dei segni, sebbene
restituiti al nuovo culto, di quest’atavica credenza, come gli ovoo o gli
ubiquitari khadag, nonché alcuni aspetti dicotomici della mentalità e
della ritualità corrente.
Ovviamente la relazione con lo sciamanesimo, in
cui Genghis assurge ad ongon nazionale ovvero suld, commemorato
negli innumerevoli canti sciamanici, è altresì fondamentale.
A ciò va aggiunto che per lungo tempo in Mongolia
è stato tabù solo pronunciarne il nome del grande antenato. Ai Mongoli, infatti,
negli anni del passato regime, era stato imposto di vergognarsi del loro
passato, di cui si stigmatizzò l’oscurantismo e l’efferatezza.
Un aspetto emblematico della nuova effigie della
Mongolia che sicuramente risalta all’occhio del visitatore, è come accennato, il
riassetto urbanistico della Piazza Sükhbaatar. Quest’enorme piazza, fino
a poco tempo fa, dominata dalla mole del grigio e severo Palazzo Governativo
dell’ex nomenklatura, nel suo inequivocabile stile “politburo”, di fronte a cui
s’innalzava il Mausoleo all’eroe nazionalista e dittatore comunista,
Sükhbaatar, Дамдин Сүхбаатар, unitamente al suo Monumento Equestre.
Ebbene, quasi a voler suggellare quest’inversione
di tendenza rispetto al recente passato, il governo ha predisposto la
demolizione del Mausoleo, stanziando 5 milioni di dollari nella colossale
impresa di erigere quello che è stato definito il Complesso Monumentale di
Genghis Khan, ovverosia una faraonica statua di bronzo, alta 15 metri,
raffigurante il Sommo Sovrano assiso su un trono, affiancato da altre due grandi
statue di cui la prima è una riproduzione di se stesso, nelle sue funzioni di
legislatore e di canonizzatore della Grande Legge: l’Ikh Zasag, quella
che gli storici chiamano “yasaq o yasa”, mentre la terza raffigura Ögödei,
terzogenito di Genghis, il favorito, colui che proseguì la sua missione
espansionistica.
Le statue sono incorniciate, con motivi
tradizionali, in una struttura architettonica a disposizione prostila, un enorme
pronao che mimetizza l’intero Palazzo Governativo. Il tutto evoca una visione
estetica ispirata ad un gigantismo scultoreo di memoria neoclassica dalle
evidenti suggestioni che non troviamo termine più appropriato o eufemistico con
cui definirle, se non quello di “neobarbariche”.
Al di là dei rimandi all’epos gengiskhanide, che,
nella maggior parte delle persone, suscita un fascino immediato, viene spontaneo
formulare qualche congettura sulla scelta nonché sull’espressione delle statue
onde evincere il nuovo corso della politica mongola. Sebbene il simbolismo ad
esse associato possieda una chiave di lettura indubbiamente multiforme, il
riferimento più diretto che vi si potrebbe individuare è quello di un processo
emulativo di certi prototipi d’ispirazione occidentale tramite i quali
omologarsi alle esigenze ed alle sfide imposte dalla modernità.
Questo a partire dall’espressione del volto di
Genghis, che, a differenza d’altre raffigurazioni molto diffuse nel paese, in
cui viene stigmatizzato con sguardo arcigno ed aggressivo, qui è più distaccata
ed impenetrabile, quasi che l’artista avesse voluto trasfigurarlo, peraltro non
a torto, in una veste maggiormente idealizzata. Non più l’efferato autocrate,
bensì un illuminato sovrano, il Monarca universale, “benevolo”, l’artefice della
“Pax mongolica”, con lo sguardo rivolto verso sud, come un tempo, probabilmente
verso il fagocitante colosso asiatico cinese.
A tal proposito non mancano polemiche da parte di
chi abbia ravvisato in tale prosopografia un’allusione alla sinizzazione del
personaggio, anche se dovremmo chiederci se non vi sia piuttosto un recupero in
chiave nazionalistica della versione sinizzata dello stesso. Del resto non si
può certo congetturare né tanto meno auspicare un recupero dello stereotipo
negativo di questa figura da parte dell’attuale leadership mongola.
In tale analisi prosopografica, sembra tuttavia,
da parte nostra, quasi di cogliere dei tratti “profetici”, nel senso cui abbiamo
fatto precedentemente riferimento, ovvero di un’apoteosi mimetica del
personaggio sulla falsariga di modelli esterni, in cui egli, in una commistione
fra tradizione e laicità, forma una trinità, nella quale viene ad essere
ipostatizzato dalla funzione tradizionalmente attribuitagli di archetipo
dell’autorità celeste, a quella di legiferatore e nomografo, nonché di epigono
della propria missione imperiale.
