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Psicologia

Le abilità attentive nella Kickboxing

Di: Dott. Paolo Bernardini
(Personal mental trainer, Laureato “Unifi” in Psicologia Sociale delle Organizzazioni, Membro Associazione Italiana Psicologia dello Sport)

Introduzione

Possiamo definire la Kickboxing una disciplina ad “open skill” e uno sport di situazione, in cui l'atleta deve interagire con un ambiente esterno variabile, in continuo cambiamento e poco prevedibile, e nel quale, di conseguenza, molta è l'informazione da considerare per emettere la risposta appropriata. I dati relativi al movimento dell’avversario sono la parte più rilevante dell'informazione in arrivo ed è opportuno inserire qui un'ulteriore distinzione: infatti, se in generale nelle discipline open skill l'atleta deve interagire con un ambiente esterno mutevole, è pur vero che c'è una sostanziale differenza tra un ambiente che muta le sue caratteristiche indipendentemente dall'azione dell'atleta (ad esempio le onde del mare a cui il velista si limita ad adattarsi) e un ambiente  che muta proprio in funzione contraria della sua stessa azione, cioè la risposta dell’avversario. Esiste in questo caso non solo una informazione di ritorno  (feedback) all'atleta sugli effetti della sua azione, ma anche una importantissima informazione di ritorno a quella parte determinante dell'ambiente esterno che è l'avversario, il quale regolerà la sua azione successiva sulla base di queste informazioni. Detto questo le discipline open skill  con avversario possiamo definirle discipline tattiche, si basano cioè sull'inganno (per esempio le finte) che è il fondamento della tattica,  per distinguerle dalle discipline open skill senza avversario (per esempio come la vela) che sono solo strategiche.      Nella Kickboxing l’atleta produce continuamente situazioni di disturbo, finte, cercando di spostare l'attenzione dell'avversario su particolari irrilevanti ai fini dell'azione che intende realmente produrre, propina all'avversario ripetitivamente la stessa azione per condurlo ad un abbassamento della sua attenzione sul gesto e inserire al meglio l'azione  a sorpresa, per questo l'impegno dell'atleta deve essere volto a imparare  a favorire e a controllare la propria attenzione, in modo che le interferenze ambientali, interne ed esterne, non condizionino la prestazione agonistica. La Kickboxing, Disciplina sportiva con le sue varie specialità all’interno della Federazione Italiana Fikbms, è uno sport di situazione e di opposizione in cui si ha una accentuata esaltazione dell'impegno mentale insieme a quello fisico, tattico e strategico. Il continuo sforzo cognitivo per mettere a punto strategie efficaci, la rapidità e la precisione richieste dalle azioni motorie messe in atto durante il combattimento, con la necessità di protrarre per tempi lunghi la concentrazione, ne fanno uno sport completo a livello fisico, tecnico, tattico e psicologico. All’immagine stereotipata di presunta pericolosità sofferta dalla Kickboxing e alla errata percezione generale dell’inadeguatezza quale sport formativo adatto a tutti, la Federazione Fikbms promuove al suo interno varie specialità a contatto leggero che la rendono capace di divertire ed educare come tutti gli altri sport, essere alla portata di tutti ed intervenire direttamente sulla formazione della coscienza di sé dell’individuo, dando così un valore aggiunto a questa disciplina sportiva. Se praticata correttamente sviluppa la capacità di concentrazione, memoria, autocontrollo, del focus attentivo, un miglioramento e controllo delle emozioni, consapevolezza nell’affrontare situazioni per obiettivi, sviluppa inoltre le capacità di confronto con l’avversario e motiva a superare i propri limiti.

