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Sociologia

Chi siamo davvero?

Di: Dr. Massimo Blanco

La nostra identità molto spesso è da noi ritenuta cosa scontata, perché il nostro “io” cosciente sa chi siamo e cosa rappresentiamo. Talvolta, però, accade che nel nostro intimo vi sia qualcosa che “sfugge” alla razionalità e la domanda che sorge spontanea può essere: “Chi sono davvero?”. Questo accade perché la nostra immagine, cioè la maschera che abbiamo indossato per molto tempo per comunicare agli altri la nostra presunta identità, non è più così forte e ci accorgiamo che in realtà abbiamo fatto in modo che il nostro “ruolo” si sostituisse alla nostra vera essenza in tutte le sue sfumature.

Calarsi eccessivamente in un ruolo sociale attraverso il quale manifestiamo la nostra pseudo identità, indica una sorta di divisione tra il nostro “Io” e il nostro corpo. Non a caso le persone che iniziano a dedicarsi con passione ad una professione o ad uno sport nei quali possono accrescere il loro status o la loro condizione fisica, acquisiscono sicurezza, più consapevolezza e un maggiore sentimento di adeguatezza.

In realtà, per sapere chi veramente siamo, dobbiamo concentrarci sulle manifestazioni “non verbali” del nostro corpo, come l’espressione facciale, il modo di gesticolare, la postura e in genere il complesso di scambi tra pensiero e azioni, spesso in contraddizione in chi ha confuso l’essenza del proprio “Io” con l’immagine esteriore assunta. L’immagine, in pratica, distacca l’individuo da se stesso generando una vita compulsiva, egoista e carente dal punto di vista affettivo e creativo.

La società odierna si fonda in via prevalente sull’immagine e ciò fa sì che quando essa viene compromessa o risulta insufficiente, l’insoddisfazione che ne scaturisce lascia spazio a dei problemi di carattere psicologico che si ripercuotono sulla percezione del “Sé” e sulle relazioni sociali. Quando l’immagine si confonde con la percezione del proprio “Io”, tutta l’esperienza acquisita da quest’ultimo nei vari stadi evolutivi viene a mancare. Il proprio “Io”, connesso a sensazioni e sentimenti, viene disconnesso dall’irrompere della forza data dall’immagine, facendo assumere all’individuo una forma interiore astratta e innaturale che può anche degenerare in un delirio di onnipotenza. Un individuo sano possiede invece una immagine di sé in armonia con il proprio aspetto e con i propri sentimenti. Quando l’identificazione con una immagine o un ruolo degenera, la dimensione dell’individuo cambia radicalmente e lo porta ad atteggiamenti e azioni anche criminali. Ne sono un esempio gli estremisti religiosi o politici, capaci di compiere efferati delitti in quanto identificano totalmente il loro “Sé” in una determinata e dogmatica ideologia. Chi si cala in modo eccessivo in un determinato ruolo, costruendo su di esso la propria immagine, diviene letteralmente un’altra persona. Non sono pochi i casi di depressione da pensionamento della quale sono vittime dirigenti aziendali, così come famosi calciatori e sportivi professionisti di alto livello che hanno terminato la loro carriera. Oppure, ancora, artisti famosi non più sulla "cresta dell’onda", incapaci di ridarsi un ruolo e, quindi, una nuova immagine che si sostituisca a quella perduta. Tutto ciò appare logicamente disumano, ma è frutto della nostra società costruita in maniera così forte sull’immagine. Al contrario, chi invece ha lasciato un discreto spazio al proprio vero “Sé”, non confondendolo esageratamente con un’immagine data da un ruolo associato ad un ciclo che termina molto prima della esistenza terrena, ha la possibilità di vivere in armonia con tutti gli altri ruoli: marito, padre, fratello, amico ecc..., così da poter comunque trovare, una volta terminato il ciclo del ruolo professionale, sportivo o artistico, un forte appagamento in tutti gli altri ruoli che caratterizzano la propria “umana” vita.

Di: Dr. Massimo Blanco
Sociologo Clinico e Applicato Spec. Educazione, Comportamento Prevenzione e Sicurezza Personale.
Direttore Dipartimento di Sociologia WTKA International

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