Economie Energetiche e Alchimie Formative
Di: Daniele Trevisani
Economie
energetiche: lavorare sui distretti locali e sulle energie
complessive. L’essere umano ha una propria economia energetica
globale, un insieme di equilibri delicati dal quale emerge il suo
grado di “potenza” complessiva, la capacità di affrontare
casi, azioni, sfide, problemi piccoli, grandi, semplici o complessi,
dominandoli, o – in caso contrario - essendone schiacciati.
L’alchimia delle intere energie personali è decisamente
complessa. Anche i distretti locali del sistema umano hanno una
propria economia locale. Possiamo esaminare non solo il tutto, ma
anche specifiche parti. L’economia energetica riguarda sia i
macro-distretti (es.: fisico e mentale) sino, scendendo di scala, a
toccare micro-economie molto specifiche. Esistono economie locali
nei distretti fisici, come una spalla, un ginocchio, lo stomaco, e
ogni altro organo. Lo stesso per le economie legate alle competenze
mentali, come la concentrazione o la lucidità decisionale. Decidere
che tecnica portare o che approccio strategico dare ad un
combattimento richiede una mente lucida. Attenta, presente,
consapevole. Ed una preparazione che va oltre il gesto tecnico. La
mente ha proprie economie generali che la portano a funzionare bene
o male, così come economie in specifiche aree cognitive, es., la
creatività. Ciascun distretto (sia corporeo che cerebrale) è inoltre
un sistema aperto, e risente dei distretti con cui interagisce. Il
complesso delle energie individuali è quindi articolato e si
connette alle performance che la persona può o meno generare. Ogni
organo vive di risorse esauribili, ha proprie capacità di tenuta e
propri punti di stress e di rottura, che non possono essere
ignorati. Ad esempio, in reumatologia si studia il concetto di
“economia articolare”, cioè l’“economia dell’articolazione”
[1]. Ogni zona del corpo, come un ginocchio, ha una sua
economia locale, e possiamo chiederci quanto una persona può correre
senza infiammarlo, che attività fisiche lo irrobustiscono o invece
lo danneggiano, che tipo di nutrienti servono per tenerne in buono
stato la cartilagine, e ancora come alzare un oggetto pesante senza
danneggiarlo.
Chiedere alle persone di dare performance senza studiare (1) lo
stato delle economie energetiche complessive, e, (2) le economie
locali più direttamente coinvolte nella specifica prestazione, è
come chiedere ad un cavallo di correre senza controllare se ha
mangiato o se ha gli zoccoli. Vuol dire fregarsene e spremerlo per
poi gettarlo, e questa non è la nostra filosofia.
Non siamo nemmeno dell’idea che sia bene massaggiare il cavallo
per un anno in attesa che abbia voglia di correre (buonismo
inutile), ma non riteniamo nemmeno utile o giusto frustarlo per
spremere sino all’ultima energia di riserva. Ciò che serve è
strategia allenante attenta. L’approccio è quello del rimuovere (1)
ipocrisie e buonismo, (2) aggressività inutili, e (3)
improvvisazione. Per lavorare tecnicamente alle performance attese,
dobbiamo coltivare lo sviluppo personale e la condizione energetica,
rispettando sia la sacralità della persona che la sacralità
dell’obiettivo. La sacralità della persona è la
considerazione della materia umana come preziosa e rara, sacra, e di
ogni principiante come un possibile (in futuro) istruttore e persino
Maestro, cui dare il nutrimento giusto e il clima formativo giusto
affinché lo diventi, se ne avrà la volontà e le capacità. La
sacralità dell’obiettivo è la considerazione che esistono scopi
che trascendono la vita di ogni singola persona e gli interessi
personali, per cui alcuni obiettivi che richiedono sacrificio devono
essere perseguiti, anche se questo comporta dover fare rinunce. Ad
esempio, saper dire di no agli amici che ti chiedono di uscire
sapendo che arriverai a casa alla mattina e il giorno dopo non sarai
in grado di allenarti. O riconoscere i ricatti di un ragazzo o
ragazza che ti chiede di rinunciare alla tua passione in nome di un
rapporto d’amore che evidentemente amore puro non è, ma è confuso
con la brama di possesso. Di questo, raramente gli allievi si
accorgono. Cambiare comportamenti, studiare attentamente lo stato
complessivo della motivazione, così come di un distretto fisico e/o
mentale, tenerne conto nel proprio stile di vita, permette di
gestire meglio le energie e la condizione sia del distretto che
dell’intera attività personale. Ottimizzare l’“economia
specifica” dei distretti fisici, ridurre al minimo traumi o
danni, permette di ampliare la possibilità operativa delle persone.
