In una Garden Arena
stracolma di gente, il gigante olandese, già campione del K-1
giapponese , di Strike Force e di Pride, chiude il conto col rivale
in un amen. Dopo la sconfitta, Lesnar annuncia il ritiro.
Overeem Chiude La Carriera A Lesnar
Nuovamente a Las Vegas, per l’evento UFC dell’anno
Di: Ennio Falsoni
Sono Las
Vegas per il secondo anno consecutivo nello stesso periodo, verso la
fine dell’anno. Ma ci sono venuto, al contrario della maggior parte
di altri milioni di persone che arriva in questa che è considerata
la capitale mondiale dell’intrattenimento, non per giocare al casinò
o per andare a vedere uno dei tanti e meravigliosi spettacoli in
programma, quanto per assistere al mio primo evento UFC “live”,
ossia dal vivo. L’incontro a Milano nei mesi scorsi, complice Emilio
Appiana di Budo International, con Lorenzo Fertitta, uno dei
proprietari della società Zuffa che gestisce l’UFC, era stato
determinante in questo: mi aveva invitato ad andare a Las Vegas
perché mi rendessi conto di cos’è oggi l’UFC. Ed eccomi qui, ansioso
di fare questa ennesima esperienza. Sono ospite al MGM Grand, uno
dei più grandi alberghi della città con le sue 3.000 stanze (anche
se ormai un po’ vecchiotto e bisognoso di un restyling) , capace
quindi di contenere oltre 6000 persone. Proprio davanti alla
reception, come uno arriva sbatte contro la famigerata “cage” o
‘gabbia, o ottagono , che è il luogo dove avverranno gli incontri di
MMA. Al centro della gabbia, un leone dorato della MGM - il
simbolo di questo albergo – che serve a pubblicizzare l’avvenimento
e che è usato dai molti turisti per immortalare la loro presenza.
E’ il 28 di dicembre e vado ad assistere alla conferenza stampa
di presentazione dell’avvenimento che è organizzata proprio lì, alle
ore 13.00 , davanti alla gabbia, in uno spazio organizzato con
tanto di palco e posti a sedere per i soli giornalisti e invitati e
davanti ad uno stuolo di televisioni di molti paesi stranieri che
ormai stabilmente seguono gli incontri di MMA, come la televisione
israeliana o la Fox Tv Messicana. Dietro le transenne, almeno 200
gli spettatori e i curiosi che seguiranno l’evento. Fa il suo
ingresso sul palco per primo Dana White, presidente dell’UFC e
praticamente l’uomo che ha convinto i fratelli Frank e Lorenzo
Fertitta ad investire nelle MMA acquistando l’UFC dai Gracie nel
2001. Parla brevemente a raffica, con voce ferma e decisa,
annunciando il 141esimo evento della storia dell’UFC e che sarà
imperniato sostanzialmente su due incontri clou: quello che vedrà di
fronte Donald “Cowboy” Cerrone (28 anni, di Albuquerque, 17 vittorie
e 3 sconfitte nel suo record, un kickboxer puro) contro Nate Diaz,
di Stockton (California), di 26 anni che ha al suo attivo 14
incontri vinti e 7 persi e un passato di Ju Jitsu; e, quello più
atteso, tra l’ex campione dei massimi dell’UFC Brock Lesnar, di
Alexandria nel Minnesota, 34 anni, già lottatore e giocatore di
football americano, di 120 chili, un colosso taurino pazzesco per
193 centimetri d’altezza, che dovrà vedersela contro colui che è
ormai una leggenda vivente degli sport da combattimento, Alistair
Overeem, 31 anni per un metro e 98 centimetri, di Amsterdam
(Olanda), 69 incontri professionistici alle spalle con 11 sconfitte,
ma già campione del mondo di Strike Force e di Pride nell’MMA, e due
volte vincitore del K-1 Grand Prix giapponese (l’ultima volta
demolendo Peter Aerts in finale). Prima di dare la parola ai
protagonisti, Dana White aveva invitato tutti a vedersi i filmati di
presentazione degli atleti in questione. Su due display, alcuni
spezzoni dei protagonisti in match passati, ottimamente montati,
alcune riprese nel corso degli allenamenti e le loro dichiarazioni
che verranno poi ripetute anche dal vivo nel corso della conferenza
stampa. Tra Cerrone e Diaz pare non corra buon sangue. Cerrone è
molto fiducioso, è pronto a combattere e darà il massimo come fa
sempre. Diaz è molto nervoso e dice che non vede l’ora
di cominciare. Ma quando i due vengono invitati a mettersi di
fronte per le fotografie di prammatica, Diaz spintona Cerrone che
