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Svoltisi a Coimbra (Portogallo) i mondiali WAKO di Semi Contact, Full Contact, Aero/kickboxing e disco-forms. I brillantissimi successi degli azzurri nel semi, nel full e nell’aero-kick, proiettano l’Italia al terzo posto al mondo nello speciale medagliere per nazioni. E’ la prima volta… e siamo sicuri che non sarà neanche l’ultima!MONDIALI WAKO DI COIMBRAL’Italia mai così grandeDi: Ennio FalsoniVorrei parlarvi di un gruppo meraviglioso di ragazzi e ragazze che hanno destato sensazione e meraviglia nel corso dell’ultima edizione dei Mondiali WAKO svoltisi nello stupendo palazzo dello sport di Coimbra, città portoghese antica , sede di una delle università più vecchie d’Europa. Vorrei parlarvi della passione, dell’amore, della grinta, della determinazione che essi pongono nel nostro sport , una dedizione assoluta. Vorrei parlarvi dei piccoli e grandi sogni che certamente albergano nei loro cuori, delle ansie, delle aspettative e certamente anche delle delusioni. Ma non so se ci riuscirò. Le emozioni provate a Coimbra, sono state davvero tante ed è difficile cominciare questo pezzo, perché molti dei nostri giovani eroi meriterebbero la citazione per primi. Ma allora comincerò da Gloria De Bei, chioggiotta, bruna, con un nasino all’insù che a Coimbra è tornata a gioire per un trionfo tra le braccia del padre che non sapeva trattenere la commozione e le lacrime. Gloria è stata per anni la dominatrice nella categoria 55 chili di semi contact. E’ nata praticamente in palestra, perché il padre Oriano, noto arbitro internazionale, l’ha educata anche nell’arte dei calci e dei pugni. Una vita apparentemente regolare, lineare. Finché si innamora di Nicola Traina, un altro giovane veneto di belle speranze che ha vinto titoli e che si è battuto anche per un titolo mondiale Wako-Pro e che oggi insegna kickboxing a Sottomarina e fa anche l’arbitro. Dopo anni di frequentazioni, i due cominciano a pensare di mettere su casa e ne acquistano anche una. Ma un giorno, Nicola ci ripensa, tentenna e si tira indietro. A Gloria sembra che il mondo le caschi addosso, come è facilmente intuibile. Per farla breve, si ritira dalle competizioni, scompare, è chiusa nella sua tristezza. I genitori sono esterrefatti, ma purtroppo queste sono cose che capitano tutti i giorni tra i giovani.
Quando cominciano le responsabilità, c’è qualcuno che sente di non farcela. Fragilità dei giovani d’oggi. Il tempo ovviamente lenisce ogni dolore e il richiamo per lo sport che è stato una grande parte della sua vita torna ad affiorare in Gloria che rimette piede in palestra, più grassa e arrugginita. Due anni sono tanti per un atleta. Stare fuori dal giro, come si dice, per tanto tempo, rischia di impedirti di tornare competitivo. Ma la ragazza ha un carattere forte ed è determinata. In questo lento processo verso il ritorno alle competizioni, c’è anche il fatto che Nicola e Gloria si riavvicinano. Torna l’entusiasmo. A Coimbra, Gloria De Bei è tornata sul gradino più alto del podio dando cappotto alla greca Vassiliki Mitropolou al primo turno, quindi la canadese Victoria Marcotte per 23-16. Ha avuto vita dura contro la polacca Emilia Szablowska in semifinale, battendola solo per9-6 e infine ha dominato l’inglese Lisa Boardman in finale stendendola per 17-12. Gloria De Bei, campionessa del mondo! Non dimenticherò facilmente il suo salto tra le braccia del padre.
