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GIA’ DA MOLTO TEMPO SI SENTE PARLARE DI QUESTA NUOVA BRANCA DELLA PSICOLOGIA, OLTRETUTTO DA PARECCHIO TEMPO GIA’ APPLICATA AGLI SPORT PIU’ IN VOGA E RICCHI. ANCHE NEL NOSTRO AMBIENTE, NON C’E’ STAGE FEDERALE DI AGGIORNAMENTO PER INSEGNANTI CHE NON CONTEMPLI UNA SEZIONE TEORICA DEDICATA A QUESTO ARGOMENTO. ABBIAMO CHIESTO A FEDERICO FRAGALE DI SPIEGARCI IL PIU’ SEMPLICEMENTE POSSIBILE DI COSA SI TRATTA. PER AIUTARCI A CAPIRE CHE COSA E’, COME FUNZIONA, MOSTRARCI QUALCHE TECNICA E COME POTREMMO BENEFICIARNE NELLO SPECIFICO ANCHE NELLE NOSTRE DISCIPLINE.LA PSICOLOGIA DELLO SPORT ATTUATA COME PARTE INTEGRANTE DELL’ALLENAMENTO DEL KICK BOXERDi: Federico Fragale
E questo mentre, credo, tutti noi osserviamo come stia prendendo sempre più piede nei team più professionali la psicologia dello sport, considerata persino come parte integrante dell’allenamento dell’atleta agonista professionista, al fine di ottimizzare al massimo la sua performance. Questa scienza, già largamente attuata anche in molti altri Paesi, ha il compito di valutare ed assistere gli atleti di ogni livello per mezzo di una valutazione psicologica che tiene conto di molteplici fattori. Difatti, attraverso un preciso percorso, si individuano i punti di forza ed aree di miglioramento delle abilità mentali, si verificano le strategie mentali normalmente utilizzate dall’atleta di fronte a determinate situazioni di stress e si traducono le aspettative dell’atleta (per quanto riguarda la preparazione mentale) in obiettivi realistici. Psicologia dello sport… che cosa è?Credo che possiamo definire la psicologia dello sport come una vasta corrente di pensiero, coadiuvata da diverse dottrine scientifiche ed in stretta relazione tra loro (psicologia, medicina, sociologia, pedagogia, filosofia, educazione fisica, riabilitazione, ecc) le quali studiano i fattori mentali e psicologici che influenzano e sono influenzati dalla partecipazione e dalla prestazione nello sport, nell'esercizio e nell'attività fisica in generale. Il problema che notiamo si riscontra maggiormente oggigiorno è il tipo di “pensiero” che possa avere un individuo. Vi sono, per esempio, individui con un pensiero pessimistico, un esempio può essere la “sindrome dell’insuccesso” o del fallimento, ed è stato riscontrato in numerosi studi ed esperimenti compiuti che qualsiasi progetto essi facciano, sarà destinato a fallire, o meglio… a non avere successo, proprio perché si instaurano nella mente inconscia questi complicati servomeccanismi “auto-lesivi” che difficilmente riusciamo da soli a riconoscere e quindi a debellare. Come dovremmo operare?Non è certo semplice rispondere a questa elementare e legittima domanda e non sono certo io la persona autorizzata ed in grado di farlo con piena autorevolezza e scientificità… ma tenterò di esporre la mia opinione costruita sulla lettura di diversi testi specifici sull’argomento… nella speranza di accendere la curiosità dei lettori, in modo che poi ognuno, per proprio conto, possa sentire il desiderio e bisogno di approfondire a sua volta le proprie conoscenze sul tema, con libri sicuramente più attendibili della mia modesta e personale opinione. Predisposizione al pensiero positivoPer prima cosa, credo che dovremmo fare una vera e propria preparazione mentale, che ci predisponga, imposti ed indirizzi verso il pensiero positivo, che ci spianerà la strada e ridurrà i tempi di percorso verso il successo di qualsiasi nostro progetto. Un esempio semplice, per meglio tentare di iniziare a comprendere questi due tipi di pensiero, potrebbe essere quello di porre la solita e semplice domanda a più persone: Alla fatidica domanda riguardo a quale parte del bicchiere si guardi più spesso, non tutti (quelli capaci di rispondere sinceramente… ma è una metafora) rispondono il "bicchiere mezzo pieno". Una buona parte delle persone, infatti, tende a porre maggior attenzione al negativo ("bicchiere mezzo vuoto"). Sembrerà una banalità, potreste pensare che sia solo un caso e non sia detto che….. ma il più