RACCOGLIAMO DAL SITO 2°OUT.IT UN ARTICOLO CIRCA
UNA ENCOMIABILE FINALITA’ ATTRIBUITA E RICERCATA ATTRAVERSO UN CORSO
DI PUGILATO E RIVOLTO ALLE FASCE D’ETA’ IN FORMAZIONE E FASCE
SOCIALI PIU’ DISAGIATE. LO SPORT DA COMBATTIMENTO COME ATTIVITA’
EDUCATRICE E DI FORMAZIONE PER UNA FUTURA SOCIETA’ MIGLIORE. GLI
INSEGNANTI… COME VERI E PROPRI PUNTI DI RIFERIMENTO E EDUCATORI
GIOVANILI.
A Ladispoli nasce Interpolis Boxe
Di: Silvia Filippi
Tratto da:
www.2out.it
L’A.S.D.
Interpolis_boxe di Ladispoli, nasce con l’utopia di rispondere
ai troppi episodi di violenza che popolano con frequenza crescente
anche cittadine come la nostra. Interpolis_boxe è un progetto
indirizzato prima di tutto ai giovani, che sembrano essere oggi le
categorie più deboli , emarginati dalla sicurezza di un lavoro
stabile, anche se nella sua concezione di mobilità, continuamente
sbalzati senza una direzione certa, fattore questo che causa una
sorta di ripiegamento in sé unita ad una non volontà di sognare e di
creare che nella violenza trovano, a volte, l’unico modo di
esprimere un disagio esistenziale altrimenti insopportabile.
L’idea che si vuole promuovere è l’inserimento,
peraltro già attivo in diverse realtà cittadine, della disciplina
pugilistica all’interno degli insegnamenti didattici come percorso
di formazione atletica e di crescita individuale e culturale.
Numerose sono le testimonianze attraverso cui perveniamo alla
consapevolezza che lo sport è uno dei veicoli di integrazione più
forti ed efficaci tra individui, anche di etnie diverse. Parlare
di integrazione significa innescare dinamiche complesse in seno alla
società moderna, che continuamente appare impegnata
nell’ostentazione di una perfezione apparente senza contraddizioni,
compressa nei suoi squilibri esistenziali dove le giovani
generazioni perdono il senso del limite, causato dalla disgregazione
di modelli educativi ancora impostati sulla rigidità e sulla paura
della contaminazione tra persone, la paura di conoscere e scontrarsi
con le tante realtà sotterranee che popolano ogni giorno le nostre
città. Realtà costruite in quartieri disagiati, impoveriti
economicamente e ridotti a carceri aperte dove il valore della vita
perde significato a vantaggio di un guadagno economico ottenuto con
le armi dell’aggressività e dell’illegalità; realtà di ragazzi che
vivono sui marciapiedi, ai margini della cosiddetta società civile,
o che abitano mondi virtuali dove si perde l’identità rapita da un
nick name, realtà apparentemente stabili incentrate su rapporti
falsati, rivolti esclusivamente al prestigio del potere, dove
esplodono laceranti le divisioni tra individui che sfociano negli
articoli di cronaca, nelle storie di delinquenza in cui gli attori
coinvolti appartengono a famiglie benestanti, che si dice
inspiegabilmente cadono in situazioni di tossicodipendenza, atti di
vandalismo, bullismo e razzismo immotivato nei confronti di chi
semplicemente commette il reato di non condividere gli stessi
ideali, valori, le idee politiche o sessuali.
A
volte una piccola differenza nell’essere è sufficiente ad innescare
una forma di violenza, a far alzare le mani, in certi casi proprio
un nonnulla, solo una forma di assuefazione all’avere, o meglio al
non avere modelli sociali di riferimento idonei, a far scattare un
meccanismo perverso ed è proprio come prevenzione che si vuole agire
usando lo sport, il pugilato, per combattere questa condizione di
non integrazione, facendo sì che ad ogni gesto fisico preceda una
riflessione mentale, cerebrale, come ogni colpo durante un
combattimento. In questo contesto assume una rilevanza particolare
la figura dell’allenatore, il Maestro, colui che insegna e persegue
questo fine attraverso le parole e le azioni, riuscendo non solo
all’interno della palestra ma nei percorsi della vita ad essere
testimone tangibile dei suoi insegnamenti tramite il proprio
comportamento, con le sue azioni, perché lo sport è la palestra
della vita, dove si impara quotidianamente attraverso l’esercizio
fisico, la dedizione e soprattutto il sacrificio, a conoscere il
proprio corpo imparando i propri limiti, magari riuscendo a
superarli in senso positivo migliorandosi nel rapporto con se stessi
e con gli Altri.
Il
Maestro si identifica con la figura dell’educatore, andando spesso a
sostituirsi con quella paterna, con la responsabilità di trasmettere
valori importanti e fondanti per i suoi allievi e di doverlo fare
con coerenza e correttezza. Il Maestro deve insegnare il valore di
una sconfitta riuscendo a presentarla come una vittoria morale,
aiutando il ragazzo a trovare in se i motivi della sconfitta,
abituando l’allievo a valutare la prestazione e non il mero
risultato, affrontando insieme un percorso psicologico e
motivazionale, nonché fisico ed atletico, che instaura un rapporto
di rispetto e complicità tra istruttore ed allievo, che innalza il
valore dei due che imparano reciprocamente e allo stesso modo si
migliorano nella conoscenza, perché anche l’allenatore, in un certo
modo rimane un allievo che mantiene il suo desiderio di
confrontarsi con nuovi stimoli, come ne produce la vita. |