Mettiamo fine ai diffamatori della boxe
Ancora una volta si utilizza impropriamente il termine pugile.
Adesso però dobbiamo mettere il bavaglio a chi non rispetta il
lavoro di atleti e tecnici
Di: Ufficio Stampa FPI - Lecce
Comunicato del 6.02.12
Era una mattina di agosto e
Emlou Arvesu, filippina di 41 anni, dopo aver
accompagnato uno dei suoi tre figli dalla sorella, stava
camminando in una Milano semideserta, causa vacanze
estive, per andare dalla famiglia per cui lavorava come
colf e baby sitter. Lungo quella strada trovò una morte
assurda e brutale: un pugile dilettante ucraino, appena
uscito di casa per ammazzare la prima donna che avrebbe
incontrato, la
aggredì e la uccise con una raffica di pugni
violentissimi al volto. Ma Oleg Fedchenko, 27 anni,
accusato di quel terribile omicidio, non dovrà scontare
nemmeno un giorno in carcere: il gup Roberta Nunnari lo
ha assolto per incapacità di intendere e di volere al
momento del fatto.
Tratto da Repubblica.it |
«Ci
risiamo ma adesso è giunto il momento di dire basta! Ancora una
volta in televisione, sui giornali e sui siti internet, rimbalza –
per l’ennesima volta – erroneamente il termine “pugile”. Da anni
oramai i mass media, continuano ad accostare – ovviamente a
sproposito – la figura del pugile a quella di un orco; o meglio,
anche se un pregiudicato, un pazzo o comunque un soggetto con delle
devianze psicologiche, abbia seppur per un giorno varcato la soglia
di una palestra di pugilato, ecco che viene in qualche modo
giustificata un’azione da censurare. Capiamo la bramosia di qualche
“giornalista” in cerca della notizia più scottante della giornata ma
è davvero inspiegabile questo fantomatico asse “pugilato-violenza”,
specie poi se nessuno di questi “ricercatori di cronaca” (quanto più
nera possibile), abbia mai visitato una palestra di pugilato o
gravitato nel mondo della boxe. Ma la cosa ancor più grave, è che
questo 27enne ragazzo ucraino (Oleg Fedchenko), era sì tesserato per
la “Doria Team Onlus” di Milano (Senior III Serie kg 75 - matricola
39464) ma non è mai salito sul ring per disputare un match; quindi
definire un semplice appassionato, “pugile” mi sembra alquanto
prematuro. Ciò che dispiace, è che purtroppo questa visione distorta
– da parte di qualcuno – nei confronti di una disciplina sportiva
olimpica, infanga il lavoro di un’intera Federazione (Fpi), dei
tanti tecnici preparati ma soprattutto dei tesserati che ogni
giorno, tra mille sacrifici – spesso non sempre ripagati
adeguatamente – si allenano a curare il proprio corpo, lo spirito,
il tutto in un ambiente dove in cima ai valori c’è il rispetto
dell’avversario, a prescindere da tutto. Anche in passato, mi sono
ritrovato a scrivere delle dichiarazioni di protesta per un fatto
analogo. In quel caso, uno dei due presunti autori di uno stupro
(difatti l’uomo in questione era innocente), è stato descritto dai
giornalisti “Quell’uomo con la faccia da pugile”. Chissà perché,
alla minima occasione, viene mutuata la definizione del pugile
(anche se non è mai salito sul ring) a quella di un assassino,
mentre quando i nostri atleti – impegnati in ambito nazionale ed
internazionale – conquistano importanti riconoscimenti, non si ha
mai la briga di menzionare adeguatamente le gesta sportive dei
nostri ragazzi.
A questo punto mi sembra un modo di costruire l’informazione
decisamente un po’ demagogica. Perché non si evidenziano le
iniziative dei pugili verso il sociale. Io ad esempio mi sono sempre
prodigato per combattere l’abbandono degli animali ma potrei
prendere tantissimi altri esempi, fino ad arrivare in Sardegna, dove
c’è un prete che pratica il pugilato. Peraltro, nelle palestre
alleniamo numerosi ragazzini, i quali molti di loro sono
accompagnati dai loro genitori; a questi giovani atleti, impariamo
ad “affrontare” gli impegni sportivi senza prescindere dallo studio:
molti, riescono addirittura a gravitare nel giro della nazionale e
per alcuni di loro, riusciamo a far spalancare le porte
dell’arruolamento nelle Forze Armate, riuscendo a coltivare la
passione della boxe e al contempo trovare una valida collocazione
lavorativa. Concludendo, sono solidale con i tecnici della “Doria
Team Onlus” di Milano ma a questo punto, ad essere stati danneggiati
ed offesi, sono tutti i tesserati della Fpi e tutti gli amanti del
pugilato. Infine, l’appello e che la Federazione Pugilistica
Italiana, trovi la strada giusta per difendere il pugilato da questi
vili attacchi ma soprattutto mi rivolgo ai Direttori delle Testate
Giornalistiche: prima di usare a sproposito la definizione di
pugile, andate a visitare una qualsiasi palestra italiana, magari
poi possiamo riparlarne!»
Francesco STIFANI
Consigliere Rappresentanti Tecnici del Comitato Regionale Fpi
Puglia-Basilicata
Tecnico della Beboxe di Copertino (Le)
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