I Mondiali dei giovani
kickboxers della WAKO a Belgrado. 2000 persone dai cinque
continenti, 1400 atleti in rappresentanza di 52 nazioni sono i
numeri impressionanti del recente Mondiale WAKO svoltosi a Belgrado.
Azzurrini bravissimi.
Mondiali WAKO cadetti e juniores
Bellissime emozioni a Belgrado…
Di: Ennio Falsoni
Tornato dall’eccezionale esperienza di Pechino, dove si sono
svolti i primi World Combat Games della storia , mi sono dovuto
rituffare in un’altra impresa per noi non meno importante ancorché
faticosa, rappresentata dalla promozione e dall’organizzazione dei
Campionati del Mondo giovanili della WAKO, ossia la massima
competizione per i cadetti e gli juniores, sia maschi che femmine.
Importante perché generalmente da questo tipo di eventi, i dirigenti
tastano il polso al movimento, si rendono conto di come vanno le
cose nei diversi paesi, insomma se la kickboxing nella fattispecie
ha successo o meno.
Ebbene, da quello che ho visto a Belgrado, capitale della Serbia,
dal 19 al 25 settembre scorso, ritengo di poter dire senza tema di
smentita che la WAKO è veramente in ottima salute, in stato di
grazia oserei dire, perché vedere tutti assieme ben 1400 atleti
provenienti da 52 nazioni diverse dei cinque continenti, trovarmeli
proprio davanti mentre io ero in piedi sul palco delle autorità in
attesa di fare loro un discorso, è stato emozionante e bellissimo
allo stesso tempo.
“Bellissimo!” infatti, è stato il mio primo aggettivo usato
iniziando il discorso di apertura rivolto agli atleti in primis che
avevano appena sfilato , ai loro coach, ai dirigenti e alle autorità
locali. Vedere tutte quelle belle facce sorridenti, trepidanti e
anche emozionate direi come si possono sentire dei giovani che per
la prima volta mettono il naso fuori del loro paese e che si
trovano in mezzo a situazioni del genere, magari nuove per loro, è
stato incredibile, molto toccante. E memorabile.
C’erano voluti due anni di preparazione per questi ultimi
Mondiali cadetti/juniores (nel frattempo sono cambiati ben due
governi in Serbia con tutto quello che questo comporta), una
manifestazione che in questo momento è di gran lunga l’evento
WAKO più affollato, più impegnativo da tutti i punti di vista dato
l’elevato numero di atleti e che ad ogni nuova edizione battono il
record precedente.
Se penso che nella prima edizione tenutasi a Mosca poco più di
10 anni fa ci furono soltanto 100 atleti, debbo dire che se ne è
fatta di strada! Le varie nazioni hanno cominciato a capire che
occorreva investire nei giovani perché in fondo essi rappresentano
il nostro futuro e bene abbiamo fatto anche a tenere insieme i
cadetti, ossia i giovani dai 10 ai 15 anni e gli juniores, quelli
dai 16 ai 18 anni.
Il Mondiale giovanile presenta tutte le specialità della WAKO, e
anche questo aiuta a mettere insieme squadre di atleti
numerosissime. Basti pensare ai 106 atleti azzurri, ai 140 russi,
ai130 ungheresi o ai 120 croati per capire come si faccia presto a
mettere insieme tanta gente.
Devo dire che la Federazione Serba presieduta dall’amico Borislav
Pelevic ha fatto un lavoro egregio. Andare all’aeroporto a ricevere
questa enorme massa di gente (quasi 2000 le persone coinvolte tra
atleti, coach, giudici e fans o familiari), portarla nei vari
alberghi, spostarla ogni giorno da e per i rispettivi alberghi,
riportarli all’aeroporto, è di per sé un lavoro improbo.