Marco Culiersi, “Marcone” per i compagni di squadra per essere un supermassimo, è un altro personaggio incredibile. Classe 1971, di giorno lavora in fabbrica le classiche otto ore, appena finisce va in palestra (la Superteam). Il tempo di una doccia e via a fare il buttafuori in varie discoteche. Come cacchio faccia ad essere anche sempre allenato lo sa solo lui. Non dorme mai, è stressato da mille problemi. Aveva una moglie che aveva dato alla luce due gemelli, da cui poi si separa per sopraggiunte incompatibilità con tutto ciò che ne deriva. E ciò nonostante, a Coimbra ha trionfato dall’alto di una tecnica eccellente, di una scelta di tempo formidabile e vincendo sempre con buon margine i suoi incontri. Passato il primo turno perché testa di serie (era risultato terzo a Szeged, Ungheria, nel 2005) Ha rifilato 19-15 al croato Mario Samiric al secondo turno, ha battuto di un solo punto 18-17 l’inglese Lee Matthews, un bel ragazzone nero , in semifinale e quindi ha dominato l’irlandese Andy Hogan in finale, battendolo per 15-10. Fantastico! Andrea Lucchese, classe 1979, allievo di Gianpaolo Calajò dell’Aikya di Palermo (così come Gregorio Di Leo) è stato per me l’atleta più spettacolare di tutto il torneo, un atleta completissimo, veloce, fantasioso, che col suo corpo può fare quello che vuole. Non lo conosco bene come gli altri, per essere arrivato in nazionale solo da poco.Milita nei 63 chili, una categoria che ci ha sempre dato grandi soddisfazioni (basterà ricordare le vittorie di Roberto Belotti a Parigi nel 2003 e quella di Adriano Passaro nel 2005 a Szeged), ma che è difficile perché affollata di tanti talenti. Ebbene Lucchese ha letteralmente dominato a Coimbra vincendo 13-5 contro l’irlandese Robbie Haugh al primo turno, quindi 16-6 (cappotto!) all’inglese Christopher Collymore al secon do turno; 14-8 al turco Taskin Kahveci in semifinale e infine rifilando altri 6 punti di scarto all’ungherese Viktor Hirsch che sulla carta era il più ostico dei suoi avversari. Un vero trionfo al termine del quale Andrea si è buttato a terra a braccia aperte e occhi spalancati per assaporare quel attimo di gioia che gli resterà dentro per sempre. La sua prima vittoria mondiale: una cosa che nella vita di un atleta non si scorda più. Di Gregorio Di Leo ho già parlato tante volte, non lo scopro certamente oggi. Ma l’impresa che ha compiuto a Coimbra è stata così drammatica che mi è difficile ricordarne una simile. Eppure, ne ho viste tante. Era arrivati in finale come un razzo, dominando tutti, dal russo Stepan Botyuk al secondo turno cui aveva dato cappotto – ossia dieci punti di scarto-(anche lui aveva saltato il primo per essere il numero uno del tabellone), dando cappotto anche al danese Mikael Moller nei quarti, battendo per 19-16 il greco Kostas Taboureas in semifinale. Ma qui giunto, ad attenderlo c’era un giovane talento ungherese, passato da poco tra i seniores, Tamas Imre che lo sovrastava in altezza. Un fisico francamente incredibile , 69 chili di peso distribuiti in 185 centimetri, con delle gambe da far paura, una facilità di gesto tecnico da lasciar stupiti. Ha vinto per una straordinaria forza mentale che lo ha sorretto durante tutto l’incontro durato 3 riprese di 2 minuti, quindi di un minuto supplementare ed essendo finito ancora in parità, è andato alla prima tecnica utile: la “sudden death”, il golden goal del calcio. Un miracolo? No, solo una straordinaria tenacia, un’eccezionale voglia di vincere e dimostrare che lui era "il campione del mondo"- come poi ha gridato a più riprese in un raptus adrenalinico al termine dell'incontro, scaraventando a terra il casco- da vero pazzo! L’incontro era partito male per “Grillo”, come viene chiamato.
