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Psicologia

NOTIAMO COME SEMPRE PIU’ SPESSO, SENTIAMO RICORRERE IL TERMINE DI “TRAINING AUTOGENO” TRA I MAGGIORI ESPERTI DI PROGRAMMI DI ALLENAMENTO SPORTIVO E COME QUESTA METODICA SIA SEMPRE PRESENTE NEI PROGRAMMI DI ALLENAMENTO DEI MIGLIORI ATLETI. UTILISSIMO PER UNA MASSIMA ESPRESSIONE DELLE PROPRIE POTENZIALITA’ PSICOFISICHE IN UNA QUALSIASI PROVA DI MASSIMA PRESTAZIONE AGONISTICA. ABBIAMO CHIESTO A FEDERICO FRAGALE DI ILLUSTRARCI SEMPLICEMENTE, ALCUNE DELLE SUE PECULIARITA’ E ALCUNE DELLE SUE PIU’ FACILI APPLICAZIONI ED ESERCIZI.

IL TRAINING AUTOGENO

Di: Federico Fragale (D.T. Scuola Arti Marziali Fragale)

Credo potremmo affermare senza tema di smentita che notiamo sempre più spesso, nella pratica specifica di qualsiasi disciplina sportiva, svolta ad un certo livello, come questa metodica di allenamento faccia progressivamente,  sempre più parte della vita agonistica dell’atleta di alta prestazione.

Potremmo definirlo, oltre che come una fase di rilassamento autoindotto, anche persino come una tecnica di “cambiamento”. Questa difatti produce in chi la pratica, dei cambiamenti fisiologici della frequenza cardiaca, ritmo respiratorio, circolazione sanguigna, e tutto quello che comporta il sistema neurovegetativo.

 Aiutare la mente con training autogenoIl primo gradino infatti, credo sia  proprio il rilassamento del sistema neurovegetativo, mediante la respirazione e successivamente… ci sono 6 esercizi (di cui si dice 2 principali e 4 complementari), che meglio  permettono inducendolo… il vero e proprio rilassamento.

Può essere utilizzato, una volta sperimentate e conosciute a fondo le sue tecniche, dopo gli allenamenti intensi, che provocano un aumento dell’adrenalina nel sangue, la quale spesso la notte (effettuando allenamenti serali) rischia di non farci dormire bene, oppure in caso di forte stress, o durante il lavoro quotidiano… prendendo quei 10 minuti di pausa per tornare al meglio della condizione. Potremmo iniziare a schematizzare iniziando a dire che questo allenamento, opera sostanzialmente su 3 fattori.

  1. fattore fisiologico: favorisce il riequilibrio del sistema nervoso vegetativo e del sistema endocrino;

  2. fattore fisico: migliora lo stato di benessere e salute generale;

  3. fattore psicologico: aiuta a ristrutturare le proprie reazioni negative, e in modo terapeutico è utilizzato sull’ansia (eccessiva suscettibilità ed irritabilità…), in casi di stress, o di studio, per fronteggiare meglio circostanze nella vita (lutti, traumi, dolore…) o prima, durante e dopo impegni sportivi.

Questa particolare tipologia di auto-rilassamento, è stata ideata ai primi del ‘900 da studi effettuati in Francia da Bernheim e Charcot sullo stato ipnotico, e successivamente elaborato da Shultz intorno agli anni 30, definita da lui stesso come un “metodo di autodistensione da concentrazione psichica”,  utile per curare i disturbi, sia di origine organica, che psichica.

L’obiettivo prefissato da Shultz, era quello di eliminare la dipendenza terapeutica del paziente grazie all’apporto, che ognuno di noi può cagionarsi, e cambiare così in meglio… il proprio benessere. Non a caso il termine autogeno, sta a significare “spontaneo”, che si origina da sé… autoindotto quindi.

In campo sportivo, è utile per contrastare la tensione pre-gara, (fig.1) e se effettuato con l’ausilio di sollecitazioni del pensiero positivo, può arricchire la personalità dell’atleta, ottimizzando ancora più le proprie potenzialità di massima prestazione. 

