UN INTERESSANTISSIMO ARTICOLO A FIRMA DI ENNIO FALSONI CHE,
ANNUNCIANDO LO SVINCOLAMENTO DELLA KICKBOXING DALLA FEDERBOXE E
PREPARANDOSI AD ESSERE ANNESSA DIRETTAMENTE AL CONI, NE RIPERCORRE
FEDELMENTE TUTTI I TRAVAGLIATI TRACORSI E RIVELA LE MOTIVAZIONI DEI
TANTI BLOCCHI AVVENUTI DA PARTE DEI SUOI NEMICI DI SEMPRE. NE
FUORIESCE COSI’… UN VERO E PROPRIO AUTOREVOLE TRATTATO DI STORIA
POLITICA DEI NOSTRI SPORT DA COMBATTIMENTO PER TUTTI GLI
APPASSIONATI… DA LEGGERE, STUDIARE E CONSERVARE IN MEMORIA PER I
POSTERI!
Dopo 23 anni, ossia una vita… BOXE ADDIO!
(Nel 2010, la kickboxing va da sola. Luci e ombre su un
rapporto tra pugilato e kickboxing che non è sempre stato
idilliaco)
Di: Ennio Falsoni
Il
Consiglio Nazionale del Coni, nella prima riunione del 2010, tra
le varie, delibererà lo sganciamento della Federazione Italiana
Kickboxing dalla tutela della Federazione Pugilistica Italiana. La
FIKB, da Disciplina Sportiva Associata Sperimentale a FPI, passa
ora (e per i prossimi due anni) a Disciplina Sportiva Associata
Provvisoria al Coni e quindi DSA a tutti gli effetti, in attesa che
maturino i tempi e i modi per diventare, nel giro dei prossimi 8-10
anni, Federazione Nazionale. Questi i tempi e i passaggi
burocratici obbligatori perché tutto ciò avvenga nell’ambito del
Comitato Olimpico Nazionale per uno sport nuovo come il nostro.
Ovviamente, in casa FIKB, la decisione finale del Consiglio
Nazionale è attesa con grande trepidazione. Nel corso
dell’Assemblea Generale svoltasi all’Hotel Michelangelo di Milano
nel Febbraio scorso infatti (VEDI:
Speciale Elezioni FIKB) feci un intervento un po’ duro nei
confronti della FPI (e ne avevo ben donde, come si leggerà nelle
righe successive) e promisi ai miei associati che obbiettivo
primario del mio secondo quadriennio alla guida di FIKB, era
appunto lo sganciamento dalla FPI che, in un modo o nell’altro,
aveva condizionato un po’ la mia vita e lo sviluppo della kickboxing
degli ultimi 23 anni! Vale quindi la pena, in questo momento
storico, fare un breve riepilogo delle vicende che ci hanno portato
a tanto. Molti dei lettori de ilguerriero.it saranno magari a
conoscenza di alcuni fatti, ma le nuove generazioni, ne sono
sicuro, ne sono invece totalmente a digiuno e pertanto, “repetita
semper juvant”.
23 ANNI DI LAVORO PER IL RICONOSCIMENTO DEGLI SPORT DA
COMBATTIMENTO
Quando, nel 1986 (giusto l’altro ieri) in qualità di presidente
dell’allora Fiam, nonché di amministratore delegato di Sport
Promotion, la società che editava allora le riviste Samurai e Banzai
Pugilato (tra le altre) avvicinai la Federpugilato, presieduta da
Ermanno Marchiaro, per cercare di inserire la kickboxing nella loro
Federazione (al Coni mi avevano già detto che non c’era allora altro
modo), in una tavola rotonda che aveva come fine lo stabilire le
affinità tra i due sport perché si potesse poi portare avanti ogni
altro discorso, organizzata apposta al Casinò di Campione dove ogni
anno la FPI aveva il suo Gala denominato l’Oscar dei Campioni,
Nazzareno Mela – ch’era un tecnico della loro squadra azzurra -,
dopo che feci vedere un incontro registrato, disse: “…Molto
interessante, ci sono certamente delle affinità tra i nostri due
sport, ma (rivolto ai suoi) attenti: questi hanno il K.O.!”. Ecco,
credo che tutti problemi che seguiranno tra pugilato e kickboxing,
siano riconducibili, sinteticamente, a quella famosa frase. La
Federboxe, e i successivi dirigenti, considerarono la kickboxing
come uno sport “concorrente”, non come un nuovo modo di interpretare
eventualmente il pugilato da cui, magari, trarne nuova linfa, ma
semplicemente come uno sport che in qualche maniera poteva nuocere
al pugilato stesso. Ciononostante, negli anni immediatamente
successivi, mi sforzai personalmente invece per cercare di far
cambiare idea ai dirigenti del pugilato. Organizzai molte
manifestazioni “miste” ai tempi del famoso Umberto Branchini che
alla Doria di Milano aveva la sua scuderia di pugili “Totip”. Al
Palalido, più volte Ottavio Tazzi (ch’era allora anche il mio
insegnante di Pugilato (avevo in quegli anni una delle migliori
palestre della città, il CSKS di Via Maffei, dove Tazzi mi dava
lezioni private) portò i suoi pugili ai miei Gala di kickboxing.