delle volte diventa inevitabilmente un'abitudine per molti insoddisfatti o scontenti della propria situazione. (in questa società del successo, parrebbe che accontentarsi… sia una brutta cosa) Essendo e volendo essere ancora più precisi, vi sono individui che, affacciandosi alla vita, guardano o cercano di scorgerne le cose più piacevoli e chi, invece, al contrario, guarda e scorge solo le cose più spiacevoli. (magari tentando di sfuggirne) Il perché di tale realtà è certamente da ricercare su piani psicologici e sulla base delle esperienze di vita che l’individuo ha fatto fino ad ora che, andando avanti e a seconda di cosa gli riserverà la vita, troverà o no conferme, in base al proprio sviluppo e assetto mentale che si è (in modo del tutto naturale) predisposto. Col pensiero positivo, si sente spesso dire che non ci si nasce, ma credo proprio che questo sia insito in ognuno di noi, in alcune persone è più chiaro ed evidente, in altre è molto ridotto e va ricercato, estrapolato, potenziato e riformato. Questa forma di pensiero, ancora prima di essere una tecnica di preparazione mentale, credo sia addirittura una filosofia di vita! La tecnicaSolitamente, per iniziare ad effettuarne la pratica, si legge che lo psicologo sportivo deve stabilire un legame con l’atleta e conoscerlo molto bene, esaminando quanta predisposizione al pensiero positivo possiede, le sue interpretazioni circa le motivazioni di una eventuale vittoria o sconfitta (dovuta a: fatalità, fortuna, bravura…) ed iniziare a valutare se l’atleta possiede o meno una buona e sufficiente autostima. Normalmente si inizia a cercare nell’atleta quello che di lui stesso pensa sia positivo e si cerca di “tirarlo fuori: è una sorta di allenamento continuo, inibire i pensieri scuri (negativi), favorendo i chiari (positivi). All’inizio è difficile, ma come ogni cosa, dopo un po’ di allenamento e costanza, diventa una cosa naturale. Si dice, inoltre, che i pensieri positivi (come quelli negativi) siano una cosa “contagiosa” ed automaticamente questa cosa si rispecchierà (una volta che l’atleta avrà imparato ad usufruirne con successo) su tutti gli altri compagni. Gli ObbiettiviGoal Setting Si legge, inoltre, che nella fase della preparazione mentale dobbiamo prefiggerci (come in ogni cosa) degli obiettivi; questi possono essere: OGGETTIVI: cioè misurabili, vincere un determinato numero di combattimenti, scendere di peso per rientrare in categoria, ecc…) SOGGETTIVI: non misurabili (divertirsi, compiere il gesto tecnico il più preciso possibile, ecc …) Inoltre, questi possono essere indirizzati:
Inoltre possono essere indirizzati:
Pianificando i goal settings (quindi gli obiettivi) questi devono essere necessariamente:
Vi possono essere dei momenti meno consoni al raggiungimento dei goal prestabiliti; questi devono essere individuati e possono essere di tipo:
Modelli di allenamento (training) mentaleTraining propriocettivo
ConcentrazioneE’ questo un altro punto importantissimo da sviluppare, per saperla e poterla utilizzare al momento opportuno. Esistono due tipi di concentrazione: 1)Attenzione spontanea: cioè quella naturale, che è catturata da quello che si muove nell’ambiente esterno attorno all’atleta; 2)Attenzione volontaria: focalizzata su un determinato stimolo: è proprio questa dobbiamo sviluppare e ottimizzare per la maggior performance nella gara. Il modello riguardante l’attenzione è stato studiato a lungo, e ne è emerso un modello che vediamo rappresentato in figura.
esterno ampio (tipico dei giochi di squadra); esterno ristretto (tipico delle singole discipline) interno ampio (pianificaz. di gara o varie pause nella stessa); interno ristretto (allenamento ideomotorio). Un buon controllo della concentrazione, tramite allenamento mentale, permette di incrementare il livello di selezionare stimoli su cui vogliamo focalizzare l’attenzione. Questo ci permetterebbe di dirigere e mantenere l’attenzione solo sugli stimoli più importanti. La tecnica per affinarla sono le esercitazioni attraverso il training propriocettivo visto precedentemente.
