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IL M° ENZO CELLINI, PROFONDO STUDIOSO DI KARATE SHOTOKAI, CI PARLA DEL TOATE DEL M° EGAMI. TROVIAMO CHE IL SUO SCRITTO SIA PARTICOLARE E MOLTO INTERESSANTE, ANCHE SE FORSE DI DIFFICILE COMPRENSIONE AI PIU’ . SICURAMENTE IN MOLTI LO RITERRANNO AFFASCINANTE, MA MAI QUANTO INVECE noi  RITENIAMO CHE SIA DI AUTENTICA E SEMPLICE REALTA’.

IL TOATE del M° EGAMI

Di: Dott. Enzo Cellini (da: www.irimi.it)

La ricerca dell'efficacia dello tsuki, porta il M° Shigeru Egami fino al "toate", che sembra sia il livello più alto raggiungibile nelle tecniche di combattimento.

Non avrei voluto parlare del toate, perché ritengo sia una ricerca interiore, personale, riservata e parlarne non contribuisce alla sua comprensione.

Ho sentito l'esigenza di scrivere due righe sul toate soltanto perché da qualche tempo, nel nostro gruppo, ne sento parlare spesso, e a mio avviso anche a sproposito, creando una giustificata curiosità tra gli allievi ma soprattutto confusione sul significato profondo di questo evento.

Il toate del M° Egami è il risultato di tutta la sua vita dedicata alla ricerca dell'efficacia del pugno nel karate.

Questo straordinario fenomeno non può essere spiegato con le parole, e non mi risulta che il M° Egami stesso abbia mai scritto sul toate, ne hanno parlato invece i suoi allievi che hanno visto e ne hanno provato gli effetti.

Non è chiaro se il toate sia una tecnica da poter adottare, oppure un fenomeno psicofisiologico; nel caso del M° Egami potrebbe aver influito anche la sua particolare condizione di salute, infatti egli ha sofferto di stomaco, polmoni e cuore fino a subire tre interventi chirurgici, vivendo anche il trauma di un coma.

Probabilmente l'esperienza della morte ha influito sulle capacità energetiche e di percezione del M° Egami, egli stesso dice infatti: "...sono morto una volta". E' certo che il M° Egami abbia raggiunto nel corso della sua vita, capacità energetiche eccezionali, lasciandoci un compito di enorme portata da esplorare e da sviluppare.

Il M° Egami, ha dimostrato più volte di essere in grado di proiettare senza toccare colui che aveva davanti, ed in alcuni casi, causando una perdita di coscienza. Nella storia delle arti marziali giapponesi, si incontrano spesso testimonianze su capacità del genere, nel kendo, il "kizeme" (offensiva mediante il ki), è la tecnica per vincere l'avversario senza colpirlo; nei combattimenti dell'età più tarda, Miyamoto Musashi dominava i propri avversari senza colpirli, aveva raggiunto il livello che gli permetteva sia di immobilizzare, sia di respingere il suo avversario senza toccarlo.

Fa quindi la comparsa, nella storia delle arti marziali, l'idea della tecnica che da la vita e non la morte.

E' possibile oggi studiare anche per il karate una tecnica che permette di dominare il proprio avversario senza toccarlo?

Il toate, può oggi diventare parte di un metodo? Può diventare il percorso da seguire per il karate superiore senza però cadere nel misticismo?

E possono il superamento della tecnica fisica, insieme alla forza dell'armonia posizionarsi sul più alto livello della pratica dell'arte marziale?

Queste sono le domande che io mi pongo, e sento che debba essere per me il percorso da esplorare.

Il M° Egami, soltanto verso i suoi 50 anni ha introdotto il "colpo a distanza", cioè inviare un attacco senza toccare il corpo dell'avversario, fondendo insieme la materia con lo spirito, mettendo così in pratica la forza del "ki".

A proposito della ricerca dell'efficacia massima dello tsuki, il M° Egami diceva che bisognava riversare la totalità del proprio essere nel corpo dell'avversario, attraverso un punto (nakadaka ken), e proiettare il proprio tsuki attraverso il suo corpo, fino all'infinito, da questa idea, e attraverso lo studio dell'energia egli è arrivato al toate.

Io penso che il Toate, sia una reazione che scaturisce in presenza della volontà di aggressione da parte di un avversario, mentre contemporaneamente nell'altro sia presente disponibilità, apertura verso gli altri, e una elevata capacità di sprigionare, di far fluire, e proiettare l'energia il "ki".

Per ottenere capacità quali la disponibilità, apertura mentale verso tutto ciò che ci circonda e verso gli altri, occorre allenarsi quotidianamente sia fuori che dentro la palestra.

Durante la ginnastica, taiso è necessario acquisire la capacità di muoversi e respirare allo stesso ritmo con chi la dirige, nel kihon essere in grado muoversi insieme al comando del maestro, nell'ippon kumite muoversi insieme al compagno, nel kata andare a ritmo con gli altri durante l'esecuzione di gruppo, nel midare di armonizzare con gli attacchi ripetuti e senza soluzione di continuità.

Soltanto attraverso un costante allenamento nel rivolgere la propria attenzione verso l'esterno e verso gli altri, si potrà acquisire apertura mentale e disponibilità fisica, che sono il primo passo verso l'attivazione dell'energia.