Questo Imre lo teneva a distanza con le sue lunghissime leve e soprattutto riusciva a chiudere di pugno quando questi cercava di entrargli. L’ungherese ha chiuso in vantaggio di 2 punti la prima ripresa, quindi di 4 la seconda ed è bastato che questi si illudesse di aver già vinto che in batter d’occhio e proprio allo scadere del tempo regolamentare fosse raggiunto! Non vi dico la tensione nell’aria. Un sacco di dirigenti, come affascinati dalle evoluzioni e dal patos di quel incontro, erano vicino al quadrato di gara e seguivano trepidanti le azioni dei due. Era una roba da cardiopalmo! Tra l’altro, proprio i nostri coach, Gianfranco Rizzi e Emanuele Bozzolani, che hanno fatto un lavoro straordinario, ci tenevano in modo particolare che Grillo vincesse perché l’Italia si stava giocando il primato nel semi contact mondiale proprio contro l’Ungheria dove la scuola di Kiraly è rinomata per essere tra le migliori del circuito. Pareggiato anche il tempo supplementare, Grillo ha trovato la scelta di tempo perfetta per piazzare il suo diretto e vincere. Terzo trionfo mondiale per lui. Spero non si fermi. E’ un grande.
Se il semi contact ci aveva sempre dato belle soddisfazioni, di certo non si può dire la stessa cosa per il full contact. Anzi, proprio nell’ultima edizione degli Europei stavamo chiedendoci che cavolo stesse succedendo agli italiani in questa disciplina. Invece questi Mondiali ci hanno subito smentito perché mai ho visto un’Italia così bella, pimpante e competitiva. Ivan Sciolla, di Ceva, in provincia di Cuneo, allievo di Silvano Cosentino,di soli 21 anni, è il miglior atleta italiano nei 51 chili nel full contact (Gianpero Marceddu permettendo, ovviamente). Già era stato vicino a vincere l’Europeo a Lisbona lo scorso anno. Ma qui a Coimbra ha fatto di più: si è laureato campione del mondo. Ha battuto tutti e partendo dalle retrovie. Al primo turno superando l’ostico turco Cagdas Yikilmaz (sempre molto aggressivi e scorbutici i turchi), quindi il polacco Wojciech Peryt nei quarti, il russo Ivan Bityutskikh – testa di serie numero uno- ins semifinale e infine l’azerbaijano Zaur Mamadov in finale. Di soli 21 anni, ma già con una lunga carriera alle spalle avendo cominciato a combattere ne light contact giovanissimo, Ivan è un atleta altamente spettacolare e godibile. In possesso di buone tecniche di calcio, ha una condizione fisica invidiabile e un’ottima scelta di tempo. In più, è un atleta che varia molto il suo repertorio, che addirittura porta tecniche di calcio o blitz di pugno saltando. Disorienta gli avversari, che non riescono a fare in tempo a capire l’avversario. Bella vittoria la sua in una specialità durissima, ma già a Belgrado, nella low-kick, ricordiamo che Ivan è arrivato in finale perdendo proprio dallo stesso atleta! Valeria Calabrese è una giovane siciliana, minuta di soli 48 chili, allieva di Riccardo Wagner, che negli ultimi due anni è letteralmente esplosa. Vinse inaspettatamente l’oro ai Mondiali del 2005 a Szeged battendo al primo turno proprio quella russa Olesya Gladkova, che dominava in quella categoria da due edizioni, e che poi ha ritrovato in finale a Coimbra. Ha vinto il titolo mondiale Wako-Pro che ha già difeso brillantemente. Insomma è un’atleta che si è affermata dimostrando di non essere una meteora ma che, anzi, ha ancora ampi margini di miglioramento, sia sul piano tecnico che tattico. Battuta la portoghese Silvia Almeida al primo turno, ha dominato la Kazaka Maryam Yegemberdiyeva in semifnale (3-0 il giudizio), ma in finale la russa Gladkova (che sembra un maschietto da come si muove e tira di pugno, una vera pugile professionista) ha fatto suo il match in virtù certamente di una maggior potenza. Parlare di Andrea Scaglione, un giovane di 22 anni, è parlare di un gladiatore romano, di un atleta fortissimo mentalmente e in possesso di tecniche spettacolari, specie di calcio. E’ comparso in nazionale per la prima volta dopo essersi