È evidente qui il tentativo da parte del governo
di riempire con contenuti innovativi quell’involucro mitopoietico cui attinge
ogni forma di nazionalismo, anche se, spesso tali forzature conseguono risultati
non sempre auspicabili. “Noi siamo gli antesignani della globalizzazione”
scandisce uno slogan governativo, riferendosi alla vastità conseguita
dall’impero mongolo. Nella premura di trarre vantaggio dalla risonanza del Sommo
Sovrano, sovente viene rivalutata la sua funzione di statista lungimirante,
propugnatore di una politica propensa ai commerci, all’immunità diplomatica e
alla tolleranza religiosa.
Il presidente Nambaryn Enkhbayar, nel suo
discorso inaugurale si è appellato sovente al tema dell’unità. “Oggi la
Mongolia è ancora una volta unita sullo sfondo di un Genghis Khan progressista,
benevolo e democratico. Una Mongolia unita e democratica, che ancora una volta,
è in marcia sullo scenario internazionale”.
“Essendo, la nostra, una piccola nazione
incastonata tra grandi potenze, la globalizzazione è sentita giorno per giorno e
la sua è una pressione tangibile”, afferma Tsend Munkh-Orgil, un
parlamentare mongolo e membro del partito di Enkhbayar. “Genghis Khan –
continua - può aiutarci a ripristinare l’unità ed il consenso nazionale,
venuti a mancare da quando la democrazia e il capitalismo emersero 15 anni fa”.
Per celebrare l’imponente commemorazione, durante
l’inaugurazione del tradizionale Naadam, il 12 luglio 2006, lo stadio centrale
della capitale si è trasformato in un tripudio di suoni e colori dal grande
impatto emotivo, in cui si è radunato un corteo di uomini vestiti come guerrieri
di Genghis Khan del tredicesimo secolo, mentre orde di cavalieri sfilavano su
tenaci cavalli sauri e roani, accolte da musiche evocanti colonne sonore di
kolossal cinematografici ispirati ai fasti della Roma antica.
In una sezione della tribuna le persone esibivano
ritratti del Sovrano unitamente alla bandiera nazionale. Un’orchestra di archi
morin khuur ed un coro vibravano nell’aria melodie struggenti e canti
tradizionali, mentre alcuni danzatori travestiti da sciamani eseguivano il loro
rito attorno al “fuoco sacro”, le cui fiamme erano anch’esse interpretate da
attrici, che profetizzavano la fama imperitura del Monarca.
Un attore interpretava il ruolo di Genghis
avvolto in un candido deele, cavalcando un bianco destriero, attraversava
trionfalmente lo stadio fra il giubilo esultante della folla che lo acclamava
gridando “khurai”. Il Presidente Enkhbayar, indossando, per l’occasione,
un serico ed aureo deel tradizionale, pronunciava le seguenti parole: “Noi
Mongoli dobbiamo essere uniti e avere uno scopo, ovvero valorizzare la nostra
nazione. Ricordate Genghis Khan e le sue azioni!”.
Orbene, questa commemorazione della figura di
Genghis Khan, rivalutata nelle vesti di prefiguratore e di preconizzatore
dell’era moderna, in altre parole della democrazia che affonda le proprie radici
nella storia e nell’epos nazionale, potrebbe risultare anche un escamotage degno
d’attenzione se non risentisse di una certa artificiosità che lo espone a
suggestioni dietrologiche annidantesi nelle sue stesse premesse.
Se, da una parte, gli assertori di tali
enunciazioni sembrano bypassare qualsivoglia riferimento alla locuzione di “aristocrazia
delle steppe”, nondimeno cara allo storico Grousset ed utilizzata perfino da
Piero Angela per designare l’Impero Mongolo; precisando che siffatte
dichiarazioni sono ubiquitarie in tutti i nazionalismi, da parte nostra
evidenzieremmo che non è difficile ravvisare in esse analogie e parallelismi con
le meno recenti vicissitudini di un altro popolo originario di questa terra: i
turchi, ovverosia nella persona della loro guida, Mustafa Kemal Atatürk,
l’artefice delle realizzazioni politico-istituzionali della Turchia
repubblicana.
Questi, peraltro, trasse ispirazione dal poeta
nazionalista, Ziya Gökalp, nella cui opera traspare il rifiuto, da parte della
civiltà turca, di essere omologata a quella occidentale, venendo ad assumere una
posizione gerarchicamente subordinata nell’alveo delle civiltà. Gökalp, infatti,
affermava che se per accedere alla modernità serve la democrazia, così come
l’Occidente antico e nella fattispecie la Grecia, sono stati la culla della
democrazia, analogamente possono essere individuati degli elementi ascrivibili
ad una democrazia essenziale nella cultura e nella civiltà turca delle origini,
che – aggiungeremmo noi – nella fattispecie è affine ed assimilabile a quella
dei mongoli.