Specifiche ricerche dimostrano come tenendo conto delle economie
locali e ottimizzando i gesti e comportamenti sia possibile
permettere di tornare a lavorare o ad allenarsi anche per chi ha
avuto traumi. Questa attenzione alle energie ed economie, locali e
complessive, va estesa ben oltre il fronte della malattia. Lo stesso
ragionamento “per distretti” tocca anche le economie del
funzionamento mentale e cognitivo. Ad esempio, abbiamo una
“economia delle capacità decisionali”, una “economia dell’ansia”, e
ancora una “economia dell’attenzione”, o una “economia delle
capacità relazionali”. Se parliamo tanto e forzatamente per lavoro,
ci accorgiamo di non avere più voglia di parlare di lavoro magari in
pausa, e vorremmo evitare altre attività relazionali obbligate.
Questo ne è un esempio. Se bruciamo tutte le energie nervose prima
di una gara, arriveremo alla gara stanchi e amputati, incapaci di
essere noi stessi fino in fondo. Purtroppo, poco tempo è dedicato
nella formazione degli atleti e praticanti a questo aspetto.
Chiediamoci, francamente, quanto tempo di palestra viene dedicato al
training fisico rispetto al training mentale (es, training
autogeno). Ad essere sinceri, in molte discipline, soprattutto di
combattimento, questo tempo non esiste nemmeno. Questa lacuna
danneggia la crescita delle persone. Tocchiamo con mano i livelli
energetici ogni volta che una variabile viene chiamata in azione, ad
esempio, per l’economia dell’attenzione, ne constatiamo l’esistenza
ogni volta che un relatore sale sul palco o un docente insegna, e
notiamo per quanto riusciamo a rimanere attenti o riesce a
mantenerci attenti. Se non abbiamo dormito da giorni o abbiamo un
forte mal di denti, o mal di testa, non avremo capacità di
attenzione, la nostra economia ne sarà stata deprivata, le nostre
energie saranno svuotate o assorbite da altro. Ed ancora,
incideranno le abilità del docente, l’interesse per il tema, in un
rapporto mutevole e con equilibrio dipendente da molte variabili.
Saper insegnare non equivale a conoscere le tecniche. Saper
insegnare è un’arte a se. È la stessa differenza che passa tra
sapere la matematica e saper insegnare la matematica. Due mondi
completamente diversi. Il messaggio finale, anche in un contesto
introduttivo come questo, è che – per lavorare seriamente al
potenziale umano e delle organizzazioni - occorre la capacità di
spostare il livello di analisi dal micro al macro, e viceversa, con
una forte capacità di zoom, uno stretching mentale che è esso stesso
lavoro allenante e formativo, dal corpo alla mente, dal lavoro
“micro” su come appoggiare un piede correttamente sino al chiedersi
sin dove un allievo potrà arrivare nella vita, e aiutarlo nella sua
crescita umana, tenendolo vicino a noi, e vicino al mondo marziale e
sportivo, sulla retta via della crescita personale prima di tutto.
Che questo richieda alchimie formative è fuori di dubbi. Ma non
siamo forse li per questo?
[1] Vedi ad esempio lo
studio di Pasqui, F., Mastrodonato, L., Ceccarelli, F.,
Scrivo, R., Magrini, L., Riccieri, V., Di Franco, M.,
Gentili, M., Valesini, G., Spadaro, A., (2006), La terapia
occupazionale nell’artrite reumatoide: studio prospettico a
breve termine in pazienti in trattamento con farmaci
anti-TNF-alfa.
Occupational therapy in rheumatoid arthritis: short term
prospective study in patients treated with anti-TNF-alpha
drugs, Reumatismo, 58 (3), pp. 191-198. |
© Articolo elaborato dall’autore, con
modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele
Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti
del volume originario sono disponibili anche al link
www.studiotrevisani.it/hpm2 |
Note sull’autore: il dott. Daniele Trevisani
(www.danieletrevisani.com),
praticante di oltre 10 diverse discipline, è inoltre Maestro
di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di
atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA,
Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è
consulente NATO e dell’Esercito Italiano, Master of Arts in
Mass Communication, University of Florida. Insignito dal
governo USA del premio Fulbright per i propri studi sulla
comunicazione e potenziale umano. Ha realizzato docenze in
oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i
principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale
umano, nella formazione di istruttori e trainer per le
discipline marziali e di combattimento. |
Di: Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com)
esperto in Potenziale Umano e Formazione per le Arti Marziali e di
Combattimento
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