IL PALIO DI SAN RANIERI
Il 17 giugno, in occasione della ricorrenza patronale di San
Ranieri, quattro imbarcazioni abbinate ai quartieri cittadini di
Santa Maria, San Francesco, San Martino e Sant'Antonio disputano,
sulle acque dell'Arno, una regata, retaggio della prestigiosa
tradizione marinara e delle glorie della storia pisana.
Il Palio di San Ranieri discende dunque dalla tradizione degli
antichi Palii che vengono disputati in tutto il Medio Evo. La parola
"palio" deriva dal latino pallium, antico indumento romano
costituito da un pezzo di stoffa rettangolare che veniva indossato
così come usciva dal telaio, senza nessun intervento di taglio o
cucitura. Nel medioevo il palio, rappresentato da una ricca stoffa
lunga alcune braccia, veniva usato per accogliere re ed imperatori,
ponendolo sopra le loro teste a mo’ di baldacchino, o offerto su
aste o lance come vessillo. I premi che venivano offerti in dono ai
vincitori nelle corse medievali consistevano in alcune braccia di
seta, lana o velluto, e venivano indicati come palii. Si trattava
perciò di “correre per vincere il palio” dizione che più tardi si
abbreviò in “correre per il palio” o “correre il palio”, tanto che
questa parola in seguito non indicò più il premio ma la gara
disputata per vincere il premio.
Sappiamo che a Pisa il palio si disputava, il primo di agosto in
occasione della festa dell’Assunta, con un particolare cerimoniale:
dalla città uscivano venti cavalli coperti da gualdrappe scarlatte,
con le “armi” della Comunità, cavalcati da giovani vestiti di abiti
ricchissimi, per proclamare i palii che dovevano vincersi in terra
ed in mare. Tra i documenti degli Anziani di Pisa troviamo l’elenco
dei premi che assegnavano ai vincitori delle singole dispute. Così
agli sfidanti andavano non solo i drappi di stoffa o palii
propriamente detti, ma anche da animali, come buoi, montoni,
porci, galli e paperi, animale, generalmente riservato per l’ultimo
posto. È interessante notare come fosse molto più alto il valore del
palio rispetto a quello degli animali e come questi beni, essendo
destinati a festeggiare l’Assunta, fossero esenti da gabella. Con la
caduta della città sotto il dominio fiorentino (1406) la regata
conobbe alterne vicende, le cronache ricordano il palio disputato
nel 1440 per festeggiare la vittoria Anghiari quando il 29 Giugno di
quell’anno l’armata fiorentina ebbe ragione sulle truppe milanesi.
Così la ricorda l’annalista pisano Tronci: “…in Pisa fu corso un
palio per Arno con fregate a dodici remi. La mossa fu dal monastero
d’Ognissanti fuori dalla città, fino al ponte della Spina, per il
quale oggi (scriveva nel 1682) si va in fortezza e a chi primo toccò
la meta, fu dato in premio un vitello coperto di scarlatto, con
l’arme della Repubblica fiorentina da un lato e quella del Comune di
Pisa dall’altro”. Nel 1494 furono i pisani che in segno di giubilo
per la promessa di libertà dai fiorentini fatta loro da Carlo VIII
vollero correre in Arno un Palio. Riferisce lo storico Portoveneri
nel suo “Memoriale” che il 22 giugno 1495 si corse in Arno un palio
di raso in seta al primo brigantino, al secondo un palio di panno,
al terzo un paio di calze.” Nel 1509, dopo la definitiva conquista
di Pisa da parte di Firenze, la regata cadde in disuso e solo nel
1635 il Consiglio dei Priori - per volontà del cittadino pisano
Antonio Bartaloni Seppia - il quale aveva disposto che dopo la sua
morte si dovesse correre annualmente in concomitanza con la Festa
dell’Assunta, un Palio del valore di 50 scudi.
La corsa doveva essere effettuata alle quattro del pomeriggio,
seguendo un preciso cerimoniale: il Palio veniva esposto sopra
l’antenna del Ponte di Mezzo ed in Arno, in prossimità del ponte
stesso, veniva collocata una chiatta con un’alta antenna, sulla cui
sommità veniva posta una banderuola o fiamma. Le imbarcazioni
ammesse al Palio, radunate intorno all’antenna, dovevano andare alla
volta del Ponte a Mare “…e questo non per vincersi o perdersi il
Palio da esse, ma per bel vedere e gusto della città”. Ogni
imbarcazione, giunta al ponte a Mare, doveva prendere l’estratta
posizione ed attendere il segnale di partenza. Quella che, giunta
all’arrivo, riusciva con un suo componente dell’equipaggio a salire
sull’antenna e prendere la banderuola aveva vinto il Palio. In
seguito fu definitivamente stabilito anche il tipo di imbarcazione
da usare, la fregata appunto, la cui etimologia deriva forse dal
greco “aphracta”: nave senza ponte. Antonio Cosi, nella sua
relazione al Consiglio dei Priori afferma che la fregata non
differiva dalla lancia se non di nome e che quest’ultima aveva meno
velocità per la mancanza di “apposticci”.
