Semplicemente il miglior
avvenimento di sport da combattimento mai visto prima al mondo, una
vera olimpiade per le 9 discipline che ne sono ancora fuori. Gli
azzurri di Kickboxing , eccezionali, al secondo posto del
medagliere con 5 ori e 1 argento. La WAKO trova un grande partner
in Cina.
I primi Sportaccord World Combat Games di Pechino
“…DOVE SI FA LA STORIA…”
Di: Ennio Falsoni
Ero stato facile profeta. Avevo infatti scritto un articolo prima
di partire per Pechino, intitolandolo “Profumo di Olimpiade”.
Ossia, dopo aver cooperato nella realizzazione di questo evento la
cui idea era partita 4 anni orsono nell’ambito del Gaisf insieme ai
miei colleghi delle 13 Federazioni Internazionali coinvolte, dopo
essere stato a Pechino già nel 2007 a visitare le strutture che
l’anno successivo avrebbero ospitato le Olimpiadi più faraoniche
della storia, dopo averle viste e ammirate in televisione, mi
aspettavo che la Municipalità di Beijing, i veri sponsor di questa
iniziativa, avrebbero fatto le cose in grande anche per questi primi
Giochi degli Sport da Combattimento. E così è stato.
Il fatto poi che le gare di questi primi World Combat Games
fossero ospitati nelle stesse strutture olimpiche in cui gli
organizzatori avrebbero fatto confluire migliaia di supporters
organizzati, che tutte le gare sarebbero passate in diretta su un
canale televisivo cinese appositamente dedicato, avrebbero fatto il
resto. Non potevo avere dubbi: gli atleti che avrebbero preso parte
a questa prima edizione dei Giochi avrebbero avuto l’incredibile
occasione di respirare un’aria, un’atmosfera, un profumo appunto da
Olimpiade.
Ragazzi, stavolta l’ho imbroccata: è stata un vera figata, come
direbbero i giovani d’oggi.
Dal momento che una qualunque delegazione
sbarcava a Pechino, trovava indicazioni e pubblicità dei Combat
Games ovunque. Bastava seguire i cartelli all’aeroporto e trovavi
all’uscita dello stesso i banchi di ricevimento degli Sportaccord
Games pieni di giovani studenti universitari che gentilmente ti
indicavano gli autobus che li stavano aspettando per portarli al
Friendship Hotel usato per gli accrediti. Per i dirigenti, macchine
blu con tanto di autista. Dall’aeroporto ai vari alberghi, gli
enormi vialoni e le strade erano tappezzate di bandiere dei Combat
Games. Avevi proprio l’impressione che la città tutta stesse vivendo
quell’avvenimento. Ma che questi Games sarebbero andati bene, lo si
è visto dalla cerimonia di apertura del 28 agosto sera. Io sono
arrivato alle 14.00 dello stesso giorno e ho avuto esattamente il
tempo di andare in albergo, fiondarmi al banchetto di ricevimento
dei Giochi offerto dal Sindaco di Pechino, avvenuto alle 17.30, ed
essere 2 ore dopo allo Stadio coi miei colleghi.
Il National Indoor Stadium era straboccante di pubblico e la
cerimonia, che si è svolta in meno di 2 ore, è stata suggestiva e
molto affascinante dal punto di vista coreografico, per i giochi di
luce e gli effetti ottici. Centinaia e centinaia le comparse che
hanno riempito 6 pezzi imperniati su altrettanti sport da
combattimento; bellissimi i costumi dai colori sgargianti;
incredibili, per bravura, gli interpreti ballerini, ginnasti,
saltimbanchi, membri del circo nazionale cinese; bravissime le band
di ragazze che suonavano musiche classiche e moderne tra un ‘quadro’
e l’ altro.
Tra gli ospiti d’onore, oltre agli “ambasciatori” che ciascuna
Federazione Internazionale aveva portato (la Kickboxing WAKO aveva
scelto Don “The Dragon” Wilson che è stato presente a Pechino per
tutta la durata dei Games), con un finale a sorpresa che lo ha visto
al centro del palcoscenico nelle inedite vesti di cantante,
nientemeno che una delle stelle cinematografiche degli “action
movies” più note e simpatiche al mondo: il famosissimo Jackie
Chan!
Se tanto mi dà tanto, non si poteva sbagliare: i World Combat
Games erano partiti col piede giusto! L’indomani, come da programma
e in perfetto orario, sono cominciate le competizioni nelle varie
discipline di questi Giochi. I 13 sport da combattimento, erano
infatti organizzati su 2 o 3 giornate di gare, sicché vi erano
alcune specialità che partivano prima di altre, o altre che dovevano
attendere la fine delle attività di una disciplina per poter entrare
nelle 3 strutture sportive previste ed occuparsi delle proprie
competizioni. Hanno cominciato subito le gare di Ju Jitsu, di Sumo
e di Taekwondo, quindi il Karate, la Lotta, il Judo e il Wushu,
l’Aikido, la Muay Thai, la Boxe, il Sambo e la Kickboxing. Noi
abbiamo chiuso i Giochi. Com’è già stato riferito, le discipline
simili o che utilizzavano le stesse strutture sportive, erano
insieme.