Sempre però restavo infastidito dal comportamento del Commissario
di Riunione e degli arbitri e giudici della FPI. Venivano, volevano
sempre cominciare loro la manifestazione (nonostante fossi io a
pagare le spese) e fatti i loro 8 incontri (così da poter richiedere
il contributo federale, come da regolamento), “lasciavano cadere la
penna”, come si dice in certi casi. Letteralmente lasciavano l’area
del ring e se la squagliavano dal Palalido, manco fossimo degli
appestati. Non eravamo riconosciuti dal Coni allora, ed eravamo
quindi visti come dei fuorilegge, delle persone con cui era meglio
non avere niente a che fare. Da una parte era davvero deludente un
comportamento del genere, dall’altra era ormai comprensibile che il
pubblico della kickboxing non amava la boxe e viceversa. Infine,
c’era proprio da segnalare che il pubblico pagante che portava
quelli del pugilato era veramente esiguo rispetto al nostro. Così
lasciai perdere, così come – visti i ripetuti silenzi di Marchiaro e
soci -, la piantai di chiedere delle risposte che non sarebbero
mai venute. La kickboxing continuò comunque a crescere in Italia e
nel mondo, ma mi rattristava il fatto che in altre nazioni, essa
avesse già raggiunto i vari riconoscimenti dei rispettivi Comitati
Olimpici Nazionali, mentre in Italia non sapevo proprio dove
sbattere la testa per raggiungere quell’obbiettivo. Dopo 16 anni
alla guida della FPI (1981-1997), Marchiaro, da ex dirigente del
Partito Comunista torinese di allora, decise di andare in
pensione. Il suo posto fu preso da un avvocato calabrese , Giovanni
Grisolia che, anche lui, non mi aveva molto in simpatia. Gli stava
più simpatico Carlo Di Blasi che in quegli anni – dopo essere stato
uno degli insegnanti di Savate al CSKS di Milano e aver sempre
spiato i miei allenamenti e quelli degli insegnanti famosi che
portavo regolarmente a Milano (da Bill Wallace a Benny Urquidez, da
Don Wilson a Rick Roufus, tanto per citarne alcuni), era diventato
il mio più temibile concorrente, specie in Lombardia.
Alleatosi con altri due personaggi che andavano sotto il nome di
Alfredo Lallo e Rinaldo Rinaldi, Di Blasi –- l’homus politicus del
gruppo – cercava il colpo gobbo: ottenere, grazie all’aiuto di
Grisolia, il riconoscimento del Coni per la sua organizzazione
ch’era pronta ad entrare in FPI. Grisolia cavalcò proprio
quell’idea. Uno dei suoi cavalli di battaglia era proprio
l’apertura agli “sport da ring” emergenti. Era pronto a creare un
Settore loro dedicato all’interno di FPI, insomma era pronto a
sottrarci l’organizzazione per cui avevamo tanto lavorato. Da non
dimenticare che ero allora il presidente anche della Wako, la
Federazione che dal 1977 aveva lanciato la kickboxing (termine che
noi usammo per primi a partire dal 1981) e che poi tutti
utilizzeranno (parlo di WKA, ISKA e tutte le organizzazioni ancora
esistenti) solo a partire dalla fine degli anni 90!
Chiaramente, dopo le negative esperienze con la FPI negli anni
80, era chiaro che le mie aspirazioni erano bel altre. Visto il
successo che stavamo avendo ovunque, desideravo una nostra
Federazione assolutamente indipendente da FPI. Sapendo ciò che Di
Blasi stava progettando, chiaro che mi adoperai perché non avesse
successo. Grisolia era certamente una brava persona, ma non era un
“tecnico”, non aveva il contatto con la base, cosa invece che aveva
il sanguigno Franco Falcinelli, il suo concorrente alla corsa per la
presidenza allo scadere del primo mandato quadriennale. Falcinelli
(che conoscevo bene per essere stato un collaboratore di
Banzai-Pugilato prima e di Samurai dopo quando le due riviste
vennero unificate, e anche per essere stato mio ospite a 2 stage
nazionali dove tenne alcune lezioni di boxe), aveva idee diverse
rispetto a quelle di Grisolia. Puntava soprattutto a risolvere i
grandi problemi che comunque la FPI aveva al proprio interno prima
di affrontare un tema molto complesso come quello di inserire un
nuovo settore che aveva numeri molto importanti e pericolosi per la
boxe stessa. Era solito dirmi : “ Come può un corpo piccolo
fagocitarne uno più grosso?”. Evidentemente, tirarsi in casa 10.000
tesserati, quando il pugilato ne contava allora sì e no 6000, era
qualcosa che poteva rompere degli equilibri importanti. Così ci fu
una sorta di accordo: io davo una mano a lui per battere Grisolia e
lui poi l’avrebbe data a me per entrare al Coni (finalmente!). Vinse
Falcinelli e non potei resistere: alla proclamazione del verdetto
assembleare, a Roma, di mostrare il dito medio ai presenti del
gruppo di Kickboxing concorrente ch’erano venuti speranzosi.