Quasi a voler suffragare questa nostra
supposizione fa eco la cerimonia ufficiale d’inaugurazione del parco “Genghis
Khan”, svoltasi il 9 novembre 2006, nella città di Ankara, in Turchia, una sorta
di gemellaggio tra i due paesi, preannunziato, nell’estate del 2005, dalla
visita del premier turco Tayyıp Erdoğan in questa terra dei suoi avi. “Oggi
abbiamo dedicato un corso a Genghis Khan ed una statua nel centro di Ankara. In
seguito anche Ulaan Baatar dedicherà una via alla capitale turca”, ha
annunciato M.Enkhbold, il Primo Ministro della Mongolia. La città di Ulaan
Baatar a sua volta predisporrà l’erezione di una statua dell’eroe turco Mustafa
Kemal Atatürk.
Sembra che qualcosa di simile si stia allestendo
nella città di Washington. Nel frattempo continuano le ambiziose iniziative
faraoniche. Di recente il governo ha comunicato ufficialmente un piano per
l’edificazione di una statua di Genghis alta 40 di metri sul monte Tsonjin
Boldog, 53 km fuori di Ulaan Baatar. Mentre, sforzi simili sono stati intrapresi
per far resuscitare Kharkhorum, l’antica capitale di Ögödei, dove si pensa di
trasferire in un prossimo futuro la sede del governo.
L’AUTORE: Chi è Ermanno Visintainer?
Asokananda's
Authorized Teacher senior della scuola:
“The Sunshine
Network”
vd.
http://thaiyogamassage.infothai.com/thaimassage.html
Nato in Italia nel 1961, laureato in
Lingue Orientali all'Università di Venezia, con il massimo dei voti, è
un’orientalista eclettico ed appassionato, con un’autorevole formazione
universitaria alle spalle. Dal 1981 pratica Kung-Fu, Aikidō, Tai Chi
Chuan, Chi Kung e attinenti tecniche di meditazione. Nel 1986,
analogamente alle arti marziali, si interessa alle varie tecniche del
massaggio. Durante un viaggio in Thailandia, si accosta, per la prima
volta, al massaggio tradizionale thailandese, il Nuad Borarn, verso il
quale avverte un immediato e profondo coinvolgimento. In Italia,
intraprende il percorso di formazione e di studio riguardante varie
tecniche inerenti sia al massaggio che alla medicina naturale, che porta
a termine nell'anno 1991, con il conseguimento del Diploma triennale in
medicina naturale ed iridologia, presso l'”Accademia Galileo Galilei”, a
Trento. Nello stesso anno ritorna in Thailandia dove, non dimentico del
fascino, nonché dell'originalità, del massaggio thailandese, si dedica
allo studio del Nuad Borarn e all’approfondimento dei segreti di
quest’antica arte. Segue i programmi di varie scuole ed alla “Foundation
of Shivago Komarpaj” presso l'Old Medical Hospital di Chiang Mai, nel
nord della Thailandia, consegue il diploma.
Al
suo ritorno in Italia comincia a praticare il massaggio Nuad Borarn e
nel 1994 diviene allievo ed amico di
Asokananda (Harald Brust), l'esponente di maggior rilievo a livello
internazionale di questa disciplina e autore di vari libri
sull'argomento, precursore e leader del Thai Yoga Massage in Occidente.
Nel 1997 consegue il “Certificate of Achievement” per il livello di
Istruttore autorizzato della scuola di Asokananda, la “International
Society for Traditional Yoga And Thai Massage”, con sede a Chiang Mai,
in Thailandia, e insegna il Nuad Borarn in numerosi corsi di formazione,
sia in Austria che in Croazia e in Italia. Nel 2003 su invito di
Asokananda, trascorre un lungo periodo in Nuova Zelanda, presso la
TYMANZ - “Thai Yoga Massage Association of New Zealand” di cui è membro,
e nelle città di Auckland e di Rotorua, dirige l'attività di
insegnamento per conto della succursale neozelandese. Attualmente
risiede tra Italia e Mongolia, paesi in cui pratica ed insegna il Nuad
Borarn. È Vice presidente e Direttore Tecnico nonché socio fondatore di
A.T.T.Y.M.I. l’Associazione di Thai Yoga-Massage Tradizionale Italia
Sul nuovo sito di Ermanno
www.al-thai.com
mailto:ermanno@al-thai.com troverai altre informazioni interessanti.
Dott. Ermanno Visintainer - Pergine
Valsugana, Trento -
erenvis@yahoo.it
Asokananda's
Authorized Teacher senior
ermanvis@al-thai.com -
tel: 00393407667936 |
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