Psicoterapia Della Gestalt Applicata Allo Sport
Autoconsapevolezza, attenzione, respirazione, visualizzazioni
Di:
Dott. Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt, Terapeuta EMDR
"Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto
visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla."
Arnold Lazarus
La
vita della persona è determinata da una serie di scelte sin dalla
nascita, tali scelte possono essere volontarie o involontarie,
proprie o fatte da altri, e, a queste scelte, corrispondono degli
esitamenti in quanto quando si sceglie, allo stesso tempo si evita
qualcos’altro, ad esempio se si sceglie di nascere di testa, allo
stesso tempo si evita di nascere di piedi. Anche se, in genere, la
persona non si attribuisce le proprie scelte, capita che non fa
niente o fa poco per contrastare le scelte non volute, ad esempio se
un genitore fa una scelta per un figlio, questo figlio può aderire a
questa scelta o può contrastarla, se aderisce è una scelta che fa e
quindi ha evitato di contrastare tale scelta del genitore. Passo
alla parte forse più interessante, premettendo che il lettore può
scegliere di continuare a leggere questo articolo o può sospendere
la lettura e dedicarsi ad altro, considerando che se continua la
lettura evita di fare qualcos’altro, se sospende la lettura evita,
appunto, tale lettura. Quindi, diventa importante per la persona
l’attenzione verso le cose che si fanno o che si evitano, diventa
interessante pensare che si fanno delle cose per evitare di farne
altre, diventa importante fare le cose con un’attenzione ed un
interesse costante e non per abitudine, diventa interessante
chiedersi, accorgersi di quello che si fa, che si sta facendo e
quindi la proposta è di farsi degli interrogativi e provare a darsi
delle ipotetiche risposte, ma solo per provare a immaginare quali
possano essere le possibili risposte e provare a rendersi un po’ più
consapevoli, esempi di domande possono essere:
- “Cosa faccio?”
- “Come mi sento? Cosa provo?”
- “Cosa voglio?”
- “Cosa evito?”
- “Cosa mi aspetto?”
Ad
esempio la persona può aver scelto di praticare uno sport, ad
esempio la corsa, quindi può provare ad immaginare la corsa come un
tassello del puzzle della sua vita, una scelta fatta da lui anche se
gli è stata suggerita da un parente o amico o perché non ha
incontrato altri sport, altre attività prima, in ogni caso adesso si
trova a praticare la corsa, ha fatto questa scelta evitando di farne
un’altra e quindi può provare a farsi la domanda suggerita: “Cosa
faccio?” alla quale può darsi delle risposte per accorgersi, per
rendersi conto di quello che fa, le risposte possono essere dalle
più scontate alle più sorprendenti, ad esempio può rispondersi: “mi
alleno 3 o 4 volte a settimane per stare bene e vedere gli amici”
oppure “mi alleno 2 volte al giorno per ottenere il massimo della
performance e guai se salto un allenamento”. A queste eventuali
risposte ci si può chiedere: “Come mi sento facendo queste
attività?” ed esempi di risposte potrebbero essere: “Ho un senso di
benessere” oppure “Sono stanco morto ma soddisfatto, ho fatto un
buon lavoro che sicuramente pagherà in gara”. Alla domanda: “Cosa
voglio?” ci si potrebbero ottenere risposte tipo: “Voglio soltanto
fare un po’ di attività fisica e svagarmi” oppure “Voglio ottenere
buone prestazioni, battere gli avversarsi, ottenendo riconoscimenti
da tutti”.
Alla domanda: “Cosa evito?” ci si potrebbe rispondere: “Evito di
stare a casa, di poltrire, di fare altre attività, evito eccedere
negli allenamenti” oppure “Evito di saltare un allenamento, di
perdere la forma fisica, di fallire in gara”.
Alla domanda: “Cosa mi aspetto?” ci si può rispondere: “Mi
aspetto di incontrare la mi anima gemella” oppure “Mi aspetto di
migliorare sempre di più, di non infortunarmi mai”.