invece sorride beffardo. Ma si passa subito dopo al vero clou della
serata, quello che vedrà di fronte i due colossi dell’UFC. Dana
White dice di essere contento che finalmente Alistair sia approdato
da loro ed è ovvio che, nonostante il suo curriculum impressionante,
l’UFC non poteva fargli incontrare subito il loro campione del
mondo, Junior Dos Santos, brasiliano, che aveva precedentemente
tolto il titolo proprio a Lesnar che era stato costretto alla resa
con uno strangolamento effettuato dal brasiliano con le gambe
quando si trovava a terra e Lesnar era sopra di lui. Quell’incontro
dunque era una sorta di semifinale e il vincitore, avrebbe avuto la
possibilità di sfidare il campione. Brock Lesnar, che mi è apparso
più teso del rivale, si è detto convinto di poter battere Alistair
perché più veloce, più determinato e più forte nella lotta a terra
dell’avversario. Per contro Overeem, con la sua faccia sempre
uguale, i suoi occhi piccoli come spilli e il suo enorme e iper
sviluppato trapezio, si limita a dire con voce calma e sicura: “ So
che il mio avversario non ama prendere colpi in faccia e allora io
dico che lo picchierò come nessuno lo ha mai fatto prima, con tutta
la potenza che possiedo. Prevedo che il match non vada oltre la
prima delle tre riprese previste, al massimo entro la seconda.” Era
una dichiarazione molto forte e che certamente incuteva rispetto,
detta da uno straniero in suolo americano. E visto che era a casa di
Brock e di fronte al suo pubblico, ho pensato che Alistair deve
avere una fiducia estrema nei suoi mezzi e un grande carattere. Di
fatto, visti anche i brevi filmati sulle rispettive carriere, il
match si presentava perfetto perché c’erano a confronto due modi di
interpretare l’MMA: da una parte un lottatore puro, uno che “la
lotta l’aveva nel suo DNA –come ha detto poi lui stesso -, perché
lo faceva dall’età di 5 anni” -; dall’altra un vero e proprio “striker”,
un colpitore, un atleta che aveva nei calci, nei pugni e nelle
ginocchia le sue armi più temibili e efficaci (anche se Overeem sa
lottare benissimo). La pubblicità dell’incontro diceva: “Più
grossi di così non si può” (nell’UFC , dove esistono solo 7
categorie di peso, la categoria dei massimi si ferma a 120 chili) e
vi assicuro che visti da vicino al peso, i due mi sono sembrati due
armadi, due tank pazzeschi, due atleti che di lì a due giorni, si
sarebbero lanciati uno contro l’altro in uno schianto terribile. Nel
listino delle scommesse , Lesnar era dato vincente per il 67% degli
scommettitori, mentre all’olandese restavano le preferenze di solo
33 persone su cento. Non vedevo l’ora di vederli all’opera. Il 29
Dicembre, Ike Lawrence Epstein, vice-presidente esecutivo dell’UFC e
Consigliere Generale di Zuffa Llt. (che avevo conosciuto al primo
incontro con Lorenzo Fertitta), mi viene a prelevare nella Hall
dell’albergo e mi porta alla Grand Arena dove avrà luogo il Gala il
giorno dopo. Si va a vedere il peso ufficiale degli atleti. Anche
Brock e Alistair dovranno pesarsi perché devono rientrare nei 120
chili, che è il massimo consentito. Mi introduce nel back stage ,
nel dietro le quinte, dove nel frattempo, prima di pesarsi, gli
atleti che partecipano al Gala sono tutti visitati da due medici
specializzati che fanno parte dell’Athletic Commission del Nevada,
l’organo che è preposto al controllo e alla supervisione di tutti
gli sport professionistici in ogni Stato degli Stati Uniti. I
medici compiono dei prelievi anti-doping fuori gara e dopo la gara,
controllano i certificati medici, compiono addirittura
elettroencefalogrammi o cardiogrammi nel caso gli atleti non ne
possiedano e test anti-droghe. Uno dei successi dell’UFC dei
Fertitta e di White, risiede proprio nell’aver inserito le categorie
di peso rispetto ai tempi dei Gracie, e soprattutto la serietà dei
controlli medici prima, durante e dopo gli incontri. Per l’UFC,
incontro un veterano del mestiere, Marc Ratner che si occupa dei
rapporti con l’Athletic Commission, Michael Mersch, un altro
vice-presidente di Zuffa e con loro mi intrattengo parlando di WAKO
e di come, nei diversi paesi, siamo pronti a dare una mano allo