Se a questo si aggiunge l’enorme lavoro di ricevimento, sorteggi
e organizzazione gare, organizzazione palazzo dello sport (in verità
risultato insufficiente per la mole di gara che abbiamo svolto, con
ring vecchiotti e materassine che andavano a spasso perché non si
poteva mettere il biadesivo sul parquet) , cerimonia di apertura e
di premiazione e così via, si ha un’idea di cosa significhi
organizzare dei kolossal di questo genere.
“E’ stata dura, ma alla fine ce l’abbiamo fatta!” – ci siamo
praticamente detti tutti, al termine delle 5 massacranti giornate
di gare. E abbiamo così giustamente brindato alla fine di quella
sorta di piccolo incubo che avevamo organizzato.
Ma ancora una volta, a sorprendermi sono stati proprio loro, gli
atleti. Pensate che quelli del semi contact, nessuno escluso, dopo
aver gareggiato 4 giornate, nella quinta si sono buttati nella
competizione a squadre! Insomma, gareggiavano da 5 giorni e pareva
che non ne avessero mai abbastanza!
Incredibile davvero la loro vitalità, la loro passione, il loro
entusiasmo espresso oltre che con funamboliche prestazioni sul
quadrato, anche con cori da stadio di calcio quando seguivano i
compagni impegnati in gara e per tutta la giornata. Vi garantisco
che all’uscita, la sera, ci fischiavano le orecchie manco fossimo
stati in discoteca.
Però era semplicemente fantastico assistere a quella vitalità, a
quella frenesia, a quella versatilità, a quella gioia e passione
per le nostre discipline.
Ho ovviamente seguito parecchi incontri degli azzurrini e devo
dire che, complici i coach che mi tenevano costantemente informato
sull’andamento dei ragazzi, ho fatto anch’io un po’ il tifo per gli
azzurri, anche se nella mia veste di presidente dovrei essere
assolutamente super partes. “Ma quando ce vo’ ce vo’” – diceva
qualcuno, e così mi sono sentito coinvolto anch’io e fremevo in
silenzio per questo o quel atleta.
Ho ammirato, su tutti, le imprese – e non è la prima volta di
certo che lo scrivo -, di una famiglia che penso potrebbe entrare
nel Guinness dei primati. Parlo di quella del Maestro Marco Lanzilao
di Anzio (Roma). Ex atleta di karate lui stesso della Fijlkam, già
maestro di karate del Gruppo Fiamme Oro, Lanzilao ha 3 figli, due
femmine e un maschio.
Qualcuno di loro non amava troppo i Kata e preferiva combattere,
tanto che ad un certo punto di sono appassionati al Semi Contact.
Potenza dell’amore verso uno sport, ed ecco che tutta la famiglia –
sotto gli inflessibili allenamenti del padre che scandisce i tempi
di tutta la loro giornata -, Veronica , Martina e Gabriele diventano
dei promettentissimi campioncini di semi contact. Non mancano mai –
negli ultimi anni - , a qualunque appuntamento importante della
Federazione, sia a livello nazionale che internazionale.
Ormai innumerevoli i loro titoli sia a livello nazionale che
internazionale, ma a Belgrado la “scuola” Lanzilao ha messo a segno
un altro colpo grosso facendo poker. Non solo tutti e tre i figli
Lanzilao hanno agguantato l’oro (Gabriele nei -42 chili; Martina
nei -52 chili older cadets e infine Veronica nei -52 chili
juniores) , ma ha vinto l’oro nei 57 chili di light contact pure
un suo allievo, Georgian Cimpeanu che in una pool di 22 atleti ha
sbaragliato il campo battendo in finale Andrzjei Sinjus della
Slovenia .
Vederli in azione è un vero piacere. Hanno una naturalezza di
gesto atletico impressionante ed è chiaro che se si comincia
giovanissimi a praticare un qualunque sport, se si ha la classe e la
predisposizione fisica e psicologica, si può arrivare a qualunque
meta. Ho poi ammirato un atleta campano che da un paio di stagioni è
entrato a far parte della nostra Federazione e che proviene dal
Taekwondo ITF, diretto in Italia dal maestro Wim Bos.
