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Sport da combattimento e violenza

Di: Francesco Menconi

Sport da combattimento e violenza, ho dovuto discuterne anche ultimamente, su di un noto social network, sport da combattimento e arti marziali… arti marziali e sport da combattimento, violenza reale, violenza percepita, violenza visiva, mi si apre, mentalmente un mondo in cui trovo complesso dare assolute risposte, ma da Maestro di arti marziali, diventa doveroso, non solo porsi le domande, altresì, provare a formulare delle risposte, che siano, almeno plausibili, logiche, anche se spesso, non saranno condivise.

Sono stato un ragazzo fortunato, mi padre non è un competitivo, mia madre neppure, mi hanno insegnato che la cosa più importante non era vincere, era giocare, divertirmi, vivere, oggi li ringrazio, oggi che la mia rabbia è passata. La rabbia, dovrebbe prevedere un elemento provocatore, ma spesso, questo elemento è solo dentro le persone, come lo era al tempo, dentro me, per senso di inadeguatezza, di impotenza, di difetto, di complessato. Ma sono stato un adolescente fortunato, ho incontrato Michele Panfietti, il mio Maestro, che mi ha insegnato a giocare con le arti marziali, a divertirmi, a capire il senso profondo della catarsi per mezzo del dolore, non un dolore volontario, ma un dolore insito nel provare, nell’allenarsi, nel comparare.

 

Ho combattuto di contatto pieno, ma non è servito, ho capito che sfogare la rabbia, non avviene attraverso al rabbia, e di rabbia, negli sport di combattimento, di occhi folli ne ho visti anche troppi, non me ne vogliano i colleghi, folli di rabbia, di droga, di molto che poco, aveva a che fare con lo sport, non guardo agli altri sport, guardo al mio sport. Ho cominciato ad insegnare, pensando che le arti marziali, oggi, per come io le vedo, nella loro millenaria evoluzione di cambiamento, dovessero essere punti fondamentali, per me, imprescindibili, abbandonata, “l’orientalica” mania di senso mentale e fisico di perfezione, ai danni del corpo e della mente stessi, mi sono incamminato verso il senso primo del movimento corporeo, del rispetto delle leggi che governano articolazioni, muscoli, impulsi, movimenti multi articolari, avevo come concetto di base, sempre il solito, il movimento, nel divertimento, il sudore ed il dolore, nella gioia.

  

Così non ho potuto non allontanarmi dalle competizioni, dove, non solo scarseggiava quella tecnica così esaltata nelle arti tradizionali, ma scarseggiava il divertimento, tutti troppo intenti a dimostrare di essere i migliori, per fortuna qualche sorriso qua e là appare. Ognuno vive delle soddisfazioni che può. Mi sono avvicinato a grandissimi combattenti, per incontrare spesso, piccolissimi uomini, ma non potevo prescindere dal pensare, che se la massima espressione di forza, non è massima espressione di controllo, passione, sorriso e comprensione delle proprie capacità, allora non è nulla. Voler dimostrare agli altri, senza umiltà e sorriso, è solo dimostrare di mancare di qualcosa con se stessi.

 

Se cerco il significato di “Violenza” trovo: La violenza in generale è un'azione molto intensa che reca danno grave a una o più persone o animali e compiuta da una o più persone che operano sinergicamente. Col termine si indica comunemente l'azione fisica o psichica esercitata da una persona su un'altra (anche se può, nella specificità del termine, includersi l'azione fisica e psichica di un uomo su un animale).

Ma mi manca un pezzo fondamentale presente negli sport da combattimento, il tassello mancante, che se legge così le cose, come molti le leggono, dimostra una grande, superficialità d’osservazione, mi manca la volontarietà, chi sale su di un ring, o qualunque posto esso sia, consapevolmente, in grado di intendere e volere, lo fa nella piena coscienza di cosa stia andando a fare, non vi è repressione, obbligo, l’azione intensa è, da entrambe le parti, voluta, così subito penso, ma allora, due persone per strada che si picchiano e lo fanno entrambe volontariamente, non sono violente?