sviluppo di una vera e propria Federazione mondiale dilettantistica
di MMA, la WMMAF appunto cha a Tallinn, in Estonia, terrà la sua
seconda edizione dei propri Mondiali nel mese di Giugno. Tutti sono
interessati alla nascita e allo sviluppo di una vera e propria
federazione, perché l’UFC sa benissimo che in Europa, in Asia e in
Africa, l’avere al proprio fianco una Federazione riconosciuta dai
rispettivi Comitati Olimpici è di fondamentale importanza se si
vuole poter organizzare eventi UFC. Pertanto, una collaborazione tra
le due entità sarà auspicabile se non addirittura ineluttabile. Ed è
la ragione fondamentale per cui mi trovo a Las Vegas , ovviamente.
Qui, rivedo Lorenzo Fertitta che nuovamente ringrazio per
l’ospitalità e per avermi invitato, nonché mi introducono ad
Alistair Overeem in persona. Mi trovo davanti un vero e proprio
colosso, oserei dire dalle sembianze di un gorilla, tanto è grosso.
Mi stringe la mano con la sua manona e mi sorride. Mi sembra proprio
un bravo ragazzo e ovviamente gli auguro “in bocca al lupo” per il
suo prossimo match. Mi sposto quindi nella parte dell’Arena adibita
al peso ufficiale e vedo una roba mai vista, una scenografia
grandiosa: ci saranno almeno 4000, dico 4000 persone ad assistere al
peso! Una roba mai vista neanche ai tempi del K-1 di Ishii e ciò
basti per farvi capire l’attesa, la tensione palpabile, l’interesse
incredibile che Gala di quel tipo e con quei personaggi suscitano
nel pubblico americano. Due mega screen fanno vedere in sintesi i
profili dei vari atleti che , sempre da Dana White, vengono chiamati
sul palcoscenico per il peso ufficiale. Salgono, si spogliano
restando in mutande (solo Alistair Overeem si peserà in jeans),
posano uno di fronte all’altro per le solite foto di prammatica ad
uso e consumo dei fotografi, pacche sulle spalle, strette di mano,
abbracci e scendono bevendo sempre qualcosa per idratarsi e
recuperare i liquidi persi per fare il peso. Solo uno non risulterà
entro i limiti: sarà Nate Diaz che risulterà sovrappeso di mezzo
chilo, ma Cerrone non fa sconti: esige il rispetto delle regole.
“L’atleta ha un’ora di tempo per rientrare nel peso” – viene
annunciato da Dana White. Ma non c’è dubbio che ce la farà. Pregusto
ormai il giorno del Gala. Il 30 Dicembre, arrivo all’MGM Garden
Arena verso le 5 del pomeriggio. Anche se mi avevano consigliato di
arrivare più tardi, visto che gli incontri principali sono previsti
dalle 7 in poi, voglio vedere anche gli incontri preliminari e
guardarmi attorno per riempirmi gli occhi e la mente, per assorbire
quanto più potrò di quell’esperienza. L’Arena ha numerose entrate,
ma noto immediatamente l’incredibile numero di personale addetto
alla sicurezza. il controllo del pubblico che affluisce è accurato
come di più non si potrebbe e non c’è verso che chi ti controlla sia
mosso da compassione per alcuno o qualcosa. Hanno avuto degli ordini
e sono molto fiscali. Devi seguire le loro indicazioni e nessuna
discussione. Tutti devono attenersi alle disposizioni. Entrare
nell’Arena è come andare in un aeroporto e dirigersi verso il gate
del tuo aereo. Ci fanno scendere nel parterre e stuoli di hostess ti
ricevono e ti accompagnano nei posti assegnati. Sono a pochi metri
dall’ottagono, dalla gabbia, ma essa è circondata letteralmente da
altri uomini enormi , dagli addetti alla sicurezza. Non c’è
possibilità di avvicinarsi ulteriormente. Al mio arrivo, l’Arena
presenta ancora molti posti a sedere vuoti, ma non ho alcun dubbio
che per gli incontri principali ci sarà il pienone. E così sarà. IL
cartellone prevede ben 11 incontri, tutti della durata di 3 riprese
di 5 minuti con intervallo di 1 minuto per il recupero tra una
ripresa e l’altra. Prima dell’ingresso ufficiale di ogni atleta,
annunciato da Buffer con la sua voce ormai inconfondibile, su 6 mega
schermi posti in alto, all’interno della grande Arena, compaiono le
interviste realizzate ai contendenti nel back stage, negli
spogliatoi, nel dietro le quinte così che ciascuno comincia a farsi
un’idea, attraverso i loro curriculum, di chi e come combatterà,
l’arte marziale da cui provengono, cosa pensano dell’avversario.
