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Anatomia

DOPO TUTTI GLI ESAUSTIVI ED APPROFONDITI ARTICOLI PRESENTATICI SULL’ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL CORPO UMANO, ECCO ANCORA IL NOSTRO COLLABORATORE CHE A COMPLETAMENTO DELL’ARGOMENTO, CI INVIA ANCHE QUESTE ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULL’APPARATO LOCOMOTORE.

Ulteriori considerazioni su:
L’APPARATO LOCOMOTORE

 Di: Dott. Francesco Pellegrino

Abbiamo visto, attraverso gli articoli presentativi sinora, come l’apparato locomotore sia  costituito da:

  • segmenti ossei (che formano lo scheletro del corpo)

  • articolazioni      (giunzioni segmentarie che permettono il movimento)

  • muscoli              (generatori del movimnto)

Si tratta di un’architettura di base, che definisce la morfologia generale esterna del corpo e delimita le cavitá interne, che accolgono gli apparati della vita vegetativa e l’apparato neurosensoriale. In questa ultima accezione, esercita quindi, anche funzione protettiva degli organi più delicati ed importanti. (il cranio per l’encefalo, la colonna vertebrale per il miodollo spinale, la gabbia toracica per cuore, polmoni, fegato, reni ecc.) La stessa architettura, funziona da dispositivo che stabilizza l’uomo negli atteggiamenti delle varie posture e ne esegue gli spostamenti attivi e passivi nell’ambiente.

Lo scheletro, potrebbe essere dunque definito, anche come l’impalcatura del corpo umano e senza la quale non sarebbe possibile la stazione eretta.

Dobbiamo comprendere però che è anche un apparato tanto complesso, quanto perfetto. Questo è anche complementare, e gli sono complementari a loro volta, molti altri. Ogni atteggiamento o postura viene mantenuto e ogni movimento eseguito, (in maniera apparentemente semplice) per la continua cooperazione dell’apparato neurosensoriale con l’apparato locomotore. Inoltre, le prestazioni funzionali dell’apparato locomotore nell’economia dell’organismo, richiedono un’attivitá metabolica delle piú intense e quindi imponenti infrastrutture vascolari.

GENERALITA’ SUI MUSCOLI

I muscoli scheletrici (si dicono così quelli deputati al movimento dei vari segmenti sui quali sono inseriti) sono organi di varia forma e volume. In questi si distinguono ad occhio nudo:

  • parti carnose (di colore rosso piú o meno intenso)

  • parti tendinee (di colore bianco)

 Inseriti sullo scheletro, con la potenza sviluppata dalla loro forza contrattile (e quindi accorciandosi) modificano la posizione dei segmenti ossei dello scheletro, a seconda di “quanto e come” lo permettono le articolazioni. Inoltre volendo, ne mantengono la posizione contro forze esterne.

Per quanto riguarda la loro forma si distinguono in:

  • muscoli lunghi

  • muscoli larghi

questo naturalmente, a seconda della prevalenza di uno o due diametri sugli altri. La contrazione muscolare da luogo ad una diminuzione della lunghezza del muscolo, a cui si accompagna un aumento del diametro trasverso. (ovviamente il volume rimane invariato) Alla lunghezza del muscolo a riposo é correlata strettamente la capacitá di accorciamento dovuta alla contrazione. Ovviamente, il volume di ciascuno dei 374 muscoli é, comunque, molto variabile e risente di molti fatori in funzione dell’etá, del sesso, della costituzione, dell’attivitá di lavoro o sportiva condotta abitualmente. Naturalmente, dallo sviluppo della parte carnosa dipende anche la forza contrattile. Ma la massa contrattile puó essere impiegata totalmente o parzialmente, a seconda dell’effetto di forza che si vuole ottenere. Le tantissime fibre muscolari che compongono i muscoli scheletrici, non possono contrari lievemente o lentamente… si dice infatti che vige la regola contrattile del “tutto o del nulla”… Per cui a seconda della quantità di forza che intendiamo impiegare, reclutiamo per la contrazione totale, un numero minore o maggiore di fibre muscolari.