  

Si lo sono, mi si risponde, perché negli sport da combattimento, si rispettano delle regole, di peso, di colpi ammessi, di tempo, ma sono le regole a dettare al violenza ? una cosa regolamentata non è violenta, una non regolamentata lo è? Cominciano i primi dubbi, un tempo, gli uomini lottavano per il cibo, la sopravvivenza, poi nell’evoluzione non violenta della società moderna, (permettetemi di sorridere) hanno cominciato a farlo per i modi più disparati, denaro, potere, denaro, scuse, religione e denaro, solo che, in nome della cultura, hanno cominciato a giustificarsi. Molto di quello che vedo oggi negli sport da combattimento, per me, è senza senso, senza logica, senza la minima evoluzione, è primitivo, primordiale, molto violento, ma allora, come mai quando sento dire che gli sport da combattimento sono violenti mi infervoro?

 

Lo faccio per due motivi, primo, perché bisogna distinguere, una cosa fondamentale, praticare, arti marziali e, adoperare le arti marziali, praticare arti di combattimento e guerra, che regolamentate, diventano sport, da combattimento e, combattere, molti praticanti, non sono combattenti, la maggior parte, molti combattenti lo sono per gioco, pochi per agonismo vero, professionale, in moltissimi casi, la violenza è solo eccesso di testosterone, dovuto all’età, temporaneo, a farla da padrone, spesso, è solo la paura, prima, durante e dopo la competizione, ti senti coraggioso non perché ha battuto o meno il tuo avversario, finito, ti senti esaltato perché hai combattuto la tua paura, sei salito su quel ring, ti sei adoperato al superamento di un tuo limite, per mezzo di un uomo consapevole e consenziente.

   

Secondo motivo, perché tutt’oggi, penso che la violenza più grande sia altro, la nostra è consenziente, la violenza che vedo, negli sport da combattimento spesso è nei maestri e nei coach che sono all’angolo, è in una violenza grande e subdola, fatta di parole, vorrei che tutte le federazioni, facessero un regolamento, base, semplice, il primo “angolo” che parla, urla, incita, viene squalificato, parla nella pausa, educatamente, tra un round ed il successivo, se proprio ha qualcosa da dire, dopo la seconda squalifica in competizioni, viene radiato dalla federazione, perché oggi, la vera violenza, è quella viscida delle menti violente, così trovo:  La violenza, quindi, non necessariamente implica un danno fisico. L'indurre a un certo comportamento sotto:

  • la minaccia,
  • il plagio,
  • l'imposizione d'autorità contro la volontà del soggetto,

sono alcuni esempi di violenza non fisica. La vasta tipologia di azioni del tipo sopra indicato si esprime in un'attività chiamata coercizione o coartazione, in termini immediati, a lunga scadenza, subdolamente, con secondi fini, ecc. In tutti questi casi la violenza ha lo scopo di indurre nell'altro comportamenti che altrimenti non avrebbe.

   

Per questo mi infervoro, detto questo, continuo a non capire, cosa vi sia nella mente di un uomo, che deve a sé, dimostrare di dover arrivare al limite della sofferenza, a soffrire fino al limite della sopportazione, per vincere un incontro, una gara, dove sia lo stimolo, quale sia la gratificazione, o meglio, lo capisco, ma lo trovo misero, demenziale, primitivo, triste. Continuo e continuerò sempre a pensare, che il corpo umano si un prodigio a cui chiedere ogni cosa, nel rispetto della sua natura, che le arti marziali sono evoluzione, non imbarbarimento, concetto, non ostentazione, sono arte, non violenza. Così, ancora trovo: L'arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana - svolta singolarmente o collettivamente - che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza.

  

Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni, per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere "messaggi", non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario vengono interpretate soggettivamente. E capisco, per me il corpo è solo emozioni, e di arte ed emozioni deve vivere, con tutto il rispetto per coloro che sentono il bisogno d’altro, limitandomi a pensare, non sia arte, non sia sport, (Lo sport è l'insieme di quelle attività, fisiche e mentali, compiute al fine di migliorare e mantenere in buona condizione l'intero apparato psico-fisico umano e di intrattenere chi le pratica o chi ne è spettatore), non sia nulla, se non una barbarica e primitiva forma di comunicazione.

Non me ne vogliano i competitors, di UFC e similari, ma permettetemi, da amante, amatore del corpo e dello sport, penso che le cose, vadano non solo chiamate con il loro nome, ma comprese, con il loro significato, rimango nel pensare, che ogni volta che c’è violenza, questa fa principalmente male allo sport e all’arte stessa.

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