Buffer annuncia un protagonista alla volta. Sugli schermi li vedi
uscire dagli spogliatoi, seguiti dai loro secondi (sempre almeno
3-4 persone al seguito), ed entrare nell’Arena accolti – a seconda
della caratura dei personaggi -, dai boati della folla presente.
Appena l’atleta si avvicina alla “cage”, un addetto lo ispeziona,
anche se tutti portano shorts attillati (e certamente non potrebbero
nasconderci dentro un’arma o un oggetto contundente), bendaggi e
guantoni indossati e pronti dunque per combattere. Finita
l’ispezione, entra in azione un altro specialista che cosparge della
vasellina sulle arcate sopraccigliari, a tutti la stessa quantità e
con gli stessi gesti esperti e le stesse modalità, quindi fa il suo
ingresso nella gabbia. Per lo più molto concentrati e abbastanza
tesi (nessuno sorride…) una volta al’interno dell’ottagono
cominciano a saltellare o a muovere la testa a destra e a sinistra
per liberare il trapezio dallo stress del momento, dalle tensioni
accumulate nell’attesa. E così attendono l’avversario , il cui nome
viene urlato dal solito Buffer. Si assiste al rito precedente,
finché entrambi gli atleti sono all’interno dell’area di
combattimento. Escono i secondi, l’arbitro centrale chiama al centro
i contendenti, fa loro le ultime raccomandazioni e si parte: il
match può cominciare. Tocca a loro, ai protagonisti e finalmente
sotto i miei occhi, assisto per la prima volta ad un incontro UFC!
Noto subito però che guardare gli atleti combattere nella cage non
è agevole. La rete e la porta mi impediscono di vedere bene quello
che succede anche se sono a pochi metri. Anzi, di fatto l’incontro
lo si segue molto meglio osservando uno schermo e il pubblico, mi
accorgo, fa lo stesso. Si seguono gli incontri molto meglio
guardando lo spettacolo come se lo si guardasse in televisione.
Oserei dire che di spettacolo non ce ne sarebbe se così non fosse!
L’UFC dunque solo in questo modo è spettacolo, in sintonia coi tempi
e con le moderne tecnologie. Ecco allora l’importanza della
televisione a circuito chiuso nell’Arena. Ovviamente non tutti gli
incontri sono belli. Alcuni sono molto sbilanciati, ossia vi è
un’enorme disparità di rendimento tra un atleta e l’altro, c’è un
vero e proprio dominio da parte dell’uno nei confronti dell’altro,
come nel caso di Jimy Hettes, un giovane esperto di ju jitsu e
judo contro Nam Phan , un californiano di origini vietnamite che
incassa un sacco di colpi, viene proiettato a più riprese, ma che
riesce a uscire da situazioni imbarazzanti e a terminare
l’incontro tra gli applausi del pubblico che elogia il suo spirito
indomito, pur perdendo per un divario abissale. Oppure finiscono
molto presto, per colpi precisi che vanno a segno implacabili, come
nel caso di Johnny Hendrick (un texano dalla barba di un musulmano
sciita) che ha messo K.O. con un perfetto gancio di sinistro alla
punta del mento il suo avversario, il californiano di S. José, Jon
Fitch. O come lo svedese Alexander Gustaffson, un bel atleta
longilineo di 24 anni, che ha messo K.O. di diretto destro il
californiano di El Segundo Vladimir Matyushenko, di ben 40 anni, a
pochi secondi dall’inizio dell’incontro! Ma è verso la fine del
Gala, quando entrano in scena i 4 che avevo conosciuto nel corso
della conferenza stampa, che riesco ad emozionarmi di più. Nate Diaz
e Donald Cerrone rappresentano l’ultimo incontro prima dell’arrivo
dei colossi. Mi aspettavo ,anche qui, un confronto di stili diversi:
Diaz che cerca di buttare a terra l’avversario per far prevalere la
sua miglior disposizione alla lotta e Cerrone che lancia i suoi
potenti attacchi di calcio e di pugno per evitarli. Invece per quasi
tutte e tre le riprese abbiamo assistito…ad un incontro di boxe dove
il più alto e longilineo Diaz ha impartito una sonora lezione a
Cerrone, che in conferenza stampa mi pareva più forte e spavaldo.