La
persona a seguito di queste domande ed eventuali risposte potrebbe
avere più consapevolezza di sé, di quello che fa, che sente, che
vuole, che evita, che si aspetta e quindi essere più determinato,
più convinto, più rilassato, più vincente, meno teso, meno
preoccupato, insomma, può sentirsi più se stesso, più sicuro di sé e
cosa più importante più responsabile e, cosa importante a queste
domande si può essere leali perché si risponde tra sé e sé.
Quali possono essere le difficoltà di uno sportivo prima o
durante una competizione?
Può succedere che prima dell’inizio di una competizione sportiva
o durante la competizione in un momento decisivo come può essere un
canestro o un rigore, l’atleta possa avere delle sensazioni che
ritiene negative: spiacevoli, disturbanti, di ansia eccessiva, di
troppa tensione, di paura, di blocco. Queste sensazioni possono
derivare da diverse cause consce o inconsce. Ad esempio, l’atleta
può competere con atleti ritenuti più forti di lui, può competere
dopo un periodo di infortunio e non sentirsi sicuro di esprimersi in
una prestazione eccellente, può sentire le pressioni di alcune
figure del suo staff o di persone per lui ritenute importanti.
Cosa può fare lo psicologo in questi casi?
Certo non ha la bacchetta magica, non ha la medicina giusta, può
attuare degli interventi che comunque devono essere personalizzati e
seguire un percorso graduale che si può definire allenamento
mentale. Può iniziare a fare colloqui individuali con l’atleta ed
esplorare il suo vissuto ad ampio raggio, cioè riguardante sia lo
sport che altri aspetti della sua vita che potrebbero contribuire
alla difficoltà esperita dall’atleta.
Attraverso i colloqui l’atleta e lo psicologo vivono uno spazio
ed un tempo loro, riservato, esclusivo, derivato dal fidarsi da
parte dell’atleta e dall’interesse dello psicologo a mettere a
disposizione se stesso e la sua professionalità a disposizione
dell’atleta. In contemporanea lo psicologo può proporre delle
metodologie o tecniche acquisite nel corso della sua formazione ed
esperienza lavorativa. Lo psicologo può invitare l’atleta
innanzitutto a prestare attenzione alle sue sensazioni sia in gara
che in quel momento in seduta, sia in altre occasioni della sua
vita, ad esempio considerato che la paura blocca provvisoriamente la
respirazione, l’atleta può prestare attenzione a come è la sua
respirazione e dopo essersi accorto di essere in apnea può provare
piccoli cambiamenti, ad esempio può provare a fare una respirazione
profonda abbinando una visualizzazione che possa aiutarlo ad
ottenere un po’ più di sicurezza e a mandar via parte di ansia non
funzionale ma in eccesso e quindi disturbante.
La
visualizzazione potrebbe riguardare una prestazione del passato che
l’abbia dato un senso di benessere derivante da una vittoria,
piazzamento, record personale, ecc., oppure può visualizzare
qualcuno che l’abbia incoraggiato in passato dicendogli delle parole
o una frase che gli ha scatenato sicurezza, voglia di stravincere.
La giusta modulazione tra respirazione e visualizzazione può far
parte dell’allenamento mentale da provare durante il colloquio o
durante gli allenamenti e tutto ciò alla ricerca di un attivazione
pre gara ottimale che possa proiettare l’atleta in una esperienza di
flusso per ottenere una peak performance. L’atleta può ottenere una
maggior sicurezza di sé e quindi di una sua prestazione anche
solamente per il fatto di essersi rivolto ad uno psicologo dello
sport, anche solo per il fatto di aver avuto il coraggio di chiedere
aiuto, perché ciò significa che è determinato a fare meglio, a
riuscire, a superare una difficoltà, q raggiungere i suoi obiettivi,
e questo è già terapeutico per lui, gli dà forza, sa che adesso sarà
più forte con l’aiuto dello psicologo, avrà un arma in più rispetto
ai suoi rivali che invece lo temeranno, certo sta poi allo psicologo
confermare le sue aspettative e contribuire alla sua eccellenza.
