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Di: Ennio Falsoni (da:www.fikb.it)
Ripenso alle domande - anche
idiote - che mi facevano alcuni presidenti di federazioni straniere affiliate
alla Wako alla vigilia dei mondiali di Agadir (“ma, possiamo comprare i
biglietti d’aereo,siamo sicuri che ci saranno?”, “ma come la mettiamo con
la sicurezza?”, ma che razza di cibo mangeremo?”), e mi viene da sorridere
ora , ripensando alle loro facce dinnanzi alla spettacolarità di un palasport
gremito sino all’inverosimile durante le finali, alla vista della televisione
in diretta per ore, dinnanzi a cene luculliane in atmosfere esotiche offerte
loro ogni sera insieme a un centinaio di commensali.
Signori… giù il cappello!
I marocchini, i tanto bistrattati marocchini che all’angolo delle strade o nei vari posti di lavoro in tutta Europa sono a volte oggetto di vergognosi atti di razzismo, hanno compiuto nel loro paese una promozione e un’organizzazione fantastica dei Mondiali Wako di low-kick, thai-kick. Un’edizione davvero indimenticabile per chi ha avuto la fortuna di assistervi e magari di viverla in prima persona. Se a tutto ciò, unite il fatto che gli atleti, al solito, sono stati strepitosi, avrete un’idea più esatta di cosa dev’essere stato questo primo mondiale africano nella storia della kickboxing.
Conoscevo l’abilità diplomatica e tecnica dei dirigenti e degli atleti
marocchini perché abbiamo stretti rapporti dal 1991, ossia dai Mondiali di
Parigi promossi dall’allora presidente George Boissin e durante i quali si
mise in luce un atleta che si chiamava Abel El Quandili che ebbe poi una
bellissima carriera. Tantissime le medaglie vinte dai marocchini un po’
ovunque in tutti questi anni, così come tanti di loro sono poi divenuti
affermati campioni in diverse discipline (basti citare Kamel Chouaref!), dalla
savate, alla kick, al full contact, alla thai. Quando decisi di offrire loro l’opportunità di ospitare un mondiale Wako, sapevo che sarebbero certamente stati in grado di farlo, perché il Marocco, tra tutti i paesi arabi, è quello più avanzato nelle nostre discipline. Ma quello che sono riusciti a mettere insieme ad Agadir, devo francamente dirlo, è andato anche oltre ogni mia più rosea aspettativa. Ciò che mi ha affascinato è stato il constatare che dietro a questa impresa non c’era solo una o due persone , come spesso succede. Dietro a questa scommessa, c’era un’intera federazione e un intero paese: il Marocco. Pensate che, così come si fa nel football, la nazionale marocchina ai nostri mondiali era composta da atleti che normalmente vivono in Olanda, in Francia, in Spagna.
Da quei paesi hanno richiamato in patria i migliori, hanno chiamato a
raccolta i più titolati campioni, coach e manager marocchini ( da Mohammed
Aithassou, a Kuider, da Mousid Akhamrane a Kamel Chouaref e Mustapha Lahksam
appunto), e hanno creato uno squadrone formidabile :41 atleti marocchini hanno
preso posto ai nastri di partenza di questi mondiali, secondi solo alla
corazzata Potomkin russa che ne ha schierati 46. Era insomma bello vedere già
in partenza che c’era uno spirito di corpo, un attaccamento disinteressato ai
colori, alla bandiera, al proprio Paese, che raramente mi è dato vedere
altrove. In conferenza stampa, appena
arrivato ad Agadir il 16 settembre, non mi è stato dunque difficile indicare in
quei due paesi come tra i favoritissimi dei Mondiali. Cosa puntualmente
avveratasi ovviamente. Alla fine, mettendo insieme il medagliere di low-kick e
thai-kick, russi e marocchini hanno vinto 14 medaglie d’oro e 7 bronzi a testa
. Ma a fare la leggera differenza, sono stati gli argenti: 9 per Per entrare nel dettaglio, separando le due specialità, dirò subito che l’Italia ha ottenuto un successo insperato, perché alla fine è finita quinta nel computo globale delle medaglie, dietro a Russia, Marocco, Bielorussia e Croazia nell’ordine. Niente male davvero. Nella low-kick per esempio, dietro a Russia e Marocco, che hanno fatto un po’ il vuoto, ammettiamolo, c’è addirittura …l’Italia ! Sì, incredibile dictu, avete letto bene. E quindi il resto del mondo, a partire da Kazahkstan, Serbia, Polonia, Bosnia, Kyrgysztan sino giù all’India. Nella thai-kick invece , siamo finiti quinti, dietro a Marocco – primo- Russia,Bielorussia, Croazia e Spagna nell’ordine. Una cosa davvero incredibile, se ripenso alla prima giornata dove i nostri alfieri erano usciti tutti al primo turno. Mi aveva preso quasi lo sconforto tanto non vedevo come diavolo si potesse portare a casa una medaglia in mezzo a tanti mostri. Ben 200 gli atleti nella low-kick, un numero record per questa specialità molto dura e difficile, mentre poco più della metà quelli nella thai-kick.