Gli apposticci sono i supporti laterali sporgenti dal bordo delle
imbarcazioni destinate a questa regata, a mo’ di corridoio, su cui
sono collocati gli scalmi. La corsa doveva dunque essere di
“fregate” e non erano ammesse altre imbarcazioni quali lance,
gondole o simili. Nel 1718 alcune delle fregate che corsero il
Palio, per la prima volta dedicato a San Ranieri e non più
all’Assunta, portavano i nomi gloriosi delle galere Stefaniane che
avevano partecipato alla Battaglia di Lepanto combattuta contro i
Turchi per il predominio della Cristianità. La vittoria nella
Battaglia di Lepanto fu un episodio quanto mai significativo per il
pisano Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano ed è logico comprendere
come le eroiche gesta della battaglia avessero suscitato,
specialmente a Pisa, un grande entusiasmo per l’Ordine dei Cavalieri
di Santo Stefano. Pisa, era infatti la sede dell’arsenale ove le
galere venivano costruite e che, nel riproporre il Palio in Arno,
fosse logico fare riferimento a questa storica battaglia. L’ultimo
scontro navale al quale presero parte le navi dell’Ordine ebbe luogo
non moltissimi anni dopo, nel 1719, quando due galere Stefaniane
catturarono tre legni corsari lungo le coste della Sardegna. Nel
1737 l’arrivo del Palio, ormai consolidato in memoria di San Ranieri
fu effettuato, su richiesta del Duca di Montelimar, sul tratto di
fiume prospiciente l’attuale Lungarno Mediceo.
Il Duca volle che la sua consorte, ospitata nel Palazzo Medici
(oggi sede della Prefettura), potesse godere dello spettacolo benché
ammalata e da allora l’arrivo viene mantenuto sempre in prossimità
della seconda bifora dello storico palazzo. Oltre ai Palii per San
Ranieri si ebbero altre edizioni famose, corse in occasione di
particolari avvenimenti: nel 1763, per la nomina a Granduca di
Pietro Leopoldo, nel 1801 in omaggio al re Ludovico d’Etruria, nel
1839 per il famoso Congresso Mondiale degli Scienziati, nel 1860
quando i barcaioli di Pisa corsero spontaneamente una regata in
onore dei genovesi che avevano restituito, il 22 aprile, le catene
del Porto Pisano e nel 1864 per il Centenario Galileiano.
Le imbarcazioni usate per il Palio di San Ranieri sono di tipo ad
otto vogatori più timoniere ed il “montatore“. Le imbarcazioni in
fase di recupero ed attualmente iscritte all’ARIE, furono
realizzate, in occasione del ripristino della manifestazione nel
1935, dal Cantiere Fontani di San Piero a Grado (Pisa). Interamente
costruite in legno, lunghe 11 metri, larghe 2,20 metri e del peso di
circa 700 chilogrammi l’una, sono spinta da remi lunghi 4,60 metri e
pesanti oltre 18 kg. Gli scafi ricalcavano fedelmente se pure in
scala ridotta la linea delle “galere sottili” dell’ordine Stefaniano
a forma di fregata, con gli scalmi sugli “apposticci“ (bordi) come
la tradizione richiedeva.
Queste imbarcazioni sono state utilizzate fino all’edizione del
1984. Ogni imbarcazione sulla base della colorazione è stata
abbinata ad uno dei quattro quartieri storici delimitati
dall’intersezione con le due principali vie cittadine aventi
direzione nord - sud e con il fiume Arno con direzione ovest - est.
Ogni quartiere è contraddistinto da propri colori. In senso
orario troviamo nella parte sud della città: San Martino (dai colori
bianco e rosso) e Sant’Antonio (bianco e verde), mentre nella parte
nord: Santa Maria (bianco e celeste) e San Francesco (bianco e
giallo). Il percorso tradizionale in Arno è quello controcorrente,
con partenza a monte del ponte della Ferrovia e con l’arrivo davanti
al Palazzo Medici oggi sede della Prefettura, per un totale di 1500
metri.
La caratteristica di questa regata, oltre alla presenza del
“montatore”, è quella di mantenere inalterate le caratteristiche
degli antichi palii, in quanto ogni timoniere, subito dopo la
partenza, compatibilmente con la possibilità di sopravanzare le
altre imbarcazioni, ha la possibilità di sceglie la traiettoria
reputata più favorevole.
Questo comporta una lotta accanita fin dalle prime remate, perché
i timonieri cercano subito di sopravanzare le barche concorrenti per
portarsi dalla parte sinistra del fiume per subire meno l’influenza
della corrente, contraria al senso di marcia e per percorrere il
lato interno dell’ampia curva del tratto cittadino dell’Arno.
La vittoria finale non è assegnata in base all’ordine di arrivo
delle imbarcazioni ma viene affidata, dopo l’abbordaggio al barcone
ancorato sulla linea di traguardo, all’abilità del “montatore” che
affianca l’equipaggio. Infatti il “montatore” deve arrampicarsi su
di un uno dei quattro canapi che raggiungono la sommità di un
pennone alto dieci metri, per afferrare il “paliotto” simbolo della
vittoria. Il paliotto di colore azzurro assegna la vittoria, quello
di colore bianco il secondo posto, quello di colore rosso il terzo.
Una coppia di paperi è il riconoscimento riservato all’equipaggio
classificatosi per ultimo. Tutto questo oltre a significare la
conquista dell’antico palio, ricorda l’impresa di Lepanto quando la
flotta dei Cavalieri di Santo Stefano andò all’abbordaggio
dell’ammiraglia turca, per impadronirsi della “fiamma” da
combattimento posta sul pennone dell’imbarcazione degli “infedeli”.
Lo stendardo conquistato è ancora conservato nella Chiesa dei
Cavalieri dei Cavalieri di Santo Stefano nell’omonima piazza di
Pisa.
Ma quest’anno, come mostrano le ultime foto in ultimo aggiunte…
il palio remiero ha avuto una edizione straordinaria in notturna…
per una atmosfera veramente magica!
|