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Vi presentiamo alcune interessanti riflessioni di Marco Galzenati sul mondo delle arti marziali ed in particolare sul modo di praticare queste discipline, evidenziando quelle che secondo lui dovrebbero essere le particolarità per poter essere un buon praticante.Arti marziali: quale scegliere?(ma soprattutto come scegliere)Di: Marco GalzenatiMolto spesso mi è capitato di incontrare persone che avendo intenzione di iniziare la pratica di un arte marziale o di uno sport di combattimento, mi hanno chiesto quali ritenessi più adatte alla difesa personale e al combattimento reale. Ho deciso dunque di scrivere questo breve articolo, che più che fornire una risposta univoca e probabilmente parziale, offra dei punti di riferimento e degli spunti attraverso cui poter da soli ragionare sui fatti, ed acquisire informazioni utili a farsi un’ idea propria. Partiamo dalla considerazione che il mondo delle arti marziali è pieno d’istruttori e maestri che non hanno mai affrontato né combattimenti reali né combattimenti sportivi, e di arti marziali che non hanno mai dato prova della loro efficacia in combattimenti di arti marziali miste, per cui è doveroso ed utile dare delle linee di riferimento per scegliere una disciplina marziale che proseguendo nella pratica si riveli consona alle nostre aspettative. Premettiamo che si può iniziare una pratica marziale per motivi differenti dall’efficacia e dalla difesa personale reale, quali: educazione dell’individuo, formazione del carattere, ricerca spirituale, interesse per la cultura d’origine delle arti marziali studiate. Vedremo in seguito come anche alcuni di questi altri aspetti siano “inaspettatamente” legati ai parametri di efficacia dell’arte marziale praticata. Le arti marziali che ci interessano si possono sommariamente dividere in tre grandi gruppi:
Analizziamo i requisiti che maggiormente influenzano l’efficacia di una forma di combattimento:
Questi tre parametri sono quelli che influenzano al 95% l’efficacia di una forma di combattimento in situazioni di combattimento reale quali ad esempio la difesa personale. Discorso a parte per quel che riguarda la difesa personale, è da dedicare alle strategie comportamentali, e alle migliori tattiche da scegliere in base alla situazione specifica, che in ogni caso richiedono una certa dose di buon senso, e andrebbero trattate più come forma di training psicologico. Ci sono tre principali filoni di critiche a questa visione delle cose, che spesso s’intersecano tra loro creando divertenti diversioni sul tema. Il primo è quello del tipo: “…le tecniche che studiamo noi sono troppo pericolose perché siano messe in pratica realmente …”, da cui si evince che non c’è modo di provare la reale efficacia delle stesse. Il secondo: “… questo tipo d’arte marziale ripudia ogni forma di violenza e per questo essendo troppo buoni, non possiamo dimostrarne tutta la grande potenza…”. Il terzo: “… il fine di quest’arte marziale non è il combattimento, e quindi la violenza, ma l’evoluzione spirituale, l’armonia universale, il divertimento ecc…”. Queste tre porte hanno in comune l’addurre una scusa per evitare il confronto in strutture non gerarchizzate (rapporto maestro-allievo), in cui invece spesso il confronto c’è, ovviamente nel massimo rispetto del maestro…. Da queste tre porte si entra di solito direttamente nella dimensione mitologica mistica in cui è sempre presente una ottima dose di culto della personalità di capiscuola, maestri e fantomatici combattenti del passato, o del presente, di cui non è mai possibile chissà perchè vedere nessun filmato che li ritragga in azione, e che sono sempre usati come spauracchio a difesa dell’incapacità dei seguaci di turno di mettersi personalmente in gioco. Altro punto particolarmente curioso è quello della pratica per motivi “anche spirituali” la famosa e ormai - aimè sigh! - ridicolizzata componente spirituale delle arti marziali, che tratterò per motivi di spazio sempre in poche battute ed in maniera riduttiva. Chiunque si sia occupato con un minimo di serietà di meditazione e di metodi di risveglio spirituale, si sarà accorto di come la componente fondamentale di tutte queste pratiche sia il superamento, o che dir si voglia, la dissoluzione dell’ego. Ora, se non la dissoluzione, per lo meno il ridimensionamento dell’ego, nella pratica marziale, nasce soprattutto dal confronto con l’altro, che con una proiezione, una sottomissione od un colpo ben assestato, ci ricorda come c’è sempre in delle situazioni e in dei momenti qualcheduno che si rivela migliore e più forte di noi, cosa che nella pratica senza sparring e senza agonismo non ci viene mai ricordata. In effetti i record di ego più ipertrofici di cui sono stato testimone venivano sempre da maestri e praticanti che non avevano mai modo di confrontarsi con allievi ed avversari “per i soliti più disparati motivi” (vedi punti uno due e tre). Molti sembra non si siano accorti della nascita delle Mixed Martial Arts, e nel paese natio di Macchiavelli sembra che, su tutto, il non schierarsi sia la pratica d’elezione. Gesù disse: “… Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre…”, come dire, prima o poi la verità viene a galla …bisogna solo avere pazienza… Marziali saluti Marco Galzenati
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