Invece Diaz ha vinto per giudizio unanime e con largo margine un
incontro che è stato per certi aspetti deludente per le ragioni
succitate. E siamo dunque al match più atteso e importante, Brock
Lesnar contro Alistair Overeem, e anche se l’incontro non è valido
per il titolo di campione del mondo, a battersi sono due
autentici giganti e sono certo che non mancherà lo spettacolo. Nel
frattempo, in attesa che facciano il loro ingresso , faccio
conoscenza di Randy Couture, un famosissimo campione di un recente
passato nella UFC ( e che forse verrà in Italia allo Stage
Nazionale federale), e un altro grande e storico personaggio della
lotta e dell’UFC (ha partecipato e perso nel secondo torneo a 8 del
1995 proprio contro Gracie), l’americano Dan Severn. Sia Brock che
Alistair non mi sembrano abbiano sudato più di tanto prima di salire
nell’ottagono. L’olandese appare calmo, mentre al solito l’americano
è teso e contratto, e lo si vede. Sono proprio curioso di vedere se
Overeem sarà di parola e se Brock, come pensavo, al via dell’arbitro
centrale si butterà come una furia su Alistair.Di lì a poco resterò
deluso: niente di tutto questo. Il pubblico è ammutolito, la
tensione è alle stelle. Tutti sappiamo che a quel peso, basta un
colpo ben assestato per chiudere la partita e sono attentissimi
alle mosse dei due. Entrambi si mettono in guardia, si portano al
centro dell’ottagono e noto subito che Overeem ha le braccia più
abbassate di quando combatteva nel K-1 ovviamente, e una posizione
più bassa e larga , con gamba sinistra avanti , che quella usata
contro Peter Aerts . La ragione è semplice, ovviamente: gli atleti
tengono le braccia all’altezza dei pettorali perché le insidie
arrivano sia di pugno e calcio, ma anche dagli attacchi alle gambe.
Per questo il baricentro della posizione di guardia è pure
abbassato, per evitare di essere portati al suolo facilmente. Sia
Brock che Alistair tentano qualche timido attacco di pugno, ma
riescono a schivarli. Brock non osa attaccare l’avversario, ed
allora è Alistair che rompe gli indugi a poco meno di un minuto
dal’inizio dell’incontro e mentre Brock è quasi contro la rete
della gabbia, gli lancia un poderoso colpo di ginocchio sinistro che
va a schiantarsi contro il tronco del carro armato americano. E’
come se un missile fosse andato a segno. L’americano è visibilmente
scosso, quasi piegato in due, ma anziché balzargli addosso Overeem
lo fa rimettere in posizione eretta e dopo aver fintato un attacco
di pugno, sempre da guardia destra, scarica questa volta un
poderoso calcio circolare sinistro che va perfettamente a segno
nella zona del fegato dell’americano che si accartoccia in due
contro la rete della gabbia. Finisce seduto sul tappeto con la
schiena contro la rete, ma nel regolamento UFC non c’è conteggio in
questi casi , quindi Alistair ,questa volta sì, è su di lui e mentre
con la sinistra gli tiene la testa, con la destra lo colpisce tre
volte di gancio. Interviene prontamente l’arbitro e decreta il TKO.