E’ Davide Messineo, allievo dei maestri Amato e Cammarota di
Napoli (anch’essi del gruppo ITF italiano) , un bel ragazzo
longilineo, in possesso non solo di splendide tecniche di calcio e
di pugno, ma anche di un temperamento da vero campione. “Io vinco
questo Mondiale” – mi ha detto senza falsa modestia -.
Un ragazzo sicuro dei suoi mezzi e lo si è visto sul quadrato
dove ha frantumato i suoi avversari a suon di calci al viso e
tecniche di pugno perentorie. Uno spettacolo osservarlo in azione!
Davvero bravo.
Per finire questa tornata sui migliori in assoluto, vorrei infine
soffermarmi su un altro bel elemento che è stato il piacentino
Davide Colla, allievo di Gianfranco Rizzi che ha vinto l’oro nei 52
chili negli “older cadets)” – ossia i giovani dai 13 ai 15 anni -,
e che ha vinto sia nel Semi che nel Light contact e anche questo è
un bel record da segnalare!
Va detto che su 106 atleti che abbiamo portato a Belgrado, 103
erano atleti di Semi e light contact e di Forme Musicali. Solo 3
negli sport da ring, di cui parlerò tra breve.
Va dato atto ai tecnici federali Roberto Montuoro, Giorgio Lico,
Gianfranco Rizzi (nel semi contact) , Federico Milani, Riccardo
Wagner (nel Light Contact), Alberto Leonardi (Forme Musicali, dove
abbiamo vinto 3 bronzi), hanno ottimamente lavorato creando un bel
amalgama di squadra.
E’ stato stupefacente vedere l’affiatamento che è corso tra le
squadre e soprattutto il sostegno che si sono dati tutti quando
erano impegnati i compagni nelle numerose gare, soprattutto in
quella a squadre degli atleti di semi dove ci siamo battuti con gli
ungheresi
(i nostri sempiterni avversari in questi ultimi anni), sino
alla fine per conquistare la prima piazza assoluta nello speciale
medagliere per nazioni. Se contiamo le medaglie nelle gare
individuali saremmo primi noi, ma contando anche i risultati delle
squadre finiscono primi loro per poco. E’ comunque una sana
competizione tra noi e gli ungheresi che comunque sta dando i suoi
frutti: abbiamo un parco giovani invidiabile.
Per gli sport a contatto pieno, l’Italia presentava solo 3
atleti, 1 nel full contact, Alberto Paros che però perdeva al primo
incontro con il russo Asilkhan Muldobsev (…”inavvicinabile e
improponibile il confronto per la diversità dei valori in campo” –
mi ha detto Massimo Rizzoli che aveva seguito l’incontro) e 2
atleti di Livorno nella Low-kick , al seguito del loro stesso
maestro Massimo : Cosimo Zanetti, messo fuori al primo turno dal
croato Tomislav Bajic, così come Daniele Sanna dal kazakistano
Ruslan Seksenbaye.
A estrema sintesi di come sono le cose negli sport da ring tra i
giovani WAKO, basti quello che mi ha detto Rizzoli, che non era mai
venuto prima alla kermesse mondiale giovanile: “Ho trovato un
livello incredibile. Ho visto alcuni juniores che se combattessero
tra i senior dovrebbero chiamare la polizia per incolparli di
omicidio colposo!”. “E’ chiaro, al di là della battuta – ha anche
continuato - , che se noi non ripartiamo con dei programmi
precisi e soprattutto se non partiamo prima (notoriamente vuoi
per le regole medico-sportive, vuoi per i regolamenti in Italia un
giovane non può salire su di un ring se non ha 16 anni compiuti) ,
qui si rischia la disfatta sempre e su tutta la linea.”
Una radiografia precisa che non lascia spazio ad equivoci tanto è
nitida. Una cruda realtà da cui partire per ribaltare la situazione.
Anche se sarà difficile.
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