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Psicologia

ALLENATORE O PSICOLOGO?

Sempre più spesso, con la progressiva crescita  delle abilità atletiche ed il conseguente innalzamento degli obbiettivi programmabili prefissatici, appare necessaria  una adeguata e progressiva,  preparazione specialistica da parte dell’allenatore, nella conduzione psicologica del rapporto con il singolo atleta, con il team  e di tutti i componenti dell’associazione sportiva tra loro. La redazione ha commissionato una ricerca in rete sull’argomento ad una collaboratrice e questa ha trovato molti siti interessanti, competenti  ed esaustivi, come per esempio  (uno tra tutti) www.sportpro.it, ora inserito anche nei link del portale e da cui è stata tratta “la base” per una buona parte delle notizie riportate nel suo articolo.

DI: Beatrice Guardati

Buone speranze per un innalzamento nella professionalizzazione  degli allenatori e coaches nel  nostro ambiente sportivo, ci vengono dal progressivo interessamento degli stessi a tutte le problematiche indotte da inibizioni nella comunicazione interpersonale. Crediamo quindi, si mostri finalmente di iniziare a comprendere che queste ultime rischiano eventualmente, persino di vanificare tutti i loro sforzi, proprio nell’ultima fase di realizzazione.

  • La concentrazione del campione durante una sua performance;

  • L’abilità di eliminare i fattori distraenti continuando a prestare attenzione  all’obbiettivo;

  • l’abilità nel mantenere la massima attivazione psicofisica negli ultimi secondi di gara;;

  • la forte motivazione che nei tornei deve continuare a sostenere l’atleta arrivato in finale dopo numerosi incontri;

Queste sono solamente alcune delle caratteristiche psico-fisiche che contribuiscono al successo di un campione o di un’intero team che giunge così all’obbiettivo programmatosi.

  • Ma quali pensieri attraversano la mente del campione mentre saluta l’avversario della finale?

Si legge in siti specializzati, che in questo caso il dialogo interno  all’’individuo ed il supporto emozionale dell’allenatore e di tutto il proprio team, potrebbe costituire un fattore determinante, per il conseguimento del massimo risultato nella prestazione. Sappiamo che il corpo agisce attraverso automatismi motori, ma i pensieri del campione dovrebbero essere pensieri positivi, pieni di fiducia nei propri mezzi fisici e mentali, se si pretende che questi automatismi fluiscano con le risposte più adeguate alla situazione specifica e mutevole.

  • E quanto conta la coesione di tutto il team atletico, nel rendere al meglio per ognuno di loro e con una  strategia propositiva e vincente?

 Da molte parti, si legge che il fattore principale che dovrebbe essere cercato e ricercato in allenamento è soprattutto un fattore umano, che trova sicuramente la sua forza ed applicazione, nelle adeguate relazioni interpersonali fra gli atleti del team e tra questi ed il proprio preparatore atletico, coach e dirigenti societari, oltre che  da questi ultimi tra loro. Per vincere, si dice infatti spesso che ci vogliono: muscoli, cuore e testa! E’ risaputo che la condizione fisica e le capacità tattiche e motorie dell’atleta, sono sicuramente un fondamento importante su cui costruire una buona performance, ma se aggiungiamo ad esse il controllo emotivo sulle situazioni ed abilità mentali sviluppate ed allenate, si legge che allora finalmente si pongono forse, tutte le condizioni necessarie per ottenere un buon risultato di massima prestazione. Ma non bisogna mai perdere di vista il concetto di uomo - atleta ; l’agonista non è solo una fredda macchina!  E’ un uomo, un uomo che ha scelto di sfidare sé e gli altri, con i suoi punti deboli e le sue illimitate potenzialità. L’allenatore preparato… che conosce i risvolti psicologici ed educatori connessi all’’attività sportiva, è a conoscenza che forse dovrebbe dedicare il suo sostegno ed il suo contributo in primis all’uomo, e solo in secondo luogo all’atleta che c’è in lui, il quale rappresenta solo una parte della sua complessa e articolata globalità individuale. Sappiamo che la psicologia dello sport è una disciplina giovane, ma si ritiene abbia la possibilità di apportare validi e concreti contributi, sia nello sport di alto livello che nelle fasi di apprendimento di una qualsiasi attività sportiva, studiando in un primo momento una serie di atteggiamenti e comportamenti specifici di quell’ambiente sportivo ed il loro conseguente impatto sulla qualità della massima prestazione. Solo successivamente poi, applicando delle strategie di intervento volte al miglioramento del gesto atletico, avvalendosi di test, questionari, e soprattutto colloqui individuali o dell’intero team. Questa disciplina quindi, si pone come punto di incontro tra ricerca scientifica ed applicazione pratica nel settore sportivo specifico. Naturalmente il suo bacino di utenza è costituito principalmente da allenatori, coaches, dirigenti, atleti, arbitri,  tecnici e da tutti coloro che operano ad ogni livello nell’associazione sportiva di appartenenza.  Possiamo definire la psicologia dello sport come una psicologia dell’azione, che si pone come obiettivo la comprensione globale dell’uomo e del suo essere atleta.

