Adolescenti E Sport
Frequentemente
i genitori, gli insegnanti e gli allenatori si trovano a non
riconoscere più rispettivamente i propri figli, alunni o atleti,
quando questi iniziano ad entrare in quella tortuosa e complicata
età chiamata adolescenza. Le affermazioni sia dei genitori, che
degli insegnanti o operatori sportivi sono: “Non lo riconosco
più: è polemico oltre misura e i suoi atteggiamenti sconfinano nella
provocazione e talvolta nella sfida verbale, se non fisica”.
L’adolescente, nel suo delicato momento di crescita e di
passaggio dalla dipendenza all’autonomia, suscita per diversi
aspetti preoccupazione e sbalordimento negli adulti. Da una parte
non si può non provare tenerezza per la sua fragilità, dall’altra è
facile che molti genitori e allenatori reagiscono con fastidio e
impazienza di fronte a ragazzi e ragazze che riversano nel mondo
circostante le loro ansietà, irrequietezze e contraddizioni. Il
ragazzo dai 13 anni in poi è spesso in grado di mettere in atto, in
modo conscio o inconsapevole, atteggiamenti provocatori da “bullo”,
con l’intento di suscitare sensi di colpa nell’allenatore, a
seguito di nervosismi e irritazioni, talvolta dagli effetti
incontrollati. Molti giovani, confrontandosi di frequente con
adulti latitanti e spesso incapaci di costituire dei fermi punti di
riferimento, si sentono quasi legittimati nell’assumere
atteggiamenti trasgressivi, vivendo tali comportamenti in modo
libero ed istintivo, snobbando le più semplici regole di convivenza
civile.
In particolare, nell’adolescente sono accentuate le cariche
aggressive. Questo surplus di energia può essere canalizzabile e
finalizzabile: lo sport rappresenta uno di quei campi in cui essa,
sotto forma di attività agonistica e non, può esprimersi in maniera
costruttiva.
Secondo
il medico e psicanalista inglese Winnicott Donald W., l’adolescente
è come se dovesse “detronizzare” nella sua fantasia inconscia
l’adulto, che rappresenta l’autorità: liberandosi dalla dipendenza
del padre, dell’allenatore, dell’insegnante, si dirige verso la
scoperta di una propria identità ed indipendenza. A rendere più
complessa la condizione dell’adolescente è la riscoperta della
propria potenza fisica e sessuale, che talvolta traspaiono in modo
insistente dal suo linguaggio volgare. Ma anche questo modo di
comunicare tradisce la necessità di ricercare una propria identità
sessuale. Il duro confronto/scontro dell’adolescente con l’adulto
scaturisce infatti dall’esigenza profonda di cogliere differenze di
ruolo e di identità, sempre nell’intento di trovarne una propria.
Il pedagogista e psicoterapeuta Alessandro Costantini scrive in
proposito: “Le difficoltà adolescenziali hanno una necessità
evolutiva ed esistenziale, senza le quali il percorso di crescita
non si svilupperebbe appieno, ma verso la quale la collettività e la
famiglia devono saper rispondere con attenzione per adempiere
appieno al loro ruolo …….”. Questi contrasti, spesso dolorosi
sia per gli educatori, che per lo stesso adolescente, si rivelano
dunque necessari al giovane per approdare successivamente ad una
riconciliazione, divenuta necessaria in seguito alla ridefinizione
delle varie identità e ruoli.
In quest’ottica l’istruttore sportivo o l’allenatore, senza
fare troppe “prediche”, dovrebbe evitare di assumere fastidiosi
atteggiamenti moralistici, collocandosi in quella giusta posizione
autorevole intimamente legata all’affettività, all’accoglienza,
all’ascolto, alla coerenza. L’arte dell’educare, in questo senso
consiste nel saper rinunciare alla via breve ed immediata
dell’imposizione, ricercando in sostituzione una paziente modalità
di comunicazione che permetta di far passare il convincimento
mediante la condivisione.
Ai
giovani di oggi sono offerti molto più interessi a cui appassionarsi
che in passato, per cui è diventato ancora più importante fare in
modo che i ragazzi non vivano da soli il loro rapporto con il mondo
dello sport. Essi hanno bisogno degli adulti, non tanto e non solo
per imparare a “giocare”, ma soprattutto per trovare, accanto a
stimoli adeguati, valori, punti di riferimento chiari che li aiutino
a persistere nella pratica sportiva e nei propri progetti di vita.
A prescindere dalle motivazioni e dalle finalità che spingono i
giovani a praticare le loro attività agonistiche o non agonistiche,
il “Codice europeo di etica sportiva”, potrebbe costituire per gli
allenatori uno spunto su cui riflettere e da cui partire per
comunicare agli adolescenti validi messaggi di rispetto della
propria e altrui persona, quali:
- cambiare in meglio la propria vita facendo più esercizio
fisico;
- conformarsi strettamente alle regole degli sport praticati;
- giocare nel rispetto delle regole, con calma ed in
condizione di parità con i propri avversari;
- evitare ogni forma di violenza fisica o verbale;
- insegnare ai bambini a giocare correttamente, imparando da
subito a rispettare le regole;
- mostrare un comportamento degno come spettatore;
- approfittare dello sport per coltivare amicizie;
-
non
far uso di droghe;
- anteporre lo sport al denaro;
- non mischiare lo sport all’alcool.
Soprattutto, l’educatore fisico-sportivo, proprio per la sua
funzione anche educativa, dovrebbe sempre e comunque costituire in
primis lui stesso un concreto esempio e un solido punto di
riferimento per i suoi alunni, ponendosi come valido interlocutore.
Così pure egli dovrebbe essere abilitato a contenere le eventuali
sfide e le provocazioni che provengono dagli adolescenti
particolarmente conflittuali.
“I giovani hanno più bisogno di esempi che di critiche”
Joseph Antoine René Joubert (Filosofo francese) |