Mike Tyson
Storie e miti
Di: Andrea Bacci
PUBBLICAZIONI LIMINIA
<<La
gente non vuole vedere uno come me avere successo. Mi hanno amato
finchè mi potevano guardare dall’alto in basso, come se guardassero
un piccolo scarafaggio. Ma quando sono arrivato al punto che non li
guardavo più dal basso, ho smesso di essere un divertimento e la
società non ha più accettato il mio successo. Quando sono arrivato a
competere con loro sono diventato una minaccia>>.
Mike Tyson
Chi è Andrea Bacci: classe 1970, una Laurea in Scienze
Politiche, da dieci anni scrive di sport, per passione. Ha dato alle
stampe quasi venti libri, e questo è il sesto che pubblica con
Liminia, dopo Cuore di Pollicino 2004, Il Cappotto Spagnolo 2005,
L’ultimo Volo dell’Angelo Biondo 2006 (premio Selezione Bancarella
Sport), La Quarta Stella 2006,Gli Occhi Tristi della Pantera Nera
2009. Collabora con <Linea Bianca> e con altre pubblicazioni, ama
la boxe e la letteratura sportiva. il suo sito internet è
www.andreabacci.org .
Mike Tyson
In pochi altri casi come per Mike Tyson, la vicenda privata e
quella sportiva si sono inestricabilmente intrecciate e fuse, l’uomo
ha così irrimediabilmente condizionato l’atleta. Il ring lo aveva
tirato fuori dal ghetto di Brooklin, ma non dall’inferno che si
portava dentro, e Cus D’Amato, l’allenatore-padre che gli stava
insegnando come fare, se n’era andato troppo presto. I suoi colpi
erano così facili e così cattivi perché al suo sguardo la strada e
il quadrato del ring si confondevano e in entrambi esplodeva lo
stesso odio e la stessa voracità. Violenza allo stato puro,
l’America sportiva, e non solo, instancabile divoratrice di miti, ha
usato questo fenomenale pugile enfatizzandone l’anima buia, il lato
oscuro, facendone l’idolo da esaltare sull’altare della gloria
prima, e da gettare nella polvere, poi, il totem che poteva
catalizzare la nostra rabbia e le nostre paure, la parte <<cattiva>>
di ognuno di noi, il nostro profondo malato e perverso. Quasi tutti
quelli che gli sono stati vicini erano lì per qualche altro fine,
<<attorno all’enorme corpo muscoloso di Miche stavano girando molti
alligatori>> perché i suoi pugni potessero diventare il riscatto
definitivo di un ragazzino sensibile e introverso che aveva bisogno
di imparare prima di tutto come diventare un uomo. Perché come dice
il detto: <<puoi anche uscire dal ghetto, ma il ghetto non esce mai
da te>>. |