Strategie, tecniche e metodi multimodali per l’allenamento mentale

Non richiedono luoghi particolari, attrezzature specifiche o situazioni particolari… ma solo ricercata competenza e voglia di miglioramento professionale con una ricerca continua, per non lasciare niente di intentato o trascurato, nel tentare di ottenere sempre il massimo delle proprie potenzialità o dei componenti del team che si è chiamati a dirigere e che ci è stato affidato. Per tecniche di allenamento mentale, ci si riferisce a metodi multimodali improntati all’apprendimento ed al perfezionamento di alcune abilità che interessano da vicino l’attività agonistica. Ecco un elenco delle principali strategie o abilità mentali più importanti che ho trovato nella mia ricerca sul web:

1) Focalizzazione dell’attenzione

La concentrazione è la capacità di focalizzare l’attenzione su  un compito per un determinato periodo di tempo e fintanto che non si assolva allo stesso, senza essere distolti da fattori secondari e distraenti:

  • interni (ad es. pensieri negativi)

  • esterni (ad es. il rumore all’interno del palazzetto)

2) Incremento e consapevolezza della motivazione e dell’autostima

 Sembra assodato che l’acquisizione di fiducia in sè stessi, sia la vera chiave della motivazione : a quanto pare infatti, se l’atleta ha fiducia in sè e in quello che è in grado di fare non solo è motivato, ma accresce le sue probabilità di avere successo. Si legge infatti che: fino a quando l’atleta cercherà solo nell’ambiente esterno di soddisfare i suoi bisogni di sicurezza, stima ed approvazione, la vittoria potrà sfuggirgli per cause da lui non controllabili, poichè il suo senso di identità personale, sarà dipendente da fattori esterni e di cui avrà continuamente bisogno per “sentirsi” congruo. Pare quindi che il passaggio e salto di qualità, avviene quando l’atleta inizia a scoprire queste qualità DENTRO di sé, dove invece di cercare approvazione, trova il suo senso di intimo VALORE e diventa quindi abbastanza sicuro di sé, da essere in grado di comprendere di essere un atleta valido, anche se è cosciente di poter commettere degli errori.

3) Formulazione degli obiettivi

Molte volte gli atleti stessi non definiscono accuratamente  un’adeguata scala degli obiettivi da perseguire durante l’anno agonistico, e questa scarsa capacità di pianificare degli specifici standard di abilità da raggiungere in un compito, può compromettere l’esito della stagione agonistica.  Si legge che a questo, dovrebbero porre rimedio il preparatore atletico ed il coach, attraverso la pianificazione degli obbiettivi, fatta assieme ed ascoltando soprattutto il parere del ragazzo. Si evince inoltre che gli obbiettivi dovrebbero essere suddivisi in sotto-obbiettivi a breve, medio e lungo termine. I sotto-obbiettivi dovrebbero essere difficili ma raggiungibili, mirati quindi al miglioramento graduale della prestazione, più che al freddo risultato (che sappiamo essere molto spesso imprevedibile).

4) Abilità immaginativa

 Si legge inoltre che: gli atleti dovrebbero essere  progressivamente allenati, anche  alla rappresentazione mentale di immagini visive, inserendovi stimoli immaginativi che coinvolgono tutti i sensi (canale visivo, uditivo ecc.) e favorendo in questo modo un maggiore coinvolgimento emozionale e cognitivo da parte del soggetto. Inoltre, la capacità di visualizzare comprende anche alcune attività applicabili allo sport specifico, fra cui l’osservazione di altri atleti in azione (dal vivo o videoregistrati) seguita dalla ripetizione immaginata delle sequenze motorie (allenamento ideomotorio). Si evince quindi che il passo successivo, consisterà nell’esecuzione pratica in quell’atleta del movimento prima osservato e poi visualizzato. Meglio se la tecnica dell’Immaginazione è preceduta sempre da una breve seduta di rilassamento, perché potrebbe essere in seguito, anche utilizzata prima della gara come momento di concentrazione e di visualizzazione dell’evento.