Altra tecnica che lo psicologo può avere a disposizione è la
costituzione di un gruppo esperienzale di approccio alla gara. Gli
atleti facenti parte del gruppo avrebbero a disposizione uno spazio,
un tempo dove potersi confrontare, esprimere difficoltà, sensazioni,
emozioni, insomma un laboratorio dove lo psicologo può far
sperimentare ad ognuno con i propri tempi e modalità l’espressione
verbale e non verbale delle loro difficoltà e provare a sperimentare
assieme possibilità di soluzioni attraverso simulazioni e metafore.
Inoltre, lo psicologo può osservare l’atleta durante l’allenamento e
l’interazione con l’allenatore o compagni di allenamento per
cogliere aspetti quali la mimica facciale, i gesti, le interazioni
con allenatore o compagni di allenamento che servono ad una maggior
conoscenza della persona che vuol aiutare ed avere anche colloqui
informali con le altre figure che gravitano intorno all’atleta quali
allenatori, dirigenza, staff medico, famigliari, ecc., per
supportare i loro vissuti che possono essere di colpa, di impotenza,
di insoddisfazione, ecc., ed un loro star meglio potrebbe
sicuramente influire positivamente sulla prestazione dello sportivo.
Prima di affrontare una competizione, il consiglio è di provare
ad immaginare le maggiori parti possibili che possano contribuire al
meglio alla riuscita della prestazione, iniziando a visualizzare, ad
esempio, il sangue che circola e affluisce ossigeno e sostanze
nutritive e vitali a tutti i muscoli e organi, visualizzare il
proprio cuore, organo/muscolo vitale, ed il resto degli organi e
muscoli, e fare quasi un patto con essi, incoraggiarli a lavorare
bene durante la competizione, si tratta soltanto di una
visualizzazione, non costa niente, non fa male, potrebbe soltanto
servire ad avere una maggiore consapevolezza di se stessi, ad avere
a disposizione una nuova modalità di affrontare le cose, che si
possa trattare di una competizione, o anche può essere utilizzato
per affrontare una malattia, un problema esistenziale.
Altro suggerimento è il credere in quello che si fa, essere
convinti di quello che si fa, e ancora più importante mostrare di
essere convinti quando si parla con gli altri, è importante
trasmettere sicurezza di se stessi anche agli altri, perché se, per
scaramanzia o per abitudine o per pararsi in caso di fallimento,
agli altri viene detto di non essere in forma, di non aver potuto
fare il massimo nella preparazione, si rischia di far credere a se
stessi di questo ed è più facile il fallimento. Inoltre, considerare
di più le parti di tutto il proprio organismo e cercare di
instaurare un dialogo con loro, trovare dei compromessi, fare dei
patti, proporre degli scambi, per esempio alle proprie gambe e piedi
si potrebbe provare a chiedere di fare uno sforzo estremo per quella
giornata importante promettendo un meritato riposo o un massaggio
successivamente. Questi suggerimenti non costano niente, sono
semplicemente delle proposte di piccoli cambiamenti che a qualcuno
potrebbe essere utile, potrebbe fruttare una migliore prestazione o
una qualsiasi altra decisione con una maggiore consapevolezza, al
limite anche decidere di rinunciare alla competizione. Potrebbe
essere anche una semplice occasione per divertirsi con se stessi e
si potrebbe estendere questa modalità anche ad altre occasioni in
cui si affrontano situazioni difficili. Certo andrebbero
personalizzate per ottenere il massimo risultato possibile.