I TENDINI

Piú o meno lunghe e massicce, nei confronti della parte carnosa, si distinguono nei muscoli, le parti terminali destinate all’inserzione dei muscoli stessi sullo scheletro. Queste porzioni terminali dei muscoli, sono i  tendini , che si possono estendere fin dentro lo spessore del corpo carnoso. Potremmo quindi semplicisticamente dire che i muscoli prendono inserzione sugli organi scheletrici, di regola, mediante due soli capi:

  • capo d’origine

  • capo terminale o d’inserzione.

Questa definizione é legata all’elemento scheletrico che risulta mobile rispetto all’altro:

con capo d’origine s’intende l’attacco a livello del punto fisso.

con capo d’inserzione s’intende l’attacco a livello del punto mobile.

Nel caso di alternanza fra punto fisso e mobile, soprattutto negli arti, il termine di origine é riservato al capo prossimale. (per prossimale, si intende il punto dei due più vicino al centro delcorpo, solitamente il cuore… per distale, il punto dei due più distante da esso).

Sruttura dei tendini

La parte tendinea dei muscoli é costituita da tessuto fibroso denso a fasci paralleli. Le fibre collagene sono riunite in fasci primari. Tra le fibre collagene del tendine sono disposte fibre elastiche che funzionano ammortizzatori elastici all’inizio della contrazione muscolare. I fasci primari si raccolgono in fasci secondari e terziari, separati da poco tessuto connettivo con vasi e nervi. Il tendine é avvolto da una sottile lamina connettivale a fibre intrecciate, il peritenonio. Il peritenonio continua con il periostio a livello delle zone di attacco sullo scheletro e con il perimisio a livello del corpo carnoso del muscolo. Le fibre tendinee, in corrispondenza dei punti di attacco, si fissano direttamente sul tessuto osseo, sopra una linea cementante oppure si immettono fra le fibre del periostio. A livello della parte carnosa del muscolo, esse si intrecciano generalmente con le fibre dell’endomisio.

Definizioni di muscoli composti da più capi

Tuttavia, le inserzioni possono anche essere numerose, sia per il capo d’origine (in questo caso si chiamano: muscoli bicipiti, tricipiti o quadricipiti) sia nei confronti del capo terminale (in questo caso si chiamano: muscoli bicaudati, tricaudati o quadricaudati).

Definizioni di muscoli In base a criteri funzionali

In base a criteri funzionali, i muscoli si distinguono in:

  • flessori ed estensori,

  • adduttori e abduttori,

  • pronatori e supinatori,

  • rotatori interni ed esterni.

Questo, secondo il movimento che la loro contrazione imprime a tutto il corpo o ad un segmento corporeo, nei confronti degli assi fondamentali del corpo, sulla guida della forma dei capi articolari competenti.

I muscoli si classificano infine in:

  • agonisti

  • antagonisti

Questo a seconda che vi sia tra gli uni e gli altri, concorrenza collaborativa o contrasto di azione, nel corso del movimento semplice o complesso che si compie. Nello svolgimento di un movimento, agonisti e antagonisti (per esempio flessori ed estensori) possono risultare sinergisti nella piú perfetta e precisa esecuzione del movimento. Cioè, l’antagonista può risultare come un attento controllore del movimento più fine dell’agonista.

Struttura della parte carnosa dei muscoli

I muscoli scheletrici, presentano uno schema architettonico comune, indipendentemente dalle dimensioni e dalla forma specifica di ognuno di essi. Una membrana connettivale fibrosa,epimisio o perimisio esterno, invia in profonditá robusti setti connettivali (permisio interno) che, ramificandosi, dividono la massa muscolare in fasci via via piú minuti; questi si definiscono come fasci primari, secondari e terziari, fino a che ogni fibra muscolare contrattile é isolata, delimitata da un involucro collageno, l’endomisio.

L’impalcatura connettivale consente ai fasci, il reciproco scorrimento ed eventuali contrazioni parziali e indipendenti. La stessa impalcatura si presenta anche come una specie di unitá morfofunzionale e capace di trasmettere l’accorciamento dalle fibre muscolari alla parte tendinea. Infine, essa fornisce gli spazi connettivali idonei al passaggio dei vasi e dei nervi propri del muscolo.