I processi mentali dell’attenzione

La psicologia deve diventare uno degli elementi costitutivi dell’allenamento sportivo, ogni atleta si dovrà allenare a riconoscere sempre meglio la propria attività mentale ed a utilizzarla nei modi desiderati. La psicologia dello sport svolge la funzione di studiare l’uomo nelle varie situazioni sportive ed elabora delle tecniche che permettono di ottimizzare lo sviluppo, la crescita personale e la prestazione dell’atleta. La psicologia dello sport analizza i processi mentali che stanno a monte del gesto sportivo, dove per  processi mentali  si intendono tutti i meccanismi utilizzati dal cervello per raggiungere un obiettivo con il minore costo possibile quali: raccolta di informazioni dall'ambiente esterno o interno attraverso i canali sensoriali; confronto con le informazioni presenti nella memoria a breve e a lungo termine; programmazione e scelta dell'atto motorio; informazioni di ritorno sugli effetti dell'atto motorio e controllo (feedback). Tramite i nostri sensi quindi riceviamo le informazioni dall'ambiente, quando ce ne rendiamo conto e diventiamo consapevoli percepiamo quello che i sensi ci rimandano. La percezione si verifica solo quando si presta attenzione agli stimoli (Sensazione - percezione - attenzione), una volta percepiti gli stimoli decidiamo se concentrarci su di essi e mantenere la nostra consapevolezza. La capacità di controllare i processi motori e di pensiero e di dirigere e mantenere l’attenzione su di un compito per una corretta esecuzione in relazione alle richieste situazionali, sono riconosciute come importanti fattori per la prestazione sportiva. In particolare, per la gestione dei processi attentivi l’atleta deve imparare a: selezionare gli stimoli a cui rivolgere l’attenzione trascurandone altri non rilevanti; spostare l’attenzione al momento opportuno verso informazioni appropriate; mantenere l’attenzione sugli stimoli importanti. La concentrazione quindi è sostanzialmente la capacità di focalizzare l’attenzione su di un compito per un certo periodo di tempo, senza essere disturbati o influenzati da stimoli esterni e interni non pertinenti. Nelle situazioni sportive l’organismo è bombardato costantemente da una enorme mole di stimoli, che però non possono essere elaborati tutti contemporaneamente dato che le capacità umane sono limitate, per cui attraverso la selettività solo certe informazioni provenienti dall’interno o dall’esterno dell’organismo sono trattate a diversi livelli del sistema, mentre altre sono ignorate o eliminate. La difficoltà della situazione sportiva è stimata proprio in base all’ammontare di informazioni presenti e alla possibilità di risposta: un avversario che porta sempre la solita combinazione di tecniche al solito ritmo e che quindi trasmette il solito pattern costante di stimoli sarà più facile da controllare, mentre richiederà più attenzione un’avversario che cambia continuamente le sue azioni facendo anche delle finte, trasmettendo in questo modo molte più informazioni e costringendoci,  per poterci difendere, a processi elaborativi molto più dispendiosi.  Ne deriva che negli sport di situazione e di opposizione come la Kickboxing l’atleta dovrebbe tendere, attraverso le sue azioni, ad aumentare la quantità di indizi da inviare all’avversario e contemporaneamente dovrebbe essere capace, a sua volta, di selezionare solo quelli importanti da sottoporre a processi elaborativi. In uno sport come questo tuttavia l’atleta deve prestare attenzione anche a tutto il proprio sistema sensoriale, cercando di concertare tutte le informazioni che si condizionano a vicenda. Per sistema sensoriale intendiamo tutto quell’insieme dei processi connessi all’acquisizione delle informazioni che coinvolgono il sistema esterocettivo (principalmente visivo e uditivo e riferito ai feedback esterni), ma anche interocettivo (riferito a feedback interni come la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la frequenza respiratoria e il tono muscolare) e propriocettivo (riferito al sistema vestibolare, agli organi tendinei e delle giunture). 