Alistair ha vinto e ha mantenuto la promessa in poco meno di un paio
di minuti, che sicuramente saranno stati lautamente pagati! Come
tutto il pubblico, sono anch’io balzato in piedi per una “standing
ovation” per il vincitore, e inneggio ad Alistair che avevo dato
vincente, ma anche perché negli ultimi due incontri ho visto come
dei kickboxer perfettamente allenati , possano impensierire e
battere i lottatori. Overeem lo considero un kickboxer, uno striker e
prevedo grosse possibilità anche per i nostri atleti di ben figurare
in questo nuovo aspetto delle Arti Marziali. Entra nell’ottagono
anche un intervistatore ufficiale che pone le solite classiche
domande: cosa pensi del tuo avversario, che farai adesso? E Brock
Lesnar, in maniera del tutto inaspettata sia per i fans che per gli
organizzatori, senza mezzi termini si complimenta con il vincitore,
ringrazie i Fertitta per le opportunità che gli hanno dato e
dichiara che quello era il suo ultimo match della carriera. Dice che
lo aveva promesso a sua moglie e ai suoi figli. Era tempo che si
dedicasse a loro. Chiude così la carriera nell’UFC ,un poco
amaramente, un figlio di questa moderna America. Overeem è anche
lui di poche parole: è andata come pensavo che andasse. E alla
seconda domanda dice: “e ora toccherà la stessa cosa a Dos Santos!”,
il quale nel frattempo era a bordo ring e si godeva la sua fresca
notorietà e sorrideva compiaciuto all’idea di affrontare il colosso
olandese. Sarà sicuramente un altro match tutto da gustare perché
anche Junior Dos Santos è un lottatore puro, un grande esperto di
Brazilian Ju Jitsu e dal confronto dei due modi fondamentali di
combattere, nascerà l’interesse e la bellezza dell’incontro. Anch’io
avevo avuto la mia bella esperienza e una volta in camera, mi
sono chiesto come mai le MMA abbiano questo travolgente successo in
America e tra poco, sono certo, nel mondo intero. Ho rivissuto i
sogni di coloro che hanno lanciato il “full contact karate” nel
1974: erano i progenitori degli ideatori dell’UFC, avevano combinato
diverse arti marziali e creato una bella sintesi. Sognavano la
gloria e il denaro che oggi stanno facendo quelli dell’UFC. Non mi
ci è voluto molto per rispondermi: innanzitutto questo fenomeno
poteva nascere solo negli Stati Uniti, dove esiste un popolo che va
al sodo perché è un po’ rude, ama il confronto e la fisicità degli
incontri.
Poi
credo di poter dire che il loro successo risieda nel fatto che
sono un’opera di sintesi fantastica. Sono l’anello di congiunzione
tra gli aspetti del combattimento da posizione eretta con quelli
della lotta e del lavoro al suolo. Sono il perfetto connubio di
pugilato, kickboxing, muay thai, judo, lotta e ju jitsu. Mettono
d’accordo tutti. Ciascuno è libero di praticare quello che vuole e
come vuole , di esprimersi come meglio crede e in fatto di
combattimento reale, di vero confronto, che il migliore prevalga.
Soprattutto, unisce tutti praticanti e da sempre sono un convinto
sostenitore che le Arti Marziali solo così possono uscire dal buco
in cui si sono auto-ghettizzate da anni e anni per colpa di
frammentazioni, divisioni, inutili e vuote dispute su chi è più
bravo e più valido. Sono milioni e milioni i praticanti di Arti
Marziali nel mondo. Solo attraverso una sana competizione tra tutte
le forze in campo quelli dell’UFC sono riusciti nell’impresa
vagheggiata, ma mai raggiunta, dei tanti Mike Anderson di questa o
quella disciplina: ossia, di organizzare incontri che abbiano
credibilità, un sacco di pubblico pagante sia al botteghino che in
pay-per-view (si parla di 20-30 milioni di dollari a Gala incassati
di soli diritti televisivi !), ma soprattutto l’attenzione dei media
che in genere verso le Arti Marziali è nulla. Signori, giù il
cappello. Questi dell’UFC hanno realizzato il sogno di molti e
stanno rivitalizzando le neglette arti marziali. Davvero bravi!, e
presto li vedremo anche al Forum di Milano. Tenetevi pronti. Noi,
ancora una volta, ci saremo. |