distinto nei circuiti nazionali. Francamente non lo conoscevo, ma un fuoriclasse lo riconosci subito da come si muove sul ring. E quello che ho visto è francamente troppo bello quasi per essere vero. Il sorteggio che gli era capitato era terrificante e orrendo allo stesso tempo. Scaglione era capitato infatti al primo turno contro il norvegese Arild Mikarlsen che nella scorsa edizione dei Mondiali aveva battuto e per K.O. Biagio Tralli a Szeged. Sembrava chiuso il nostro alfiere. E invece, mulinando quelle sue incredibili gambe, sostenendo furiosi corpo a corpo a muso duro, lo ha battuto! Roba da non credere. Al secondo turno però aveva il russo Denis Lukhasov, notoriamente un forte pugile. Sembrava chiuso. E invece ha rivinto e malmenando il suo avversario . I russi, che sono da sempre lo spauracchio per ogni avversario, non sembravano più marziani. I marziani eravamo noi! Pazzesco. Arrivato in semifinale, dopo due incontri veramente duri contro due veri campioni,chiaro che una speranzella ce l’avevamo. Purtroppo però Scaglione si presentava sul ring coi piedi letteralmente coperti da bende. Pare abbia un problema alle piante dei piedi per cui gli si aprono facilmente fiacche terribili. Insomma, camminava su carne viva. Come diavolo facesse a sopportare il dolore, lo sa solo lui. Stoico, era fermamente deciso ad arrivare alla fine e così ha fatto, buttando sul ring tutto quello che aveva e forse anche qualcosa di più. Purtroppo però non ha potuto disputare la finale perché le fiacche gli si erano ovviamente peggiorate. Onore a lui e al suo coraggio!Eccezionale.
Nel full contact avremmo certamente meritato qualcosa di più, perché Francesco Margiotta di Milano, un’altra grande e piacevole sorpresa nella squadra italiana di full a questi Mondiali , avrebbe meritato un posto in finale nei 75 chili, una delle categorie più affollate, dove per vincere l’oro ci sono voluti 5 incontri sulle 3 riprese in 4 giorni! Bel ragazzo proporzionato, completo da punto di vista tecnico, Francesco ha sostenuto 4 incontri perdendo immeritatamente dal russo Manuchari Pipiya, testa di serie numero 2, in semifinale. Sempre calmo, sempre presente, solido anche di pugno, Margiotta mi ha favorevolmente impressionato e sono certo che farà ancora parlare di sé. Anche Roberto D’avanzo, allievo di Donato Milano, uno dei dittì della nostra nazionale insieme a Massimo Liberati, ha rischiato di fare il colpaccio. Pensate che al primo turno, il sorteggio gli aveva assegnato nientemeno che il finlandese Jere Reinikainen, già campione del mondo a Parigi nei 67 chili nel 2003 e nel 2005, e lo ha battuto! Purtroppo un arbitraggio un po’ discutibile (senza che voglia parlar male degli arbitri questa volta, perché in fondo grossi scandali non ce ne sono stati a Coimbra), lo ha penalizzato facendogli perdere l’incontro per l’ingresso in semifinale col russo Vladimir Tarasov. Per concludere, nel full contact l’Italia ha oggi questi atleti che abbiamo citato tra i punti fissi sui quali costruire una squadra che può darci grandi soddisfazioni nei prossimi anni. Donato Milano e Massimo Liberati erano raggianti: finalmente si è usciti da un lungo tunnel! A Coimbra, oltre a semi e full contact, abbiamo avuto anche i tornei di forme musicali e di aero-kickboxing. L’Italia era ben rappresentata da Alberto Leonardi, il nostro uomo di punta, e da un manipolo di appassionati che lui sta costruendo tra cui spicca la meranese Valeria Ziviani che si è ben comportata finendo ottava nelle forme hard. Lo stesso Leonardi è rimasto fuori dal podio per poco, essendo finito quarto, con una bella forma di capoeira. Nell’aero-kickboxing infine, diretta da Franco Liberati, il romano Andrea De Santis ha vinto l’oro nell’esercizio con lo step e si è classificato secondo nell’esercizio al suolo, mentre Laura Fiori, marchigiana, si è classificata terza tra le donne. Con i Mondiali di Coimbra, la WAKO ha chiuso un altro anno da incorniciare. |