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psicologia

Adolescenti E Sport

Da: http://www.sportellodellosport.com

Frequentemente i genitori, gli insegnanti e gli allenatori si trovano a non riconoscere più rispettivamente i propri figli, alunni o atleti, quando questi iniziano ad entrare in quella tortuosa e complicata età chiamata adolescenza. Le affermazioni sia dei genitori, che degli insegnanti o operatori sportivi sono: “Non lo riconosco più: è polemico oltre misura e i suoi atteggiamenti sconfinano nella provocazione e talvolta nella sfida verbale, se non fisica”.

L’adolescente, nel suo delicato momento di crescita e di passaggio dalla dipendenza all’autonomia, suscita per diversi aspetti preoccupazione e sbalordimento negli adulti. Da una parte non si può non provare tenerezza per la sua fragilità, dall’altra è facile che molti genitori e allenatori reagiscono con fastidio e impazienza di fronte a ragazzi e ragazze che riversano nel mondo circostante le loro ansietà, irrequietezze e contraddizioni. Il ragazzo dai 13 anni in poi è spesso in grado di mettere in atto, in modo conscio o inconsapevole, atteggiamenti provocatori da “bullo”, con l’intento di suscitare  sensi di colpa nell’allenatore, a seguito di nervosismi e irritazioni, talvolta dagli effetti incontrollati. Molti giovani, confrontandosi di frequente con adulti latitanti e spesso incapaci di costituire dei fermi punti di riferimento, si sentono quasi legittimati nell’assumere atteggiamenti trasgressivi, vivendo tali comportamenti in modo libero ed istintivo, snobbando le più semplici regole di convivenza civile.

In particolare, nell’adolescente sono accentuate le cariche aggressive. Questo surplus di energia può essere canalizzabile e finalizzabile: lo sport rappresenta uno di quei campi in cui essa, sotto forma di attività agonistica e non, può esprimersi in maniera costruttiva.

Secondo il medico e psicanalista inglese Winnicott Donald W., l’adolescente è come se dovesse “detronizzare” nella sua fantasia inconscia l’adulto, che rappresenta l’autorità: liberandosi dalla dipendenza del padre, dell’allenatore, dell’insegnante, si dirige verso la scoperta di una propria identità ed indipendenza. A rendere più complessa la condizione dell’adolescente è la riscoperta della propria potenza fisica e sessuale, che talvolta traspaiono in modo insistente dal suo linguaggio volgare. Ma anche questo modo di comunicare tradisce la necessità di ricercare una propria identità sessuale. Il duro confronto/scontro dell’adolescente con l’adulto scaturisce infatti dall’esigenza profonda di cogliere differenze di ruolo e di identità, sempre nell’intento di trovarne una propria. 

Il pedagogista e psicoterapeuta Alessandro Costantini  scrive in proposito: “Le difficoltà adolescenziali hanno una necessità evolutiva ed esistenziale, senza le quali il percorso di crescita non si svilupperebbe appieno, ma verso la quale la collettività e la famiglia devono saper rispondere con attenzione per adempiere appieno al loro ruolo …….”. Questi contrasti, spesso dolorosi sia per gli educatori, che per lo stesso adolescente, si rivelano dunque necessari al giovane per approdare successivamente ad una riconciliazione, divenuta necessaria in seguito alla ridefinizione delle varie identità e ruoli.

In quest’ottica l’istruttore sportivo o l’allenatore, senza fare troppe “prediche”, dovrebbe evitare di assumere fastidiosi atteggiamenti moralistici, collocandosi in quella giusta posizione autorevole intimamente legata all’affettività, all’accoglienza, all’ascolto, alla coerenza. L’arte dell’educare, in questo senso consiste nel saper rinunciare alla via breve ed immediata dell’imposizione, ricercando in sostituzione una paziente modalità di comunicazione che permetta di far passare il convincimento mediante la  condivisione.

Ai giovani di oggi sono offerti molto più interessi a cui appassionarsi che in passato, per cui è diventato ancora più importante fare in modo che i ragazzi non vivano da soli il loro rapporto con il mondo dello sport. Essi hanno bisogno degli adulti, non tanto e non solo per imparare a “giocare”, ma soprattutto per trovare, accanto a stimoli adeguati, valori, punti di riferimento chiari che li aiutino a persistere nella pratica sportiva e nei propri progetti di vita.

A prescindere dalle motivazioni e dalle finalità che spingono i giovani a praticare le loro attività agonistiche o non agonistiche, il “Codice europeo di etica sportiva”,  potrebbe costituire per gli allenatori uno spunto su cui riflettere e da cui partire per comunicare agli adolescenti validi messaggi di rispetto della propria e altrui persona, quali:

  • cambiare in meglio la propria vita facendo più esercizio fisico;
  • conformarsi strettamente alle regole degli sport praticati;
  • giocare nel rispetto delle regole, con calma ed in condizione di parità con i propri avversari;
  • evitare ogni forma di violenza fisica o verbale;
  • insegnare ai bambini a giocare correttamente, imparando da subito a rispettare le regole;
  • mostrare un comportamento degno come spettatore;
  • approfittare dello sport per coltivare amicizie;
  • non far uso di droghe;
  • anteporre lo sport al denaro;
  • non mischiare lo sport all’alcool.

Soprattutto, l’educatore fisico-sportivo, proprio per la sua funzione anche educativa, dovrebbe sempre e comunque costituire in primis lui stesso un concreto esempio e un solido punto di riferimento per i suoi alunni, ponendosi come valido interlocutore. Così pure egli dovrebbe essere abilitato a contenere le eventuali sfide e le provocazioni che provengono dagli adolescenti particolarmente conflittuali.

I giovani hanno più bisogno di esempi che di critiche” Joseph Antoine René Joubert (Filosofo francese)

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