Il RilassamentoEcco un altro punto di “vitale” importanza per un atleta, sia nel periodo pre-gara, che in quello di gara e post-gara. L’obiettivo di questo aspetto è quello di saper gestire gli stati d’ansia, al fine di gestire gli stress e la tensione psico-fisica. Vi sono molti metodi per ottenere una buon rilassamento: dal training autogeno, al rilassamento di Jacobson, yoga, zen, ecc. Per effettuare un buon rilassamento dobbiamo tener presente tre fasi da sviluppare e successivamente abbinare tra loro:
Visualizzazione
Self-Talk(Tradotto alla lettera : ascoltare se stessi) Questo è un altro punto che dovremmo impostare dentro noi stessi e registrare, come se fossimo un apparecchio elettronico. Gli atleti giunti ad un buon livello di auto-rilassamento possono richiamare alla mente e memorizzare immagini che richiamino un effetto positivo sull’atleta e lo carichino di energia, in vista dell’impegno sportivo. Stessa cosa vale per alcune parole chiave riguardanti l’umore (singole parole a forte contenuto affettivo-emotivo) e affermazioni positive (parole e concetto particolarmente importante). Dobbiamo impostarci, quindi, con dei promemoria psicologici (detti anche “ancore”) che consistono in simboli o parole chiave che richiamino determinate sensazioni e stati psicologici altamente positivi e soprattutto produttivi. Allenamento Ideomotorio
Autonomizzazione delle strategieL’obiettivo principale della preparazione mentale è quello di rendere autonomo l’atleta. Per arrivare a questo certamente può non essere sufficiente leggere questo mio semplice e sommario articolo, ma ci vogliono anni di allenamento, sia fisico che soprattutto mentale. Difatti, saper gestire la propria mente sul pensiero positivo, sapersi concentrare, ascoltare il proprio corpo, rilassarsi, sapere usufruire della visualizzazione ideomotoria… non è così semplice come bere un caffè. Ma potremmo, per esempio, iniziare a considerare che, comunque, questi sono gli strumenti per ottimizzare ed imparare ad usare le nostre energie più profonde, che magari prima non sapevamo neppure di avere. (es. di pensiero positivo) Si dice che al termine della preparazione mentale, dopo qualche anno, l’atleta avrà acquisito tutte quelle nozioni per poter gestire al meglio tutto il periodo della preparazione ad un grande evento. questo attiverà, poi, altre nozioni nei momenti antecedenti la gara, altre durante la gara stessa ed altre ancora nel post gara. Ma come comportarsi, allora, al momento della gara?Il periodo di preparazione si divide in 3 momenti:
1)- Pre-garaSolitamente, gli allenamenti si interrompono 48 ore prima della gara, per dare modo all’organismo di “ricompattarsi”: recuperare e ripristinare le scorte di glicogeno nei muscoli, ricostruire la muscolatura distrutta durante l’esercizio, staccare per un po,’ soprattutto mentalmente, dalla routine di allenamento giornaliero. Le sensazioni che ciascun atleta prova nelle ore che precedono la gara sono diverse, differenti e personali, ma tutte accomunate dal loro graduale crescere di intensità, mano a mano che si avvicina il momento d'inizio. A seconda della modalità di gestione che attueremo su queste sensazioni, il loro esito può essere deleterio per la massima prestazione. Vi è mai capitato di sentirvi pronti e belli carichi molto prima di salire sul ring e, una volta saliti… sentirvi invece scarichi? Il modello della "U" rovesciata (Yerkes & Dodson, 1908) può aiutare a capire ciò che succede in questa situazione: Notiamo nel grafico che vi è un picco di attivazione delle sensazioni pre-gara, quali: concentrazione, vigore, motivazione… ma, come in tutte le salite, dopo ci sono discese… Ma, allora, come facciamo ad arrivare pronti al momento della gara ed al massimo di questo picco? Per rispondere a questa domanda con esito positivo abbiamo bisogno di pianificare un allenamento mentale personalizzato, in base alle peculiarità dell’atleta in esame. Ne riportiamo un modello che ci indica (nel momento pre-gara) quanto tempo prima dell’evento dobbiamo iniziare a fare training mentale e quale tipologia dobbiamo utilizzare.
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