L’ex campione welter, Luca Messi
«Alleno venti seminaristi, il ring non è violenza ma un dono di Dio»
di PAOLO NESSI
(tratto da Libero - quotidiano di Bergamo)
I
futuri sacerdoti di Bergamo si danno alla boxe. Nel seminario minore della
diocesi, ragazzini dai 14 ai 18 anni praticano sistematicamente la "nobile
arte". Li allena un professionista d'eccezione, Luca Messi, campione italiano e
intercontinentale dei pesi welter. Fu sua l'idea di portare il pugilato in
seminario. «Ho circa una ventina di seminaristi, vengono di solito il martedì»
ci spiega Messi. «Insegno loro l'allenamento classico: salto della corda,
tecniche a vuoto, colpi contro il sacco». Quindi niente ring. Non se le suonano.
In realtà «ogni tanto me lo chiedono, soprattutto i più grandi, quelli che hanno
18 anni». E allora Messi li fa "combattere", «glielo lascio fare». Ovviamente,
usando le dovute cautele: «Hanno guantoni enormi e protezioni per il viso». E
poi, tiene a precisare: «Non ho mai avuto un incidente, nessuno si è mai fatto
male». Strano immaginarsi ragazzi che studiano da prete, divertirsi così. «Non
si tratta ne di rabbia, né di spirito di competizione –sottolinea lo sportivo-
ma di puro agonismo». E poi, «anche un po’ di voglia di stuzzicarsi e mettersi
in mostra. Beh, sono giovani» confessa Messi. E le gerarchie? «Nessun problema»
assicura. Anzi, «in diocesi sono tutti più che soddisfatti, specie il direttore
dell’Istituto superiore di scienze religiose bergamasco». I seminaristi possono
scegliere tra varie attività sportive e «sono loro stessi che chiedono di essere
allenati da me. Alleno pure diversi preti». La stima che riceve, forse dipende
anche dalla sua storia personale; «Ho iniziato a lavorare in fabbrica a 14 anni»
ci racconta. «Anche grazie alla boxe ho potuto sognare e realizzarmi
umanamente». Tanto che «ho studiato, e frequentato le scuole serali». Con una
punta di orgoglio, ci rivela: «Ho preso due diplomi, uno ma massoterapista, e
uno da dirigente di comunità. Ho pure passato il test di Scienze motorie. Ma mi
manca il tempo, non ho mai frequentato».
Per
la diocesi di Bergamo si aggira un altro Messi, appassionato di boxe. È il
fratello sacerdote di Luca, don Alessandro, che in seminario gestisce il corso
di addestramento di pugilato. Perchè, dice don Messi, « lo sport valorizza il
corpo e lo spirito, che sono doni di Dio». Si, ma la brutalità, che c’azzecca
con la vocazione religiosa? «Beh, il calcio è più violento» ha risposto. «Certo,
nella boxe si reca all’avversario un danno. Ciò che conta, però, è l’assenza
della volontà di perpetrare violenza nei confronti del rivale». Dal punto di
vista etico, dunque «la violenza sta nell’intenzione di far male. Non si
combatte contro l’altro ma insieme». A don Messi, ex pugile dilettante che ogni
tanto sale ancora sul quadro «per divertimento», è capitato di “prenderle”.
«L’allenatore di mio fratello una volta mi ha incrinato una costola» ha ammesso.
Non deve avergli fatto così male. Don Alessandro afferma, infatti, di sé:
«Dicono che ho la stoffa, sarei un peso medio, ma adesso ho messo su un po’ di
pancetta». L’abbiamo chiesto al fratello pugile. «Diciamo -ha replicato – che
s’impegna... Vi do la stessa risposta che vi darebbe Alessandro se provaste a
domandargli se io sono un bravo cristiano».
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