L’Italia perdeva al primo turno nella low-kick Cristian Zedda (54) , Simone
Sulcanese (57), Matteo Iarlori(63,500) , Francesco Impallomeni (71) , Stefano
Paone (75) Roberto Margotti (81), Claudio Grazioni(86), Simone Procaccino(67).
Ovviamente ci sarebbe qualcosa da dire per alcune di queste sconfitte.Ma si sa,
oltre che alla bravura personale, senza la quale non si va da nessuna parte, ci
vuole sempre anche un po’ di fortuna nei campionati che sono organizzati a
torneo. Molti dei match che finiscono 2-1 (split decision), potrebbero avere una
sorte diversa, se questo o quel giudice… Ma sono discorsi vecchi. All’Italia
non andava bene niente il primo giorno e sembrava che tutti i giudici
(nonostante l’ottimo lavoro di Roberto Fragale e di Francesco Pellegrino in
qualità di chief referees!) ce l’avessero con noi
(cosa non vera, ovviamente). Solo il sardo Massimo Solinas(60) riusciva a
ridarci il sorriso che al primo turno e sempre per “split decision” aveva
battuto il tunisino Seifeddine Sassi.
Nella Thai-kick, uscivano al
primo turno Andrea Molon e Rosario Presti (75)dell’Accademia Sicilia. Nel secondo giorno, usciva anche Salvatore Abate (81), Riccardo Ginepri(86) e Gianpietro Marceddu (54), nella thai-kick pur combattendo tutti molto intelligentemente e mettendo in mostra un’ottima tecnica, rispettivamente contro il bielorusso Angalevich Yauhen (poi vincitore dell’oro), Abdelilah Sarti, marocchino (poi vincitore dell’oro), il russo Shamil Abdulsalilov,poi vincitore dell’argento. Abbiamo perso, ma mica contro atleti qualsiasi. I due tecnici della thai-kick, Mauro Samperi e Giorgio Iannelli, allargavano le braccia, un po’ sconsolati. Non c’era niente da fare, erano più forti dei nostri. Entrava invece in semifinale, dopo aver passato il turno per sorteggio, Umberto Lucci di Roma nella low-kick che batteva nel secondo turno , e piuttosto nettamente, il serbo Goran Radonjic. Cominciavamo a sperare.
Ma è nel terzo giorno che l’Italia ha cominciato la sua vera corsa, soprattutto con le sue ragazze della low-kick.. Rita de Angelis(52) di Roma, Barbara Plazzoli(56) di Bergamo e Mimma Mandolini(65) di Pescara, che avevano passato il primo turno per sorteggio, battevano rispettivamente la russa Ekaterina Dumbrava, la tunisina Rim Jouni, la kazaka Diana Bilyaliva, agguerrite avversarie in semifinale e si aprivano le porte delle finalissime. L’unica a perdere è stata l’altra bergamasca Pierina Guerrieri(-70) che ha avuto la sfortuna di imbattersi nell’altissima e fortissima russa Vera Avdeeva – poi vincitrice del torneo-, contro la quale non c’è stato nulla da fare. Tra gli uomini, nella low-kick, perdevamo invece in semifinale Umberto Lucci(86) che purtroppo, vittima di una infiammazione alla mano destra, è partito troppo lentamente contro il croato Marin Roso. “Mi faceva male la mano – mi ha poi detto -, ed ero un po’ come bloccato mentalmente.”