Preparazione mentale alla maratona
La preparazione per la maratona richiede un impegno notevole di
tempo e di fatica fisica. Preparare una maratona diventa un
investimento di energie fisiche e di tempo finalizzati alla miglior
resa nel giorno della competizione. La preparazione va programmata
con la massima accuratezza considerando il proprio potenziale
atletico relativo alle precedenti competizioni e ai precedenti
programmi di allenamento. Va considerato il periodo di preparazione,
estivo, invernale per poter programmare le uscite di allenamento più
lunghe o più faticose. E’ auspicabile stilare un programma di
massima di allenamento che comprenda alcuni test importanti di
allenamento o di gara, per valutare il grado di preparazione e in
modo da capire i ritmi da poter sostenere nella
competizione-obiettivo.
La
preparazione mentale può curare diversi aspetti che contribuiscono
alla migliore riuscita della prestazione. E’ importante partire
dalla consapevolezza dell’atleta nell’impegno che si appresta a
prendere. Si può invitare l’atleta a considerare le precedenti
preparazioni a competizioni simili considerando i momenti di
difficoltà, di eventuali crisi, di eventuali infortuni, di eventuali
rinunce e pensare a come sono stati affrontati, superati. Si può
invitare l’atleta a confrontarsi con altri atleti che hanno
sperimentato una preparazione simile, a persone più esperte. Si può
invitare l’atleta ad immaginare di visualizzare gli allenamenti più
impegnativi, quando si svolgeranno, in quali condizioni
atmosferiche, in quali percorsi, con eventuali amici di allenamento,
in quali orari. L’atleta può considerare di volersi impegnare per
tale preparazione e tale considerazione positiva potrebbe
permettergli di essere più sicuro delle sue forze, delle sue
potenzialità. Una volta fissato l’obiettivo-maratona, è importante
per l’atleta prestare attenzione ai suoi allenamenti, alle sue
sensazioni, è importante sapersi ascoltare, capire quando e quanto
fatica, come fatica, come è la sua respirazione, come sente le sue
gambe, è importante accorgersi di ogni minimo fastidio e capire a
cosa possa essere dovuto, in modo da poter intervenire in tempo e
rimediare per evitare di perdere importanti sedute di allenamento e
compromettere la prestazione-obiettivo.
L’atleta
durante la preparazione per la maratona deve essere attento ai suoi
bisogni e cercare di farli coincidere con l’obiettivo prefissato,
l’atleta può avere bisogno di partecipare ad una competizione
durante il periodo di preparazione, però deve essere attento a non
distrarsi dall’obiettivo previsto, quindi avere un occhio orientato
al presente ed uno al futuro prossimo. L’atleta può avere momenti di
conflitto interni, una parte dell’atleta può avere bisogni da
soddisfare che potrebbero cozzare con i bisogni dell’altra parte,
quindi sarebbe auspicabile che le due parti dialoghino tra di loro,
si ascoltino tra di loro, ogni parte può esprimere all’altra le
proprie esigenze, le proprie ragioni, attraverso un esercizio di
immaginazione e visualizzazione dell’altra parte potrebbe
verificarsi al termine del dialogo una integrazione delle polarità,
o quanto meno le 2 eventuali parti potrebbero conoscersi meglio ed
eventualmente collaborare tra di loro permettendo all’atleta di
avere le idee più chiare sui propri bisogni/esigenze. L’atleta può
provare a dialogare anche con le proprie gambe, con i propri muscoli
delle gambe, potrebbe immaginare di vederli di fronte a lui stesso e
chiedergli qualcosa che gli possa interessare, anche semplicemente:
“come state?”, “come vi faccio stare con il mio sport?”, “come posso
fare a farvi stare meglio?”, oppure in caso di infortunio, potrebbe
chiedere “cosa potrei fare per voi per farvi stare meglio? e dopo
avere fatto le domande che interessano, l’atleta può provare ad
immaginarsi la parte che risponde, può descriversi come gamba,
muscolo, come si sente e quindi provando a stare dall’altra parte,
potrebbe sviluppare una maggiore consapevolezza di se stesso.
|