L'altra metà del cielo sale sul ring olimpico
A Londra 2012 la
grande novità: la boxe femminile ai Giochi.
Via i pesi mosca, in gara quaranta ragazze per cinque medaglie
Di: Boxemaccheroni
Milion
dollar baby se ne va alle Olimpiadi. Il via libera per fare della
boxe femminile una disciplina ufficiale dell'edizione londinese dei
Giochi (2012) è arrivato nei giorni scorsi dalla Federazione
internazionale del pugilato. Una decisione storica per un movimento
che, nonostante sia in continua e costante crescita, viene spesso
snobbato da media e sponsor. E che adesso si prende la sua
rivincita: a Londra, se la pratica compirà senza problemi tutto il
suo iter, ci saranno cinque categorie di peso femminili (kg 47, 53,
60, 69 e 75), con otto atlete per ogni categoria. Il tutto a
discapito dei minimosca (kg 48) maschili che non ci saranno più.
La proposta avanzata
dal presidente della Federazione italiana, Pietro Falcinelli, è
passata all'unanimità ed è stata accolta con favore anche da
Ching-kuo Wu, presidente dell'Ente Mondiale . La chiave di volta,
spiega lo stesso Falcinelli, è stato il "grande compromesso"
che è stato raggiunto tagliando la categoria maschile. Un sacrificio
che ha lasciato vacanti 40 posti: "Ora non ci rimane che
aspettare la ratifica del comitato olimpico internazionale", a
ottobre in Danimarca.
Una
manciata di mesi durante i quali occorrerà lavorare moltissimo,
soprattutto in Italia. Sul piano tecnico sportivo la situazione è
ottima. Le nostre pugili sono probabilmente la punta di diamante
dell'intero movimento. Atlete come Simona Galassi (una specie di per
tre volte consecutive campionessa del mondo dilettanti, e ora
campionessa mondiale in carica della più importante sigla dei
professionisti, Wbc) o come Emanuela Pantani (campionessa mondiale
Wba) hanno scritto pagine gloriose della sia pure breve storia di
questa disciplina, arrivata in Italia nel 2001
Sul
piano politico, la situazione è meno buona. Il paradosso vuole,
infatti, che proprio il paese che ha proposto la boxe rosa alle
Olimpiadi consideri questa disciplina ancora solo a livello
"sperimentale". Spiega Massimiliano Bianco, medico sportivo della
federazione. "In questo momento abbiamo questo status
particolare. Per cui siamo costretti a effettuare un continuo
aggiornamento epidemiologico. Questo ha anche degli aspetti
positivi: il nostro paese è all'avanguardia sul piano
medico-sportivo. Siamo gli unici ad aver pubblicato lavori
scientifici sui traumi nel pugilato femminile, dimostrando che non
ci sono differenze rilevanti rispetto a quello maschile. Anche il
numero di ko è tutto sommato poco rilevante: ce ne è in media uno
all'anno. Ma considerate che ogni anno ci sono più di 3mila
incontri. Insomma, speriamo che il ministero della Salute ci faccia
passare l'"esame" e ci tolga questo titolo di sport "sperimentale"".
Adesso un bell'aiuto potrebbe arrivare dalla decisione di andare a
Londra. "Una bella novità - spiega ancora Bianco - che
lascia un unico dubbio. Sono state accorpate molte categorie di peso
e questo potrebbe alterare lo spettacolo in uno sport molto tecnico".
Scoppia di gioia il
capitano della nazionale italiana, Patrizia Pilo. "Il mio
tormentone su Facebook è diventato: "Finalmente si lavora per il
Sogno"" racconta, prima di spiegare che qualche problema
l'accorpamento delle categorie a lei lo ha dato: "Dovrò
raggiungere i 75 chili, adesso sono nella categoria dei 70. Lavorerò
per crescere a livello muscolare e diventare più forte, ascoltando
quello che mi dice il mio fisico. Ce la metterò tutta, in serenità.
Ora sono motivata: ho un obiettivo a lungo termine".
Contento
della novità che potrebbe avere riflessi molto positivi sul
medagliere italiano nella prossima spedizione, è il presidente del
Coni Gianni Petrucci: "Sono molto felice di questa soluzione che
consente pari opportunità tra uomini e donne in una disciplina
storicamente incentrata sul settore maschile".
Un'ottica solo
parzialmente condivisa dal ministro alle Politiche giovanili,
Giorgia Meloni. "È una notizia che non può che farmi piacere, sia
sul piano atletico sia su quello culturale. Molte ragazze si
misurano con questo sport e trovo giusto che lo possano fare ai
massimi livelli. Però personalmente privilegio il gesto atletico
all'aspetto sociale. Detto in altri termini: la parità non passa per
l'omologazione. La boxe femminile disciplina olimpica non è di per
sé paradigma della parità tra i sessi". |