5) Gestione dell'attivazione fisiologica

Con questo termine  è indicato in psicofisiologia,  l’intensità  dell’attivazione fisiologica e comportamentale dell’organismo. Si legge che: quando l’organismo deve effettuare una attività di massima prestazione deve prima attivarsi, cioè mettere in moto una serie di processi caratteristici dello stato di attivazione quali l’aumento della vigilanza e dell’attenzione, l’attività dei muscoli che si preparano allo sforzo ed il cuore e i polmoni che si preparano al dispendio di energia. E’ quindi di fondamentale importanza per un atleta raggiungere e mantenere il suo livello ottimale di attivazione psicofisiologica in ogni circostanza di gara, allenandosi con delle semplici tecniche di attivazione o disattivazione secondo le esigenze.

6) Rilassamento

 Si legge che: le tecniche di rilassamento, come il Training Autogeno o il Rilassamento Progressivo di Jacobson, possono essere  utilizzate per prendere consapevolezza della tensione muscolare a riposo e in attività (Inventario corporeo), per gestire situazioni ansiogene o stressanti e sono preparatorie a qualsiasi attività immaginativa.

 

7) Gestione dell'ansia pre-agonistica

Sicuramente la prevenzione ed il trattamento dell’ansia  costituiscono uno   dei principali problemi e dei maggiori obiettivi della medicina e della psicologia dello sport. Sappiamo che l’ansia preagonistica è solitamente legata all’imminenza di una competizione particolarmente impegnativa e temuta, ma a volte lo stato ansioso può derivare e provenire anche ad altre situazioni, sportive ed extra-sportive, diventando persino talvolta obiettivamente anche immotivata e fuori luogo. Si legge però che esistono delle tecniche di gestione dell’ansia pre-agonistica come ad esempio il rilassamento e la desensibilizzazione sistematica da apprendere sotto la guida dello psicologo dello sport o di un preparato ed aggiornato allenatore e da esercitare poi in maniera autonoma.

8) Gestione delle situazioni stressanti

 Normalmente lo stato di stress eccessivo si verifica quando gli atleti intuiscono che forse c’è uno squilibrio tra quello che è chiesto loro di fare (sfida) o sentano che ci aspettiamo riescano a fare… e quello che invece essi sentono di essere capaci di fare (livello di abilità). Ma leggiamo e conveniamo sul fatto che anche il coach  può essere sottoposto a stress ed essere iper o ipo - attivato come i suoi atleti; si renderà quindi necessario forse, adottare delle strategie per abbassare o incrementare anche il livello di attivazione del coach per permettergli una direzione accurata ed equilibrata durante la gara. Fra le tecniche di gestione dello stress troviamo annoverate: lo Stress Inoculation Training, la desensibilizzazione sistematica e la ristrutturazione cognitiva.

9) Comunicazione

L’atleta del giorno d’oggi pretende giustamente rispetto e  considerazione da parte della Federazione, della società di appartenenza e dell’allenatore. Forse è proprio per questo che  non vorrebbe essere escluso dalla gestione dell’attività sportiva che lo riguarda. Questa necessità di dialogare e pianificare insieme, pone solitamente purtroppo, non pochi problemi di comunicazione fra l’atleta e l’allenatore non correttamente preparato. Quest’ultimo infatti, tende spesso a non considerare le esigenze dettate dall’evoluzione emotiva e cognitiva del giovane agonista, ma forse purtroppo a focalizzare la sua attenzione solo sugli aspetti di sviluppo motorio e di rendimento agonistico finale. Si rivelano quindi, di grande utilità incontri di gruppo fra atleti con  allenatore e coach, fra allenatore e dirigenti, fra atleti di uno stesso team con qualche problema di dialogo fra loro. Credo che uno degli interventi più idonei sarebbe l’effettuazione di un  Corso di Mental Training (pacchetto multimodale sulle attività di base sopra menzionate). Lo scopo dell’intervento sarebbe quello di fornire un’occasione di apprendimento di tecniche per migliorare la performance atletica e successivamente di rendere completamente autonomo il soggetto che ha usufruito degli insegnamenti del Corso. Infatti l’atleta che ha ben compreso e provato simili tecniche, potrebbe poi essere in grado di allenarvisi quotidianamente per conto proprio, senza dover instaurare un oneroso rapporto di dipendenza con lo psicologo dello sport. Si legge inoltre che per quanto riguarda gli allenatori (ma non solo loro), di estrema attualità ed utilità risultano essere i Corsi di formazione sulla Psicologia dello Sport e sulla Psicologia dell'infortunio e della riabilitazione : questi corsi permettono agli addetti ai lavori di apprendere delle conoscenze sul modo di pensare e di sentire degli atleti (soprattutto per quanto riguarda gli atleti infortunati) che spesso non vengono rese disponibili a tutti, nell’ambiente sportivo di appartenenza.


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