Istologia muscolare

L’unitá istologica elementare dei muscoli é la fibra muscolare striata. Le fibre sono elementi perenni, in quanto il loro numero é giá fisso, poco dopo la nascita. Esiste tuttavia la possibilitá di processi rigenerativi. La fibra muscolare é un cilindretto di lunghezza variabile da pochi millimetri a 20-30 cm, con diametro medio compreso tra 10 e 100 micron, in rapporto al tipo di muscolo, all’etá, all’esercizio, alle condizioni di nutrizione. Le fibre possono essere lunghe quanto il muscolo oppure piú corte.

Osservata a piccolo ingrandimento, la fibra muscolare  appare striata longitudinalmente e trasversalmente. La striatura longitudinale della fibra muscolare risulta dalla presenza di sottili filamenti lunghi quanto la fibra e del diametro di un micron, le miofibrille (fig. 3) che, in sezione trasversa, appaiono come formazioni puntiformi distribuite uniformemente o disposte a gruppi. Le miofibrille, d’altro canto, risultano striate trasversalmente e appaiono costituite da dischi chiari e scuri alternati, in conseguenza dell’arrangiamento molecolare interno; essendo i dischi di ciascuna miofibrilla allineati in perfetto registro con quelle delle altre miofibrille, la struttura striata si riscontra a livello dell’intera fibra muscolare.

In ogni miofibrilla si rileva l’alternanza di dischi anisotropi (A) e di dischi isotropi (I) che corrispondono rispettivamente ai dischi scuri e ai dischi chiari. Al microscopio il disco I si vede attraversato da una linea trasversale piú scura, la linea Z; il tratto di miofibrilla compreso tra due linee Z consecutive si chiama sarcomero (fig. 3) ed é lungo 2-3 micron. Il disco A é attraversato, nel tratto di mezzo, da una fascia trasversale piú chiara, la zona H, a sua volta percorsa nel mezzo, trasversalmente, da una linea scura, linea M.

L’esame delle miofibrille, dimostra che esse sono costituite da miofilamenti spessi di miosina e da miofilamenti sottili di actina. I filamenti di miosina sono disposti in parallelo secondo la lunghezza della miofibrilla, su tutta l’altezza del disco A, a distanza regolare l’uno dall’altro secondo un perfetto disegno esagonale. Ponti di unione trasversali li congiungono fra loro a livello della linea M. Ogni miofilamento spesso, da una parte e dall’ altra della linea M, presenta espansioni; le molecole di miosina che lo compongono hanno infatti la forma di bastoncelli, rigonfi e ricurvi ad una estremitá. Le espansioni delle molecole di miosina si ripetono sulla lunghezza di un miofilamento ad intervalli costanti e regolarmente ruotate di un angolo di 60o. Le espansioni delle molecole di miosina nel corso della contrazione si connettono con i miofilamenti sottili di actina.


Fig. 3  Schema dell’organizzazione submicroscopica e  molecolare di un sarcomero. In 1, 2 e 3 sono rappresentate sezioni trasverse del sarcomero a livello dei punti indicati dalle frecce.

I filamenti di actina occupano nel sarcomero una posizione diversa secondo lo stato di contrazione. Se il muscolo é molto rilasciato i miofilamenti si estendono per tutta l’altezza del disco I regolarmente spaziati in un disegno esagonale; aumentando lo stato di contrazione essi si spostano, scivolando come i pezzi di un cannocchiale tlescopico, nel disco A tra i miofilamenti spessi, intorno ai quali si dispongono nel rapporto di sei filamenti sottili e uno spesso. Nello stato di massima contrazione i filamenti sottili giungono a ridosso della linea M e scompare la zona H. I filamenti di actina sono costituite da due catene di unitá globulari avvolte a elica. A livello della linea Z, i filamenti di actina si dividono in quattro bracci che si anastomizzano con gli omologhi bracci dei filamenti del sarcomero contiguo. La contrazione della fibra muscolare, che puó accorciarsi fino al 65% della lunghezza allo stato di riposo, si accompagna ad una diminuzione di lunghezza di ogni singolo sarcomero, con accostamento di due bande A successive per riduzione di lunghezza del disco I. La riduzione di I é determinata dallo slittamento dei filamenti sottili nell’intervallo tra i filamenti spessi, tale slittamento é provocato dal susseguirsi rapidissimo di legami transitori tra actina e miosina; a questi legami si accompagnano rapide oscillazioni delle espansioni dei filamenti di miosina che, quasi fossero ciglia, fanno slittare il miofilamento sottile nell’intervallo tra i miofilamenti spessi.