I coach massimo Rizzoli e Riccardo Bergamini lo hanno poi ‘svegliato’ all’angolo,
durante il primo intervallo, e Umberto ha dimostrato di poter battere il croato
che invece è stato dato vincente , sempre per “split decision”. Peccato,
perché Lucci avrebbe certamente meritato, dopo 2 bronzi negli ultimi due
campionati del mondo e d’Europa, di valere l’argento in questa categoria.
Nella thai-kick, ci faceva felici invece Michelino Iezzi(63,500) di Livorno, che batteva nettamente , dopo aver passato il primo turno per sorteggio, il russo Mihail Misin, russo, in semifinale. Nel quarto e ultimo giorno, dinnanzi a 5000 spettatori che hanno assiepato in ogni ordine di posto il grande impianto di Agadir, dinnanzi alle massime autorità della regione e del comune e a tante personalità dello sport, con la televisione nazionale marocchina che riprendeva in diretta le fasi salienti, si è arrivati all’apogeo di questi campionati per intensità di emozioni e qualità di combattimenti. Delle nostre tre donne in finale, Barbara Plazzoli stata a prima a perdere ai punti contro la fortissima russa Lidia Andreeva. Purtroppo Barbara non ha capito che la russa era imbattibile sul piano pugilistico. Lei ha voluto invece farci a cazzotti ( ma in quei momenti è anche difficile cambiare strategia se non sei allenato a farlo ) , ed è finita con un gran bel occhio nero.
Rita De Angelis invece si è trovata alle prese con una scorbutica avversaria, la marocchina Fatima Majdouline, che era parecchio eccitata la sua parte e appena in difficoltà, si avvinghiava alla nostra atleta romana come di più non si potrebbe. E’stata una finale bruttina, molto confusa, dove c’era troppa eccitazione da ambo i lati, ed è finita con la nostra sconfitta. Peccato, perché l’avversaria era più che alla portata.
Peccato anche per il livornese Michele Iezzi che ha avuto la sfortuna, per così dire, di battersi in finale contro Mohamed Ajuau , un marocchino in Marocco. Supportato poi dal tifo di un pubblico davvero incredibile, che riusciva sempre a spingere i propri atleti al di là dei loro limiti fisici e mentali, Iezzi ha comunque tenuto bene la scena e dico francamente che se fosse stato in Italia lo stesso match, avrebbe vinto lui . Invece abbiamo perso. Ma a darci il primo grande e unico trionfo ad Agadir è stata ancora un volta – come già a Belgrado nel 2001 – una donna, una giovane pescarese, Mimma Mandolini, allieva di Riccardo Bergamini, che solo lo scorso anno aveva fatto la sua prima uscita internazionale vincendo un bronzo agli Europei di Budva. In finale Mimma ha trovato la russa Olga Zyk e francamente pensavo che sarebbe stato un massacro. Invece, sorretta a una grande condizione fisica e mentale, Mimma ha saputo ribattere sempre colpo su colpo, entrava e usciva, non si fermava mai a scambiare a lungo. Insomma ha attuato evidentemente una tattica perfetta per questo incontro che ha vinto, dando all’Italia l’unico oro della spedizione africana, che è finita in trionfo.
Per sintetizzare il successo di
questi mondiali, racconto solo un aneddoto. Alla fine, salutando tutti, ho
chiesto a uno di quelli che erano molto scettici prima di venire, cosa ne
pensasse di quell’edizione. Mi ha guardato negli occhi e mi ha detto : “
Quando torniamo?”.
A breve, sarà a disposizione
dei nostri associati una gallery di fotografie relative ai Mondiali. (www.fikb.it)
Noi de ilguerriero.it invece, vi diamo appuntamento con un nostro particolareggiato articolo redatto dai nostri collaboratori presenti sul posto.
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