Era il 2001: pensavo che i miei incubi fossero finiti. Ma mi
sbagliavo. Le cose al Coni, in tutti quegli anni, erano comunque
cambiate. Conobbi Sandro Rossi, un dirigente che aveva scritto delle
“Regole”, fatte proprie poi dal Consiglio del Coni, relative
all’ingresso di nuovi sport e nuove Federazioni, chiamate Discipline
Sportive Associate. Preparammo con grande cura la domanda per il
riconoscimento, avevamo bilanci certificati e numeri in abbondanza
rispetto a quelli che venivano richiesti per il riconoscimento, ma
non fu così semplice ottenerlo. Di Blasi e soci non demordevano e
nonostante la sconfitta cocente di Grisolia, avevano fatto anche
loro analoga domanda di riconoscimento (senza però presentare né
bilanci né altro, semplicemente annunciando la loro esistenza). Nel
2003 Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni nell’era di
Giovanni Petrucci, mi convocò a Roma.
Pensavo fosse fatta. Invece alla riunione che si tenne al Foro
Italico intorno al tavolo mi trovai anche tutti i miei concorrenti :
da Di Blasi a Lallo, da Rinaldo Rinaldi ad Andrea Albertini (che
solo pochi mesi prima, in qualità di dirigente provinciale
dell’AICS, aveva aperto un settore dedito al Kickboxing con alcuni
fuorusciti della mia Federazione). Franco Falcinelli, nonostante
probabilmente fosse tirato per la giacchetta da qualcuno già allora,
fu un galantuomo, coerente e mantenne la sua promessa: la Fiam (che
sarà poi costretta a cambiare nome e a diventare Fikb), fu scelta
quale “nuovo contenitore” degli sport da ring che vanno sotto il
nome di Kickboxing, Muay Thai, Shoot Boxe. Fummo riconosciuti
ufficialmente il 23-3-2004. Era una bella notizia per cui
festeggiare, solo in parte mitigata dal fatto che anziché
riconoscerci come DSAS direttamente al Coni, come avevo richiesto,
lo eravamo ma associati a FPI! Ossia, FPI diventava “tutor” –
educatrice -! Roba da non credere. Il Regolamento però stilato da
Sandro Rossi prevedeva che FPI avesse 2 anni di tempo durante i
quali non solo avrebbe dovuto “educarci” alle regole e ai
regolamenti del Coni, ma decidere una volta per tutte se la nostra
realtà poteva interessare loro (e quindi annetterci) oppure
lasciarci andare per la nostra strada. Insomma si viveva sempre con
questa piccola spada di Damocle sulla testa, che la Federazione
nazionale potesse decidere a piacimento cosa fare di noi. Però
pensavo che tanto due anni passano presto e poi saremmo stati
liberi. Ma ancora una volta mi sbagliavo.
Il mio primo quadriennio da presidente di Fikb non è stato
certamente facile perché vissuto sempre nell’incertezza di quello
che sarebbe successo domani. In alcuni momenti, cu furono anche
tensioni forti tra me e i dirigenti del Coni. Il 22 Ottobre del
2005 infatti Falcinelli, col quale sono comunque legato da stima e
amicizia, firma il Nulla-Osta che autorizza lo sganciamento di Fikb
dalla sua Federazione in modo che si possa portare avanti il
nostro iter di riconoscimento direttamente al Coni. Ma agli
Organismi Sportivi (l’ufficio preposto alle DSA) c’è un brusco
cambio di guardia: se ne va in pensione Sandro Rossi e gli subentra
per qualche mese Francesco Scontrino col quale ho subito un ottimo
rapporto. Ma il suo posto, di lì a pochissimi mesi, viene preso da
una giovane dirigente, Anna Ragnoli, che purtroppo non era al
corrente del nostro burrascoso passato con la Fpi e lei si chiese:
come mai Fpi, dopo aver fatto entrare Fikb al Coni, dopo manco due
anni la lascia andare? Il Nulla-Osta di Fpi era una lettera di 2
righe. Lei voleva invece che quel Nulla-Osta fosse “Motivato”, ossia
spiegasse perché Fpi lo concedeva.