Fibre bianche e fibre rosse

Tenendo conto della diversa struttura, si descrivono sommariamente due tipi di fibre muscolari:

  • le fibre rosse (fibre lente)

  • le fibre bianche (fibre rapide) .

Le fibre rosse sono povere di miofibrille ed hanno una contrazione lenta e duratura.

Le fibre bianche contengono invece piú miofibrille ed hanno una contrazione piú veloce, ma meno duratura

Terminazioni nervose periferiche per il controllo dell’attivitá muscolare

Placca motrice

La placca motrice é l’espansione terminale di un neurite motore, che si inserisce a ridosso di una ristretta zona specializzata della membrana plasmatica della fibra muscolare striata, detta suola della placca. Un muscolo ha sempre molte piú fibre muscolari di quante fibre nervose motorie riceve; perció una fibra nervosa forma piú placche motrici e controlla piú fibre muscolari.

Unità motoria

Si definisce come unitá motoria l’insieme di un motoneurone e delle fibre muscolari che esso innerva. Le unitá motorie non hanno la stessa dimensione in tutti i muscoli dell’organismo; in alcuni muscoli sono costituite da molte fibre muscolari, fino a 1700; in altri da pochissime fibre muscolari, 6 o 7 soltanto. A un piú elevato numero di unitá motorie, in relazione al numero totale di fibre muscolari, corrisponde una migliore modulazione della capacitá contrattile del muscolo

Propriecettori muscolari

I muscoli, sia nel corpo carnoso sia nei tendini, contengono propriecettori, vale a dire organelli di senso capaci di registrare la tensione e le modificazioni di tensione proprie del muscolo stesso. I fusi neuromuscolari sono corpuscoli di 10-12 mm di lunghezza e di 1-2 mm di diametro, affondati nel connettivo interfascicolare del muscolo; sono disposti con l’asse longitudinale in parallelo alle fibre del muscolo.

I muscoli sono gli organi destinati a mantenere l’equilibrio nella stazione eretta, a mantenere la postura di una parte qualsiasi del corpo, a promuovere gli spostamenti del corpo o di una sua parte, opponendosi agli effetti della gravitá. L’azione muscolare é modulata e coordinata di continuo a livello di complessi dispositivi del sistema nervoso centrale che utilizzano le emissioni sensitive provenienti dai fusi neuromuscolari. Le emissioni motrici si scaricano dal sistema nervoso centrale sulle fibre muscolari striate tramite i motoneuroni. Il sistema nervoso centrale diventa cosí responsabile del tono muscolare, cioé della leggera tensione che i muscoli striati presentano a riposo e che viene rivelata dalla loro caratteristica consistenza. La contrazione tonica consente l’attivitá posturale dei muscoli che fissa le articolazioni in posizioni determinate e compone l’attitudine d’insieme; é la tensione dei muscoli che mantiene correttamente le posizioni relative delle parti del corpo e si oppone alle modificazioni passive di queste posizioni. I muscoli, oltre che all’equilibrio statico, provvedono a determinare i movimenti dell’apparato locomotore, anch’essi regolati in modo assai complesso dall’attivitá del sistema nervoso centrale.

Vascolarizzazione e innervazione dei muscoli

I muscoli scheletrici sono molto ricchi di vasi sanguigni. Aree di penetrazione vascolare, uniche o multiple, sono distribuite generalmente alla faccia profonda dei muscoli; di qui le arterie muscolari si irradiano nell’ambiente perifascicolare e interfascicolare per risolversi in fitte reti capillari a maglie allungate intorno alle singole fibre muscolari; le vene hanno un decorso corrispondente a quello delle arterie. Nel contesto dei muscoli scheletrici si trovano anastomosi arterovenose; esse vengono messe in opera come dispositivi di cortocircuito in relazione agli stati di minore attivitá contrattile e quindi di minor consumo energetico.

Le fibre nervose destinate ad un muscolo vi giungono insieme con i vasi; alcune di esse, dette viscerali, sono appunto destinate all’innervazione di tali vasi. Le fibre nervose provengono da un nervo spinale, o da piú di un nervo spinale, oppure da nervi encefalici (per i muscoli della testa e per qualche muscolo del collo).