Com’è noto anche che Boxe, Muay Thai e Kickboxing erano nello
stesso National Olympic Center, francamente di gran lunga la miglior
struttura sportiva di quelle che io ho visto, una vera struttura
olimpica anche nell’allestimento: grande, spazioso, pulitissimo,
insomma perfetto!
Sono stato a vedere parecchie gare e fra le altre il Ju Jitsu,
il Karate, la Boxe e la Muay Thai. Niente che non sapessi,
ovviamente, ma in tutta franchezza devo dire che la nostra
Kickboxing non ha nulla a che invidiare alle altre discipline.
Oserei anche dire che a livello di contenuti spettacolari, non siamo
proprio secondi a nessuno fors’anche perché a questi Sportaccord
World Combat Games la WAKO aveva portato proprio i suoi migliori
atleti nelle tre specialità che avevamo scelto per l’occasione.
Altre discipline, per ragioni diverse (concomitanza con Mondiali o
altro), non avevano forse atleti all’altezza.
Delle 7 discipline di cui si compone oggi l’attività WAKO, a
Pechino abbiamo portato il Semi e il Full Contact (le 2 specialità
con cui si è cominciata l’attività negli anni 70), e la Low-Kick,
una delle specialità del ring più in voga nella WAKO.
Considerato che il Comitato Organizzatore avrebbe coperto tutte
le spese di viaggio, vitto e alloggio per 120 persone di ogni
federazione Internazionale, di cui 80 almeno dovevano essere gli
atleti, identificate le categorie di peso che ogni paese
generalmente presenta (63,69,74,79,84 tra gli uomini e 55-60 tra le
donne), era chiaro che per rispettare quei parametri la WAKO potesse
portare che 4 atleti per categoria di peso per un totale di 84
atleti. 28 erano poi i coach degli stessi delle varie nazioni
rappresentate (1 coach per nazione), per un totale di 112 persone.
Le restanti 8 sono state alcuni dirigenti della WAKO, la
segretaria, l’addetto al computer e al software gestionale delle
gare e ai capi della commissione internazionale arbitri. Tutti gli
altri coach e soprattutto tutti gli arbitri necessari allo
svolgimento delle gare, sono andati a Pechino a spese delle
rispettive Federazioni nazionali di appartenenza.
Questo per dire che tutte le Federazioni nazionali hanno avuto
notevoli spese aggiuntive per questa trasferta. Ma ne è valsa
proprio la pena.
Per garantire il livello d’eccellenza che una simile kermesse
implicava, la WAKO aveva anche stabilito che i due Campionati del
Mondo del 2009 tenutisi a Villach (Austria) e a Lignano Sabbiadoro
sarebbero stati i test fondamentali per qualificarsi per Pechino. Ci
sarebbero andati solo i primi 4 classificati delle categorie
prescelte.
Inutile dire che gli italiani si sono fatti estremamente onore ai
recenti Mondiali e siamo stati tra le Federazioni Nazionali che
sono riuscite a piazzare il maggior numero di atleti, ben 8, di cui
6 nel semi contact e 2 nella low-kick. Purtroppo nessun italiano è
riuscito a strappare un biglietto per Pechino nel full contact.
Andrea Lucchese (63), Domenico De Marco (69), Gregorio Di Leo (74) ,
Stella Neri (79) tra gli uomini, Luisa Gullotti (55) e Gloria De Bei
(60) tra le donne, sono stati gli eroi del Semi contact. Nella
Low-Kick, ancora solo 2 le donne in evidenza: la romana Maria
Vittoria Colonna (56) e Barbara Plazzoli di Bergamo (nei 60 chili).
Quella vista a Pechino è stata forse la miglior performance della
nostra squadra azzurra di semi contact che io abbia mai visto,
fantasticamente preparata – è il caso di dirlo – dai tecnici
Gianfranco Rizzi e Emanuele Bozzolani che a quanto mi hanno detto si
sono fatti ‘un bel mazzo’ pure loro a preparare quei ragazzi nel
corso delle vacanze estive, trascurando anche gli affetti familiari.
