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Muay Thai

Gli strumenti di lavoro della Muay Thai

È’ QUESTO, IL PRIMO DI UNA SERIE DI ARTICOLI TECNICI  DELLO STESSO AUTORE, CHE ABBIAMO INTENZIONE DI PUBBLICARE SULLA MUAY THAI. ARGOMENTO QUANTO MAI INTERESSATE, DELICATO E RICCO DI CONTENUTI VARI E PERSONALIZZABILI A PIACIMENTO NELLO SPECIFICO. RITENIAMO PERO' CHE I CONCETTI FONDANTI, IL RAGIONAMENTO E LE RIFLESSIONI SPRIGIONATE DALLE LORO ENUNCIAZIONI E SPIEGAZIONI MOTIVANTI, POSSANO COSTITUIRE INDUBBIAMENTE DEI VALIDI ED IMPORTANTI CONTRIBUTI “ESSENZIALI” PER UNA SUA MIGLIORE COMPRENSIONE INTERIORE.

Di: Salvatore Cosentino

La Muay Thai , forse differisce da ogni altra arte marziale o meglio, da ogni disciplina psicofisica da combattimento, per il semplice fatto che adotta nel suo corredo tecnico, un numero maggiore tra armi naturali del corpo quali tibie, ginocchia, gomiti, per attaccare o "difendersi attivamente". Questo potrebbe essere  uno dei motivi per cui spesso si sente dire da molti che nella Muay Thai e' "vietato andare indietro". La difesa attiva,  altro non e' che l'opporre all'attacco un "blocco solido" e capace di "annientare" gli effetti delle armi dell'attaccante, arrecandogli “POTENZIALMENTE” addirittura  seri traumi. Un esempio pratico di difesa attiva  e' il tipico bloccaggio di tibia o di ginocchio, su un attacco di calcio circolare. Questo "bloccaggio" altro non e' che (come potremmo considerarlo quindi addirittura…) un vero e proprio contrattacco sull'attacco avversario, ecco perche' forse si sente spesso dire  che:  “nella Muay Thai non esistono tecniche di difesa passiva!” Da questo, sicuramente si evince che la tiba e' uno "strumento di lavoro" fondamentale per il thai boxer, che la usa sia per attaccare che per difendersi o meglio (come abbiamo pocanzi spiegato) per contrattaccare.

 

Per usare questo arto del corpo come una vera  arma, il thai boxer deve "affrontare" prima di ogni cosa un lavoro di "condizionamento osseo/muscolare". Tengo però a precisare subito una cosa molto importante, secondo me non si puo' parlare di solo condizionamento osseo, ma di condizionamento osseo/ muscolare, in quanto, quando si colpisce o si ci "difende" con la tibia… anche i muscoli tibiali, per quanto esterni possono essere, vengono comunque e sempre coinvolti nell'impatto, avendo il compito importante di  “assorbire”  l'impatto assieme all'osso. Un altro punto importante, a mio avviso, e' quello che le ossa non diventano (come comunemente e sommariamente sentiamo spesso dire…) piu' "dure" con l'allenamento , ma fose solo più resistenti alle sollecitazioni impressegli (che non è la stessa cosa).

 

 Pensate che dal punto di vista fisico, la durezza di un osso ha una resistenza media all’impatto  diretto pari a 4 kg per cm2, ma naturalmente questo valore puo' variare in base alla genetica, all'alimentazione, all'eta' ecc.. Quando si lavora sul condizionamento osseo-muscolare, si vengono a creare nell'arto delle micro-fratture, che col passare del tempo e soprattutto calcificandosi, formano un callo osseo. Quest'ultimo quindi, si potrebbe definire come una stratificazione ossea che conferisce maggiore resistenza agli urti. Nei postumi di frattura per esempio, quando un arto si salda grazie alla formazione del callo osseo, difficilmente anche in seguito a traumi gravi, l'osso si rompera' nello stesso punto dove si e' formato il callo osseo, vi lascio immaginare dunque l'efficacia che si puo' ottenere con questo tipo di allenamento! Questo tipo di lavoro pero' deve essere fatto con una certa perizia,con costanza giornaliera e soprattutto sotto l'occhio e “l'orecchio” di un allenatore competente.

 

Il compito dell'allenatore infatti, non e' solo quello di programmare le sessioni di allenamento al sacco o ai pao, ma deve soprattutto con i neofiti, far si che la frequenza di impatto al sacco, non sia all'inizio alta e disomogenea (ovvero calare con la stanchezza) ma mantenerla sempre costante, in modo da non creare dei traumi eccessivi all'inizio, che potrebbero altrimenti, fermare per qualche giorno le sessioni di allenamento. Il trainer a questo punto, deve scegliere il tipo di attrezzatura da utilizzare in palestra per "l'impact training". Una cosa secondo me di vitale importanza, e' che per allenarsi in maniera corretta e abituare ossa e muscoli all'impatto, gli attrezzi di lavoro come ad esempio il sacco o i pao, devono essere ammortizzanti e non eccessivamente duri. Un sacco eccessivamente duro per un neofita, potrebbe causare seri problemi non solo alle tibie e ai muscoli tibiali, ma anche a tutto l'apparato locomotore, in special modo ad anche, bacino, schiena ecc.... Quindi forse, e' meglio togliersi dalla testa condizionamenti “estremi” contro le pareti domestiche!!!!! Dopo l'allenamento, e' consigliabile massaggiare le tibie e i muscoli tibiali, con dei linimenti a base di canfora o menta, per il semplice fatto che essendo dei vasodilatatori, contribuiscono ad aumentare l'afflusso si sangue nei muscoli e a portare maggior nutrimento anche alle ossa, che possono beneficiare di una irrorazione di sangue maggiore, accelerando forse il processo di calcificazione ossea, attraverso il meccanismo della super-compensazione.

   

Concludo dicendo che la genetica influisce molto, non solo su questo ma su ogni tipo di allenamento e sport. Basti pensare che in Thailandia i pugili thai, hanno una conformazione ossea diversa dalla nostra, a prescindere dall'allenamento, basti pensare con quanta semplicita' ammortizzano i colpi durante gli incontri e dopo 15 giorni dall'ultimo match sono pronti a combattere ancora…

Lascio a voi, gentili lettori, le vostre personali conclusioni per il momento… ma tornerò ancora a parlarvi di questi argomenti e simili.


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