Organi accessori dei muscoli

Questi si dividono in:

  • fasce,
  • guaine,
  • borse.

Le fasce sono lamine connettivali fibrose, biancastre, semitrasparenti, che avvolgono singoli muscoli o gruppi di muscoli.

Immediatamente al di sotto del tessuto connettivo lasso sottocutaneo si trova, in tutte le regioni del corpo, una fascia comune che avvolge gli organi sottostanti. Tale fascia ha delle derivazioni che si inseriscono in profonditá su segmenti scheletrici e sono destinate a separare muscoli o gruppi di muscoli (setti intermuscolari). Cosí in ogni segmento corporeo, si definiscono logge fibrose che oltre, ai muscoli e ai tendini accolgono vasi e nervi.

In talune sedi, sottoposte a sollecitazioni di pressione o di scorrimento, tra muscoli e tendini e parti scheletriche si formano borse mucose piene di un liquido vischioso. La parete delle borse, che funzionano come cuscinetti di scorrimento, é costituita da una membrana simile alla sinoviale.

In alcuni settori del corpo, particolarmente a livello delle articolazioni, tratti di tessuto fibroso denso inseriti sullo scheletro delimitano canali nei quali scorrono i tendini. A livello di tali canali, tra le opposte superfici del canale e dei tendini che lo attraversano si interpone una guaina cilindrica a doppia parete. Questa guaina é costituita da una sottilissima lamina connettivale che riveste la superficie del tendine in tutto il suo percorso nel canale.

Analisi scompositiva delle forze muscolari

Per comprendere,da un punto di vista generale, la funzione motoria di un muscolo é necessario conoscerne le inserzioni e le caratteristiche meccaniche della o delle articolazioni interposte tra queste. Considerando due segmenti scheletrici articolati tra loro, uno fisso e l’altro mobile, é possibile osservare come, in generale, l’azione di un muscolo sia scomponibile in tre componenti: una componente utile per il movimento o componente “motrice” primaria in grado di spostare l’elemento scheletrico secondo un movimento angolare rispetto all’articolazione; una seconda componente “transarticolare” normale alla precedente diretta lungo l’asse dell’osso mobile; una terza componente “rotatoria” che deriva da un’inserzione muscolare eccentrica rispetto all’articolazione e che causa, sull’osso mobile, un momento di rotazione intorno all’asse maggiore. Il movimento che consegue dipende dai limiti imposti dalla tipologia articolare e dai suoi legamenti, dagli altri muscoli coinvolti e da tutte quelle forze che si oppongono al movimento stesso. La distanza dal fulcro articolare delle inserzioni “fissa” e “mobile” del muscolo caratterizzano i valori relativi della componente “motrice” e “transarticolare”: infatti, trascurando la componente rotatoria, si nota che nel caso di un’inserzione “fissa” prossima al fulcro articolare, la componente “motrice” risulta prevalente rispetto alla “transarticolare” (muscolo tipicamente di movimento), mentre il contrario accade nel caso di un’inserzione muscolare “fissa” distante dal fulcro dell’articolazione (muscolo a prevalente azione transarticolare). Si nota inoltre che, nel primo caso, qualora l’angolazione fra gli elementi scheletrici superi i 90o, la componente transarticolare si inverte di direzione e acquista un senso centrifugo rispetto all’articolazione. Evidentemente un’azione di questo tipo avrebbe un effetto destabilizzante sull’articolazione. Per eliminare questo fenomeno, spesso a cavallo delle articolazioni, vengono posti sia muscoli di un tipo che dell’altro: é il caso dell’articolazione del gomito dove il muscolo brachiale agisce come elemento di movimento e il muscolo brochioradiale, inserendosi assai distalmente sul radio rispetto all’articolazione, svolge un ruolo importante come elemento stabilizzante transarticolare. In generale, comunque, per valutare correttamente l’effetto dinamico prodotto dalla contrazione muscolare, é necessario considerare esattamente la distanza del punto d’inserzione dal fulcro articolare. Vale a dire che la capacitá di un muscolo a compiere un lavoro dipende non soltanto dalla sua massa contrattile e dalla sua organizzazione ma anche dal “vantaggio” maggiore o minore della leva su cui si applica.

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