I risultati ormai li sappiamo tutti: questa splendida troupe
azzurra ha sbaragliato il campo nel semi contact, vincendo ben 5
ori, - incredibile a ipotizzare una cosa del genere prima - ,
prendendosi una sonora rivincita sui rivali di sempre in questa
specialità, gli ungheresi del Maestro Kiraly. Veres Richard, Tamas
Imre, Gambos Laszlo, Moradi Zsolt sono stati un vero e proprio
spauracchio negli ultimi anni per i nostri colori che dopo 10 anni
di supremazia, avevano dovuto inchinarsi alla freschezza di questo
gruppo negli ultimi 3 anni cedendo loro la prima piazza al mondo. Ma
Pechino è stata “speciale” per i nostri baldi giovani. Veloci, pieni
di fantasia e di voglia di vincere, grintosi, belli a vedersi, in
possesso di condizione fisica, flessibilità, splendide tecniche, beh
è stato un piacere vederli all’opera, fremere per loro, incazzarsi
per qualche cappellata arbitrale e alla fine gioire per le loro
vittorie.
Certo, c’è anche chi ha perso come Stella Neri o Maria Vittoria
Colonna. Però hanno dato certamente tutto quello che avevano e se
hanno perduto, è stato solo perché hanno trovato qualche atleta più
forte. Tutto qui. E la cosa va accettata sportivamente, senza
drammi, come dev’essere sempre.
Anche Barbara Plazzoli, diretta dal duo Massimo Rizzoli e
Riccardo Bergamini, argento a Pechino, ha mostrato subito grande
delusione per il risultato. Era mogia, triste, quasi in lacrime sul
podio delle premiazioni. Ma che diavolo: come si fa ad essere tristi
quando si arriva all’argento in un torneo del genere e a quei
livelli alla veneranda età di 34 anni? Barbara non è più
giovanissima, ha una carriera fulgida alle spalle ed è quasi
naturale che ci si debba arrendere prima o poi alla “nouvelle vague”,
alla gioventù che cresce ed avanza. Ha incontrato due giovanissime
atlete di soli 20 anni, più alte e longilinee di lei (il che è
già di per sé un problema).
Ha superato per un pelo la polacca nelle semifinali, ma Fatima
Bokova, che l’aveva già battuta nella finale dei Mondiali, si è
ripetuta. Barbara ha perso le prime due riprese, è rinvenuta bene
nella terza, ma non è stato sufficiente. Bravissima comunque. Giù il
cappello!
Ma le soddisfazioni in questa storica edizione dei World Combat
Games, non sono mica finite qui. Pechino è la città dove si è svolta
la più straordinaria Olimpiade, è la città che ha tenuto a
battesimo gli Sportaccord World Combat Games, ma resterà anche la
città che ha visto nascere la cooperazione – incredibile a dirsi
quasi -, tra due arti marziali da combattimento diverse: udite,
udite, la Chinese Wushu Association diretta da presidente Gao
Xiaojun, è divenuta la diretta rappresentante della WAKO in Cina.
L’accordo è stato siglato il giorno prima dell’inizio del torneo. La
sigla è arrivata dopo ben 5 anni di gestazione, da quando cioè
ospitai per la prima volta una delegazione cinese ai Mondiali di
Belgrado nel 2005 e un’altra ai Mondiali di Lignano dello scorso
anno. L’Associazione di Wushu cinese è un apparato statale che
dipende direttamente dal Ministero dello Sport e dal Governo.
Il Wushu è tradizione e cultura cinese, chiaro dunque perché sia
tanto seguito (ben 60 milioni i soli praticanti in Cina). La nostra
fortuna è che il Wushu ha una disciplina sportiva che si chiama
Sanda (o Sanshu) che, oltre alle prese alle gambe e alle proiezioni,
prevede anche colpi di calcio e pugno. Ci sembrava logico che per
avere successo in Cina, occorresse che i cinesi non ci sentissero
come dei “concorrenti”, ma come partner veri che vogliono offrire
ai loro migliori atleti un’opportunità agonistica in più. E sono
pertanto molto lieto che i cinesi, cui abbiamo offerto ben 6 “wild
cards” nel Full Contact – portando pertanto il numero complessivo
degli atleti partecipanti a 90-, abbiano capito le nostre intenzioni
e abbiano accettato di aiutarci a sviluppare la nostra disciplina in
Cina, che sarà così da loro controllata. Per la cronaca, gli atleti
cinesi hanno perso tutti al primo turno, ma devo onestamente dire
che alcuni di loro erano davvero bravi. Hanno perso ovviamente per
l’inesperienza a combattere a quei livelli. Partiti tutti
fortissimo, con veloci e potenti tecniche sia di calcio che di
pugno, sono rimasti senza benzina a partire dalla metà delle
seconda ripresa, per calare vistosamente nella terza. Con un
coaching e una preparazione fisica più adeguata, sono certo che in
futuro gli atleti cinesi diranno la loro anche in fatto di
kickboxing. Già ci siamo messi a disposizione per stage specifici.
Insomma, più che mai
la Cina appare come la nazione dove tutto ha avuto inizio, dove è
cominciata e si fa la storia marziale.
Ecco tutti i risultati:
|