CONTINUA L’AUTOREVOLE COLLABORAZIONE CON IL
SOCIOLOGO MASSIMO BLANCO CHE, CONTINUANDO LA SUA INTERESSANTE
RELAZIONE SUI PROCESSI DI COSTRUZIONE DELL’AUTOSTIMA NEL BAMBINO, CI
INVIA LA SECONDA PARTE.
I processi di costruzione dell’ autostima - 2°
parte
Di: Dott. Massimo Blanco
(Direttore Dipartimento di Sociologia WTKA)
Con
il primo articolo si è data una definizione dell’autostima e degli
elementi caratterizzanti la formazione di questo sentimento che
inizia nei primissimi anni di vita dell’individuo e si consolida
nell’ambito dei processi di sviluppo psicologico e sociale per mezzo
dell’istituzione per eccellenza: la famiglia.
Abbiamo appurato anche che il sentimento
dell’autostima non dipende dalla volontà o dalle scelte dell’essere
umano, atteso il fatto che la percezione dell’ “io” avviene proprio
quando l’individuo è in tenera età e, quindi, la sua formazione ha
luogo grazie ad apporti esterni, in particolar modo dai genitori.
La carenza o l’assenza di autostima in tenera
età, pertanto, può essere in parte compensata quando il bambino
entra in contatto con le prime agenzie di socializzazione esterne al
contesto familiare, quali la scuola, gli amici, i gruppi ecc…
Ma non è detto che queste possano essere un
passaggio agevole, in quanto una carenza di autostima, più o meno
marcata, dovuta all’esperienza della prima infanzia, può tradursi in
un disagio e in un fallito o errato inserimento nella società,
manifestato per mezzo di comportamenti antisociali come l’eccessiva
timidezza o l’eccessiva violenza (VEDI:
Le Arti Marziali contro il “bullismo”).
Invero, il ruolo della scuola, spesso non
risponde alle necessità di un bambino carente di autostima e gli
insegnanti, purtroppo nella maggior parte dei casi impreparati dal
punto di vista pedagogico, non sanno riconoscere il disturbo sociale
e ricorrono a mezzi poco adatti al recupero del bambino, come ad
esempio le classiche “note sul diario” per i più vivaci o la
mancanza di stimolazione nei confronti dei più timidi e introversi.
Anche
il maestro di arti marziali è un insegnante e per tale ragione
sarebbe una cosa molto positiva se questi fosse in grado di
riconoscere il disagio del bambino, in special modo perché sovente
sono proprio i genitori che inducono i figli a praticare un’arte
marziale vedendoli alquanto insicuri o troppo vivaci rispetto ai
coetanei.
Per un genitore che non ha saputo o potuto (per
le più svariate ragioni) creare la giusta atmosfera familiare in
grado di permettere la costruzione dell’autostima nel “se” del
proprio figlio, la scelta di iscriverlo ad un corso di arti marziali
può rivelarsi la migliore via per colmare le proprie mancanze. Anche
se è chiaro che il genitore, in buona fede, non si colpevolizza
delle insicurezze del proprio bambino, imputando spesso la causa del
problema a fattori caratteriali “innati”.
Pertanto, il maestro di arti marziali, nei suoi
molteplici ruoli di insegnante, educatore e pedagogista, per aiutare
il proprio allievo a conquistare l’autostima deve innanzitutto
sapere cosa si intende quando si parla di “creare la giusta
atmosfera” familiare al fine di poter poi adattare i suoi metodi nel
contesto in cui egli opera: la palestra.
Perciò, qui di seguito si esporranno gli aspetti
fondamentali che determinano una corretta “costruzione”
dell’autostima nelle fasi della vita sociale all’interno della
famiglia. Quindi un contesto generale dal quale ogni maestro potrà
trarre validi spunti di riflessione per la propria attività
educativa.
IL
CONTROLLO
In ogni famiglia è indispensabile un certo
controllo da parte dei genitori e questo si può attuare solo quando
sussistono due condizioni: la coerenza e la chiarezza.
I bambini sentono la necessità di conoscere cosa
attendersi in conseguenza dei loro comportamenti e quindi devono
avvertire “certezza” e “prevedibilità” da parte dei genitori. Questo
è un elemento da non sottovalutare, in quanto sovente capita che le
reazioni dei genitori a determinati comportamenti attuati dai
bambini variano a seconda dell’umore degli adulti, lasciando
spiazzati i primi e creando in essi confusione e ansia. Molte volte
viene da chiedersi come mai molti bambini in tenera età, pur avendo
a disposizione decine di DVD, guardano sempre e soltanto gli stessi
due o tre cartoni animati, anticipando le battute dei personaggi e
stupendosi di scene già viste centinaia di volte. Ciò accade proprio
perché il bambino vive in un momento molto particolare, dove l’ansia
è sempre in agguato. Vedere sempre lo stesso cartone animato dona al
bambino un sentimento di “sicurezza”, perchè sa già cosa aspettarsi
dalla scena successiva. Un bambino che “sa” cosa aspettarsi dai
propri genitori, crescerà sicuro, imparerà gradatamente e con meno
difficoltà a controllare l’ansia e sarà meno ribelle o aggressivo,
poiché imparerà non solo ad obbedire ma, soprattutto, a condividere
il comportamento dei genitori facendolo proprio. Gli imperativi dei
genitori devono essere disciplinati, equilibrati e motivati. I
bambini devono sentirsi partecipi delle scelte familiari e, in
questo modo, i comandi saranno sempre meno indispensabili. I
genitori otterranno molto più di quanto ottenibile con sistemi
drastici, forti e soprattutto non condivisi dai bambini. Le
restrizioni dovranno essere ragionevoli. Eccessiva restrizione ed
eccessiva permissività sono le due facce di una stessa medaglia. Un
contesto familiare di eccessiva restrizione, che si nota in bambini
e ragazzi tenuti da sempre sotto la cosiddetta “campana di vetro” o
“controllati a vista”, con scarsa opportunità di decidere, sbagliare
ed imparare dall'errore, genera un sentimento di forte inadeguatezza
che è spesso espresso con forte timidezza ed apparente scarso
quoziente di intelligenza.