Gli stili attentivi

L’attenzione va ristretta o ampliata in base alle richieste dell’ambiente, per evitare errori di distrazione XE "distrazione" \b  e perdita di tempo prezioso ogni atleta può allenare l'abilità di scartare i segnali irrilevanti (rumore degli spettatori, azioni precedenti negative, punteggio e tempo ricordati ossessivamente) e di considerare quelli più importanti (ritmo dell’avversario, consigli dall’angolo).  Gli atleti si avvicinano alla loro attività quotidiana con un determinato stile personale di percepire, ricordare o immaginare la propria attività, questo modo tipico di ogni individuo di elaborare e organizzare ciò che vede e ciò che pensa costituisce il suo stile cognitivo.  In psicologia dello sport Nideffer è stato il primo autore a servirsi del concetto di stile attentivo per evidenziare l’importanza che lo stile cognitivo personale di un’atleta può svolgere nell’influenzare la sua attività. Il modello di Nideffer prevede quattro posizioni chiave:

  1. i processi attentivi possono essere considerati sia come tratti distintivi della personalità che come condizioni di stato;

  2. differenti tipi di sport richiedono differenti stili attentivi;

  3. l’efficacia della prestazione è dipendente dal grado in cui lo stile attentivo individuale è compatibile con le richieste attentive sport specifiche;

  4. l’abilità a servirsi di uno stile attentivo adeguato alla situazione è correlata al livello di attivazione generale dell’atleta.

Dal punto di vista applicativo è molto importante per l’atleta conoscere lo stile attentivo richiesto dalla disciplina che pratica, una buona gestione dell’attenzione inizia con sapere a che cosa prestare attenzione, quando e come mantenere l’attenzione specialmente nei momenti critici. Uno stato ottimale di attenzione è conseguito quando l’atleta è in grado di mantenere un adeguato equilibrio fra elaborazioni automatizzate e controllate in rapporto alle richieste del compito. Una caratteristica essenziale dell’attenzione è quella di essere ampia o ristretta a seconda della situazione sportiva, è l’atleta stesso che seleziona quanto deve essere diffuso o focalizzato il proprio livello attentivo. Un’altra caratteristica è relativa alla direzione del focus, l’attività mentale viene diretta verso l’interno o verso l’esterno, spostando in questo modo la concentrazione da sé all’ambiente esterno a seconda delle richieste sportive. Kickboxing l’attenzione verterà sul controllo spaziale dell’area di gara, quindi uno stile attentivo esterno ampio e ristretto per non uscire dal tappeto o non farsi chiudere negli angoli, ascoltando solo la voce del coach e controllando nello stesso tempo l’avversario, ma anche uno stile interno, massimizzando la ricezione propriocettiva al fine di sapere quando e come muoversi nel più breve tempo possibile per dare la risposta più efficace.  Durante l’azione, poi, il focus attentivo è ristretto e rivolto verso l’esterno e la sequenza sembra svolgersi automaticamente, non c’è tempo di pensare ed i movimenti, istintivi, si svolgono secondo sequenze preordinate. Di conseguenza il combattente di Kickboxing deve sviluppare diversi stili attentivi ed essere estremamente flessibile, passando da un focus attentivo ampio ad uno ristretto, esterno o interno, a seconda delle esigenze del momento.