Partendo da un allenamento tecnico-fisico, bisogna arrivare ad uno studio più completo, raggiungere l'armonia interiore ed approdare alle dimensioni dell'essere, dove risiedono la disponibilità, l'apertura mentale, la percezione e l'energia, altrimenti penso che la comprensione del toate non potrà avvenire.

La ricerca del toate deve essere fatta umilmente e con riservatezza, la responsabilità di ognuno di noi, è di parlarne il meno possibile e continuare la propria ricerca in umiltà e in armonia con i colleghi e con i propri allievi.

Il M° Murakami diceva: "L'armonia fra me e l'allievo è indispensabile; ma perché possa esserci occorre che vi sia armonia interna tra il mio corpo e il mio spirito".

Sono d'accordo con l'analisi fatta dal M° Kenji Tokitsu nel suo bel libro "Storia del Karate", edito da Luni Editrice, sul toate praticato dal gruppo Shintaido, dove in questo caso, a differenza dal toate del M° Egami, il fenomeno probabilmente scaturisce da uno stato di "trance", e dove la ripetizione di semplici gesti fino allo sfinimento, permette di limitare gli effetti della coscienza e causare una particolare sensibilità alla presenza altrui.

In questo stato è possibile percepire l'energia e l'intenzione del compagno, ma tutto questo lavoro avviene senza la presenza di un attacco.

Vorrei soffermarmi però su un punto, dove il M° Tokitsu, afferma sempre nello stesso capitolo: "Poiché nel combattimento i due avversari sono in opposizione, la loro energia combattiva si urta e interferisce con quella dell'altro...".

Io ritengo, che in un combattimento tra due persone, non si può escludere un'altra possibilità: e cioè che non necessariamente entrambi abbiano la volontà di combattere e che l'energia di entrambi sia orientata esclusivamente allo scontro e alla contrapposizione.

Il toate del M° Egami, a mio avviso scaturisce dallo stato spirituale di voler evitare lo scontro; quindi come effetto, in questo caso, si avrebbe la diminuzione dell'aggressività dell'altro, e comunque un impatto energetico che lo blocca o lo respinge.

Tutto il karate del M° Egami, dal momento della sua "rinascita" dopo il coma, è orientato alla ricerca dell'armonia con l'avversario e del metodo della pace "heiho"; questa armonia, io penso possa e deve realizzarsi a prescindere dall'aggressività distruttiva dell'altro.

Con uno stato di calma interiore che la meditazione può infondere, potremmo essere in grado di percepire l'aggressività ed inviare un notevole flusso di energia morbida, pesante e pressante, che probabilmente scaturirà in misura direttamente proporzionale al grado di aggressività distruttiva dell'altro.

Nella mia vita ho avuto qualche occasione di "scontro" con avversari molto aggressivi nei miei confronti, fortunatamente non c'è stato bisogno di ricorrere alle tecniche corporee, questo sicuramente grazie anche all'assenza da parte mia di volontà combattiva nei confronti dell'interlocutore.

I tentativi di aggressione nei miei riguardi hanno avuto sempre da parte mia, una reazione estremamente energica e di fermezza, ma anche di calma, dove il messaggio trasmesso inconsciamente dal mio atteggiamento forniva evidentemente all'altro una via di uscita.

In quelle occasioni, sarebbe bastata la volontà di combattere anche da parte mia per scendere al livello dello scontro fisico.

Comunque per ciò che mi riguarda, l'aggressore ha sicuramente subito una sorta di pressione energetica che lo ha dissuaso a scagliarsi contro di me.

La mia reazione in quei casi è stata del tutto naturale e istintiva, non ho adottato tecniche particolari anche perché a quell'epoca non avevo ancora preso coscienza della dimensione energetica; sicuramente la meditazione che già praticavo, mi ha aiutato a comportarmi in un certo modo e sicuramente anni di allenamenti in palestra mi hanno permesso di fronteggiare con sicurezza quelle situazioni; ma da questo al toate, il salto di qualità è grande.

La progressione verso la comprensione del toate, in parte, secondo me, dipende dall'avanzamento naturale della maturazione dell'individuo ma soprattutto nella ricerca costante dell'armonia e nella sua applicazione quotidiana; inevitabilmente con il tempo il concetto di vittoria non coinciderà più con la distruzione dell'avversario, ma risiederà nel superamento del combattimento stesso.

Forse quel giorno il toate scaturirà naturalmente di fronte all'aggressione di un avversario.

Un aggressore che purtroppo come tanti, vive una esistenza conflittuale, e probabilmente egli come altri, non ha avuto la fortuna di capire che se c'è un nemico, è dentro di noi stessi e che l'aggressività perderà sempre di fronte alla forza dell'armonia.

Questa, io penso sia la strada indicata dai maestri Tetsuji Murakami e Shigeru Egami.

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Il midare, kawashi, (interscambio), è un esercizio caratteristico dello Shotokai, dove una o più persone attaccano contemporaneamente, a ritmo constante ed in sequenza (100, 200, 300 oi-tsuki ed oltre), un partner che, con tecniche di spostamento, evita gli attacchi.


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