Al
contrario, quando il lassismo dei genitori è evidentemente
eccessivo, quando il pensiero dei genitori ritiene che porre regole
non sia opportuno per la crescita dei propri figli, questi
reagiscono assumendo comportamenti poco rispettosi verso gli altri.
Troveranno così grandi difficoltà ad adattarsi ai contesti che la
vita sociale pone ad ognuno e saranno scarsamente motivati ad
appassionarsi nella vita.
Difficilmente individui con tali caratteristiche avranno successo in
qualsiasi cosa faranno.
LA FIDUCIA
La fiducia è fondamentale, una conquista molto
importante che comunque non può essere “cieca”, ma accompagnata da
un controllo tranquillo, equilibrato, sensibile e, soprattutto,
rispettoso dei figli che, bisogna sempre tenerlo a mente, sono
persone con una loro individualità.
LE ASPETTATIVE DEI GENITORI
Ogni bambino ha una percezione di sé strettamente
collegata a come si sente visto dai propri genitori. Genitori che
danno segno di non nutrire aspettative o mostrano poco interesse in
ciò che fanno i propri figli, porteranno questi a pensare di non
valere un granchè con ripercussioni sulla loro autostima, sul loro
piano motivazionale e sulla ricerca del successo in qualsiasi
ambito. Aspettative eccessive, di contro, possono produrre una
autostima esagerata che influenza negativamente la percezione della
realtà, portando il bambino a idealizzare il successo e a credere di
poterlo raggiungere con estrema facilità. In una tale condizione, il
bambino prima, l’adolescente poi e, infine, l’adulto, saranno
inclini a fenomeni depressivi determinati dall’illusione e dallo
scontro con una realtà ben diversa da quella idealizzata.
L’AIUTO DEI GENITORI
Una regola generale per i genitori è la
“discrezione”. Quando i bambini sono in difficoltà, è opportuno non
offrire loro soluzioni già “confezionate” ma indicazioni di massima,
in modo che i bambini giungano alla meta con una certa autonomia.
Diversamente, si andrebbe a minare il loro senso
di efficienza e si alimenterebbe la sensazione di aver sempre
bisogno di un aiuto esterno. Raggiungere un obiettivo con le proprie
possibilità, innesca un sentimento di autostima e un appagamento
psicologico di estrema importanza. Il genitore avrà il compito di
capire se l’obiettivo è comunque alla portata del bambino,
altrimenti la reazione al mancato raggiungimento della meta avrà
l’effetto contrario.
I RINFORZI
I
rinforzi sono quegli atteggiamenti attuati dai genitori per lodare
in modo particolare il bambino in un determinato contesto. Durante
la fase delle prime espressioni verbali, il rinforzo funge da
incentivo affinchè il bambino sia stimolato a parlare. Può capitare
anche di dover attuare tecniche di rinforzo in bambini inappetenti
quando riescono a finire la pappa. In altri casi, i rinforzi e le
eccessive lodi possono ottenere l’effetto contrario, soprattutto se
il rinforzo viene usato solo in determinate circostanze e non in
altre. Per esempio, un caso opposto a quello sopra citato è quello
del bambino che non ha problemi con il cibo e che, una volta
“pulito” il piatto, vede la mamma che si compiace e lo riempie di
complimenti per aver mangiato tutto, ma non fa altrettanto in altri
momenti significativi, come quando il bambino impara a saltare, a
indossare un abito ecc… In tale frangente l’effetto del rinforzo
operato solo nel mangiare può far nascere nel bambino un senso si
appagamento associato al cibo e la conseguenza di vedere aumentato
il desiderio di nutrirsi. Inoltre, i rinforzi perdono di significato
se fatti troppo di frequente. E’ sempre bene porsi di fronte al
bambino con sincerità, ricordandosi che non siamo di fronte ad un
adulto sciocco, ma ad un piccolo essere umano. Termina qui la
seconda parte della esposizione dei processi di “costruzione”
dell’autostima. Nella terza ed ultima parte si illustreranno la
comunicazione, il dialogo, la gestione del potere e l’autorevolezza
concludendo questo piccolo trattato sul “mestiere più difficoltoso
del mondo”, quello del genitore. |