In quella che io chiamo “falla” del sistema, ci si buttano a
capofitto i soliti noti: Di Blasi, Lallo e Rinaldi, spalleggiati
questa volta da un uomo “politico” nuovo – almeno così sembrava-,
buon parlatore, introdotto nell’Ente di Promozione MSP presieduto
ancora oggi dall’amico “Lupo” Lupattelli (di cui era dirigente della
Lombardia) e con entrature in Forza Italia e Alleanza Nazionale:
Riccardo Bertollini. Proprio la sua società aveva appena finito di
dare alle stampe un libro sul centenario della nascita del mitico
Primo Carnera e organizzato una mostra itinerante dedicata al grande
campione di boxe. Quel evento aveva avvicinato Bertollini a Franco
Falcinelli, che ancora una volta veniva tirato per la giacchetta da
qualcuno a cui lui non poteva rispondere di no. Inutile dire che
dovetti andare a Roma diverse volte a parlare coi dirigenti Coni,
con Falcinelli e lo stesso Bertollini, finché trovai un accordo di
fusione con la Fist (così si chiamava la nuova Federazione ch’era
la unione di Federcombat (di Lallo e Rinaldi) e la Cisco ( di Carlo
Di Blasi).
Fatta
l’unificazione con la Fist che chiuse i battenti , inseriti Carlo Di
Blasi e Alfredo Lallo in posti dirigenziali di Fikb, pensavo che i
problemi fossero finiti. Invece fummo inchiodati, sempre da
Falcinelli, per altri 2 anni su problemi relativi al Regolamento
Sanitario di Fikb. Il nocciolo del contendere era che mentre la
kickboxing poteva svolgere sino a 2 incontri al giorno nei suoi
sport da ring, per la boxe il limite massimo era di 1 soltanto.
Falcinelli pensava che “insieme” le due federazioni potessero
smuovere il Ministro Sacconi dal rimuovere quella “Legge” del 1982
che sta molto stretta a Fpi. Inutile che io dicessi che se una
Legge riguarda la boxe, come poteva essere applicata tout court
anche alla Kickboxing, uno sport comunque ‘diverso’ dal pugilato?
Falcinelli non motivava il famoso Nulla -Osta, il segretario
generale di Fpi Riccardo De Girolami (che oggi non c’è manco più in
quel ruolo) non rispondeva alle mie mail di sollecito né si faceva
trovare al telefono. Insomma eravamo in una situazione di “impasse”
che ormai mi stava diventando intollerabile. Feci allora una cosa
che forse avrei dovuto fare prima. In tutta la mia vita non sono mai
ricorso né ad alcun uomo politico né ho mai chiesto raccomandazioni
ad alcun partito politico per ottenere quello che comunque ho sempre
ottenuto (“Magari ci arrivavi prima” – mi ha sempre rimproverato
‘qualcuno’!). Chiamai la Segreteria personale del presidente del
Coni Giovanni Petrucci e chiesi un incontro privato con lui. In
qualità di presidente della Wako, mi invitano ad assistere ai lavori
del Consiglio Nazionale del Coni e con Petrucci ho scambiato qualche
saluto e qualche sguardo, ero certo che non poteva rifiutarmelo.
Devo dire che è un uomo intelligentissimo e che capisce al volo i
problemi. Sono bastati 10 minuti di conversazione privata per uscire
dal tunnel. “Ma che scherziamo, mi ha detto, giro il mondo e ho
visto coi miei occhi che la kickboxing è una grande realtà ormai”.
Ha quindi preso il telefono in mia presenza e ha dato disposizioni.
Signori, lunga vita al presidente Petrucci dunque! Senza il suo
provvidenziale intervento personale, saremmo ancora qui ad assistere
al palleggio di responsabilità tra un ufficio e una federazione del
Coni. Tra poche settimane , Fikb è svincolata per sempre dal
pugilato e in occasione dell’Assemblea Straordinaria indetta in
occasione dello Stage Nazionale che si svolgerà a Cattolica dal 29
aprile al 2 maggio, cambierà anche denominazione sociale – si spera
per l’ultima volta -. Siccome anche la Savate con tutta probabilità
sarà ufficialmente riconosciuta dal Gaisf a Dubai nella prossima
Assemblea Generale, Fikb diventerà: Federazione Italiana
Kickboxing, Muay Thai, Savate (FIKMS). Che Dio l’abbia in gloria.
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