I fattori distraenti e l’allenamento mentale

L’allenamento mentale al controllo dell’attenzione è, secondo Nideffer, un processo complesso che và favorito mediante il rilevamento delle capacità individuali di concentrazione, sviluppando un programma di intervento appropriato che includa una varietà di tecniche quali l’arresto dei pensieri, il centering, goal setting e riorientamento dell’attenzione con rehearsal mentale. Ricordiamo anche che la stanchezza fisica causa il crollo di tutti i meccanismi attentivi, mentre lo stress XE "stress" \b  ha effetti dannosi sugli atleti poiché restringe il loro focus attentivo XE "attentivo:attentive: attentivi" \b  al punto che essi non riescono a fare attenzione a stimoli importanti e subentra la distrazione XE "distrazione" \b . L’aumento della frequenza cardiaca o la sudorazione, lo stress XE "stress" \b  in generale, causano uno spostamento dell’attenzione dall’esterno all’interno verso questi segnali fisici e l’atleta si focalizza sulla autovalutazione non produttiva, proprio mentre sta fronteggiando le richieste del compito. La concentrazione XE "concentrazione:Concentrazione" \b  non migliora forzando la mente a fare attenzione, ma liberando la mente dalle distrazioni, facendo sì che essa sia immersa nel momento attuale.  Il rilassamento somatico è spesso ritenuto un prerequisito per l’utilizzo di tecniche immaginative e per l’incremento della concentrazione, insieme a questo l’orientamento dell’attenzione sulle sensazioni corporee tende a sviluppare una certa sensibilità percettiva. In stato di rilassamento possiamo inserire la rappresentazione mentale della performance in maniera vivida e polisensoriale per allenare la concentrazione, le visualizzazioni tendono a canalizzare il focus attentivo su aspetti particolari della prestazione e su informazioni rilevanti. Gli psicologi cognitivi sostengono che qualsiasi attività cognitiva può essere sviluppata attraverso un allenamento appropriato e che lo stesso pensiero è un’attività che si è sviluppata tramite l’esercizio.

Sono stati formulati diversi programmi di allenamento dell’attenzione e secondo Nideffer questo tipo di allenamento è un processo complesso che comprende:

  1. la valutazione dei punti di forza e di debolezza dell’attenzione dell’atleta;

  2. l’identificazione delle richieste attentive connesse alla prestazione;

  3. la valutazione delle caratteristiche situazionali e interpersonali che possono interferire sulla concentrazione dell’atleta;

  4. l’identificazione e la differenziazione dei segnali irrilevanti e rilevanti per l’esecuzione del compito;

  5. la strutturazione di un programma di intervento situazionale specifico, attraverso l’impiego di diverse tecniche psicologiche sopraelencate,  come il thought stopping, il centering, la rifocalizzazione attentiva e la ripetizione visuo motoria del comportamento.

Durante il rilassamento muscolare l’allenamento mentale per la concentrazione e per il controllo dei  fattori distraenti può essere fatto attraverso i seguenti esercizi: focalizzazione sugli atti respiratori regolando la respirazione fino a renderla confortevole; dirigere l’attenzione all’esterno a suoni e rumori, identificarli aumentandone il volume fino a normalizzarlo e poi diminuirlo; prendere coscienza delle sensazioni corporee come i punti di contatto con la sedia e il pavimento; riconoscere passivamente e senza sforzo emozioni, sensazioni interne e pensieri; sostituire i pensieri inadeguati con pensieri positivi e ripetere mentalmente questi ultimi; osservare bene le immagini distraenti fino a renderle sfocate facendo in modo che perdano di intensità.  

Concludendo, le abilità attentive in una disciplina come la Kickboxing richiedono la valutazione di molteplici fattori situazionali, l’atleta deve concentrarsi continuamente sulle azioni degli avversari per capire il loro ritmo e le loro intenzioni, cambiando stile attentivo in base alle diversità degli oppositori di turno e alle loro reazioni. Deve fare attenzione all’area di gara e ai consigli che provengono dal suo angolo ignorando quelli dati al suo avversario e il tifo avverso sugli spalti, di conseguenza le richieste attentive e i fattori distraenti che può incontrare vanno valutati e studiati di volta in volta dallo psicologo dello sport insieme all'allenatore durante la preparazione di uno specifico  programma di Mental Training.                                                                                                                 

Bibliografia

  • Cei, A. (1997) Mental Training. Roma: Luigi Pozzi.

  • Cei, A. (1998) Psicologia dello sport. Bologna:  Il Mulino.

  • Gerin Birsa, M. (2011-2012) Master Online in Mental Training e psicologia dello sport

  • Robazza, C. Bortoli, L. Gramaccioni, G. (1994) la preparazione mentale nello sport. Roma: Luigi Pozzi.

  • Terreni, L. Occhini, L. (1997) Psicologia dello sport. Milano: Angelo Guerini e Associati SpA.

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