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NOTIAMO COME SEMPRE PIU’ SPESSO, SENTIAMO RICORRERE IL TERMINE DI “TRAINING AUTOGENO” TRA I MAGGIORI ESPERTI DI PROGRAMMI DI ALLENAMENTO SPORTIVO E COME QUESTA METODICA SIA SEMPRE PRESENTE NEI PROGRAMMI DI ALLENAMENTO DEI MIGLIORI ATLETI. UTILISSIMO PER UNA MASSIMA ESPRESSIONE DELLE PROPRIE POTENZIALITA’ PSICOFISICHE IN UNA QUALSIASI PROVA DI MASSIMA PRESTAZIONE AGONISTICA. ABBIAMO CHIESTO A FEDERICO FRAGALE DI ILLUSTRARCI SEMPLICEMENTE, ALCUNE DELLE SUE PECULIARITA’ E ALCUNE DELLE SUE PIU’ FACILI APPLICAZIONI ED ESERCIZI.IL TRAINING AUTOGENODi: Federico Fragale (D.T. Scuola Arti Marziali Fragale)Credo potremmo affermare senza tema di smentita che notiamo sempre più spesso, nella pratica specifica di qualsiasi disciplina sportiva, svolta ad un certo livello, come questa metodica di allenamento faccia progressivamente, sempre più parte della vita agonistica dell’atleta di alta prestazione. Potremmo definirlo, oltre che come una fase di rilassamento autoindotto, anche persino come una tecnica di “cambiamento”. Questa difatti produce in chi la pratica, dei cambiamenti fisiologici della frequenza cardiaca, ritmo respiratorio, circolazione sanguigna, e tutto quello che comporta il sistema neurovegetativo. Il primo gradino infatti, credo sia proprio il rilassamento del sistema neurovegetativo, mediante la respirazione e successivamente… ci sono 6 esercizi (di cui si dice 2 principali e 4 complementari), che meglio permettono inducendolo… il vero e proprio rilassamento. Può essere utilizzato, una volta sperimentate e conosciute a fondo le sue tecniche, dopo gli allenamenti intensi, che provocano un aumento dell’adrenalina nel sangue, la quale spesso la notte (effettuando allenamenti serali) rischia di non farci dormire bene, oppure in caso di forte stress, o durante il lavoro quotidiano… prendendo quei 10 minuti di pausa per tornare al meglio della condizione. Potremmo iniziare a schematizzare iniziando a dire che questo allenamento, opera sostanzialmente su 3 fattori.
Questa particolare tipologia di auto-rilassamento, è stata ideata ai primi del ‘900 da studi effettuati in Francia da Bernheim e Charcot sullo stato ipnotico, e successivamente elaborato da Shultz intorno agli anni 30, definita da lui stesso come un “metodo di autodistensione da concentrazione psichica”, utile per curare i disturbi, sia di origine organica, che psichica. L’obiettivo prefissato da Shultz, era quello di eliminare la dipendenza terapeutica del paziente grazie all’apporto, che ognuno di noi può cagionarsi, e cambiare così in meglio… il proprio benessere. Non a caso il termine autogeno, sta a significare “spontaneo”, che si origina da sé… autoindotto quindi. In campo sportivo, è utile per contrastare la tensione pre-gara, (fig.1) e se effettuato con l’ausilio di sollecitazioni del pensiero positivo, può arricchire la personalità dell’atleta, ottimizzando ancora più le proprie potenzialità di massima prestazione. Si legge che durante una seduta di training autogeno, si riuscie a controllare le funzioni neurovegetative, semplicemente sfruttando il “gesto” ideomotorio della nostra mente. E’ noto infatti, da altri studi sulla psicologia sportiva, che il ricordo di un determinato avvenimento, ci dia una forte scarica di adrenalina, se questo è stato un avvenimento di forte impatto sul nostro io. (vedi link di collegamento psicologia dello sport abbinata alla kick boxing) Al contrario, se scaviamo nella nostra mente sino a ritrovare un avvenimento piacevole, magari che vedeva calmi e pacati, questo influisce sul nostro organismo, adeguando tutte le sue funzioni in relazione dell’avvenimento. In poche parole, la nostra mente compie dei processi associativi, che ci fa rivivere inconsciamente sull’organismo. Normalmente la durata di un esercitazione di training autogeno va dai 10 ai 15 minuti, e se siamo dei neofiti, va praticato per le prime settimane almeno 2-3 volte al giorni, concentrandosi sul primo esercizio per prendere familiarità con il rilassamento e successivamente, passiamo ad integrare, uno per uno i vari esercizi. Prima di passare ad illustrare i vari gradini di questo allenamento, spendiamo qualche riga per tentare di spiegare brevemente quali sono le posizioni ottimali per eseguirlo. Vi sono principalmente tre posture per assicurare un’ottima riuscita:
Una volta scelta la posizione in cui effettuare tale esercitazione, per aiutarsi nel rilassamento, si può utilizzare la respirazione diaframmatici, osservando i seguenti tempi di inspirazione ed espirazione:
Entrati nella fase di rilassamento, iniziamo ad eseguire i vari esercizi. Abbiamo detto che ci sono 6 esercizi diversi che impegnano l’organismo sotto vari aspetti fisiologici, i primi due sono quelli fondamentali, gli altri quattro complementari:
Alla fine della seduta, avendo abbassato così tutte le funzioni vitali dell’organismo, ci troviamo quasi in uno stato di sonno-veglia, ed è utile, prima di uscire da questo stato psicofisico… effettuare dei movimenti di ripresa, un po’ come facciamo quando ci alziamo la mattina dal letto. Si effettuano ad esempio, movimenti di flessione estensione delle dita dei piedi, mani, polsi, ci stropicciamo il viso, ci massaggiamo la testa, con movimenti piccoli e delicati prima e sempre più energici dopo, ossigenando bene i polmoni ed aprendo in ultimo anche gli occhi. Chiaramente queste da me enunciate sono formule generali e sommarie, ma che volendo, possono essere personalizzate per meglio uniformarsi alle caratteristiche dell’individuo. Inoltre, ricollegandomi a quello che abbiamo letto in testa, possiamo utilizzare il training autogeno mediante lo stato ideomotorio, anche per tentare di migliorare lo stato della personalità in casi di ansie da prestazione, varie paure e fobie, ad esempio ripetendo e poco a poco… convincendosi, ed entrando nello stato mentale positivo, determinate frasi o parole che potrebbero sicuramente aiutarci:
Si legge inoltre che anche in altri campi potremmo usufruirne, ad esempio per contrastare varie dipendenze:
Buon approfondimento! CONCLUSIONE:Come spero abbiate osservato e compreso ancora una volta, esistono molte tecniche e metodologie di allenamento, alcune che giudichiamo migliori… altre forse meno… ma tutte… dico tutte… non sono capaci di agire da sole o passivamente in maniera oggettiva… tutte hanno bisogno del nostro singolare e personale interessamento ed impegno. Paradossalmente, credo quindi che in ultimo, sia proprio la qualità e quantità di questo.. che faccia la differenza e possa costruire il futuro campione. Ma come sempre… la qualità che io credo sia indispensabile a chiunque per ottenere il massimo dalle proprie prestazioni… sia soprattutto la conoscenza approfondita del metodo che stiamo usando o che ci apprestiamo ad usare. |