Si legge che durante una seduta di training autogeno, si riuscie a controllare le funzioni neurovegetative, semplicemente sfruttando il “gesto” ideomotorio della nostra mente. E’ noto infatti, da altri studi sulla psicologia sportiva, che il ricordo di un determinato avvenimento, ci dia una forte scarica di adrenalina, se questo è stato un avvenimento di forte impatto sul nostro io. (vedi link di collegamento psicologia dello sport abbinata alla kick boxing) Al contrario, se scaviamo nella nostra mente sino a ritrovare un avvenimento piacevole, magari che  vedeva calmi e pacati, questo influisce sul nostro organismo, adeguando tutte le sue funzioni in relazione dell’avvenimento. In poche parole, la nostra mente compie dei processi associativi, che ci fa rivivere inconsciamente sull’organismo. Normalmente la durata di un esercitazione di training autogeno va dai 10 ai 15 minuti, e se siamo dei neofiti, va praticato per le prime settimane almeno 2-3 volte al giorni, concentrandosi sul primo esercizio per prendere familiarità con il rilassamento e successivamente, passiamo ad integrare, uno per uno i vari esercizi.  

Prima di passare ad illustrare i vari gradini di questo allenamento, spendiamo qualche riga per tentare di spiegare brevemente quali sono le posizioni ottimali per eseguirlo.

Vi sono principalmente tre posture per assicurare un’ottima riuscita:

  1. posizione supino (schiena a terra): gambe leggermente divaricate con le punte rivolte verso l’esterno, braccia distanti dal corpo appena flesse ai gomiti con i palmi delle mani rivolti, per quanto possibile verso l’alto.

  2. posizione seduto su una poltrona: la testa poggia comodamente allo schienale, stessa cosa per gli avambracci sui braccioli. Le gambe sono leggermente divaricate e non toccano tra loro, i piedi toccano a terra con tutta la pianta.

  3. posizione seduto su una sedia: detta anche posizione del “cocchiere”. I piedi poggiano con tutte le piante a terra e le gambe leggermente divaricate. Si rilassa il busto incurvandolo, portando le braccia lateralmente e iniziando una prima fase di rilassamento, con delle espirazioni. Una volta che le spalle si sono allungate, e la testa è ricurva in avanti, appoggiamo gli avambracci sulle cosce.

Una volta scelta la posizione in cui effettuare tale esercitazione, per aiutarsi nel rilassamento, si può utilizzare la respirazione diaframmatici, osservando i seguenti tempi di inspirazione ed espirazione:

  1. inspirare profondamente e lentamente per circa 6 secondi, riempiendo prima l’addome e poi la parte media e alta del torace.

  2. trattenere l’aria per circa 3 secondi;

  3. espirare lentamente per circa 6 secondi, espellendo l’aria prima dal torace e poi dall’addome.

  4. restare senza aria per circa 3 secondi;

  5. riprendere il ciclo e proseguire per almeno 5-6 atti respiratori.

Entrati nella fase di rilassamento, iniziamo ad eseguire i vari esercizi.

Abbiamo detto che ci sono 6 esercizi diversi che impegnano l’organismo sotto vari aspetti fisiologici, i primi due sono quelli fondamentali, gli altri quattro complementari:

  1. Si effettuano esercizi ideomotori sulla muscolatura striata (volontari):
    con l’ausilio dell’autoconvincimento della pesantezza, che automaticamente, produce rilassamento muscolare, allentando tensioni muscolari, riducendo anche le emicranie.

  2. Si effettua sulla circolazione sanguigna:
    Questa volta dobbiamo cercare di percepire calore, questo ne determinerà una vasodilatazione, con maggiore afflusso sanguigno. Questo produce in noi uno stato di calma e rilassamento. Possiamo utilizzarlo anche come metodo per attuare in maniera maggiore o minore la vasocostrizione.

  3. Si effettua sull’apparato cardiaco:
    Tramite il controllo degli atti respiratori, possiamo abbattere di conseguenza la frequenza cardiaca, diminuendo la soglia di eccitamento. Utile nell’insorgenza di tachicardie ed ipertensione arteriosa.

  4. Si effettua sull’apparato respiratorio:
    Puntualizzando il punto precedente, si cerca di regolarizzare gli atti respiratori, soprattutto se in situazioni stressanti o anche quotidiane. Difatti a volte, in vari stadi della giornata, ci potremmo trovare in stato di “apnea” o iperventilazione… questo si ripercuote fisiologicamente sullo stato psichico, conformando od essere potenzialmente concausa di stati di panico, ansia ecc…

  5. Si effettua sull’apparato digerente e sessuale:
    tramite esercizi del plesso solare, si può produrre un aumento della circolazione sanguigna o autoregolazione delle funzioni degli organi viscerali e genitali. Nello specifico, è utlizzato nelle terapie dei disturbi digerenti (spasmi e contratture), gastrite, coliche renali, biliari, in casi di stipsi o di prostata infiammata…inoltre migliora la qualità del sonno ed il ripristino dell’energia fisica.

  6. Si effettua chiamando in causa la testa ed il viso:
    Tramite un processo ideomotorio, si pensa e ci convinciamo di sentire di avere la fronte fresca e tutti i muscoli del viso rilassati, producendo vasocostrizione nella regione encefalitica, riducendo così eventuali rischi di  cefalee e migliorando la nostra concentrazione e la nostra memoria.

Alla fine della seduta, avendo abbassato così tutte le funzioni vitali dell’organismo, ci troviamo quasi in  uno stato di sonno-veglia, ed è utile, prima di uscire da questo stato psicofisico… effettuare dei movimenti di ripresa, un po’ come facciamo quando ci alziamo la mattina dal letto. Si effettuano ad esempio, movimenti di flessione estensione delle dita dei piedi, mani, polsi, ci stropicciamo il viso, ci massaggiamo la testa, con movimenti piccoli e delicati prima e sempre più energici dopo, ossigenando bene i polmoni ed aprendo in ultimo anche gli occhi.

Chiaramente queste da me enunciate sono formule generali e sommarie, ma che volendo, possono essere personalizzate per meglio uniformarsi alle caratteristiche dell’individuo.

Inoltre, ricollegandomi a quello che abbiamo letto in testa, possiamo utilizzare il training autogeno mediante lo stato ideomotorio, anche per tentare di migliorare lo stato della personalità in casi di ansie da prestazione, varie paure e fobie, ad esempio ripetendo e poco a poco… convincendosi, ed entrando nello stato mentale positivo, determinate frasi o parole che potrebbero sicuramente aiutarci:

  • Autostima: io sono sicuro e tranquillo;

  • Performance atletica: mi sono allenato bene e correttamente, quindi ce la farò ad esprimermi al meglio e molto probabilmente avrò anche successo;

  • Stati di tensione muscolare durante e prima della prestazione: il mio corpo è completamente libero dalle tensioni e fluido;

  • Determinazione: sono fermo e deciso sulle mie proposte ed intenti;

  • Fobia di essere osservati: sono molto concentrato, quindi mi sarà indifferente essere osservato o meno;

Si legge inoltre che anche in altri campi potremmo usufruirne, ad esempio per contrastare varie dipendenze:

  • dipendenze alimentari: il cibo mi è indifferente;

  • dipendenze alcoliche il bere mi è indifferente;

  • dipendenze dal fumo: il fumo mi è indifferente.

Buon approfondimento!

CONCLUSIONE:

Come spero abbiate osservato e compreso ancora una volta, esistono molte tecniche e metodologie di allenamento, alcune che giudichiamo migliori… altre forse meno… ma tutte… dico tutte… non sono capaci di agire da sole o passivamente in maniera oggettiva… tutte hanno bisogno del nostro singolare e personale interessamento ed impegno. Paradossalmente, credo quindi che in ultimo, sia proprio la qualità e quantità di questo.. che faccia la differenza e possa costruire il futuro campione. Ma come sempre… la qualità che io credo sia indispensabile a chiunque per ottenere il massimo dalle proprie prestazioni… sia soprattutto la conoscenza approfondita del metodo che stiamo usando o che ci apprestiamo ad usare.


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